Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 95 - Parti del giudizio di impugnazioneParti del giudizio di impugnazione
1. L'impugnazione della sentenza pronunciata in causa inscindibile o in cause tra loro dipendenti è notificata a tutte le parti in causa e, negli altri casi, alle parti che hanno interesse a contraddire (1)1 2. L'impugnazione deve essere notificata a pena di inammissibilità nei termini previsti dall'articolo 92 ad almeno una delle parti interessate a contraddire. 3. Se la sentenza non è stata impugnata nei confronti di tutte le parti di cui al comma 1, il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio, fissando il termine entro cui la notificazione deve essere eseguita, nonché la successiva udienza di trattazione. 4. L'impugnazione è dichiarata improcedibile se nessuna delle parti provvede all'integrazione del contraddittorio nel termine fissato dal giudice. 5. Il Consiglio di Stato, se riconosce che l'impugnazione è manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondata, può non ordinare l'integrazione del contraddittorio, quando l'impugnazione di altre parti è preclusa o esclusa. 6. Ai giudizi di impugnazione non si applica l'articolo 23, comma 1. [1] Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera t), del D.Lgs. 15 novembre 2011, n. 195. InquadramentoIn presenza di una causa inscindibile o in presenza di cause tra loro dipendenti le parti del giudizio di impugnazione sono tutte le parti in causa, a cui pertanto va notificata l'impugnazione; quindi, oltre al ricorrente e all'ente che ha emesso l'atto impugnato, anche uno o più contro interessati, cui l'impugnazione va notificata. Il contraddittorio deve poi essere integrato, a meno che l'omessa notificazione ad almeno una delle parti interessate a contraddire non determini l'inammissibilità del gravame. Impugnazioni nelle cause inscindibili o in cause tra loro dipendentiPer individuare correttamente il significato e la portata dell' art. 95 c.p.a. occorre scinderne il contenuto, rilevando, in primo luogo, che esso in realtà disciplina – ancor prima che della «notificazione» – la «proposizione» dell'impugnazione. Nelle ipotesi di causa inscindibile o di cause fra loro dipendenti, l'impugnazione deve essere proposta nei confronti di tutte le parti della precedente fase. Negli altri casi che, in conformità alla terminologia del c.p.c., possono essere definite cause scindibili, essa può essere proposta nei confronti di alcune solo di esse: quelle, rispetto alle quali si vuole una modifica della sentenza impugnata e che quindi hanno interesse a contraddire, perché nei loro confronti appunto l'impugnazione è proposta. Nei confronti delle altri parti – quelle nei cui confronti tale modifica non è chiesta – l'impugnazione non è notificata perché nei loro confronti essa in realtà non è (perché può non essere) proposta (Luiso, 899) Ai sensi dell'art. 95 l'impugnazione deve essere notificata, nelle cause inscindibili, a tutte le parti in causa e, negli altri casi, alle parti che hanno interesse a contraddire; pertanto, in caso di appello proposto dall'Amministrazione, i controinteressati, avendo ovviamente una posizione coincidente con essa, sono privi di interesse a contraddire e non devono, quindi, essere evocati in giudizio. Cons. giust. amm. Sicilia sez. giurisd. 1 giugno 2012 n. 509: non devono essere evocate in giudizio le altre parti private evocate in primo grado che rivestono la qualità di cointeressati (Cons. St. III, n. 6363/2014). Con il primo decreto correttivo al Codice ( d.lgs. 15 novembre 2011, n. 195), è stata apportata una modifica all'art. 95, comma 1, nel senso di estendere la disciplina dettata per le cause inscindibili (notificazione a tutte le parti in causa) anche alle cause tra loro dipendenti (in modo coerente con l' art. 102 c.p.c.). Il criterio da utilizzare per stabilire nei confronti di chi deve essere necessariamente proposta (e quindi poi notificata) l'impugnazione è quello che si ricava dai commi secondo e terzo dell'art. 95: se la modificazione della sentenza impugnata è possibile nei confronti di alcune sole delle parti della precedente fase, l'impugnante ha la facoltà di scegliere; se, invece, l'atto che disciplina i rapporti fra le più parti deve essere uno solo, l'impugnante deve coinvolgere nella sua impugnazione tutte le parti, altrimenti il giudice non può pronunciare sulla sua impugnazione (Luiso, 900). Segue. Causa inscindibileVa notato come la modifica all'art. 95 apportata dal già citato primo correttivo al Codice, oltre a inserire il riferimento alle cause tra loro dipendenti, abbia utilizzato il termine al singolare «causa inscindibile» in luogo del plurale prima previsto. La causa è appunto inscindibile quando vi è un solo oggetto del processo e una pluralità di parti; ciò richiede che sia una unica