Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 61 - Misure cautelari anteriori alla causaMisure cautelari anteriori alla causa
1. In caso di eccezionale gravità e urgenza, tale da non consentire neppure la previa notificazione del ricorso e la domanda di misure cautelari provvisorie con decreto presidenziale, il soggetto legittimato al ricorso può proporre istanza per l'adozione delle misure interinali e provvisorie che appaiono indispensabili durante il tempo occorrente per la proposizione del ricorso di merito e della domanda cautelare in corso di causa. 2. L'istanza, notificata con le forme prescritte per la notificazione del ricorso, si propone al presidente del tribunale amministrativo regionale competente per il giudizio. Il presidente o un magistrato da lui delegato, accertato il perfezionamento della notificazione per i destinatari, provvede sull'istanza, sentite, ove necessario, le parti e omessa ogni altra formalità. La notificazione può essere effettuata dal difensore a mezzo fax. Qualora l'esigenza cautelare non consenta l'accertamento del perfezionamento delle notificazioni, per cause non imputabili al ricorrente, il presidente può comunque provvedere, fatto salvo il potere di revoca da esercitare nelle forme di cui all'articolo 56, comma 4, terzo e quarto periodo. 3. L'incompetenza del giudice è rilevabile d'ufficio. 4. Il decreto che rigetta l'istanza non è impugnabile; tuttavia la stessa può essere riproposta dopo l'inizio del giudizio di merito con le forme delle domande cautelari in corso di causa. 5. Il provvedimento di accoglimento è notificato dal richiedente alle altre parti entro il termine perentorio fissato dal giudice, non superiore a cinque giorni. Qualora dall'esecuzione del provvedimento cautelare emanato ai sensi del presente articolo derivino effetti irreversibili il presidente può disporre la prestazione di una cauzione, anche mediante fideiussione, cui subordinare la concessione della misura cautelare. Il provvedimento di accoglimento perde comunque effetto ove entro quindici giorni dalla sua emanazione non venga notificato il ricorso con la domanda cautelare ed esso non sia depositato nei successivi cinque giorni corredato da istanza di fissazione di udienza; in ogni caso la misura concessa ai sensi del presente articolo perde effetto con il decorso di sessanta giorni dalla sua emissione, dopo di che restano efficaci le sole misure cautelari che siano confermate o disposte in corso di causa. Il provvedimento di accoglimento non è appellabile ma, fino a quando conserva efficacia, è sempre revocabile o modificabile su istanza di parte previamente notificata. A quest'ultima si applica il comma 2. 6. Per l'attuazione del provvedimento cautelare e per la pronuncia in ordine alle spese si applicano le disposizioni sui provvedimenti cautelari in corso di causa. 7. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai giudizi in grado di appello. Note operative
InquadramentoDopo un lungo dibattito sull'ammissibilità della tutelaante causam nel processo amministrativo, tale istituto è stato dapprima introdotto nel processo in materia di appalti e poi esteso in via generale dal Codice del processo amministrativo. In base all'art. 61 la tutela cautelare ante causam è sostanzialmente strutturata in modo analogo alla tutela monocratica: è stabilito che il provvedimento di accoglimento è notificato dal richiedente alle altre parti entro il termine perentorio fissato dal giudice, non superiore a cinque giorni e che lo stesso perde comunque effetto ove entro quindici giorni dalla sua emanazione non venga notificato il ricorso con la domanda cautelare ed esso non sia depositato nei successivi cinque giorni corredato da istanza di fissazione di udienza. In ogni caso la misura concessa ai sensi del presente articolo perde effetto con il decorso di sessanta giorni dalla sua emissione, dopo di che restano efficaci le sole misure cautelari che siano confermate o disposte in corso di causa. L'introduzione nel processo amministrativo della tutela cautelare ante causamLa tutela inaudita altera parte con decreto monocratico venne introdotta dalla legge n. 205/2000 (v. art. 56). Per l'emissione del decreto monocratico di cui all'art. 56 era comunque necessaria la pendenza di un giudizio e, quindi, la già avvenuta o contestuale notificazione del ricorso, senza quindi possibilità di