Atto di citazione di risarcimento danni da lesione del rapporto parentaleInquadramentoCon l'atto di citazione gli stretti congiunti di una vittima di incidente sul lavoro, rimasto macroleso, chiedono il risarcimento dei danni non patrimoniali subìti in conseguenza del sinistro a titolo di lesione del rapporto parentale. FormulaTRIBUNALE DI .... 1 ATTO DI CITAZIONE 2 Sig. ...., nata a ....il .... (C.F. .... 3), Sig. ...., nata a .... il .... (C.F. n. .... ), e Sig. ...., nata a .... il .... (C.F. n. .... ), residenti tutte in ...., alla via ....n. ...., ed elettivamente domiciliate in ...., alla via .... n. ...., presso lo studio dell'Avv. .... (C.F. ....- fax .... - PEC .... 4), che le rappresenta e difende, in forza di procura speciale in calce (oppure a margine) del presente atto; PREMESSO CHE — il giorno .... (rispettivamente, marito e padre degli odierni attori) era a lavoro presso la ditta ...., di cui era dipendente; — nel mentre era intento a .... 5 che non disponeva delle obbligatorie dotazioni di sicurezza e di prevenzione degli infortuni, era stato .... 6, essendo assente sulla macchina .... 7; — trasportato presso l'Ospedale di ...., gli era stata diagnosticata .... 8; — successivamente era stato sottoposto ad interventi chirurgici di .... 9; — a causa delle lesioni subìte è caduto in uno stato depressivo reattivo ed ha riportato deficit dei movimenti della spalla ed impossibilità dei movimenti della mano e delle dita; — è stata riconosciuta un'invalidità INAIL pari al ....%; — il danneggiato da allora risente di continui ed intensissimi dolori al braccio ed alla mano destra, ormai paralizzata; — gli attori devono, pertanto, provvedere quotidianamente a vestirlo, ad aiutarlo a mangiare, a lavarsi, con conseguente grave limitazione nelle attività giornaliere; — tale situazione ha determinato un mutamento in pejus nella loro vita lavorativa e ricreativa; — la sofferenza ha altresì determinato una grave crisi tra i coniugi, così come negative ripercussioni sugli studi della figlia minore e sulla gravidanza della figlia maggiore, nonché stati ansiosi e depressivi; — hanno riportato un danno biologico pari, rispettivamente, al ...., al .... ed al ....%, nonché un danno morale, in ragione del legame significativo con il soggetto danneggiato e delle lesioni gravi ed invalidanti riportate da quest'ultimo; — va loro riconosciuto altresì il danno esistenziale, in considerazione dell'evidente peggioramento della qualità della vita; — in data ....è stato esperito con esito negativo il procedimento di negoziazione assistita di cui all'art. 3 del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito in l. 10 novembre 2014, n. 162, come risulta dalla diffida inviata in data .... con raccomandata a/r n. ...., in cui l'attore ha espressamente invitato la controparte a stipulare una convenzione di negoziazione con le seguenti modalità .... 10; — tale invito non è stato seguito da adesione (oppure) è stato seguito da rifiuto entro trenta giorni dalla sua ricezione (oppure) è decorso il periodo di tempo di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a) del d.l. n. 132/2014, citato, come risulta da .... Tutto ciò premesso, i Sigg. ...., e ...., come sopra rappresentati e difesi, CITANO
la Società ...., con sede legale in ...., alla via ....n. .... (C.F. ....P.I. ....), in persona del legale rappresentante pro tempore, Sig. ...., nato a .... il .... (C.F. ....), residente in ....nella via ....n. ...., a comparire innanzi il Tribunale ordinario di ...., Sezione e Giudice Istruttore a designarsi ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., all'udienza del .... 11, ora di rito, con invito alla parte convenuta a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'articolo 166 e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'articolo 168-bis, AVVERTE la convenuta che:
per ivi sentire accogliere le seguenti
