L’amministratore non è obbligato ad avvalersi del procedimento monitorio nei confronti dei condomini morosi

Adriana Nicoletti
10 Novembre 2017

La Cassazione, in una recente ordinanza, ha affrontato l'argomento concernente la sussistenza o meno di responsabilità dell'amministratore che...
Massima

L'art. 63 disp.att.c.c. non prevede un obbligo, ma solo una facoltà di agire in via monitoria contro I condomini morosi («può ottenere decreto di ingiunzione….») e, pertanto, non merita censura la decisione impugnata laddove ha escluso la violazione dell'obbligo di diligenza da parte dell'amministratore per essersi comunque attivato nella raccolta dei fondi, avendo comunque messo in mora gli inadempienti (e l'indagine circa l'osservanza o meno da parte del mandatario degli obblighi di diligenza del buon padre di famiglia che lo stesso è tenuto ad osservare ex artt. 1708 e 1710 c.c. - anche in relazione agli atti preparatori, strumentali e successivi all'esecuzione del mandato - è affidata al giudice del merito, con riferimento al caso concreto ed alla stregua degli elementi forniti dalle parti, il cui risultato, fondato sulla valutazione dei fatti e delle prove, è insindacabile in sede di legittimità).

Il caso

Su domanda di un condominio, che aveva citato in giudizio l'ex amministratore, il Tribunale ne accertava la responsabilità per inadempimento agli obblighi derivanti dal mandato (tardivo pagamento di un premio di una polizza assicurativa), rigettava la domanda risarcitoria pure proposta dal condominio nei confronti dell'ex amministratore (per i danni derivanti dalla mancanza di copertura assicurativa in relazione all'incendio del tetto) e condannava il convenuto a rimborsare all'attore la metà delle spese processuali.

Avverso la sentenza di primo grado, proponevano appello principale il condominio ed incidentale il soccombente. L'impugnazione dell'ex amministratore veniva accolta e questi veniva dichiarato esente da responsabilità contrattuale perché l'accertata mancanza di fondi nelle casse condominiali era stata determinata dalla morosità dei condomini ed i solleciti inviati a costoro non erano sufficienti ai fini dell'adempimento degli obblighi derivanti dal mandato.

Osservava, infatti, il giudice dell'appello che l'amministratore non è tenuto ad anticipare somme per il condominio (nella specie per pagare la polizza assicurativa), ma anche che non sussiste in capo allo stesso un obbligo di ricorrere alla procedura monitoria per esigere i pagamenti delle quote.

Avverso la sentenza di secondo grado ricorreva in Cassazione il condominio ed il ricorso veniva rigettato.

La questione

Ribadito che la decisione in esame ci riporta al precedente sistema legislativo, le problematiche esaminate dal giudice di legittimità, alcune delle quali già oggetto di provvedimenti giudiziari, riguardano, per quanto di specifico interesse, la figura dell'amministratore come mandatario del condominio ed i suoi obblighi verso il mandante; la necessità di sollecitare e, quindi, mettere in mora i condomini morosi; il divieto per l'amministratore di anticipare somme per il condominio ed, infine, la facoltà e non l'obbligo di ricorrere allo strumento monitorio per recuperare le somme mancanti. Dalla coesistenza di tali fattori, la Corte ha ritenuto che nessuna responsabilità può essere attribuita all'amministratore per eventuali danni subiti dal condominio, non avendo egli tradito il mandato affidatogli.

Le soluzioni giuridiche

Il giudice di legittimità ha ribadito quanto già affermato dalla costante giurisprudenza ante l. n. 220/2012, ovvero che il rapporto tra amministratore e condominio va inquadrato nell'ambito del mandato ed è disciplinato, per il caso di specie, dall'art. 1710 c.c. concernente le modalità di esecuzione dello stesso secondo la diligenza del buon padre di famiglia. Detto rapporto, inoltre, non cambia neppure se l'amministratore è stato designato dal Tribunale ai sensi dell'art. 1129, comma 1, c.c. (Cass. civ., sez. II, 21 settembre 2017, n. 21966).

Ad avviso della Corte il comportamento richiesto all'amministratore è da ritenersi del tutto corretto quando - come nel caso di specie - i condomini morosi siano stati messi in mora attraverso plurimi solleciti, anche scritti. È stato, inoltre, evidenziato che il rappresentante dell'Ente gode dei poteri attribuitigli dalla legge (artt. 1130 e 1131 c.c.) tanto in forza della volontà assembleare, quanto del regolamento di condominio.

