Atto di appello in tema di risarcimento danno esistenzialeInquadramentoIn termini estremamente generali, il danno esistenziale va inteso come lesione alla normalità della vita, o alla serenità familiare, che non sfocia in una vera e propria malattia. In particolare, esso va identificato come danno derivato dalla forzosa rinuncia allo svolgimento di attività non remunerative, fonte di compiacimento o benessere per il danneggiato, ma non (necessariamente) causata da una compromissione dell'integrità psicofisica. Lo stesso è, quindi, da intendere come ogni pregiudizio oggettivamente accertabile che l'illecito provoca sul fare areddituale del soggetto e che alteri l'equilibrio e le abitudini di vita del medesimo, nonché gli assetti relazionali che gli erano propri, sconvolgendo la sua quotidianità e inducendolo a scelte di vita diverse (i.e., da quelle che si sarebbero adottate se non si fosse verificato l'evento dannoso), quanto alla espressione e realizzazione della sua personalità, sia all'interno del nucleo familiare che nel mondo esterno (riposo, attività interpersonali/relazionali, di svago, socio/culturali e di autorealizzazione). I genitori ed il fratello minore di un ragazzo deceduto all'esito di un incidente stradale propongono appello avverso la sentenza di primo grado, la quale aveva disconosciuto in loro favore il ristoro del pregiudizio esistenziale, nonostante l'avvenuta dimostrazione dello stravolgimento delle loro abitudini di vita determinato dal sinistro. FormulaCORTE D'APPELLO DI .... ATTO DI APPELLO 1 Per ...., ...., e ...., residenti in ...., alla via ....n. ...., C.F. .... 2, elettivamente domiciliati in ...., alla via ....n. ....presso lo studio dell'Avv. ...., C.F. ....che li rappresenta e difende in virtù di procura apposta a margine/in calce del presente atto, con dichiarazione di voler ricevere le comunicazioni al fax n. .... o all'indirizzo di PEC .... 3, -appellanti- CONTRO Società ...., P.I. .... con sede legale in ....via .... n. ...., in persona dell'Amministratore Unico Dott. ...., difesa dall'Avv. ....; -appellata- E Sig. ...., residente in ...., alla via .... n. ....; -appellato- avverso la sentenza n .... emessa in data ....dal Tribunale di ...., Giudice Dott. ...., e pubblicata il .... PREMESSO CHE Con atto di citazione notificato in data ...., i Sigg. .... .... e .... hanno convenuto in giudizio, innanzi al Tribunale di ...., il Sig. ....e la compagnia assicuratrice del suo autoarticolato ...., per far dichiarare la responsabilità esclusiva di ....nella causazione del sinistro e far condannare gli stessi, in solido, al risarcimento dei danni subìti in conseguenza di un incidente stradale con esito mortale, deducendo che: — nella serata del ...., sul tratto .... dell'autostrada ...., la vettura di proprietà di ...., condotta nella circostanza da ....(rispettivamente, figlio e fratello degli attori), era andata ad urtare violentemente contro un autoarticolato fermo sulla corsia di sorpasso, penetrando per quasi tutta la lunghezza del relativo rimorchio; — nell'incidente aveva perso la vita il conducente della vettura, in giovanissima età. Si è costituita in giudizio la sola compagnia di assicurazioni, formulando generiche contestazioni e chiedendo il rigetto dell'avversa domanda, laddove il responsabile civile è rimasto contumace. Il giudice di primo grado, dopo aver ritenuto che la responsabilità del sinistro fosse attribuibile al de cuius nella percentuale del ....%, liquidava gli importi di Euro .... in favore del padre, di Euro .... in favore della madre e di Euro ....in favore del fratello. La sentenza è ingiusta, con riferimento al capo concernente l'entità del danno riconosciuto, per i seguenti: MOTIVI Si lamenta la violazione dell'art. 2059 c.c., in relazione agli artt. 2,29 e 30 Cost. In punto di fatto, è stato dimostrato, nel corso del primo grado, che .... era solito avere con il fratello .... una comunione di vita molto forte, trovando nel fratello maggiore un punto di riferimento. I genitori, a loro volta, hanno dedotto e dimostrato che con la morte del figlio maggiore