CONCLUSIONI Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza, deduzione o eccezione: 1) dichiarare che il sinistro è addebitabile in via esclusiva alla convenuta e, per l'effetto, 2) condannarla al risarcimento di tutti i danni (patrimoniali, biologici, morali ed esistenziali) subìti, oltre interessi e rivalutazione monetaria; con vittoria di spese e compensi professionali di avvocato, oltre IVA e CPA come per legge. Si articola prova per testi sui seguenti capitoli: 1) Vero che ....; 2) ....Si indicano quali testimoni i Sig.ri .... Si depositano i seguenti documenti: 1) ....; 2) ....; 3) ....; 4) ....; 5) ....; 6) .... Si riserva di produrre altri documenti e di articolare ulteriori mezzi istruttori con le memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., la concessione dei cui termini sin da ora viene richiesta. Ai sensi dell'art. 14 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 («Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia»), si dichiara che il valore del presente procedimento è pari a Euro .... e, pertanto, il contributo unificato è dovuto nella misura di Euro .... Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA SPECIALE (se non apposta a margine) [1] Il foro stabilito dall'art. 20 c.p.c., per le cause relative a diritti di obbligazione concorre con i fori generali di cui agli art. 18 e 19 c.p.c. e l'attore può liberamente scegliere di adire uno dei due fori generali, oppure il foro facoltativo dell'art. 20 c.p.c. La norma - infatti - stabilisce che per le cause relative a diritti di obbligazione (tra le quali rientrano anche le obbligazioni scaturenti da responsabilità extracontrattuale) è anche competente il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi la obbligazione. In particolare, in tema di obbligazioni nascenti da fatto illecito, l'azione di risarcimento sorge nel luogo in cui l'agente ha posto in essere l'azione produttiva del danno (forum commissi delicti) e in relazione a tale luogo deve essere determinata la competenza territoriale ex art. 20 c.p.c. (Cass. II, n. 13223/2014). [2] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., dalla l. 15 luglio 2011, n. 111). [3] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv. con modif. dalla legge n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. dalla legge n. 24/2010. [4] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla legge n. 114/2014. L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla legge 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà». [5] Indicare l'attività che in quel momento stava svolgendo (es.: forare pezzi di acciaio con trapano a colonna). [6] Descrivere la dinamica dell'incidente (es.: agganciato con la mano destra dalla punta in rotazione). [7] Indicare il dispositivo di sicurezza di cui la macchina non era dotata (es.: la protezione idonea per la punta). [8] Indicare la patologia verificatasi, se del caso richiamando la cartella clinica (es.: la frattura esposta del radio destro ed un trauma contusivo alla spalla destra). [9] Indicare i trattamenti, anche riabilitativi, cui era stato sottoposto (es.: riduzione della frattura, di rimozione dei fili K. e dei fissatori esterni e di ricostruzione dei nervi radiale, medio ed ulnare ed a numerosi controlli ambulatoriali, nonché ad un ciclo di camera iperbarica). [10] È obbligatorio il ricorso alla procedura di negoziazione assistita (che costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale) nelle ipotesi in cui la somma pretesa non superi l'importo di 50.000 Euro (art. 3 d.l. n. 132/2014, conv. con modif. in l. n. 162/2014) e dovrà essere prodotta la relativa documentazione. Va, in proposito, ricordato che la negoziazione è prescritta, quando si intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti 50.000 Euro, ad eccezione delle controversie assoggettate alla disciplina della c.d. mediazione obbligatoria (in altri termini, la procedura di negoziazione assistita non opera quando è prevista la mediazione obbligatoria). Ebbene, quest'ultima non è prescritta in subiecta materia, se si fa eccezione per il risarcimento del danno derivante da responsabilità medica. [11] Tali elementi (indicazione del giorno dell'udienza di