tutela prima della presentazione del ricorso, come avviene invece nel processo civile (tutela ante causam). Una giurisprudenza minoritaria di primo grado aveva tentato di introdurre in via pretoria la tutela ante causam: il Presidente del T.A.R. può emettere provvedimenti cautelariinaudita et altera parteex art. 669-sexiesc.p.c., prima ancora che si sia formalmente instaurato il giudizio, nei casi in cui ricorrano i presupposti dell'estrema gravità e dell'urgenza. In particolare, il Presidente del T.a.r. può ordinare inaudita et altera parte alla p.a. in via di urgenza di non sottoscrivere il contratto d'appalto con l'impresa aggiudicataria, tenuto conto del fatto che tale sottoscrizione pregiudicherebbe la reintegrazione dell'istante in caso di esito vittorioso del futuro ricorso di merito ex art. 23-bis della l. 6 dicembre 1971 n. 1034(T.A.R. Lombardia (Brescia), decreto presidenziale, 4 febbraio 2005, n. 133). Tuttavia, la tesi era stata contraddetta dal Consiglio di Stato, che aveva rilevato come l'azione cautelare prevista dagli artt. 700 ss., c.p.c. non è esperibile davanti al giudice amministrativo, il quale emana i provvedimenti urgenti nella sua composizione collegiale secondo la disciplina posta dall'art. 21, l. T.a.r., che di per sé non è inidonea ad assicurare l'effettività della tutela cautelare (Cons. St. V, n. 781/1998). La descritta differenza rispetto al processo civile ha indotto alcuni a dubitare della costituzionalità dell'assenza della tutela ante causam, ma la Corte Costituzionale ha con fermezza ritenuto manifestamente infondata la questione, evidenziando che legislatore nella sua discrezionalità e con il solo limite della non manifesta irragionevolezza o non palese arbitrarietà, può adottare norme processuali differenziate tra i diversi tipi di giurisdizioni e di riti procedimentali, non essendo tenuto, sul piano costituzionale, ad osservare regole uniformi rispetto al processo civile, e atteso che deve escludersi che la P.A. si trovi, in ordine al sistema delle misure cautelari del processo amministrativo, in una posizione privilegiata che non contempli la possibilità di intervento, anche immediato, del giudice con misure cautelari provvisorie o che comunque limiti la effettività della tutela, conseguibile anche nel processo amministrativo in termini rapidi grazie alla possibilità di riduzione dei termini e di utilizzo di mezzi veloci di notificazione ( Corte cost. n. 179/2002). Tuttavia, la questione non si chiuse con tale decisone, in quanto venne rimessa alla Corte di Giustizia una analoga questione interpretativa relativa ai giudizi in tema di appalti. Infatti, la Corte di Giustizia, dapprima con sentenza del 15 maggio 2003 relativa alla Spagna (C-214/00), aveva affermato che in forza dell' art. 2, n. 1, lett. a), della direttiva 89/665, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, gli Stati membri sono tenuti a conferire ai loro organi competenti a conoscere dei ricorsi la facoltà di adottare, indipendentemente da ogni azione previa, qualsiasi provvedimento provvisorio, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione pubblica di un appalto. A questo proposito, una normativa nazionale che subordina, in generale, la possibilità di adottare misure cautelari in relazione alle decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici alla necessità di proporre previamente un ricorso di merito contro la decisione dell'amministrazione aggiudicatrice non può essere considerata come un sistema di tutela giurisdizionale provvisorio adeguato al fine di porre rimedio in modo efficace alle violazioni eventualmente commesse dalle amministrazioni aggiudicatrici e quindi compatibile con i precetti della direttiva 89/665. Il principio era stato ribadito con riferimento all'Italia dalla ordinanza della Corte di Giustizia, secondo cui l' art. 2, n. 1, lett. a), della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/Cee, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/Cee, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, deve essere interpretata nel senso che gli Stati membri sono tenuti a conferire ai loro organi competenti a conoscere dei ricorsi la facoltà di adottare, indipendentemente dalla previa proposizione di un ricorso di merito, qualsiasi provvedimento provvisorio, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione pubblica dell'appalto ( Corte giust. UE IV, 29 aprile 2004, C-202/03). In esecuzione di tale pronuncia è stata introdotta la tutelaante causamper le controversie in materia di appalti: l' art. 245 del d.lgs. n. 163/2006 ( Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture) ha previsto la possibilità per il ricorrente in caso di eccezionale gravità e urgenza, tale da non consentire neppure la previa notifica del ricorso, di proporre istanza per l'adozione delle misure interinali e provvisorie che appaiono indispensabili durante il tempo occorrente per la proposizione del ricorso, attribuendo la competenza sempre al Presidente del Tar in via monocratica (l'istanza deve essere comunque notificata e perde efficacia se non confermata entro 60 giorni dal Collegio). Il Consiglio di Stato, in sede consultiva di espressione del parere sul c.d. codice appalti, aveva invitato il Governo ad assumere le opportune iniziative per estendere la tutela cautelareante causama tutto il processo amministrativo, in quanto prevedere la tutela cautelare ante causam solo nel settore dei pubblici appalti — pur nella peculiarità degli interessi coinvolti — avrebbe potuto non superare il vaglio di costituzionalità per disparità di trattamento allorché si evidenzi che, anche in altre materie, si è in presenza della medesima situazione giuridica soggettiva tutelata nella materia degli appalti. Va precisato che l'estensione della tutela ante causam a tutti i giudizi non costituiva adempimento necessario rispetto ad obblighi comunitari, che erano stati adempiuti con l'introduzione della tutela ante causam nel processo in materia di appalti, ad opera dell' art. 245 del d.lgs. n. 163/2006; il problema poteva porsi semmai sotto l'aspetto della legittimità costituzionale come rilevato anche dal Consiglio di Stato. La generalizzazione della tutela ante causam è avvenuta con il Codice, che ha attuato uno specifico criterio della legge delega. La legge delega ( art. 44 della legge n. 69/2009) ha indicato quale criterio quello di riordinare la tutela cautelare, anche generalizzando quella ante causam e, in attuazione della legge delega, è stata generalizzata la tutela presidenziale monocratica ante causam. Dopo tale lungo dibattito resta il dato di un utilizzo estremamente limitato dello strumento, anche a causa dell'introduzione di un rito speciale per ilo processo elettorale (materia in cui l'istituto è stato a volte utilizzato) e del fatto che in materia di appalti il c.d. obbligo di stand still, che preclude la stipula del contratto in caso di presentazione di ricorso con contestuale domanda cautelare ( art. 21, comma 11, d.lgs. n. 50/2016)non scatta in caso di presentazione di una azione cautelare ante causam. È stato evidenziato che l'istituto della tutela ante causam, più che rispondere ad una effettiva esigenza di giustizia (esigenza che, a tacer d'altro, è assolta egregiamente dal procedimento monocratico previsto dall'art. 56 e, prima di esso, dall' art. 21, comma 9, della legge n. 1034/1971), costituisce il portato di un obbligo di adeguamento della legislazione nazionale ai rilievi formulati in sede comunitaria: la prassi dei primi anni di applicazione dell' art. 245 del d.lgs. n. 163/2006 ha dimostrato la scarsa utilità di un simile strumento nel processo amministrativo, ed i primi anni di vigore del Codice ha confermato il dato tendenziale emerso in precedenza (Freni, 628). Presupposti e procedimento per la tutela ante causamTale forma di tutela è stata sostanzialmente strutturata in modo analogo alla tutela monocratica, ma ancorata a presupposti di eccezionale gravità e urgenza, tali da non consentire neanche la previa redazione e notificazione del ricorso. È stato rilevato che si tratta di casi assolutamente eccezionali e residuali (es. divieto di utilizzare un immobile ove è prevista per la stessa sera una manifestazione, con biglietti già acquistati, palchi montati, artisti ingaggiati, etc.), nei quali la valutazione del periculum in mora acquisisce una fisiologica prevalenza rispetto al fumus: e ciò anche in ragione dell'assenza —trattandosi di richiesta ante causam — di un atto introduttivo del giudizio e dei relativi motivi di ricorso. Ciò non toglie, ovviamente, che l'istanza dovrà, sia pur succintamente, offrire ragguagli in punto di fumus, non potendo la valutazione presidenziale fondarsi esclusivamente sugli elementi di