gli equilibri della vita familiare sono stati profondamente alterati, sicché il pregiudizio morale da loro subito è più grande di quello realmente risarcito. Richiamando la nota figura del c.d. danno esistenziale, esso è da ritenere risarcibile, mentre il Tribunale di .... è rimasta ferma alle due figure del danno morale e del danno biologico, così erroneamente accomunando valori ed interessi diversamente tutelati 4. Il danno esistenziale, risarcibile iure proprio, deve, invece, essere distinto sia da quello biologico che da quello morale, in quanto trova il proprio riferimento nell'interesse “correlato alla intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà che connota la famiglia”. In punto di fatto, la Suprema Corte, già a partire dalle sentenze Cass. n. 8827/2003, e Cass. n. 8828/2003 (note come sentenze “gemelle”), ha chiarito che, ove “il fatto lesivo abbia profondamente alterato quel complessivo assetto, provocando una rimarchevole dilatazione dei bisogni e dei doveri ed una determinante riduzione, se non un annullamento, delle positività che dal rapporto parentale derivano, il danno non patrimoniale consistente nello sconvolgimento delle abitudini di vita ( ....) deve senz'altro trovare ristoro nell'ambito della tutela ulteriore apprestata dall'art. 2059 c.c., in caso di lesione di un interesse costituzionalmente protetto”. Le Sezioni Unite della Corte, con la più recente sentenza Cass. n. 26972/2008, hanno, inoltre, hanno insegnato che, in assenza di reato e al di fuori dei casi determinati dalla legge, “pregiudizi di tipo esistenziale sono risarcibili purché conseguenti alla lesione di un diritto inviolabile della persona. Ipotesi che si realizza, ad esempio, nel caso dello sconvolgimento della vita familiare provocato dalla perdita di congiunto (c.d. danno da perdita del rapporto parentale), poiché il pregiudizio di tipo esistenziale consegue alla lesione dei diritti inviolabili della famiglia (artt. 2,29 e 30 Cost.)”. In particolare, le Sezioni Unite, se da un lato hanno chiarito che non può farsi riferimento ad una generica sottocategoria denominata danno esistenziale, perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno non patrimoniale nell'atipicità, dall'altro, hanno riconosciuto come forma di danno non patrimoniale risarcibile quella della lesione del rapporto parentale, in quanto sicuramente rientrante nella protezione di cui alla nostra Costituzione. In questo contesto, le sentenze Cass. n. 3718/2012, e Cass. n. 20292/2012, hanno avuto modo di spiegare che, quando la persona danneggiata subisce un vero e proprio sconvolgimento delle proprie abitudini di vita, la liquidazione del danno esistenziale non costituisce una duplicazione, data la sua indubbia particolarità. In definitiva, il giudice di merito, dopo aver accertato l'esistenza di una “situazione soggettiva protetta a livello costituzionale”, è tenuto ad una “rigorosa analisi e ad una conseguentemente rigorosa valutazione tanto dell'aspetto interiore del danno (la sofferenza morale) quanto del suo impatto modificativo in pejus con la vita quotidiana (il danno esistenziale)”; ciò in quanto il risarcimento non deve essere duplicato, ma deve tenere presenti le diverse possibili lesioni derivanti dal fatto illecito (c.f.r. Cass. n. 9231/2013). In quest'ottica, il danno biologico, il danno morale ed il danno alla vita di relazione rispondono a prospettive diverse di valutazione del medesimo evento lesivo. Nel senso che un determinato evento può causare, nella persona stessa della vittima, come in quelle dei familiari, un danno alla salute medicalmente accertabile, un dolore interiore ed un'alterazione della vita quotidiana; si tratta, all'evidenza, di situazioni diverse, ma pure tra loro collegate. Nella specie, gli odierni ricorrenti sono, rispettivamente, i genitori ed il fratello del giovane morto nell'incidente stradale per cui è causa. Nessun dubbio, quindi, sull'esistenza di un evento generatore dell'obbligo di risarcimento del danno non patrimoniale, sussistendo sia il reato che la lesione di un diritto costituzionalmente protetto. Nonostante gli odierni appellanti avessero sin dall'atto di citazione 5 allegato le gravissime ricadute su di essi dell'evento, in considerazione dell'età della vittima, del grado di parentela e del tipo di convivenza, chiedendo espressamente la liquidazione del danno c.d. esistenziale, il Tribunale .... All'esito della espletata istruttoria (.... 