La sottile linea di confine tra l'adesione a un'ideologia e la partecipazione all'Isis

Redazione Scientifica
15 Novembre 2017

Con riferimento al terrorismo di matrice islamica, la giurisprudenza di legittimità ha da tempo espresso la necessità di guardare oltre gli ordinari paradigmi interpretativi legati alla fenomenologia della struttura e degli schemi organizzativi criminali del terrorismo “storico” operante nel nostro Paese, a prescindere dall'ideologia di riferimento, ovvero plasmati sul concreto atteggiarsi dell'associazione a delinquere “classica”, semplice o mafiosa che sia.

Con riferimento al terrorismo di matrice islamica, la giurisprudenza di legittimità ha da tempo espresso la necessità di guardare oltre gli ordinari paradigmi interpretativi legati alla fenomenologia della struttura e degli schemi organizzativi criminali del terrorismo “storico” operante nel nostro Paese, a prescindere dall'ideologia di riferimento, ovvero plasmati sul concreto atteggiarsi dell'associazione a delinquere “classica”, semplice o mafiosa che sia.

In questo senso si è da ultimo espressa anche Cass. pen., Sez. V, 3 novembre 2017, n. 50189, chiamata ad affrontare la questione della configurabilità del reato di associazione di cui all'art. 270-bis c.p. e, in particolare, della distinzione tra mera adesione a una ideologia estremista e la concreta partecipazione a una struttura organizzativa di matrice terroristica jihadista.

Partendo dal principio di diritto secondo cui «il delitto di cui all'art. 270-bis c.p. è integrato da una struttura organizzata di carattere anche solo rudimentale e da una condotta di adesione meramente ideologica, purché connotata da una minima serietà di propositi criminali terroristici, senza che sia necessario, data la natura del reato di pericolo presunto, che si abbia l'inizio di materiale esecuzione del programma criminale», il Supremo Collegio ha messo subito in evidenza il rischio che l'anticipazione della soglia di punibilità finisca per criminalizzare condotte che, invero, rimangono finalizzate sul piano della mera ideazione o adesione psicologica a un'ideologia pur violenta ed estrema.

Da un lato, vi è dunque la necessità che l'anticipazione della tutela rimanga confinata nei limiti dell'offensività in concreto; dall'altro, non si può però non tener presente che «i rapporti ideologico-religiosi, sommandosi al vincolo associativo che si propone il compimento di atti di violenza con finalità terroristiche, lo rendono ancora più pericoloso, potendo esso costituire un collante più forte di molti altri vincoli tra sodali»

L'organizzazione terroristica transnazionale di matrice islamica non ha le caratteristiche tipiche di una struttura statica ma si connota come una “rete” in grado di mettere in relazione soggetti assimilati da un comune progetto politico-militare e di fungere da catalizzatore dell'affectio societatis, costituendo in tal modo lo “scopo sociale” del sodalizio.

Si legge infatti nelle motivazioni della sentenza che «ciò che emerge è sicuramente l'esistenza di una sottile linea di confine fenomenologica tra la libertà di manifestazione, anche collettiva, di un'ideologia, in forme legittime o eventualmente nel reato di apologia di cui all'art. 414, comma 4, c.p. e la partecipazione ad un'associazione con finalità terroristica a prescindere o prima della commissione di reati-fine, in presenza di una struttura organizzativa rudimentale, flessibile e a volte del tutto spontaneistica rispetto al collegamento con esponenti dell'Isis o di altre organizzazioni terroristiche criminali». In tale secondo caso, afferma il Collegio, ci si dovrà spostare da una valutazione sulla rilevanza penale a un'analisi rigorosa della configurazione degli elementi, pur se minimi, di manifestazione della composizione organizzativa di uomini e attività prodromiche alla commissione di eventuali reati fine.

L'Isis propone, infatti, una formula di adesione alla struttura dell'organizzazione che può definirsi aperta e in progress, cioè sempre disponibile ad «accogliere le vocazioni criminali provenienti da singoli e gruppi»: le modalità di creazione dell'affectio societatis tra i sodali e la struttura internazionale terroristica Isis è improntata su un modello spontaneista e privo di formalismi, molte volte avulso da qualsiasi contatto fisico tra gli esponenti riconosciuti dell'organizzazione e terroristica e le persone aderenti ai gruppi o cellule che compiono poi gli attenati.

Sul punto la Sezione V della Cassazione ritiene «costituire prova di partecipazione […] anche un contributo causale immanente al mero inserimento nella struttura associativa, poiché già il solo inserimento nella compagine criminale rafforza e consolida l'associazione terroristica di riferimento, sotto il profilo dell'affidamento sulla persistente disponibilità di adepti, al pari della proclamata condivisione dell'ideologia estremista e religiosa radicale».

Il Supremo Collegio conclude dunque affermando che:

«configura il reato di cui all'art. 270-bis c.p. la costituzione di una “cellula” organizzativa di matrice jihadista, pur in presenza di uno schema di aggregazione minimo e avulso dal riferimento a modelli associativi ordinari, in relazione alla quale, dalla valutazione complessiva di concreti elementi investigativi, emergano non soltanto l'ideologia eversiva di ispirazione ma anche l'adozione della violenza terroristica come metodi di lotta che il sodalizio intende esercitare o si prefigura e l'effettiva possibilità di attuare anche una sola delle condotte di supporto funzionale all'attività terroristica di organizzazioni riconosciute e operanti come tali, quali la realizzazione di attentati terroristici contro obiettivi nel territorio dello Stato, la propaganda e il proselitismo, l'addestramento e l'autoaddestramento dei sodali alla guerra».

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