danno allegati dal ricorrente (per di più, in assenza di contraddittorio). Per quanto, infatti, anche nel procedimento monocratico ante causam sia previsto (art. 61, comma 2) il potere del presidente di sentire, senza formalità e fuori udienza, le parti prima dell'emanazione del decreto, ciò comunque non può pregiudicare le esigenze di tempestività e celerità tipiche di questa fase cautelare: donde, in concreto, lo svuotamento di ogni possibilità di contraddittorio, a fronte di un danno la cui realizzazione è prevista ad horas (Freni, 628). Sotto il profilo soggettivo l'art. 61 parla di « soggetto legittimato al ricorso », riprendendo la formula dell' art. 245 del d.lgs. n. 163/2006) e ciò dovrebbe indurre a ritenere che il giudice debba effettuare una seppur sommaria verifica circa la legittimazione a ricorrere e l'interesse ad agire del richiedente. È stabilito che il provvedimento di accoglimento è notificato dal richiedente alle altre parti entro il termine perentorio fissato dal giudice, non superiore a cinque giorni e che lo stesso perde comunque effetto ove entro quindici giorni dalla sua emanazione non venga notificato il ricorso con la domanda cautelare ed esso non sia depositato nei successivi cinque giorni corredato da istanza di fissazione di udienza. Ai sensi degli art. 55 e 56, il termine per la fissazione della camera di consiglio per la trattazione della domanda cautelare, nel caso di istanza di tutela cautelare ante causam, deve essere calcolato avendo riguardo alla notificazione in via ordinaria dell'atto introduttivo del giudizio, non potendo attribuirsi rilevanza, a tal fine, alla notifica eventualmente eseguita a mezzo fax, atteso l'obbligo per la parte ricorrente di effettuare comunque la notifica in via ordinaria, sancito dall'art. 56, comma 5 (T.A.R. Calabria (Reggio Calabria) I, 8 maggio 2013, n. 264). In ogni caso la misura concessa ai sensi del presente articolo perde effetto con il decorso di sessanta giorni dalla sua emissione, dopo di che restano efficaci le sole misure cautelari che siano confermate o disposte in corso di causa. La ancora maggiore eccezionalità della tutela ante causam determina l'esigenza di prevedere termini ancora più stringenti, per la proposizione del giudizio al fine della conferma delle misure cautelari da parte del Collegio. È ammissibile l'accertamento tecnico preventivo dello stato dei luoghi, ex art. 61, in presenza di seri elementi di urgenza, tali da far ragionevolmente ritenere che sussista un significativo rischio di dispersione della prova – stante il pericolo di crolli — nell'intervallo di tempo occorrente per proporre l'azione risarcitoria avverso il rifiuto di rilascio di permesso di costruire per eseguire sugli immobili gli interventi finalizzati al recupero statico e funzionale e, comunque, nelle more della definizione del giudizio pendente ( T.A.R. Lazio (Roma) II, 2 ottobre 2013, n. 8558). Il principio della non impugnabilità delle misure concesse ante causam è stato derogato dalla modifica all'art. 62, apportata dal d.l. 5 ottobre 2018, n. 115 recante “Disposizioni urgenti in materia di giustizia amministrativa, di difesa erariale e per il regolare svolgimento delle competizioni sportive”, con cui è stato prevista una nuova materia di giurisdizione esclusiva (controversie aventi ad oggetto provvedimenti “di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche”) ed è stato aggiunto che per le controversie ricomprese nella nuova materia di giurisdizione esclusiva il decreto monocratico di accoglimento è impugnabile, anche se reso ante causam e finché perduri la sua efficacia “nei soli casi in cui l'esecuzione del decreto sia idonea a produrre pregiudizi gravissimi ovvero danni irreversibili prima della trattazione collegiale della domanda cautelare” (v. il commento all'art. 62). BibliografiaChiti, La tutela cautelare ante causam e la progressiva comunitarizzazione del processo amministrativo: alcune riflessioni critiche, in Sandulli M.A. (a cura di), Le nuove frontiere del giudice amministrativo tra tutela cautelare ante causam e confini della giurisdizione esclusiva, Milano, 2005; Freni, Procedimento cautelare, in Morbidelli (a cura di), Codice della giustizia amministrativa, Milano, 2015, 612; Rotigliano, La tutela cautelare ante causam nel codice dei contratti pubblici: molto rumore per nulla, in Foro amm. Tar 2006, 3400. |