Atto di citazione in tema di risarcimento danno da perdita del rapporto parentale

Andrea Penta

Inquadramento

Il danno alla cerchia degli affetti a seguito dell'uccisione di un familiare non costituisce un danno “riflesso” o “di rimbalzo”, bensì un danno “diretto” sofferto iure proprio, in quanto l'evento morte è plurioffensivo, non solamente causando l'estinzione della vita della vittima primaria, che subisce il massimo sacrificio del relativo diritto personalissimo, ma altresì determinando l'estinzione del rapporto parentale con i congiunti della vittima, a loro volta lesi nell'interesse alla intangibilità della sfera degli affetti reciproci ed alla scambievole solidarietà che connota la vita familiare (v. Cass. n. 8827/2003, Cass. n. 8828/2003, e Cass. n. 13546/2006).

Secondo una parte della giurisprudenza di merito, non è a disquisirsi di vero e proprio danno morale nel caso di perdita del rapporto parentale, atteso che il soggetto che chiede iure proprio il risarcimento del danno subito per la definitiva perdita di tale rapporto lamenta l'incisione di un interesse giuridico diverso dal bene salute e dall'interesse all'integrità morale, essendo l'interesse fatto valere quello alla intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell'ambito della famiglia e alla inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona nell'ambito della famiglia, la cui tutela si ricollega agli artt. 2, 29 e 30 Cost. (App. Napoli 21 aprile 2016, n. 1643).

Anche la Suprema Corte, per quanto un orientamento minoritario tenda ad inquadrare il danno da perdita di congiunto nell'àmbito del danno morale (cfr., da ultimo, Cass. n. 336/2016, che ha qualificato come danno morale iure proprio la liquidazione del pregiudizio sofferto per il decesso di un familiare causato da un fatto illecito altrui), ha, prevalentemente, statuito che il pregiudizio da perdita del rapporto parentale − da allegarsi e provarsi specificamente dal danneggiato ex art. 2697 c.c. − rappresenta un peculiare aspetto del danno non patrimoniale, distinto dal danno morale e da quello biologico, con i quali concorre a compendiarlo, e consiste non già nella mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità, bensì nello sconvolgimento dell'esistenza, rivelato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita (cfr. Cass. III, n. 16992/2015).

Sembrerebbe, insomma, che il danno in esame venga sempre più avvicinato semmai a quello cd. esistenziale.

Alcune pronunce, peraltro, ritengono che determini una indebita duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del c.d. danno morale - non altrimenti specificato - e del c.d. danno da perdita del rapporto parentale, poiché la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita e quella che accompagna l'esistenza del soggetto che l'ha subita altro non sono che componenti del complesso pregiudizio, che va integralmente, ma unitariamente ristorato (Cass. n. 25351/2015). Più precisamente, nell'ipotesi più lineare, è configurabile una sofferenza patita dagli stretti congiunti nel momento in cui la perdita è percepita, cui si aggiunge quella che li accompagnerà nel corso dell'esistenza. In siffatta evenienza, dovrebbe essere riconosciuto il solo danno c.d. morale jure proprio, tenendo conto di una serie di parametri (contiguità affettiva, convivenza, presenza o meno di altri congiunti conviventi, età del defunto e dei congiunti superstiti; cfr. Cass. n. 15022/2005). Nondimeno, per le Sezioni unite del 2008, in ipotesi di perdita del rapporto parentale, sarebbe risarcibile il solo pregiudizio di tipo esistenziale (sotto forma di sconvolgimento della vita familiare e dei rapporti relazionali provocato dalla perdita di congiunto) conseguente alla lesione dei diritti inviolabili della famiglia.

Anche se in altre pronunce la stessa Suprema Corte ha, tuttavia, specificato che la considerazione separata delle componenti del pur sempre unitario concetto di danno non patrimoniale è ammissibile, laddove sia evidente la diversità del bene od interesse oggetto di lesione (Cass. n. 11851/2015; Cass. n. 9320/2015).

Appare maggiormente condivisibile il prevalente orientamento, secondo cui, in caso di perdita definitiva del rapporto matrimoniale e parentale, ciascuno dei familiari superstiti è titolare di un autonomo diritto all'integrale risarcimento comprensivo del danno biologico (lesioni psico-fisiche dovute al lutto), morale (da identificare nella sofferenza interiore soggettiva patita sul piano strettamente emotivo) e del danno dinamico-relazionale (consistente nel peggioramento delle abitudini e delle condizioni, interne ed esterne, di vita quotidiana; cfr. Cass. sez. lav., n. 21917/2014). In quest'ottica, Cass. III, n. 21084/2015, ha statuito che la morte di un prossimo congiunto può causare nei familiari superstiti, oltre al danno parentale, consistente nella perdita del rapporto e nella correlata sofferenza soggettiva, anche un danno biologico vero e proprio, in presenza di una effettiva compromissione dello stato di salute fisica o psichica di chi lo invoca, l'uno e l'altro dovendo essere oggetto di separata considerazione come elementi del danno non patrimoniale, ma nondimeno suscettibili - in virtù del principio della “onnicomprensività” della liquidazione - di liquidazione unitaria.

In definitiva, il danno − da taluno qualificato come “edonistico” − per la perdita del rapporto parentale deve essere valutato unitamente al risarcimento del danno morale iure proprio. Infatti, il carattere unitario della liquidazione del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. preclude un risarcimento separato e autonomo per ogni tipo di sofferenza patita dalla persona, fermo l'obbligo del giudice di tener conto, nel caso concreto, di tutte le peculiari modalità di manifestazione del danno non patrimoniale, così da assicurare la personalizzazione della liquidazione (Cass. III, n. 15491/2014). Ovviamente, il giudice di merito, nel caso di attribuzione congiunta del danno morale soggettivo e del danno da perdita del rapporto parentale, deve considerare, nel liquidare il primo, la più limitata funzione di ristoro della sofferenza contingente che gli va riconosciuta, poiché, diversamente, sarebbe concreto il rischio di duplicazioni del risarcimento (cfr. Cass. n. 8828/2003).