comparizione; invito a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata, ai sensi e nelle forme stabilite dall' art. 166 c.p.c., e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell' art. 168-bis c.p.c.; l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c.) sono previsti dall' art. 164 c.p.c. a pena di nullità dell'atto di citazione CommentoI presupposti del danno da lesione del rapporto parentale In tema di risarcimento del danno per compromissione del rapporto parentale, quando la lesione della salute è assai lieve, non può configurarsi alcun pregiudizio nei confronti dei congiunti del leso; infatti, affinché ricorra questa tipologia di danno è necessario che la vittima abbia subito lesioni seriamente invalidanti o che si sia determinato uno sconvolgimento delle normali abitudini dei superstiti, tale da imporre scelte di vita radicalmente diverse che è onere dell'attore allegare e provare. Tale onere di allegazione va adempiuto in modo circostanziato (allegazione circostanziata - mercé l'indicazione di fatti precisi e specifici nel caso concreto - di fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, ovvero del compimento di scelte di vita diverse), non potendo risolversi in mere enunciazioni generiche, astratte od ipotetiche (Cass. III, n. 25729/2014). Invero, la lesione del rapporto parentale non costituisce un'ipotesi di danno in re ipsa (Cass. III, n. 12985/2016). Per App. Torino, 12 gennaio 2007, i prossimi congiunti della vittima hanno diritto al risarcimento del danno esistenziale derivante dalla compromissione del rapporto parentale, consistente nel forzato sconvolgimento delle abitudini di vita e dei rapporti relazionali (si pensi al dover modificare il proprio modo di vivere per assistere un figlio gravemente invalido, alla forzata rinuncia alle attività quotidiane e, in genere, allo sconvolgimento - conseguente all'illecito - della propria vita familiare e sociale); solo i congiunti legati alla vittima da una relazione meno intensa debbono fornire la prova rigorosa del pregiudizio nel modo di vivere la loro esistenza. Il patema d'animo dei genitori, per lo stato vegetativo perenne del figlio, non è - come solitamente avviene - di natura transeunte, potendosi tradurre, in presenza della relativa prova, in un dolore costante, che comporta la liquidazione congiunta con il diverso, ma contiguo, danno esistenziale, inteso quest'ultimo come lesione del rapporto parentale, in tal guisa non prospettandosi il rischio di una duplicazione del risarcimento. Per il danno da lesione del rapporto parentale (risarcibile iure proprio ex art. 2059 c.c.), il giudice di merito deve accertare, con onere della prova a carico dei familiari della persona deceduta, se, a seguito del fatto lesivo, si sia determinato nei superstiti il predetto sconvolgimento, evitando duplicazioni, ma anche “vuoti” risarcitori (Cass. III, n. 19402/2013; Trib. Rimini 17 giugno 2014, n. 4619). Anche di recente la Cass. n. 23469/2018, ha riconosciuto la configurabilità di un danno non patrimoniale, iure proprio del congiunto, suscettibile di ristoro, non soltanto nel caso di perdita ma altresì di mera lesione del rapporto parentale. Quello che rileva è lo sconvolgimento dell'esistenza, il radicale cambiamento dello stile di vita nonché la sofferenza interiore derivante dal venir meno del rapporto. Trattandosi di pregiudizio che si proietta nel futuro (diversamente dal danno morale soggettivo contingente), dovendosi aver riguardo al periodo di tempo nel quale si sarebbe presumibilmente esplicato il godimento del congiunto che l'illecito ha invece reso impossibile, sarà consentito il ricorso a valutazioni prognostiche ed a presunzioni sulla base degli elementi obiettivi che sarà onere del danneggiato fornire (Cass. III, n. 14931/2012). Ai fini del risarcimento è necessaria, cioè, l'allegazione e la prova delle modificazioni peggiorative della qualità della vita del soggetto danneggiato, oggettivamente apprezzabili, derivanti dalla privazione del rapporto parentale, sebbene da taluni si ritenga applicabile