La particolare tenuità del fatto si applica anche al reato di spaccio di sostanze stupefacenti

14 Novembre 2017

Con sentenza dell'11 giugno 2015 la Corte di appello di Torino ha confermato l'impugnata sentenza del 3 giugno 2014 del tribunale di Torino, con la quale E.A.Y. era stato condannato alla pena di mesi due di reclusione ed euro 600,00 di multa per il reato di cui al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5, ...
Massima

La particolare tenuità del fatto non può essere negata allo spacciatore, anche se è stato denunciato varie volte per reati legati agli stupefacenti, se non viene valutato dal giudice l'esito delle denunce.

Il caso

Con sentenza dell'11 giugno 2015 la Corte di appello di Torino ha confermato l'impugnata sentenza del 3 giugno 2014 del tribunale di Torino, con la quale E.A.Y. era stato condannato alla pena di mesi due di reclusione ed euro 600,00 di multa per il reato di cui al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5, concesse le attenuanti generiche oltre alla riduzione del rito. Avverso la predetta decisione l'imputato, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per Cassazione deducendo la mancata applicazione della previsione di cui all'art. 131-bis c.p., laddove la Corte territoriale aveva disatteso la richiesta in proposito formulata assumendo l'esistenza di plurime denunce per reati inerenti agli stupefacenti.

La Corte di cassazione, accogliendo il motivo del ricorso, annullava con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Torino, ai fini di un nuovo esame in ordine alla richiesta di applicazione della speciale causa di non punibilità.

La questione

Con sentenza della terza Sezione penale del 24 luglio 2017, n. 36616 la Corte di cassazione afferma un principio di diritto sulla base del quale la speciale tenuità del fatto può essere applicata anche nei processi che concernono lo spaccio di sostanze stupefacenti, soffermandosi nell'analisi dell'istituto in esame ed in particolare definendo il concetto di abitualità della condotta. La Cassazione nella motivazione delle sentenza de quo osserva come la norma di cui all'art. 131-bis c.p. stabilisce che la punibilità sia esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'art. 133, comma 1, c.p., l'offesa sia di particolare tenuità e il comportamento risulti non abituale. La Suprema Corte difatti in merito all'abitualità dell'offesa cosi evidenziava nei passaggi della propria motivazione «l'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità quando l'autore abbia agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o abbia adoperato sevizie o, ancora, abbia profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa ovvero quando la condotta abbia cagionato o da essa siano derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona. Il comportamento è da ritenersi abituale quando l'autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate».

Ebbene secondo giudici del Supremo Collegio nel caso de quo non si poteva escludere l'applicabilità della particolare tenuità del fatto sulla base della sussistenza di pregresse denunce in capo all'imputato. Secondo la Cassazione i giudici di primo grado si erano limitati ad accertare la sussistenza di denunce, risalenti nel tempo, senza però specificare nulla in merito all'esito di queste, considerando aprioristicamente queste ostative all'applicazione dell'istituto in esame. Non solo, gli stessi giudici avevano omesso di chiarire se fosse stato dato corso ad un procedimento penale o se vi fosse stato un accertamento giudiziale della responsabilità dell'imputato. Per tale motivo gli Ermellini concludevano per una astratta non incompatibilità dell'istituto della particolare tenuità del fatto con riferimento al reato di spaccio di sostanze stupefacenti e per tale ragione accoglievano il ricorso promosso dal condannato rinviando ad altra sezione della Corte d'appello di Torino per un nuovo esame.

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione con la pronuncia de quo ha affermato che le reiterate denunce per reati in tema di stupefacenti non possono essere aprioristicamente ostative all'applicabilità della particolare tenuità del fatto. Per tale motivo gli Ermellini si limitano a valutare una astratta non incompatibilità dell'istituto della particolare tenuità del fatto con riferimento al reato di spaccio di sostanze stupefacenti non potendosi ravvisare allo stato, la sicura esistenza di clausole ostative, tenuto conto dell'opzione esegetica adottata dalla Corte territoriale.

Osservazioni

Il decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28 ha attuato la delega per «escludere la punibilità di condotte sanzionate con la sola pena pecuniaria o con pene detentive non superiori nel massimo a 5 anni, quando risulti la particolare tenuità dell'offesa e la non abitualità del comportamento, senza pregiudizio per l'esercizio dell'azione civile per il risarcimento del danno e adeguando la relativa normativa processuale penale», contenuta nell'art. 1, comma 1 , lett. m), legge 28 aprile 2014, n. 67. Il citato decreto ha introdotto nel codice penale una nuova causa di non punibilità, prevista nel nuovo art. 131-bis c.p. (art. 1), la cui importanza sistematica è sottolineata dalla modifica delle intestazioni del Titolo V e del Capo I del Libro I del codice. Come emerge più chiaramente dal testo della delega, rispetto al primo comma dell'art. 131-bis c.p., due soli sono i presupposti o elementi costitutivi fondamentali: la particolare tenuità dell'offesa e la non abitualità del comportamento. A sua volta la particolare tenuità dell'offesa viene articolata “in due ulteriori indici-requisiti, costituiti dalle modalità della condotta e dall'esiguità del danno o del pericolo”, entrambi valutati ai sensi dell'art 133, comma 1, c.p. Ebbene i requisiti fondamentali –particolare tenuità dell'offesa e non abitualità del comportamento – vengono ulteriormente specificati in senso negativo, rispettivamente nei commi 2 e 3 dell'art. 131-bis c.p., preposti ad indicare quando l'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità e quando il comportamento deve essere ritenuto abituale. La valutazione del fatto in termini di particolare tenuità dell'offesa appare però un giudizio tipicamente di merito, come tale precluso alla Suprema Corte di cassazione, la quale si vedrà costretta sempre ad un annullamento con rinvio qualora non condividesse l'esclusione della causa di non punibilità nelle fasi di merito.

Guida all'approfondimento

GATTA, Non punibilità per particolare tenuità del fatto: le linee-guida della procura di Lanciano, in dir. pen. cont., 3 aprile 2015

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