La giurisprudenza di merito (ord. Trib. Milano 22 novembre 2016, n. 5829) ha di recente riconosciuto il danno da perdita del valore affettivo potenziale (nella fattispecie si trattava di una donna rumena, incinta al nono mese di gravidanza, rimasta coinvolta in un grave sinistro stradale, mentre viaggiava come passeggera sul sedile posteriore, che, a causa delle gravi ferite riportate, aveva perso il bambino che portava in grembo; il tribunale ha stimato equo riconoscere alla ricorrente la somma aggiuntiva di Euro 100.000,00, liquidato in via equitativa basandosi sulle Tabelle di Milano), che sussiste quando l'attore non lamenta la perdita di un parente, ma il mancato acquisto di un parente. Si registra, quindi, una recente giurisprudenza che supera la tesi dell'irrisarcibilità della sofferenza per una relazione non ancora esistita. La perdita di un genitore o di un figlio non si percepisce solo in seguito alla perdita di una relazione prima esistente, ma anche per la sola assenza della relazione, perché viene menomato il diritto alla completezza dei rapporti affettivi.

Cass. n. 3359/2009, ha stabilito che il danno biologico del congiunto di una vittima di sinistro stradale deve necessariamente essere qualcosa di distinto dal danno morale e si verifica allorché, al termine della necessaria elaborazione del lutto, risultino prodotte alterazioni patologiche dell'organismo (aspetto psichico compreso): ciò in quanto danno biologico da compromissione dell'integrità (fisica o psichica) e pregiudizio da perdita del rapporto parentale hanno natura assolutamente diversa.

I genitori di una ragazza deceduta istantaneamente all'esito di un incidente stradale propongono un giudizio finalizzato ad ottenere il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, sotto il duplice aspetto del pregiudizio morale e di quello esistenziale, evidenziando, a tal ultimo riguardo, che il danno da perdita del congiunto assume una duplice connotazione: soggettiva (concernente il dispiacere, lo strazio, l'angoscia e, quindi, tutti gli sconvolgimenti dell'animo che è costretto a vivere il soggetto che abbia subìto la perdita) ed oggettiva (avente ad oggetto tutte le compromissioni e gli effetti negativi che l'individuo subisce nell'àmbito della sua sfera familiare, a prescindere dalla sofferenza soggettiva cagionata alla sfera interiore).

Formula

TRIBUNALE DI ....

ATTO DI CITAZIONE

Sig.ra ...., nata a .... il ...., residente in ...., alla via ....n. ...., C.F. ...., madre di ....; Sig. ...., nato a .... il ...., residente in ....alla via ....n ...., C.F. ...., padre di ....; elettivamente domiciliati in ...., alla via .... n. ...., presso lo studio dell'Avv. ...., C.F. .... [1], che li rappresenta e difende in virtù di procura in calce del presente atto [2], il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni al n. di fax ....o all'indirizzo di posta elettronica [3]....;

PREMESSO CHE

Il giorno ...., alle ore .... circa, ...., figlia degli attori, terza trasportata sul motociclo .... tg. ...., di proprietà di ...., coperto da polizza assicurativa rilasciata dalla .... e condotto da ...., decedeva a seguito di incidente stradale ascrivibile alla esclusiva responsabilità di quest'ultimo, quando non si arrestava allo stop e veniva a collisione con il veicolo condotto da ...., il quale, nel vano tentativo di evitare l'urto, collideva con il detto motociclo che sopraggiungeva in direzione contraria.

A seguito del violento impatto, ...., nonostante il motociclo sul quale era trasportata procedesse a velocità estremamente contenuta, venne sbalzata dal sediolino e ....

Per quanto .... indossasse, al momento del sinistro, idoneo casco protettivo, morì sul colpo a causa delle gravissime lesioni riportate ....in conseguenza del traumatico urto contro ....

La perdita della figlia ha generato negli attori una sofferenza interiore tale da alterarne completamente lo stile di vita, e in particolare: .... [4].

Gli attori, prima di instaurare il presente giudizio, hanno invitato gli odierni convenuti alla negoziazione assistita, la quale, però, ha avuto esito negativo [5].

IN DIRITTO

Il sinistro, all'esito del quale ha perso la vita ...., è ascrivibile in via esclusiva al convenuto ...., in quanto .... [6].

La ricostruzione offerta della dinamica dell'incidente trova pieno riscontro nel verbale redatto dai CC della Stazione di ...., nonché nelle concordi dichiarazioni dei conducenti degli altri veicoli coinvolti riportate nello stesso verbale. In ogni caso, nella non creduta ipotesi di contestazione dei fatti, questi ultimi verranno confermati dai testimoni che si indicherà, i cui nominativi sono sin da ora evincibili dal rapporto di servizio a firma degli agenti intervenuti.

Con riferimento al danno subito dagli attori a causa della perdita del rapporto parentale, va evidenziato che trattasi di un danno non patrimoniale, risarcibile in quanto espressione di un diritto costituzionalmente garantito (Cass. III, n. 8827/2003 e Cass. III, 8828/2003; Corte cost. n. 233/2003).

In particolare, la giurisprudenza di legittimità ha in più occasioni evidenziato (v. per tutte Cass. III, n. 2557/2011) che il soggetto che chiede iure proprio il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza dell'uccisione del congiunto per la definitiva perdita del rapporto parentale lamenta l'incisione di un interesse giuridico diverso sia dal bene salute, del quale è titolare (la cui tutela ex art. 32 Cost., ove risulti intaccata l'integrità psicofisica, si esprime mediante il risarcimento del danno biologico), sia del danno morale (la cui tutela, ricollegabile all'art. 2 Cost., ove sia determinata una ingiusta sofferenza contingente, si esprime mediante il risarcimento del danno morale soggettivo).

Il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, infatti, si collega alla violazione dell'interesse alla intangibilità della sfera degli affetti, alla reciproca solidarietà familiare, nonché all'inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell'ambito di quella peculiare formazione sociale che è la famiglia, la cui esigenza di tutela si rinviene negli artt. 2, 29 e 30 Cost.