una presunzione iuris tantum di sussistenza del danno a favore dei familiari della vittima (Trib. Nola II, 16 gennaio 2012). Incombe, poi, alla parte in cui sfavore opera la presunzione dare la prova contraria al riguardo, idonea a vincerla (situazione di mera convivenza forzata, caratterizzata da rapporti deteriorati, contrassegnati da continue tensioni e screzi, coniugi in realtà separati in casa, ecc.). Invero, l'allegazione circostanziata determina l'inversione dell'onere della prova tipica delle presunzioni (Cass. III, n. 10527/2011, ha considerato inidonea la deduzione di fatti inerenti alla perdita di abitudini e riti propri della quotidianità della vita). Qualche dubbio si nutre in ordine a tale impostazione, atteso che il criterio di cd. vicinanza della prova renderebbe estremamente difficoltoso per il danneggiante fornire la dimostrazione del contrario. Si inserisce in questo filone giurisprudenziale Cass. n. 2228/2012, che, in un caso di azione per il risarcimento danni da errato intervento in sede di parto (che aveva provocato la paralisi ostetrica del braccio del neonato), ha riconosciuto al genitore il risarcimento del danno non patrimoniale sofferto in conseguenza dell'evento, rilevando che, ai fini della liquidazione del relativo ristoro, occorre tenersi in considerazione la sofferenza (o patema d'animo) anche sotto il profilo della sua “degenerazione in obiettivi profili relazionali”. In particolare, la Suprema Corte, premesso che la prova del danno morale può essere data anche con presunzioni, ha statuito che, nel caso di allegazione del fatto-base rappresentato dalle gravi lesioni subite dal figlio convivente, il giudice deve ritenere provata anche la sofferenza interiore e lo sconvolgimento dell'esistenza che anche per la madre derivano. Cosí, nel liquidare il relativo pregiudizio, il giudice deve tener conto di entrambi i predetti profili, ivi compresa la degenerazione della sofferenza del genitore nel caso in cui sia stato costretto ad abbandonare il lavoro per dedicarsi esclusivamente alla cura del figlio, bisognevole di assistenza in relazione alla gravità della lesione riportata. Per Cass. III, n. 16018/2010, secondo l'id quod plerumque accidit, gravi affezioni o preoccupanti patologie di un congiunto intensificano, piuttosto che diminuire, il legame emozionale con gli altri parenti. Il danno non patrimoniale da lesione o perdita del rapporto parentale non è rigorosamente circoscritto ai familiari conviventi, poiché il rapporto di convivenza, pur costituendo elemento probatorio utile a dimostrarne l'ampiezza e la profondità, non assurge a connotato minimo di esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà, escludendoli automaticamente in caso di sua mancanza. In particolare, nessun rilievo può essere attribuito, al fine di negare il riconoscimento di tale danno, all'unilateralità del rapporto di fratellanza ed all'assenza di vincolo di sangue, non incidendo essi negativamente sull'intimità della relazione, sul reciproco legame affettivo e sulla pratica della solidarietà (Cass. n. 24689/2020). L'esistenza di un pregiudizio subito dal nipote per i danni alla persona riportati dal nonno configura un danno futuro soltanto eventuale, come tale non risarcibile, non potendosi ritenere sussistente, in difetto dell'attualità del rapporto, una presunzione di afflittività conseguente alle menomate condizioni fisiche di questi (Sez. 3, Ordinanza n. 13540 del 17/05/2023). Se è pur innegabile la necessità di conciliare il diritto del superstite alla tutela del rapporto parentale con l'esigenza di evitare il pericolo di una dilazione ingiustificata dei soggetti danneggiati secondari, il dato esterno ed oggettivo della convivenza non è elemento idoneo a bilanciare le evidenziate contrapposte esigenze e ad escludere a priori il diritto del non convivente al risarcimento del danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale. La convivenza può, tuttavia, assurgere a elemento probatorio utile, unitamente ad altri elementi, a dimostrare l'ampiezza e la