6) è emerso nitidamente che la fine tragica di un ragazzo di vent'anni aveva avuto effetti anche devastanti sui genitori e sul fratello superstite. In particolare, è stato dimostrato che in conseguenza del fatto si sono determinati autentici sconvolgimenti nella vita dei familiari superstiti, tali da comportare scelte radicalmente diverse. Tanto premesso, ...., come sopra rappresentata e difesa, CITA La società ...., P.I. n. ....,in persona dell'Amministratore Unico Dott. ...., elettivamente domiciliato presso l'Avv. ...., C.F. ...., con studio in ....via .... n. ...., ed il Sig. ...., elettivamente domiciliato presso l'Avv. ...., C.F. ....con studio in .... via .... n. ...., a voler comparire dinanzi a codesta Eccellentissima Corte d'Appello…all'udienza del…., ore e locali soliti, Sezione e Consigliere Relatore designandi, con l'invito a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell'udienza indicata, ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c. e a comparire all'udienza indicata innanzi al Collegio o al Consigliere Relatore nominati, con l'avvertimento
ciò al fine di ivi sentir accogliere, anche nella sua contumacia, le seguenti CONCLUSIONI Voglia la Corte d'Appello adita, disattesa ogni contraria istanza, in riforma della sentenza n. .... del Tribunale di ...., condannare i convenuti in solido al pagamento, a titolo di risarcimento dei danni, della maggior somma di Euro ...., oltre interessi e rivalutazione. Con vittoria di spese e compensi del doppio grado di giudizio. Si allegano i seguenti documenti. 1) Sentenza n. ....; 2) ....; Si dichiara che il valore della causa è di Euro .... Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA ALLE LITI (se non apposta a margine) [1] [1] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il C.F., oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., dalla l. 15 luglio 2011, n. 111). [2] [2] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. 98/2011, conv. con modif. dalla legge 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. 193/2009 conv. con modif. dalla legge 24/2010. [3] [3] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla legge n. 114/2014. L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla legge n. 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà». [4] [4] Anche alla luce della nuova concezione del danno non patrimoniale − come danno da lesione di interessi inerenti la persona e non connotati da rilevanza economica, nell'àmbito del quale non emergono sottocategorie, bensì casi specifici, determinati dalla legge −, colui che agisce in giudizio per il risarcimento di danni da illecito soddisfa tutti i requisiti richiesti dagli artt. 99,112,163 nn. 3-4 e 183, comma 6, c.p.c., con la domanda generica di risarcimento di «tutti i danni» ricollegabili all'evento lesivo, a nulla rilevando l'eventuale specificazione, a titolo esemplificativo, di singole voci di danno liquidabili (Cass. III, n. 26505/2009; per Cass. n. 25575/2011, occorre, però, che il danneggiato specifichi, nel corso del giudizio, i peculiari aspetti che tali danni abbiano concretamente assunto nel suo particolare caso ed essi risultino, ancorché presuntivamente, provati o, comunque, attendibili). In senso opposto, l'unitarietà del diritto al risarcimento ed il suo riflesso processuale dell'ordinaria infrazionabilità del giudizio di liquidazione (scaturente dal rispetto dei canoni della concentrazione e correttezza processuali) comportano che, quando un soggetto agisca in giudizio per chiedere il risarcimento dei danni a lui cagionati da un dato comportamento del convenuto, la domanda si riferisca a tutte le possibili voci di danno originate da quella condotta, non potendo le stesse essere fatte valere