Atteso il peculiare ancoraggio costituzionale, la giurisprudenza di legittimità ha efficacemente descritto il danno da perdita del rapporto parentale come quel danno che va oltre il dolore che la morte in sé di una persona cara provoca nei prossimi congiunti che le sopravvivono, concretandosi piuttosto nel vuoto costituito dal non potere più godere della presenza e del rapporto con chi è venuto meno (Cass. III, n. 2557/2011).

In una fattispecie del genere, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto pacificamente sussistente il danno in esame invocato dai genitori della vittima, in quanto lo stretto vincolo di parentela (quale quello esistente tra coniugi, genitori, figli, fratelli) consente di presumere la sofferenza dei congiunti per l'irrimediabile distruzione del sistema di vita basato sull'affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità dei rapporti familiari.

In quest'ottica, lo stesso deve ritenersi sussistente nei confronti di ciascuno degli attori.

In quanto madre della vittima, .... ha certamente patito quello sconvolgimento esistenziale che, secondo l'id quod prelumque accidit, discende dalla perdita di uno stretto congiunto (v. Cass. S.U., n. 26972/2008; Cass. III, n. 13546/2006; Cass. S.U., n. 6572/2006).

.... ha generato e costantemente seguito ....in ogni momento della sua crescita, coltivando quel viscerale legame affettivo che si instaura fin dalla nascita.

Allo stesso modo, .... padre della vittima, ha subito un danno parentale in seguito alla prematura e innaturale scomparsa di ....

...., infatti, ha sempre conservato e protetto il suo legame con ...., garantendole una presenza costante e quotidiana (partecipando ai giochi, contribuendo alla sua crescita equilibrata con insegnamenti quotidiani, condividendo la vita nell'ambiente naturale - gite, esplorazioni, ecc. -, i viaggi ed i racconti di vita vissuta, assicurando il sostegno ed il conforto nei momenti difficili, aiutando nello studio) .... [7]

A seguito della perdita, .... [8].

La giurisprudenza di legittimità ha ormai da tempo evidenziato che la valutazione in via equitativa del suddetto danno va effettuata “contemperando in maniera equilibrata il grado di gravità dell'illecito, nonché l'intensità e la durata degli effetti del danno ingiusto, alla stregua delle tabelle utilizzate dai vari tribunali della Repubblica” (Cass. III, n. 26505/2009).

Ed inoltre, “nella liquidazione del danno non patrimoniale derivante dalla morte del congiunto occorre di norma tenere conto dell'età della vittima, giacché tanto minore sarà quest'ultima, tanto maggiore sarà il periodo di tempo per il quale verosimilmente si protrarrà l'anticipata sofferenza dei congiunti” (Cass. III, n. 3357/2009).

Nel caso sottoposto all'attenzione dell'On. Giudicante, la vittima aveva .... [9] e ciò costituisce inevitabilmente motivo di maggiore dolore per i genitori, che considerano “fisiologica” la propria premorienza rispetto ai figli.

Tale dolore è acuito dal fatto che .... [10] e che la sua perdita è avvenuta in modo improvviso, drammatico e del tutto inaspettato.

Tutto ciò premesso gli attori, come in epigrafe rappresentati, difesi e domiciliati

CITANO

Il Sig. .... (C.F ....), residente in ...., alla via .... n ...., e la Società .... (C.F. ....e P.I ....), con sede in ...., alla via ....n ...., a comparire innanzi al Tribunale di ...., nell'udienza del ...., ora di rito, dinanzi al Giudice istruttore che sarà designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., con l'invito a costituirsi nel termine di almeno venti giorni prima della suddetta udienza ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c., con l'avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui agli artt. 167 e 38 c.p.c. e che, in difetto di costituzione, si procederà in sua contumacia, per sentir accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia il Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, accertare la responsabilità esclusiva di .... per l'incidente verificatosi il .... in ....e, per l'effetto, condannarlo, in solido con la compagnia assicuratrice, a corrispondere agli attori, a titolo di risarcimento dei danni, la somma di Euro ....in favore di ....e di Euro ....in favore di ...., oltre rivalutazione e interessi.

Con vittoria di spese, competenze e onorari del giudizio. Con sentenza provvisoriamente esecutiva ex lege.

IN VIA ISTRUTTORIA

Chiede ammettersi prova testimoniale [11] sui seguenti capitoli di prova e con i testi a fianco di ciascuno indicati:

1) «Vero che ....» - Sig. ....

2) «Vero che ....» - Sig. ....

3) «Vero che .... » - Sig. ....

Si allegano:

1) certificato di morte;

2) perizia medico-legale del Dott. ....;

3) .... [12]

Ai sensi dell'art. 14, comma 2, d.P.R. n. 115/2002 si dichiara che il valore del presente procedimento è di Euro .... [13]

Luogo e data ....

Firma Avv. ....

PROCURA AD LITEM

Nella qualità, conferisco il potere di rappresentanza e difesa, in ogni fase, stato e grado del giudizio ed atti inerenti, conseguenti e successivi, ivi compresa l'eventuale fase esecutiva ed il giudizio di opposizione, all'Avv ...., ivi compreso il potere di proporre domande riconvenzionali, chiedere provvedimenti cautelari, chiamare terzi in causa, farsi sostituire, transigere, conciliare, abbandonare il giudizio e rilasciare quietanze.

L'autorizzo, ai sensi dell'art. 13 d.l. n. 196/2003, ad utilizzare i dati personali per la difesa dei miei diritti e per il perseguimento delle finalità di cui al mandato, nonché a comunicare ai colleghi i dati con l'obbligo di rispettare il segreto professionale e di diffonderli esclusivamente nei limiti strettamente pertinenti all'incarico conferitoLe.

Ratifico sin d'ora il Suo operato e quello di eventuali Suoi sostituti.

Eleggo domicilio presso il Suo studio in ....(indicare la città),via ....n ....