sentenza a definire il giudizio con la partecipazione di tutti i soggetti interessati. È stato ritenuto che la causa è inscindibile: a) nelle ipotesi di litisconsorzio necessario, ai sensi degli artt. 27 e 28; b) in presenza di una pluralità di legittimati, ciascuno dei quali può richiedere una pronuncia che faccia stato nei confronti di tutti; c) nei casi di partecipazione meramente adesiva del terzo (o in via di intervento volontario o in via di intervento iussu iudicis ex art. 28, comma terzo). Se il terzo, infatti, partecipa al processo altrui senza che da parte sua o nei suoi confronti sia proposta alcuna domanda, l'oggetto del processo rimane unico ed è evidente che non può valere per lui la sentenza impugnata mentre per le parti principali vale la sentenza emessa in sede di impugnazione (Luiso, 900). Il riferimento al litisconsorzio necessario deve essere ricondotto a quelle cause per le quali il litisconsorzio era necessario sin dall'origine (litisconsorzio necessario c.d. sostanziale), vale a dire quelle in cui la necessità del litisconsorzio è espressamente prevista dalla legge o è dovuta al fatto che la sentenza, influendo su una situazione giuridica unica, indivisibile e comune a più persone, sarebbe inutiliter data qualora non pronunciata nei confronti di tutti i soggetti interessati alla decisione (Di Marzio, che evidenzia, inoltre, che il concetto di causa inscindibile viene cioè esteso alle ipotesi di litisconsorzio necessario c.d. processuale, fenomeno che si verifica allorché la presenza di più parti nel giudizio di primo grado debba necessariamente persistere in sede di impugnazione, al fine evitare giudicati contrastanti nella stessa materia e tra soggetti già parti del giudizio. Nelle ipotesi considerate, l'impugnazione deve essere proposta contro tutte le parti della precedente fase del giudizio. Nel giudizio di rinvio devono essere chiamate in giudizio tutte le parti nei cui confronti sono state emesse la pronuncia rescindente e quella cassata; v. anche Picardi, 404). Segue. Cause dipendentiLe cause sono dipendenti quando sono legate fra loro non da una generica connessione, ma da un vincolo di pregiudizialità o di garanzia propria (Mandrioli, 424). Due cause sono tra loro dipendenti quando, trattate e decise in primo grado in un unico processo, per la natura propria della situazione giuridica controversa ovvero per effetto di domande proposte congiuntamente, la decisione dell'una costituisce presupposto logico della decisione dell'altra; in tal caso, al fine di evitare la possibilità di giudicati contrastanti sul medesimo oggetto tra le parti che hanno partecipato al processo, esse devono essere trattate unitariamente anche nella fase di impugnazione (Cass. n. 15686/2006). Nel caso in cui una domanda (nella specie relativa alla verifica dell'esistenza di un rapporto di lavoro con l'uno o l'altro dei comuni evocati in giudizio) sia proposta alternativamente nei confronti di due soggetti e tra gli stessi vi sia contestazione circa l'individuazione dell'unico obbligato, i rapporti processuali relativi ai due convenuti sono legati dal nesso di dipendenza reciproca delle cause (la decisione di ciascuna causa comportando quella anche dell'altra) che dà luogo ad un'ipotesi di litisconsorzio necessario, in virtù del quale le cause medesime devono essere decise da un unico giudice e rimanere riunite anche in fase di impugnazione, ove sia ancora in discussione la questione dell'individuazione dell'effettivo obbligato ( Cass.S.U.,n. 26420/2006). Segue. Cause scindibili.Le cause scindibili sono tali perché, pur essendosi svolte cumulativamente in primo grado, ed essendo state decise con un'unica sentenza, non devono necessariamente procedere assieme in sede di impugnazione, dal momento che il cumulo in primo grado era determinato da una connessione oggettiva, senza tuttavia che fosse ravvisabile un rapporto di dipendenza (Mandrioli, 446). in presenza di cause scindibili, poiché all'interesse di ciascuna parte corrisponde un interesse autonomo di impugnazione, il termine per impugnare non è unico, ma decorre dalla data delle singole notificazioni a ciascuno dei titolari dei diversi rapporti definiti con l'unica sentenza, mentre per le parti tra le quali non c'è stata notificazione si applica la norma di cui all'art. 327, che prevede l'impugnabilità entro il semestre (entro l'anno per i giudizi intrapresi anteriormente al 4 luglio 2009) dal deposito della sentenza (Cass. n. 2557/2010; Cass. n. 676/2012). Nel processo con pluralità di parti relativo a cause scindibili, l'impugnazione proposta dal medesimo soccombente contro una delle parti vittoriose fa decorrere nei suoi confronti il termine per proporre impugnazione nei confronti delle altre parti (Cass. n. 4645/2006). Segue. Pluralità di ricorrenti di primo grado soccombenti e