Rispetto a quest'ultimo va osservato che, secondo la giurisprudenza, la sussistenza di una clausola regolamentare, che imponga all'amministratore di mettere in atto una formale richiesta di adempimento a chi non è in regola verso il condominio, non preclude il ricorso alla via monitoria per il recupero delle somme non versate. La mancanza di una diffida stragiudiziale, infatti, può determinare - al più - la violazione di una regola di condotta, che fa discendere in capo all'amministratore medesimo una responsabilità da inesatto adempimento (Cass. civ., sez. II, 16 aprile 2013, n. 9181).

Il giudice di legittimità ha sostanzialmente confermato la decisione impugnata là dove è stato affermato che l'amministratore non è tenuto ad anticipare somme per il condominio, mettendo in atto un modus operandi non corretto, perché contrario all'impianto delle norme che disciplinano il condominio. Il rappresentante dell'ente, infatti, non è titolare di un potere generale di spesa che gli consenta di sopperire, con proprie risorse, alla mancanza di fondi nelle casse comuni, trattandosi di prerogativa riservata all'assemblea, sia in termini di approvazione dei bilanci, sia per quanto concerne la valutazione dell'opportunità delle anticipazioni effettuate dall'amministratore, salvo il caso di lavori urgenti previsti dagli artt. 1130 e 1135 c.c. (Cass. civ., sez. II, 27 giugno 2011, n. 14197).

Peraltro, non si può ignorare che le morosità in ambito condominiale non nascono all'improvviso ma si formano nel tempo, favorite spesso anche dall'inerzia degli amministratori i quali, invece di azionare tempestivamente il procedimento monitorio sopperiscono in alcuni casi, del tutto improvvidamente, con fondi propri.

Da ultimo, anche se una delle attribuzioni fondamentali in capo all'amministratore è quella di «riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni» (art. 1130, comma 1, n. 2, c.c.) la Corte non ha potuto fare altro che rigettare il ricorso del condominio poiché per conseguire il fine voluto dal legislatore l'amministratore, che non abbia violato l'art. 1710 c.c., non è obbligato a richiedere decreto ingiuntivo di pagamento.

La decisione si è attenuta al significato letterale dell'art. 63, comma 1, disp.att.c.c., che utilizza il verbo «può» e non «deve», lasciando all'amministratore la facoltà di ricorrere a tale strumento per recuperare i fondi per il condominio. Strumento che, spesso, non viene utilizzato poiché i costi del decreto ingiuntivo, anche con riferimento alle competenze spettanti al difensore del condominio, non sempre sono di poco conto e, proprio per questo, non affrontabili se le casse dell'Ente, sono incapienti.

Osservazioni

Come è stato più volte rilevato, la decisione della Corte interessa un giudizio instaurato prima della legge di riforma del condominio del 2012 ed entrata in vigore nel giugno 2013. In effetti, a fronte della totale facoltà riservata all'amministratore dal primo comma dell'art. 63 cit., rimasto immutato nel suo primo comma e secondo il quale questi «può» ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, il legislatore ha introdotto una rilevante modifica nell'art. 1129 c.c. («Nomina, revoca ed obblighi dell'amministratore»), ove ha disposto che «salvo che sia stato espressamente dispensato dall'assemblea, l'amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell'art. 63, comma 1, delle disposizioni di attuazione del presente codice» (comma 9).

L'esame comparato delle due disposizioni confermerebbe la correttezza della decisione assunta dalla Corte nella sentenza oggetto di commento mentre, una volta che l'assemblea abbia approvato i crediti, la facoltà per l'amministratore di ricorrere al recupero forzoso dei crediti condominiali viene sostituita dall'obbligo di procedere, salvo differenti indirizzi da parte dell'assemblea.

Con riferimento al caso specifico (pagamento del premio di assicurazione relativo allo stabile), tuttavia, la sentenza desta qualche perplessità poiché, se la spesa era stata approvata in sede di preventivo (ad esempio nel caso di scelta di una diversa società assicuratrice con un prezzo differente) e non di consuntivo, si potrebbe anche sostenere che già da tale momento il credito era divenuto esigibile, trattandosi di spesa fissa e predeterminata. Totalmente diverso, invece, il caso in cui la voce di spesa si fosse riferita alla generica manutenzione ordinaria, da consolidarsi in sede di bilancio finale.

Guida all'approfondimento

Scarpa, La natura dell'incarico di amministratore di condominio e le conseguenti responsabilità dopo la riforma del 2012, in Arch. loc. e cond., 2016, 15;

Meo, Il dovere di diligenza dell'amministratore nella casistica giurisprudenziale, in Immob. & proprietà, 2009, 22;

De Tilla, Somme anticipate dall'amministratore, il credito ha origine dal mandato, in Immob. & diritto, 2007, fasc. 1, 41;

Cusano, I limiti della responsabilità dell'amministratore di condominio, in Arch. loc. e cond., 2005, 125

Russo, La polizza globale fabbricati: responsabilità di condomini e amministratore, in Immob. & proprietà, 2003, 147.

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