Dichiaro di essere stato informato ai sensi dell'art. 4, comma 3, del d.lgs n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto, come da specifico atto separato.

Luogo e data ....

Firma ....

La firma è autentica ed è stata apposta in mia presenza

Firma Avv. ....

[1] L'indicazione del C.F. dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c.

[2] La procura può essere apposta in calce o a margine del ricorso (art. 83 c.p.c.). Può anche trattarsi di una procura generale alle liti, i cui estremi vanno in tal caso menzionati. In questo caso è preferibile produrre copia della procura.

[3] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002 modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., nella legge n. 114/2014.

[4] Indicare il danno relazionale patito dal congiunto. “Ai fini del ristoro del pregiudizio esistenziale da lesione del rapporto parentale, soltanto l'allegazione circostanziata - mercé l'indicazione di fatti precisi e specifici nel caso concreto - di fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, ovvero del compimento di scelte di vita diverse, determina l'inversione dell'onere della prova” (Cass. III, n. 10527/2011).

[5] L'art. 3 del d.l. n. 132/2014 prevede l'obbligatorietà della negoziazione, in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti; mentre il d.lgs. n. 28/2010 prevede la mediazione obbligatoria in caso di risarcimento di danno derivante da responsabilità medica e sanitaria. Ne deriva che, nella fattispecie in esame, se l'evento morte deriva da sinistro stradale, l'attore deve dar atto di aver invitato il convenuto alla negoziazione assistita; se l'evento morte deriva da responsabilità medica e sanitaria, l'attore deve dar atto di aver richiesto il tentativo di mediazione. Al di fuori delle suddette ipotesi, la negoziazione assistita e la mediazione obbligatoria non costituiscono condizioni di procedibilità della domanda di risarcimento, per cui non è necessario dare atto di aver inviato la controparte ovvero depositato l'istanza di mediazione.

[6] L'attore, ai fini dell'accoglimento della domanda di risarcimento del danno deve provare, oltre alla causalità materiale, cioè il nesso eziologico tra condotta e danno evento (lesione della posizione giuridica o inadempimento), anche la causalità giuridica, cioè il nesso eziologico tra il danno evento e il danno conseguenza. Le regole della causalità giuridica di selezione del danno conseguenza sono indicate agli artt. 1223, 1225 e 1227 c.c. per i quali non ogni danno prodottosi è risarcibile, essendo tale solo il danno che sia conseguenza immediata e diretta dell'illecito; prevedibile dal danneggiante e non altrimenti evitabile dal danneggiato. Al fine dell'accoglimento della domanda di risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, pertanto, dovrà provarsi che la sofferenza patita dai congiunti rispetti i criteri di selezione del danno previsti dal codice civile.

[7] Indicare il danno relazionale patito dal congiunto. “Ai fini del ristoro del pregiudizio esistenziale da lesione del rapporto parentale, soltanto l'allegazione circostanziata - mercé l'indicazione di fatti precisi e specifici nel caso concreto - di fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, ovvero del compimento di scelte di vita diverse, determina l'inversione dell'onere della prova” (Cass. III, n. 10527/2011).

[8] Specificare le circostanze in cui si sostanzia l'alterazione dello stile di vita degli attori, a seguito della perdita della relazione affettiva.

[9] Evidenziare l'età della vittima.

[10] Evidenziare la gravità dell'illecito che ha cagionato la morte.

[11] L'art. 164 c.p.c. non prevede che la mancata indicazione dei mezzi di prova costituisca ipotesi di nullità dell'atto di citazione. Le richieste istruttorie, infatti, possono essere formulate anche in sede di memorie ex art. 183, comma 6, n. 2), c.p.c.

[12] Se il danno parentale di cui l'attore chiede il risarcimento deriva da responsabilità medica e sanitaria, l'attore deve allegare copia dell'istanza di mediazione obbligatoria, ovvero verbale negativo di mediazione. Se il danno parentale, invece, deriva da sinistro stradale l'attore deve allegare Racc. a.r. di invito alla negoziazione assistita.

In ambo i casi, infatti, la mediazione e la negoziazione costituiscono condizioni di procedibilità della domanda.

Se la fattispecie concreta non rientra nelle suddette ipotesi di mediazione obbligatoria e negoziazione assistita obbligatoria, non è necessario il previo tentativo di conciliazione.

[13] La dichiarazione di valore è prevista dall'art. 14, comma 2, d.P.R. n. 115/2002 secondo cui “Il valore dei processi, determinato ai sensi del codice di procedura civile, senza tener conto degli interessi, deve risultare da apposita dichiarazione resa dalla parte nelle conclusioni dell'atto introduttivo, anche nell'ipotesi di prenotazione a debito”. Orbene, l'art. 13, comma 6 del medesimo decreto prevede la conseguenza dell'omissione della predetta dichiarazione di valore, affermando che “Se manca la dichiarazione di cui all'articolo 14, il processo si presume del valore indicato al comma 1, lettera g)...”; pertanto, si presume che il valore del procedimento sia quello dello scaglione più elevato (i.e. superiore a 520.000,00 Euro) con obbligo di versamento di un contributo unificato più elevato.

Commento

La prova del danno da perdita del rapporto parentale

Atteso il suo contenuto di sofferenza interiore e patema d'animo che, come tale, non può essere accertato con metodi scientifici, né provato in modo diretto (se non in casi eccezionali), il danno morale dei prossimi congiunti può essere accertato anche sulla base di indizi che consentano di pervenire ad una sua prova presuntiva.

Trattandosi, infatti, di pregiudizio che si proietta nel futuro (diversamente dal danno morale soggettivo contingente), dovendosi aver riguardo al periodo di tempo nel quale si sarebbe presumibilmente esplicato il godimento del congiunto che l'illecito ha invece reso impossibile, sarà consentito il ricorso a valutazioni prognostiche ed a presunzioni (le quali possono assurgere anche ad unica fonte di convincimento del giudice; v. Cass. S.U., n. 26972/2008; Cass. S.U., n. 6572/2006, Cass. III, n. 13546/2006) sulla base degli elementi obiettivi che sarà onere del danneggiato fornire. L'onere probatorio avente ad oggetto la dimostrazione dell'effettiva sussistenza di un danno non patrimoniale, sarà maggiormente rigoroso nell'ipotesi in cui il rapporto di parentela tra vittima e superstite sarà meno stretto. Mentre per i coniugi si dovrà fare riferimento in particolare a quanto previsto dall'art. 143 c.c., per il genitore occorre aver riguardo all'art. 147 c.c.