profondità del vincolo affettivo che lega tra loro i parenti e a determinare il quantum debeatur (Cass. III, n. 21230/2016). In particolare, affinché possa ritenersi leso il rapporto parentale di soggetti al di fuori della famiglia nucleare (nonni, nipoti, genero, nuora), è necessaria la convivenza, quale connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l'intimità dei rapporti parentali, anche allargati, caratterizzati da reciproci vincoli affettivi, di pratica della solidarietà, di sostegno economico, solo in tal modo assumendo rilevanza giuridica il collegamento tra danneggiato primario e secondario, nonché la famiglia intesa come luogo in cui, attraverso la quotidianità della vita, si esplica la personalità di ciascuno, ai sensi dell'art. 2 Cost. (Trib. Arezzo, 7 gennaio 2014, n. 5; Cass. III, n. 4253/2012; Cass. III, n. 6938/1993; Trib. Milano I, 27 gennaio 2015 e Trib. Milano I, 2 dicembre 2014 n. 14320). In quest'ottica, va operato un distinguo tra i parenti stretti facenti parte della cd. famiglia nucleare (coniugi, figli, genitori, fratelli e sorelle), per i quali di regola risulta irrilevante, ai fini risarcitori, la cessazione della convivenza, e gli altri parenti ed affini (nonni, nipoti, zii, cugini, ecc.), in relazione ai quali può essere riconosciuto un ristoro solo se concorrano circostanze atte a far ritenere che la lesione della vita o della salute del familiare abbia comportato la perdita di un effettivo e valido sostegno morale ovvero una grave alterazione della normale esistenza. Pertanto, la mera titolarità di un rapporto familiare non può essere considerata sufficiente a giustificare la pretesa risarcitoria, occorrendo di volta in volta verificare in che cosa il legame affettivo sia consistito ed in che misura la lesione subìta dalla vittima primaria abbia inciso sulla relazione fino a comprometterne lo svolgimento (Cass. S.U., n. 9556/2002). Il danno da lesione del rapporto parentale va ricondotto nell'alveo dell'art. 2059 c.c. e deve essere riconosciuto alla convivente di fatto, purché sussista un significativo e duraturo legame affettivo con la cd. vittima primaria (Trib. Reggio Emilia II, 2 marzo 2016, n. 315). Sul tema Cass. III, ord. n. 7748/2020, ha enunciato di recente due importanti principi: 1) la lesione subita dal congiunto fa sorgere in capo ai parenti della vittima un danno non riflesso, ma diretto e consistente non solo nel possibile (e non più necessario) sconvolgimento delle abitudini di vita, ma anche nella sofferenza d'animo interiore; 2) tali conseguenze pregiudizievoli sono dimostrabili anche per presunzioni, con particolare riferimento al legame parentale esistente tra la vittima materiale e i congiunti. All'indomani del rinnovato decalogo della III Sezione del 2019, il quale, sebbene nell'ottica della responsabilità sanitaria, ha offerto con livello di dettaglio approfondito importanti puntualizzazioni anche in tema di danno da lesione del rapporto parentale, l'ordinanza in precedenza menzionata sembra offrire una lettura della consistenza di tale peculiare conseguenza non economica non totalmente allineata a tale importante arresto. Per Cass. III, n. 7513/2018, «l'incidenza d'una menomazione permanente sulle quotidiane attività "dinamico-relazionali" della vittima non è affatto un danno diverso dal danno biologico». Pertanto, costituirebbe duplicazione risarcitoria e violazione del principio di integralità e della funzione compensativa della responsabilità civile la separata liquidazione del danno biologico e del danno cd. esistenziale. Al contrario, non determinerebbe, invece, una indebita locupletazione del danneggiato il riconoscimento di una ulteriore somma a titolo di danno morale, in quanto conseguenza non avente fondamento medico-legale, consistendo in una sofferenza meramente interna, producendosi così una scissione nel momento liquidatorio. Ora, traslando tali sviluppi interpretativi nella cornice della lesione del legame parentale dovrebbe concludersi che le conseguenze risarcibili, in assenza di una malattia provocata