in un autonomo, successivo giudizio. [5] [5] La circostanza che in un giudizio per il risarcimento dei danni alla persona, conseguenti ad un sinistro stradale, venga formulata soltanto in sede di precisazione delle conclusioni la richiesta di liquidazione anche del “danno esistenziale” (che non costituisce autonoma categoria di danno, ma sintagma ampiamente invalso nella prassi giudiziaria) non osta alla possibilità dell'accoglimento di una domanda volta al ristoro di un pregiudizio ulteriore rispetto a quello biologico strettamente inteso, purché l'attore abbia richiesto tempestivamente il risarcimento di tutti i danni derivanti dal sinistro, e quindi anche del danno non patrimoniale (Cass. III, n. 23147/2013). [6] [6] Riportare, almeno nei loro passaggi salienti, le risultanze delle prove testimoniali assunte sul punto. CommentoL'autonomia ontologica del danno esistenziale Tenuto conto che nell'àmbito contrattuale vanno risarciti (ex art. 1223 c.c.) sia la perdita subita dal creditore che il mancato guadagno o la mancata utilità non patrimoniale (tra cui va ricompresa la rinuncia forzata a non poter svolgere altre attività, come dedicarsi alla famiglia: il «non poter più fare»; Cass. sez. lav. n. 29832/2008), ciò dovrebbe valere a maggior ragione nella responsabilità extracontrattuale; lo schema logico dell'art. 1223 opera, del resto, in base al dettato normativo dell'art. 2056, comma 2, c.c., anche in ambito aquiliano. Tuttavia, per una parte della giurisprudenza il danno in oggetto non avrebbe più ragion d'essere, atteso che, ove nella relativa categoria si dovessero ricomprendere i pregiudizi scaturenti dalla lesione di interessi della persona tutelati da norme di rango costituzionale ovvero derivanti da fatto-reato, essi sarebbero già risarcibili ex art. 2059 c.c. interpretato in modo conforme alla Costituzione, con la conseguenza che la liquidazione di una ulteriore voce di danno comporterebbe una duplicazione risarcitoria; ove, invece, nel danno esistenziale si intendesse includere pregiudizi non lesivi di diritti inviolabili della persona, tale categoria sarebbe del tutto illegittima, non essendo tali pregiudizi risarcibili per il divieto di cui all'art. 2059 c.c. (cfr. Cass. III, n. 1762/2014; Cass. VI, n. 1299/2014; Cass. III, n. 12985/2013; Cass. III, n. 3290/2013; Cass. III, n. 22910/2012; Cass. III, n. 16424/2011). Tale indirizzo trae origine dalla sentenza Cass. S.U., n. 26972/2008, alla stregua della quale i pregiudizi esistenziali (cioè consistenti nel non poter fare) vanno riconosciuti, se allegati e provati, sia nell'ipotesi di fatto illecito che configuri reato sia, in assenza di reato, nel caso in cui conseguano alla lesione di un diritto inviolabile della persona diverso dal diritto all'integrità psico-fisica (danno - recte: sconvolgimento della vita familiare provocato − da perdita del rapporto parentale - artt. 2,29 e 30 Cost. -; danno da demansionamento; danno da impossibilità di rapporti sessuali; etc.). Pertanto, sembrerebbe che il relativo pregiudizio sia risarcibile solo entro il limite segnato dalla ingiustizia costituzionalmente qualificata dall'evento di danno. Nell'àmbito del danno biologico nel suo aspetto dinamico sarebbero, invece, ormai assorbiti i pregiudizi di tipo esistenziale concernenti aspetti relazionali della vita medi (ossia quale insieme di conseguenze negative prodotte, mediamente, da quella lesione nella ordinaria vita quotidiana di soggetto danneggiato di quel sesso e di quell'età), conseguenti a lesioni dell'integrità psicofisica. Infatti, al danno biologico va, ormai, riconosciuta portata tendenzialmente omnicomprensiva. Di contrario avviso è Cass. III, n. 19211/2015, a mente della quale non è condivisibile l'affermazione per cui, se vengono presi in considerazione gli aspetti relazionali, il danno biologico assorbe sempre e comunque il c.d. danno esistenziale, sempre che si sia al cospetto di fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, in “scelte di vita” diverse (e non della mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità della vita, come