In caso di uccisione di uno stretto congiunto (coniuge, genitore, figlio, fratello), il danno può essere riconosciuto in base ad una presunzione semplice, iuris tantum, a favore dei familiari della vittima (purché siano allegate precise circostanze, di valenza pregnante, atte a formare il convincimento, anche presuntivo, da parte del giudice, della rilevanza ai fini del riconoscimento del danno morale in base a presunzioni semplici), con conseguente inversione dell'onere della prova a carico del danneggiante, che deve provare che la perdita del congiunto (coniuge o genitore) non abbia determinato conseguenze pregnanti nella sfera soggettiva, fornendo la dimostrazione di rapporti deteriorati, di una convivenza forzata o di una relazione da “separati in casa” (cfr. Cass., n. 13546/2006; Cass. S.U., n. 6572/2006). Qualche dubbio si nutre in ordine a tale impostazione, atteso che il criterio di cd. vicinanza della prova renderebbe estremamente difficoltoso per il danneggiante fornire la dimostrazione del contrario. La perdita, in concreto, di un effettivo e valido sostegno morale, non è, invece, di regola, riscontrabile, in mancanza di una situazione di convivenza, ove si tratti di soggetto (nonno, nipote, genero, nuora) che, per il tipo di parentela (estraneità alla cd. famiglia nucleare), non abbia diritto di essere assistito anche moralmente dalla vittima (Cass. III, n. 6938/1993).

Per Sez. 3, Sentenza n. 25541 del 30/08/2022, il pregiudizio patito dai prossimi congiunti della vittima va allegato, ma può essere provato anche a mezzo di presunzioni semplici e massime di comune esperienza, dato che l'esistenza stessa del rapporto di parentela fa presumere la sofferenza del familiare superstite, ferma restando la possibilità, per la controparte, di dedurre e dimostrare l'assenza di un legame affettivo, perché la sussistenza del predetto pregiudizio, in quanto solo presunto, può essere esclusa dalla prova contraria, a differenza del cd. "danno in re  ipsa", che sorge per il solo verificarsi dei suoi presupposti senza che occorra alcuna allegazione o dimostrazione .

In tema di risarcimento del danno da lesione o perdita del rapporto parentale, in caso di assenza del rapporto di parentela, non è sufficiente l'allegazione della mera convivenza, ma è necessaria l'allegazione della lesione di un legame affettivo. In applicazione del principio, Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 31867 del 15 novembre 2023 ha confermato la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno parentale proposta dal convivente della madre del deceduto, il quale si era limitato a dichiararsi convivente della vittima senza nemmeno addurre l'esistenza di una relazione affettiva, la cui lesione potesse ritenersi fonte di pregiudizio non patrimoniale.

Per Cass. III, n. 21230/2016, non è necessario che sussista una situazione di convivenza, ritenuto che in tale contesto risulta non condivisibile limitare la società naturale della famiglia cui fa riferimento l'art. 29 Cost. all'ambito ristretto della sola c.d. “famiglia nucleare”, incentrata su coniuge, genitori e figli. Il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale può essere accordato anche in assenza di coabitazione, purché si accerti la sussistenza del legame affettivo e, di conseguenza, che l'altrui fatto illecito ha provocato nell'attore quel dolore che solitamente si accompagna alla perdita di una persona cara. In tema di danno (da perdita del rapporto) parentale, la prova della mancanza del legame affettivo non può consistere, nell'ipotesi di legame parentale stretto, nella mera mancanza di convivenza, atteso che il pregiudizio presunto, proprio per tale legame e le indubbie sofferenze patite dai parenti, prescinde già, in sé, dalla convivenza. Pure la semplice lontananza non è una circostanza di per sé idonea a far presumere l'indifferenza dei familiari alla morte dello stretto congiunto (Cass. n. 29784/2018).

In tema di danno non patrimoniale risarcibile derivante da morte causata da un illecito, il pregiudizio risarcibile conseguente alla perdita del rapporto parentale che spetta  iure proprio  ai prossimi congiunti riguarda la lesione della relazione che legava i parenti al defunto e, ove sia provata l'effettività e la consistenza di tale relazione, la mancanza del rapporto di convivenza non è rilevante, non costituendo il connotato minimo  ed  indispensabile per il riconoscimento del danno (Cass., III, Ord. n. 18284/2021 ha cassato la sentenza di appello impugnata dai congiunti della vittima, la quale aveva  apoditticamente  e non ben comprensibilmente affermato che non poteva reputarsi sussistente alcun danno morale in capo ai fratelli del defunto, in assenza di qualsivoglia elemento valutativo "a partire dal dato della convivenza familiare dei medesimi nel periodo compreso tra il manifestarsi della patologia e il decesso"). Cass., III, Ord. n. 21837/2019, ha affermato che, in tema di danno non patrimoniale risarcibile in caso di morte causata da un illecito, il danno morale terminale e  quello  biologico terminale si distinguono, in quanto il primo (danno da lucida agonia o danno catastrofale o catastrofico) consiste nel pregiudizio subìto dalla vittima in ragione della sofferenza provata nel consapevolmente avvertire l'ineluttabile approssimarsi della propria fine ed è risarcibile a prescindere dall'apprezzabilità dell'intervallo di tempo intercorso tra le lesioni e il decesso, rilevando soltanto l'intensità della sofferenza medesima; mentre il secondo, quale pregiudizio alla salute che, anche se temporaneo, è massimo nella sua entità ed intensità, sussiste, per il tempo della permanenza in vita, a prescindere dalla percezione cosciente della gravissima lesione dell'integrità personale della vittima nella fase terminale della stessa, ma richiede, ai fini della risarcibilità, che tra le lesioni colpose e la morte intercorra un apprezzabile lasso di tempo. Dai pregiudizi risarcibili  iure  hereditatis  si differenzia radicalmente il danno da perdita del rapporto parentale che spetta "iure proprio" ai congiunti per la lesione della relazione parentale che li legava al defunto e che è risarcibile se sia provata l'effettività e la consistenza di tale relazione, ma non anche il rapporto di convivenza, non assurgendo quest'ultimo a connotato minimo di relativa esistenza .