dalla perdita del congiunto, consistano nel danno morale e in quello dinamico-relazionale. Mentre, qualora il parente subisca anche una lesione all'integrità psicofisica, questa dovrebbe assorbire il danno esistenziale, per le ragioni suesposte, e affiancarsi al danno morale, così non alterando la concezione binaria del danno parentale. In tema di danno da lesione del rapporto parentale patito dal minore infante, l'esistenza di un pregiudizio subito dal nipote per i danni alla persona riportati dal nonno configura un danno futuro soltanto eventuale, come tale non risarcibile, non potendosi ritenere sussistente, in difetto dell'attualità del rapporto, una presunzione di afflittività conseguente alle menomate condizioni fisiche di questi (Cass. n. 13540/2023). L'uccisione di una persona fa presumere da sola, ex art. 2727 c.c. , una conseguente sofferenza morale in capo ai genitori, al coniuge, ai figli o ai fratelli della vittima, a nulla rilevando né che la vittima ed il superstite non convivessero, né che fossero distanti (circostanze, queste ultime, le quali potranno essere valutate ai fini del "quantum debeatur"); in tal caso, grava sul convenuto l'onere di provare che vittima e superstite fossero tra loro indifferenti o in odio, e che di conseguenza la morte della prima non abbia causato pregiudizi non patrimoniali di sorta al secondo (Cass. n. 2776/2024). I criteri di liquidazione del danno da compromissione del rapporto parentale Il danno da lesione del rapporto parentale va valutato e liquidato in via equitativa, con prudente discrezionalità, contemperando in maniera equilibrata il grado di gravità del fatto illecito, nonché l'intensità e la durata degli effetti del danno ingiusto, alla stregua delle tabelle utilizzate dai vari tribunali della Repubblica, in particolare quello di Milano (Cass. III, n. 26505/2009). Nell'ipotesi di lesione del rapporto parentale ai congiunti della vittima che abbia riportato lesioni gravissime, spetta al giudice che si avvalga per la liquidazione del danno delle tabelle in uso presso il tribunale di Milano, procedere ad una adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze, fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza. Qualora venga accertato che la lesione abbia comportato il venir meno di qualunque relazione di sorta all'interno del vincolo coniugale e parentale, sì da frustrare ogni progettualità della vita futura sia tra i coniugi che nei confronti della prole, il pregiudizio lamentato deve essere personalizzato, sotto il profilo della perdita del rapporto parentale, alla stessa stregua e con gli stessi criteri adottati da questo tribunale in caso di morte del coniuge (Trib. Milano XI, 29 giugno 2011). Quanto alle tabelle milanesi, nella parte dedicata al caso di lesione grave alla salute del familiare viene precisato che la misura del danno non patrimoniale da risarcire alla vittima secondaria (cioè al congiunto dell'invalido) risulta svincolato dal danno biologico subìto dalla vittima primaria e va risarcito nella misura (qualità e quantità) dell'alterazione della vita familiare. Il tetto massimo è quello previsto in caso di morte e, quindi, di massimo sconvolgimento della vita familiare. Il vero problema consiste nello stabilire se i parametri recati nella tabella milanese tengano conto anche dell'alterazione/cambiamento della personalità del soggetto che si estrinsechi in uno sconvolgimento dell'esistenza. Di estremo interesse, è il criterio adottato da Cass. n. 18641/2011, che, dopo averlo ricostruito in termini di eccezionalità sotto il profilo dinamico-relazionale della vita dei genitori del figlio nato tetraplegico, ha ancorato il danno (da compromissione del rapporto) parentale (inteso quale danno esistenziale consistente nell'alterazione e/o cambiamento della personalità del soggetto, che si estrinseca nello sconvolgimento dell'esistenza e, cioè, in radicali cambiamenti di vita) alla liquidazione del danno biologico, quale parametro di riferimento equitativo non del tutto arbitrario (nel caso esaminato il danno