le vacanze, le telefonate durante la giornata, il pranzo, la cena, i regali inattesi, etc.). Si ravvisa, poi, un indirizzo intermedio alla cui stregua il danno c.d. esistenziale non costituisce voce autonomamente risarcibile, ma è solo un aspetto dei danni non patrimoniali di cui il giudice deve tenere conto nell'adeguare la liquidazione alle peculiarità del caso concreto (Cass. III, n. 18484/2012; Cass. S.U. n. 3677/2009). È a darsi atto, peraltro, che un recente orientamento (Cass. III, n. 20292/2012; Cass. III, n. 4033/2013; Cass. III, n. 4039/2013; Cass. III, n. 22585/2013; Cass. III, n. 25409/2013; Cass. n. 23147/2013; contra: Cass. III, n. 3637/2013; Cass. sez. lav., n. 3527/2013; Cass. III, n. 3290/2013,; Cass. sez. lav., n. 1136/2013; Cass. sez. lav., n. 1694/2013) tende ad assumere una posizione discordante rispetto alla ricostruzione giurisprudenziale maggioritaria, tornando ad affermare la diversità ontologica e la conseguente autonoma risarcibilità del danno esistenziale e di quello morale rispetto al danno biologico. Sul piano normativo, la previsione, contenuta negli artt. 138 e 139 d.lgs. n. 209/2005 –cod.ass., secondo cui nel danno biologico devono essere ricomprese anche le ripercussioni sugli “aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato” deporrebbe nel senso di escludere una liquidazione separata del danno esistenziale. Non appare corretto confondere la lesione all'integrità psico-fisica di una persona con l'incidenza che un dato illecito può avere avuto sulle sue abitudini di vita e sulle sue scelte quotidiane. Con la liquidazione del danno biologico, se del caso personalizzato, non si esaurisce l'àmbito del risarcimento del danno che attiene alla sfera esteriore del soggetto (laddove il danno morale soggettivo concerne la sua sfera interiore). Si tende a ritenere non cumulabile il danno esistenziale con quello morale (Cass. III, n. 9040/2010; Cass. III, n. 19816/2010; Cass. III, n. 24015/2011). In quest'ottica, di recente, Cass. III, n. 7766/2016, ha statuito che ogni vulnus arrecato ad un interesse tutelato dalla Carta costituzionale si caratterizza per la sua doppia dimensione del danno relazione/proiezione esterna dell'essere, e del danno morale/interiorizzazione intimistica della sofferenza. Per chi ammette, invece, la risarcibilità del danno esistenziale anche in presenza di un danno biologico o morale, ritiene che lo stesso sia ristorabile col ricorso alle misure percentuali (qualora riconducibile al danno morale) o ai riferiti criteri di personalizzazione (qualora sia riconducibile al danno biologico; sul punto v., espressamente, le sentenze “gemelle” del 2008 nonché v., da ultimo, Cass. S.U., n. 557/2009). Di recente, Cass. VI, n. 27229/2017, in linea di continuità con il consolidato principio affermato dalle Sez. U nel 2008, ha ribadito che tale voce di danno è integrata esclusivamente in presenza di uno "sconvolgimento esistenziale" e non di un mero "sconvolgimento dell'agenda" o di una perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità della vita, e, pertanto, non ricorre a fronte di meri disagi, fastidi, disappunti, ansie, stress o violazioni del diritto alla tranquillità. In virtù di tale principio la S.C. ha quindi confermato la sentenza impugnata, che aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno esistenziale lamentato in ragione della situazione di disagio e di ansia correlata al dubbio di aver perso una telefonata importante a causa di disfunzioni presenti sulla linea telefonica. Pur tuttavia, come ribadito da Cass. III, 31 gennaio 2019, n. 2788, nella valutazione del danno alla persona da lesione della salute (art. 32 Cost.), ma non diversamente da quanto avviene in quella di tutti gli altri danni alla persona conseguenti alla lesione di un valore o interesse costituzionalmente protetto, il giudice dovrà necessariamente valutare tanto le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera morale (che si collocano nella dimensione del rapporto del soggetto con sè stesso), quanto quelle incidenti sul piano dinamico-relazionale della sua vita (che si dipanano nell'ambito della relazione del soggetto con la realtà esterna, con tutto ciò che, in altri termini, costituisce "altro da sé"). Il danno quantificato in base alle tabelle tende a ristorare le conseguenze ordinarie derivanti dall'evento dannoso. Se la parte danneggiata dimostra che sotto il profilo morale e/o sotto quello dinamico relazionale l'evento dannoso ha cagionato ulteriori conseguenze negative, non normalmente prevedibili e quindi qualificabili come straordinarie, il Giudice può liquidare tali ulteriori danni superando i limiti dei parametri tabellari. La prova del danno esistenziale Il pregiudizio in esame deve essere provato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall'ordinamento (dovendosi negare il danno in re ipsa, in quanto si è in presenza di un danno-conseguenza; Cass. n. 20987/2007), assumendo peraltro precipuo rilievo la prova per presunzioni (Cass. n. 6572/2006; dovendosi il danno ritenere integrato, a differenza di quello biologico, a prescindere dalla relativa accertabilità in sede medico-legale). Il danno esistenziale, quale criterio di liquidazione del più generale danno non patrimoniale, risarcibile ex art. 2059 c.c., può essere desunto, in forza dell'art. 115, secondo comma, c.p.c., anche da massime di comune esperienza, quali la giovane età del danneggiato al momento dell'infortunio e la gravità delle conseguenze dell'infortunio (si pensi alla immobilizzazione su sedia a rotelle) incidenti sulla normale vita di relazione dell'infortunato, avuto riguardo alla capacità di procreazione, alla vita sessuale, alla possibilità di praticare sport e altre analoghe attività (Cass. sez. lav., n. 777/2015). Ad esempio, provato il fatto base della sussistenza di un rapporto di coniugio o di filiazione e della convivenza, deve ritenersi che la privazione di tale rapporto presuntivamente determini ripercussioni sia sugli assetti degli stabiliti e armonici rapporti del nucleo familiare, sia sul modo di relazionarsi degli stretti congiunti del defunto (anche) all'esterno di esso, rispetto ai terzi, nei comuni rapporti di vita di relazione. In particolare, le conseguenze esistenziali normalmente legate all'evento dannoso, a differenza di quelle particolari connesse alla fattispecie concreta, non necessitano di una prova specifica e possono essere presunte secondo l'id quod plerumque accidit. Ad es., ricorrendo anche alle presunzioni relative, nel caso di uccisione (o grave invalidazione permanente) del familiare, lo sconvolgimento dell'esistenza dei congiunti è una conseguenza più o meno duratura, ma pressoché inevitabile (Cass. III, n. 13546/2006). Incombe allora alla parte, in cui sfavore opera la presunzione, dare la prova contraria al riguardo, idonea a vincerla (ad esempio, situazione di mera convivenza forzata, caratterizzata da rapporti deteriorati, contrassegnati da continue tensioni e screzi, coniugi in realtà separati in casa, etc.). Per Cass. n. 10527/2011, invece, premesso che la prova del danno non patrimoniale da uccisione dello stretto congiunto può essere offerta anche a mezzo di presunzioni, spetta al danneggiato dimostrare che l'evento lesivo abbia prodotto uno sconvolgimento dell'esistenza tale da meritare la risarcibilità autonoma in omaggio al principio dell'integralità della riparazione. Diverso è il caso del danno esistenziale subito dai familiari legati al de cuius (o al soggetto che ha patito una grave invalidità permanente) da un rapporto meno stretto, non caratterizzato, ad esempio, dalla convivenza e dalla costante frequentazione. In tali ipotesi, il danneggiato non potrà avvalersi della presunzione e dovrà fornire una specifica prova del danno lamentato. Secondo un orientamento intermedio, se il danneggiato (quantomeno) allega in modo circostanziato il fatto-base della normale e pacifica convivenza del proprio nucleo familiare e che il decesso, o le gravi lesioni, subìto/e dal proprio congiunto all'esito del fatto-evento lesivo hanno comportato una sofferenza interiore − tale da determinare un'alterazione del proprio relazionarsi con il mondo esterno (vale a dire, alleghi almeno la degenerazione della sofferenza o patema d'animo in obiettivi profili relazionali), inducendolo a scelte di vita diverse −, incombe al danneggiante dare la prova contraria (si realizza, quindi, una vera e propria inversione dell'onere della prova) idonea a vincere la presunzione dello «sconvolgimento esistenziale» riverberante anche in obiettivi e radicali scelte di vita diverse (Cass. n. 8546/2008; Cass. n. 13754/2006; Cass. n. 8827/2003; Cass. S.U., n. 9556/2002). In presenza di una specifica allegazione, al C.T.U. potrà essere affidato il compito di valutare se e in che modo il fatto in esame abbia prodotto dei pregiudizi esistenziali che interessino: a) l'assetto psicologico e la personalità; b) le relazioni familiari e affettive; c) le attività realizzatrici (riposo, ricreative, sociali, autorealizzatrici). Da ultimo, va tenuto presente che gli “aspetti dinamico-relazionali” previsti per quanto concerne le cc.dd. micro permanenti rientrano per definizione nella sfera esclusiva della parte che ha subìto la lesione e sono, di regola, del tutto ignoti alla controparte (danneggiante e/o compagnia assicuratrice), che, di regola, si limiterà ad una contestazione inevitabilmente generica. In quest'ottica, il giudice dovrebbe rilevare la questione ex art. 183, comma 4, c.p.c., perché altrimenti sarebbe pregiudicato il diritto di difesa della parte danneggiata, la quale, confidando sulla sussistenza dei presupposti per l'applicazione del principio di non contestazione, potrebbe incorrere nelle preclusioni (non richiedendo nei termini perentori ex art. 183, comma 6, c.p.c., la prova dei fatti costitutivi della richiesta di personalizzazione del danno). In tema di risarcimento del danno non patrimoniale conseguente alla lesione di interessi costituzionalmente protetti, il giudice di merito, dopo aver identificato la situazione soggettiva protetta a livello costituzionale, deve rigorosamente valutare sul piano della prova tanto l'aspetto interiore del danno (cd. danno morale) quanto il suo impatto modificativo in peius con la vita quotidiana (cd. danno esistenziale o danno alla vita di relazione, da intendersi come danno dinamico-relazionale), atteso che oggetto dell'accertamento e della quantificazione del danno risarcibile è la sofferenza umana conseguente alla lesione di un diritto costituzionalmente protetto, la quale, nella sua realtà naturalistica, si può connotare in concreto di entrambi tali aspetti essenziali, costituenti danni diversi e perciò autonomamente risarcibili, in quanto provati caso per caso con tutti i mezzi di prova normativamente previsti (Cass. n. 25191/2023, fattispecie relativa all'azione intrapresa da un dipendente di una ditta di trasporti che aveva chiesto il risarcimento del danno a seguito di un intervento chirurgico di bypass aorto-coronarico a seguito del quale era stato, dapprima, assegnato al lavoro di ufficio e, poi, giudicato non idoneo in via definitiva alle mansioni lavorative sino ad allora svolte, con cessazione del rapporto di lavoro). I criteri di liquidazione del danno esistenziale In ordine ai criteri di liquidazione, il danno esistenziale non è passibile di determinazione secondo il sistema tabellare (al quale si fa ricorso per determinare il danno biologico). In mancanza di allegazioni sulla natura e le caratteristiche del danno esistenziale, non è possibile al giudice neppure la liquidazione in forma equitativa. La Corte d'appello di Torino tendenzialmente liquida il danno esistenziale subìto dai congiunti dell'ucciso, riconoscendo alla moglie e ai figli del de cuius una quota di quanto risarcito a titolo di danno morale (un terzo per il coniuge, un quarto per i figli); per ciò che concerne il danno esistenziale patito direttamente dal leso nel caso di gravi lesioni permanenti, la Corte riconosce alla vittima una somma pari ad un quarto di quella liquidatagli a titolo di danno biologico; quanto ai congiunti del leso, infine, la Corte piemontese ritiene un valido metodo di liquidazione (del danno esistenziale) il riferimento alle somme indicate