Di recente, in tema di prova di quella particolare voce di danno non patrimoniale consistente nella sofferenza morale patita dal prossimo congiunto di persona lesa in modo non lieve dall'altrui illecito, Cass. n. 17058/2017, ha affermato che tale danno può essere dimostrato con ricorso alla prova presuntiva, la quale deve essere cercata anche d'ufficio, se la parte abbia dedotto e provato i fatti noti dai quali il giudice, sulla base di un ragionamento logico-deduttivo, può trarre le conseguenze per risalire al fatto ignorato. In applicazione di tale principio, la S.C. ha quindi cassato la sentenza impugnata, avendo quest'ultima ritenuto non provato il danno non patrimoniale patito dal padre della vittima di un incidente stradale, senza però considerare i fatti da quegli dedotti e provati nel corso del giudizio, segnatamente le circostanze che la vittima era minorenne, conviveva con il padre ed aveva subito lesioni personali in conseguenza delle quali era stata ricoverata in ospedale e da cui era derivata un'inabilità permanente di grado pari al 25 per cento ed un periodo di inabilità temporanea assoluta di oltre quattro mesi.

Sul tema è intervenuta di recente la importante Cass. n. 28989/2019, alla cui stregua l'accettazione di un degente presso una struttura ospedaliera comporta l'assunzione di una prestazione strumentale e accessoria - rispetto a quella principale di somministrazione delle cure mediche, necessarie a fronteggiare la patologia del ricoverato - avente ad oggetto la salvaguardia della sua incolumità fisica e patrimoniale. Una volta comprovata la riconducibilità causale del danno alla salute al fatto della struttura sanitaria che aveva accettato il ricovero del paziente, incombe su detta struttura l'onere di fornire la prova della riconducibilità dell'inadempimento a una causa autonoma ad essa struttura non imputabile, in coerenza al principio, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, in forza del quale, in tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l'onere di provare il nesso di causalità tra l'insorgenza di una nuova malattia e l'azione o l'omissione dei sanitari, mentre, ove il danneggiato abbia assolto a tale onere, spetta alla struttura dimostrare l'impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l'inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile. Quanto al danno da perdita del congiunto, la Corte ha richiamato espressamente l'insegnamento delle Sezioni Unite di S. Martino del 2008 e ribadito il principio per cui  «la congiunta attribuzione del danno morale (non altrimenti specificato) e del danno da perdita del rapporto parentale costituisce indebita duplicazione di risarcimento, poiché la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita (sul piano morale soggettivo), e quella che accompagna l'esistenza del soggetto che l'ha subita (sul piano dinamico relazionale), rappresentano elementi essenziali dello stesso complesso e articolato pregiudizio, destinato ad essere risarcito sì integralmente, ma anche unitariamente». Se è vero che «la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita (sul piano morale soggettivo), e quella che accompagna l'esistenza del soggetto che l'ha subita (sul piano dinamico relazionale), rappresentano elementi essenziali dello stesso complesso e articolato pregiudizio, destinato ad essere risarcito sì integralmente, ma anche unitariamente» è faticoso comprendere i motivi per i quali un medesimo ragionamento e percorso, unificante ed allineato ai principi proclamati dalle Sezioni Unite del 2008, non possa esser condotto con riferimento al danno da lesione fisica.

La Corte ha altresì precisato che «in virtù del principio di unitarietà e onnicomprensività del risarcimento del danno non patrimoniale, deve escludersi che al prossimo congiunto di persona deceduta in conseguenza del fatto illecito di un terzo possano essere liquidati sia il danno da perdita del rapporto parentale che il danno esistenziale poiché il primo già comprende lo sconvolgimento dell'esistenza, che ne costituisce una componente intrinseca».

La Corte conferma poi il dictum della Cass. S.U. n.15350/2015 sulla non risarcibilità del danno da perdita della vita e torna, infine, sul danno da “lucida agonia” ribadendo che  «nel caso in cui tra la lesione e la morte si interponga un apprezzabile lasso di tempo, tale periodo giustifica il riconoscimento, in favore del danneggiato, del c.d. danno biologico terminale, cioè il danno biologico stricto sensu (ovvero danno al bene salute), al quale, nell'unitarietà del genus del danno non patrimoniale, può aggiungersi un danno morale peculiare improntato alla fattispecie ("danno morale terminale"), ovvero il danno da percezione, concretizzabile sia nella sofferenza fisica derivante dalle lesioni, sia nella sofferenza psicologica (agonia) derivante dall'avvertita imminenza dell'exitus, se nel tempo che si dispiega tra la lesione ed il decesso la persona si trovi in una condizione di "lucidità agonica", in quanto in grado di percepire la sua situazione e in particolare l'imminenza della morte, essendo quindi irrilevante, a fini risarcitori, il lasso di tempo intercorso tra la lesione personale e il decesso nel caso in cui la persona sia rimasta "manifestamente lucida».

Sez. 3, Sentenza n. 4054 del 09/02/2023 ha precisato che non è risarcibile il danno da perdita del rapporto parentale patito "iure proprio" dal congiunto della vittima che sia stata unica responsabile del proprio decesso .