parentale è stato valutato in una percentuale dell'80% del danno biologico). Anche la giurisprudenza di merito, qualora l'illecito determini altresí ripercussioni di tipo esistenziale sulle abitudini di vita (necessità di accudire quotidianamente un macroleso, con conseguente perdita o significativa riduzione delle attività sociali e culturali), tende ad operare la personalizzazione (nei limiti massimi di 1/5) sul danno biologico (così Trib. Bologna 29 gennaio 2009). Nei valori espressi dal tribunale di Roma già si tiene conto di tale aspetto, con la conseguenza dovrebbe essersi verificato uno sconvolgimento delle abitudini di vita del nucleo familiare; la predetta maggiorazione, in definitiva, dovrebbe essere riservata ai casi eccezionali, da allegarsi e provarsi adeguatamente. Cass. n. 469/2009, ha − in una fattispecie di illecito sanitario da cui era derivata la lesione gravissima alla salute di un neonato − precisato, in tema di danno morale richiesto iure proprio dai genitori, che, poiché anche per il danno non patrimoniale il risarcimento deve essere integrale, lo stesso è tanto più elevato quanto maggiore è la lesione che determina la doverosità dell'assistenza familiare ed un sacrificio totale e amorevole verso il macroleso; ciò in quanto, in siffatta evenienza, il sacrificio comporta un conseguente, totale, irredimibile sconvolgimento della qualità e della quotidianità della vita stessa. In quest'ottica, il Tribunale di Venezia ritiene necessario il ricorso ad una consulenza in grado di esprimere in termini scientificamente verificabili l'incidenza sulla qualità della vita del soggetto sopravvissuto, dovendosi valorizzare soprattutto l'appesantimento del ruolo familiare per la necessità di prestare assistenza ad un familiare ovvero ad altro soggetto stabilmente convivente. Il Tribunale di Palermo (si pensi Trib. Palermo 7 gennaio 2009, n. 219), nell'ancorare la liquidazione del danno morale del congiunto a quello della vittima, enucleato attraverso il sistema tabellare in uso per la determinazione del danno biologico, applica una forcella che, avendo come parametro di riferimento il danno biologico al 100%, oscilla tra la metà ed un quarto di quest'ultimo. In definitiva, nel caso di macrolesioni subìte dalla vittima primaria, va risarcito il danno riportato dai genitori dell'infortunato consistente nella sofferenza interiore e nello sconvolgimento della vita estrinsecantesi nella continua assistenza fisica e morale per ottemperare alle esigenze di vita quotidiane in caso di immobilità del macroleso (si pensi alla necessità per i genitori di aiutare un figlio a mangiare e lavarsi; Trib. Napoli 7 luglio 2016, n. 8431). Di recente, la S.C. (Sez. 3, Ordinanza n. 13540 del 17/05/2023, cit.) ha affermato che, in tema di risarcimento del danno non patrimoniale spettante ai congiunti del soggetto macroleso, il giudice deve fare riferimento a tabelle che prevedano specificamente idonee modalità di quantificazione del danno, come le tabelle predisposte dal Tribunale di Roma, le quali, fin dal 2019, contengono un quadro dedicato alla liquidazione dei danni c.d. riflessi subiti dai congiunti della vittima primaria in caso di lesioni , a differenza dalle tabelle del Tribunale di Milano, che – pur essendosi adeguate, nella loro più recente versione, alle indicazioni della Suprema Corte, prevedendo una liquidazione “a punti” in riferimento alla liquidazione del danno non patrimoniale derivante da perdita del rapporto parentale – non altrettanto hanno fatto, allo stato, in riferimento alla liquidazione del danno dei congiunti del macroleso . In tema di risarcimento del danno non patrimoniale spettante ai congiunti del soggetto macroleso, il giudice deve fare riferimento a tabelle che prevedano specificamente idonee modalità di quantificazione del danno, come le tabelle predisposte dal Tribunale di Roma, le quali, fin dal 2019, contengono un quadro dedicato alla liquidazione dei danni c.d. riflessi subiti dai congiunti della vittima primaria in caso di lesioni (Cass. n. 13540/2023 cit.). |