nelle tabelle torinesi nel caso di uccisione del congiunto, previa riduzione corrispondente al grado di invalidità biologica accertata. Il Tribunale di Montepulciano (Trib. Montepulciano 9 novembre 2006), “suddivide” la vita di una persona in cinque grandi aree riguardanti: i) le attività biologico-sussistenziali, ii) le relazioni affettive di carattere familiare, iii) le attività lavorative, iv) le attività politico/sociali/associative, e v) le attività di svago. Poiché il 100% del danno biologico costituisce l'alterazione totale delle aree suddette, dividendo per cinque la somma ottenuta dall'applicazione delle tabelle si otterrà il valore massimo di ciascuna area. I micropregiudizi esistenziali (l'agenda della vita alterata e/o peggiorata) sono già ricompresi nel danno biologico e/o morale, quando esso sia stato liquidato anche con riferimento specifico ai profili relazionali. Nell'àmbito dei sinistri stradali, tenuto conto che nel danno biologico sono ricompresi gli aspetti (statico e) dinamico-relazionali medi − in relazione ai quali, la parte che chiede in giudizio il risarcimento del danno alla persona non ha alcuno specifico onere di allegazione e di prova, potendosi ricorrere alle nozioni di fatto che rientrano, ex art. 115 c.p.c., nella comune esperienza −, è possibile procedere ad una personalizzazione (nei limiti del 20-30%), qualora la lesione del diritto alla salute determini nella vita del danneggiato conseguenze negative particolari − ossia, laddove la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali, e sempre che la parte danneggiata abbia assolto all'onere di allegare e provare tutti i fatti e le circostanze significative che consentano una completa personalizzazione del pregiudizio complessivamente inteso (avuto riguardo, soprattutto, alle ripercussioni che la menomazione psicofisica abbia avuto su una specifica attività esistenziale) −, vale a dire diverse dagli aspetti dinamico-relazionali medi già compresi nella valutazione medico-legale del danno biologico. Quanto alle ripercussioni sulla sfera dinamico-relazionale derivate dalla perdita (o dalla compromissione; è risarcibile, ai sensi dell'art. 2059 c.c., il danno non patrimoniale consistente nello sconvolgimento delle abitudini di vita del congiunto in relazione all'esigenza di provvedere agli straordinari bisogni dell'altro, sopravvissuto a lesioni seriamente invalidanti) del rapporto parentale, i valori della tabella elaborata dal Tribunale di Roma (in cui sono previsti molteplici fattori correttivi variabili) contemplano già tutte le sofferenze, privazioni o rinunce causate dal lutto (perdita dell'affectio familiaris, forzoso mutamento delle abitudini di vita, compromissione delle esigenze dei sopravvissuti, etc.), con la conseguenza che una maggiorazione dovrebbe essere riservata ai casi eccezionali, da allegarsi e provarsi adeguatamente. Viceversa, non chiarendo le tabelle di Milano se facciano riferimento anche ai profili relazionali propri del danno da perdita del rapporto parentale o del danno esistenziale e, soprattutto, se vi facciano riferimento prendendo tale perdita in considerazione esclusivamente di per sé − ossia, senza avere riguardo anche al conseguente sconvolgimento dell'esistenza che per il genitore (o altro congiunto) conseguentemente ne derivi; cfr., altresì, Cass. n. 7844/2011, Cass. n. 10527/2011, e, da ultimo, Cass. n. 12273/2011 −, è necessario che il dato offerto dalle tabelle venga reso oggetto di relativa personalizzazione, riconsiderando i relativi parametri in ragione pure di siffatto profilo, al fine di debitamente garantire l'integralità del ristoro spettante al danneggiato (cfr. Cass. n. 10108/2011). Alla stregua delle modifiche di recente introdotte dalla legge cd. sulla concorrenza (l. 4 agosto 2017, n. 124) all'art. 139 d.lgs. n. 209/2005 – cod. ass., le ripercussioni della lesione dell'integrità psico-fisica sugli aspetti dinamico-relazionali potranno essere prese in considerazione in sede di personalizazione (fino al 20%) solo qualora abbiano inciso sui detti aspetti “in maniera rilevante”. |