Criteri di quantificazione del danno da perdita del rapporto parentale

La quantificazione del danno deve ancorarsi al caso concreto, in considerazione della proporzione, della durata e dell'intensità del vissuto, della composizione del restante nucleo familiare in grado di prestare assistenza morale e materiale, con riferimento all'età della vittima e dei familiari danneggiati, alla personalità individuale di costoro e alla loro capacità di reazione al trauma del lutto. Ulteriori fattori da considerare, nella liquidazione specifica per ogni avente diritto (è esclusa la possibilità per il giudice di procedere ad una determinazione complessiva ed unitaria del suddetto danno morale ed alla conseguente ripartizione dell'intero importo in modo automaticamente proporzionale tra tutti gli aventi diritto; Cass. n. 1203/2007), sono il grado di parentela, il rapporto di coniugio o di filiazione, il numero dei figli, la loro età, la convivenza, la durata del matrimonio, la alterazione della vita di coppia (Cass. n. 15760/2006). Ciascuna delle predette circostanze deve essere allegata e provata dai danneggiati, mentre alla controparte spetta l'ardua prova contraria circa l'insussistenza di condizioni che compromettano l'unità, la continuità e l'intensità del rapporto familiare.

Di recente, la S.C. ha chiarito che, in tema di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, al fine di garantire non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul "sistema a punti", che preveda, oltre all'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali,  indefettibilmente , l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza,  nonché  l'indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l'eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella. E così Cass. III, Ord. n. 26300/2021, ha ritenuto non applicabile, nella specie, l'enunciato principio, per essersi formato giudicato implicito sulla decisione dei giudici di merito che, in difetto di doglianze delle parti al riguardo, avevano liquidato il danno da perdita del rapporto parentale patito dalla madre della vittima facendo ricorso alle tabelle milanesi, anziché a quella romana  ( conf . Cass. III, n. 10579/2021, che ha cassato la decisione del giudice d'appello che, per liquidare il danno da perdita del rapporto parentale patito dal fratello e dal coniuge della vittima, aveva fatto applicazione delle tabelle milanesi, non fondate sulla tecnica del punto, bensì sull'individuazione di un importo minimo e di un "tetto" massimo, con un intervallo molto ampio tra l'uno e l'altro ).

Ai fini della concreta liquidazione del danno morale iure proprio o del danno da perdita parentale, mentre il Tribunale di Milano utilizza il metodo c.d. “a forbice”, il Tribunale di Roma ha elaborato una tabellazione a punti, da attribuirsi in base a cinque diversi fattori [a) il rapporto di parentela (esistente tra la vittima ed il superstite, dovendosi presumere che il danno è tanto maggiore quanto più stretto è il rapporto); b) l'età della vittima (tenuto conto che la sofferenza è tanto più alta quanto minore è l'età della vittima); c) l'età del superstite (alla luce del fatto che la sofferenza dovrà essere sopportata per un periodo di tempo tanto maggiore quanto più giovane è il superstite); d) la (precedente) convivenza (intesa come effettiva esistenza di un serio e prolungato vincolo di natura parafamiliare) col defunto (dovendosi presumere che il danno sarà tanto maggiore quanto più costante è stata la frequentazione tra la vittima ed il superstite)], la cui somma, moltiplicata per il valore del punto base di “sofferenza”, determina il quantum risarcibile. Ciascuno dei detti fattori, a sua volta, può essere graduato secondo una scala di intensità.

Per il tribunale meneghino, peraltro, non è sufficiente, soprattutto per il nonno, lo zio o il nipote, il legame parentale per giustificare il risarcimento, ma occorre la prova dell'intensità del legame affettivo, desumibile da una comunanza di vita o da frequentazioni assidue che consentano di ritenere il nonno o lo zio quasi sullo stesso piano del genitore (si pensi al nonno che si occupi non occasionalmente del nipote, prendendolo a scuola, condividendo, con cadenza quotidiana, momenti della giornata, ecc.).

Per Sez. 3, Ordinanza n. 8265 del 22/03/2023 i criteri di cui alle tabelle milanesi ante 2022 devono essere intesi nel senso che essi non indicano una "forbice liquidatoria" fra un minimo ed un massimo, bensì tra un "valore monetario base", espressione di una valutazione media uniforme del danno e una personalizzazione massima, applicabile solo alla luce di circostanze peculiari specificatamente allegate .

Potrebbe risultare preferibile applicare la tabella elaborata dal Tribunale di Roma (in cui sono previsti molteplici fattori correttivi variabili), i cui valori contemplano già tutte le sofferenze, privazioni o rinunce causate dal lutto (perdita dell'affectio familiaris, forzoso mutamento delle abitudini di vita, compromissione delle esigenze dei sopravvissuti, etc.). In particolare, le tabelle del Tribunale capitolino impostano la valutazione ai fini della quantificazione del danno derivante ai congiunti per la perdita del rapporto parentale in modo del tutto autonomo rispetto ai parametri tabellari del danno biologico, stabilendo una somma base punto-base, attribuibile in entità numeriche differenziate in base all'intensità della relazione parentale; per una maggiore personalizzazione, vengono ad essere considerati, come variabili apprezzabili nel caso concreto, altri elementi: età del soggetto danneggiato, età del congiunto, convivenza e composizione del nucleo familiare. Il diverso atteggiarsi di questi cinque fattori (cui probabilmente andrebbero aggiunti quelli della composizione del nucleo familiare e della sopravvivenza o meno di altri congiunti) determina l'attribuzione aggiuntiva di punti-base, fino alla determinazione del quantum complessivo.

È di particolare interesse, inoltre, la previsione della possibilità di riduzione fino ad un ½ del punteggio complessivo nel caso di una situazione di non convivenza.