impugnazioneNei casi in cui il ricorso di primo grado sia stato proposto da una pluralità di ricorrenti che potevano agire separatamente e che siano rimasti soccombenti, la riproposizione della pretesa di primo grado, da parte di alcuni di essi, comporta l'onere di notificazione dell'impugnazione alla sola parte vincitrice, e non anche agli altri soccombenti che non abbiano impugnato. Integrazione del contraddittorioL'art. 95 esplicita altresì il principio, consolidato nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui la parte cui il soccombente ha l'onere di notificare l'impugnazione entro il termine di decadenza deve essere una delle parti vincitrici in primo grado, salvo il potere del giudice di ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti delle altre parti entro un termine perentorio. In caso di mancata notifica dell'impugnazione nei confronti di tutti i litisconsorti necessari, l'integrazione del contraddittorio nei confronti della parte necessaria pretermessa va comunque disposta anche d'ufficio. Cons. St. III, n. 3697/2012. Dopo la sentenza di primo grado, tutte le parti del rapporto sostanziale per il quale si postula la tutela giurisdizionale si trovano in posizione di parità formale, di talché, se da un lato il difetto di contraddittorio non determina senz'altro l'inammissibilità dell'appello quando questo risulti notificato ad almeno una delle parti del processo, dall'altro lato la completezza del contraddittorio stesso è condizione indispensabile per la procedibilità dell'appello, perché non si può affermare il principio del c.d. «effetto conservativo» dell'impugnazione se non si verifica la situazione d'inscindibilità di cause ex art. 331 c.p.c., che rende indispensabile la formazione di un giudicato unico nei confronti di tutte la parti del rapporto in contestazione e, quindi, l'integrazione del contraddittorio. (Cons. St. V, n. 467/1998). Ai sensi dell'art. 95 commi 2 e 3, la notificazione del ricorso d'appello a più parti presso un unico procuratore, eseguita mediante consegna di una sola copia o di un numero di copie inferiori rispetto alle parti cui l'atto è destinato, comporta un vizio della notificazione, che può essere sanato, con efficacia ex tunc, o con la costituzione in giudizio di tutte le parti cui l'impugnazione è diretta, ovvero con la rinnovazione della notificazione da eseguire in un termine perentorio assegnato dal giudice, con la consegna di un numero di copie pari a quello dei destinatarii, tenuto conto di quella o di quelle già consegnate (Cons. St. III, n. 5419/2011). Definizione del giudizio di appello senza integrazione del contraddittorioPer esigenze di economia processuale, come nel giudizio di primo grado, il giudice dell'impugnazione, quando ritiene l'impugnazione manifestamente priva di un presupposto processuale o manifestamente infondata, può pronunciare la sentenza che definisce la lite senza ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti delle parti pretermesse che sarebbero interessate a contraddire. Si tratta di un principio, appunto di economia processuale, già applicato dalla giurisprudenza ordinaria (Cass. n. 17851/2011; Cass. n. 10126/2011). Inammissibilità in appello della difesa personale delle partiAi sensi dell'art. 95 comma 6 non è applicabile nel giudizio innanzi al Consiglio di Stato l' art. 23 comma 1, dello stesso c.p.a. nella parte in cui prevede la possibilità di difesa personale delle parti. Ai giudizi di impugnazione non si applica l'articolo 23, comma 1, che prevede la possibilità di difesa personale delle parti, tra l'altro, nei giudizi in materia di accesso, così escludendo in maniera tassativa la possibilità di difesa personale delle parti nei giudizi in materia di accesso davanti al Consiglio di Stato. (Cons. St., VI, n. 3760/2013). È manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 95, comma 6, per violazione degli artt. 3 e 76 della Costituzione (Cons. St. V, n. 5623/2011). In senso conforme, nei giudizi in materia elettorale: Cons. St. V, n. 999/2011. Ai sensi del combinato disposto degli artt. 95 comma 6 e 131 comma 2, nel processo di appello avente ad oggetto le operazioni elettorali di comuni, province e regioni è inammissibile la costituzione in giudizio avvenuta senza il patrocinio di avvocato abilitato innanzi alle giurisdizioni superiori, atteso che è ammessa la difesa personale delle parti nei processi in materia elettorale soltanto nel giudizio di primo grado. Cons. St. V, n. 81/2011. BibliografiaDi Marzio, Art. 331 c.p.c., in Di Marzio (a cura di) Codice di procedura civile, Milano, 2016; Luiso, Impugnazioni in generale, in Morbidelli (a cura di), Codice della giustizia amministrativa, Milano, 2015, 889; Mandrioli, Corso di diritto processuale civile, II, Torino, 2002; Picardi, Manuale del processo civile, Milano, 2013. |