Appare evidente come l'impianto delle Tabelle di Roma si riveli analitico, quantificando le variabili e riducendo i margini di valutazione qualitativa del giudice in funzione di personalizzazione. A tal proposito, va rilevato che l'elemento della (assenza di) convivenza, mentre per le tabelle del Tribunale di Roma assume una funzione determinata di riduzione del quantum risarcibile, secondo le tabelle ambrosiane rientra come mero elemento di apprezzamento del giudice, in funzione bensí di una presumibile riduzione, ma senza una quantificazione predeterminata. Con riferimento al coniuge superstite separato, la titolarità del diritto al risarcimento del danno morale del coniuge separato deve essere valutata in relazione ad indici di fatto quali “la presenza di figli, la durata del matrimonio, la qualità del rapporto successivamente alla separazione, la mancanza di nuove nozze”. Non è a tal fine sufficiente la prova di una relazione amorosa, per quanto possa essere caratterizzata da serietà di impegno e regolarità di frequentazione nel tempo, perché soltanto la prova dell'assimilabilità della convivenza di fatto a quella stabilita dal legislatore per i coniugi può legittimare la richiesta di analoga tutela giuridica di fronte ai terzi. Per la convivenza more uxorio sarà necessario (affinché venga equiparata al coniugio) che il superstite alleghi e dimostri che essa si atteggiava come un vero e proprio matrimonio di fatto (Cass. n. 8976/2005), mentre resta irrilevante ai fini della liquidazione del danno in esame il mero contubernium (Cass. n. 23725/2008).

La S.C. (di recente Sez. 3, Ordinanza n. 5948 del 28/02/2023) aveva evidenziato che il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul "sistema a punti", che preveda, oltre all'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l'indicazione dei relativi punteggi, ferma restando la possibilità che la valutazione equitativa si traduca nell'utilizzo di un sistema di liquidazione diverso (il quale attinga, ove reputato utile, anche alla fonte rappresentata dall'intervallo di valori numerici offerto dalla versione della tabella milanese anteriore a quella del giugno 2022), purché sorretto da un'adeguata motivazione che dia conto delle circostanze prese in considerazione dal giudice per la quantificazione del danno risarcibile nel caso concreto.

All'indomani dell'adozione delle nuove tabelle a punti operata nel 2022 dall'Osservatorio milanese, Sez. 3, Ordinanza n. 37009 del 16/12/2022 ha affermato che le tabelle di Milano pubblicate nel giugno del 2022 costituiscono idoneo criterio per la liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale, in quanto fondate su un sistema "a punto variabile" (il cui valore base è stato ricavato muovendo da quelli previsti dalla precedente formulazione "a forbice") che prevede l'attribuzione dei punti in funzione dei cinque parametri corrispondenti all'età della vittima primaria e secondaria, alla convivenza tra le stesse, alla sopravvivenza di altri congiunti e alla qualità e intensità della specifica relazione affettiva perduta, ferma restando la possibilità, per il giudice di merito, di discostarsene procedendo a una valutazione equitativa "pura", purché sorretta da adeguata motivazione.

Occorre tener presente che la scomparsa di una persona avanti negli anni è meno traumatica della scomparsa di un congiunto giovane e che il trauma psichico è inferiore per la scomparsa di un congiunto con il quale non si convive più (Cass. n. 11007/2003).

Le ripercussioni di tipo esistenziale conseguenti alla morte di un congiunto

La liquidazione del danno non patrimoniale da perdita di congiunto va effettuata mediante la determinazione di un importo omnicomprensivo (cfr., di recente, Cass. ord. n. 19816/2010; Cass. n. 2557/2011), includendovi sia la sofferenza inferiore e lo stato di prostrazione derivanti dall'avvenimento luttuoso (compreso quello che la resistente qualifica in termini di c.d. “danno morale in senso stretto”) sia le conseguenze nell'àmbito delle relazioni parentali e familiari (che la sentenza qualifica in termini di “pregiudizio derivante dalla lesione dell'integrità della famiglia”), senza che siano ammissibili duplicazioni (cfr., dopo Cass. S.U., n. 26972/2008, tra le altre, Cass. n. 1072/2011), ma nemmeno riduzioni.

Solo in presenza di una liquidazione del danno morale che sia stata espressamente estesa (come − lo si è visto in precedenza − avviene presso il Tribunale di Roma) anche ai profili relazionali (nei termini propri del danno esistenziale) è, senz'altro, da escludersi la possibilità che, in aggiunta a quanto a titolo di danno morale già determinato, venga attribuito un ulteriore ammontare al (diverso) titolo di danno esistenziale (cfr. Cass. n. 9040/2010). Laddove, invece, tali aspetti relazionali (del tutto ovvero secondo i profili peculiarmente connotanti il danno esistenziale) non siano stati presi in considerazione, dal relativo ristoro non può prescindersi (Cass. n. 19816/2010).

In definitiva, è necessario verificare quali aspetti relazionali siano stati valutati dal giudice e se sia stato, in particolare, assegnato rilievo anche al (radicale) cambiamento di vita e all'alterazione/cambiamento della personalità del soggetto. Non chiarendo le tabelle di Milano se facciano riferimento anche ai profili relazionali propri del danno da perdita del rapporto parentale (Cass. n. 7844/2011, Cass. n. 10527/2011, e Cass. n. 12273/2011), è necessario che il dato offerto dalle tabelle venga reso oggetto di relativa personalizzazione, riconsiderando i relativi parametri in ragione pure di siffatto profilo, al fine di debitamente garantire l'integralità del ristoro spettante al danneggiato (cfr. Cass. n. 10108/2011). Premesso che possono assumere rilievo, a fianco del danno biologico o di quello morale, solo in caso di macrosconvolgimenti dell'esistenza del soggetto danneggiato (atteso che i micropregiudizi esistenziali - l'agenda della vita alterata e/o peggiorata - sono già in essi ricompresi), si tende, in presenza di conseguenze negative particolari (radicali cambiamenti di vita), a procedere ad una personalizzazione nei limiti del 20-30% (Cass. S.U., n. 567/2009, Cass. S.U., n. 11609/2011).

Cass. III, Ordinanza n. 37009 del 16/12/2022 ha di recente affermato che le tabelle milanesi, nella loro edizione di giugno 2022, costituiscono un valido criterio per la liquidazione equitativa, in quanto fondate su di un "sistema a punti" che prevede l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti giudiziari, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, salva la possibilità che il giudice di merito se ne discosti in ragione della assoluta eccezionalità del caso di specie, valorizzando elementi che conducano ad una migliore ed ancor più equa personalizzazione del danno .

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