Atto di citazione di risarcimento danni non patrimoniali al convivente more uxorio

Andrea Penta
aggiornata da Francesco Agnino

Inquadramento

A seguito di un sinistro stradale, in conseguenza del quale è deceduto il partner, il convivente more uxorio agisce, iure proprio e iure hereditatis, al fine di ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali subìti. Il soggetto dovrà provare, oltre alla sussistenza degli elementi costitutivi della domanda di risarcimento del danno derivante da fatto illecito, anche la sussistenza di un vincolo affettivo qualificato con la vittima, che lo legittimi alla proposizione della domanda.

Formula

TRIBUNALE ORDINARIO DI .... 1

ATTO DI CITAZIONE 2

Sig. ...., nata a .... il ...(C.F. 3 n. ....), residente in ...., alla via .... n. ...., ed elettivamente domiciliata in ...., alla via .... n. ...., presso lo studio dell'Avv .... (C.F.... - fax .... - PEC .... 4), che la rappresenta e difende, in forza di procura speciale in calce (oppure a margine) del presente atto;

PREMESSO CHE

- In data .... alle ore .... l'auto .... tg. .... di proprietà e condotta dal suo ex convivente .... veniva investita dall'auto condotta da .... di proprietà di .... ed assicurata con ....;

- il sinistro era imputabile in via esclusiva al conducente del veicolo antagonista, in quanto .... (cfr. relazione di servizio, con schizzi planimetrici, a firma degli agenti di PS accorsi) 5;

- a causa del violento impatto, l'auto condotta da .... veniva scaraventata contro il guard-rail e .... riportava gravissime lesioni ....;

- altri passanti (....) 6, che avevano assistito allo scontro, chiamavano immediatamente i soccorsi e .... veniva condotto, circa .... minuti dopo l'incidente, presso il vicino Ospedale di ....;

- fin da subìto le condizioni fisiche di .... apparivano drammatiche (cfr. cartella clinica), atteso che .... 7, e, per quanto fosse stato immediatamente sottoposto a tutte le cure del caso, decedeva alle ore .... (cfr. referto medico) 8;

- l'attrice conviveva ormai da .... anni con .... avendo intessuto una relazione connotata dall'affectio coniugalis9;

- il dato comune che emerge dalla legislazione vigente (si pensi alla recente legge Cirinnà n. 76/2016, che disciplina la coppia di fatto e prevede il contratto di convivenza) e dalle pronunce giurisprudenziali è che la convivenza assume rilevanza sociale, etica e giuridica, in quanto somiglia al rapporto di coniugio, anche nella continuità nel tempo;

- in corso di causa verrà dimostrata, mediante testimonianze, l'esistenza e la portata dell'equilibrio affettivo - patrimoniale instaurato con la medesima, caratterizzata dalla vicendevole assistenza materiale e morale, dalla serietà di impegno e dalla costanza di frequentazione nel tempo, nonché la condivisione di pesi e oneri di assistenza personale e di contribuzione e collaborazione domestica analoga a quella matrimoniale (....) 10;

- la prova di tali elementi strutturali e qualificativi, concreti e riconoscibili all'esterno, presupposti di esistenza della convivenza more uxorio e parametri caratterizzanti la stessa, può esser fornita con qualsiasi mezzo (art. 2697 c.c.);

- sin da subìto, al fine di provare la coabitazione, viene prodotto il certificato anagrafico, ai sensi del d.P.R. 30 maggio 1989, n. 223;

è' indiscutibile, pertanto, l'esistenza di una communio omnis vitae, stabilmente protrattasi fino al momento in cui....11;

a seguito della perdita, avvenuta in modo improvviso e del tutto inaspettato, ....pativa uno sconvolgimento esistenziale, .... 12;

- è intenzione dell'attrice conseguire il risarcimento di tutti i danni, iure proprio (per la perdita del rapporto parentale e per il danno esistenziale) e iure ereditario (biologico terminale e morale catastrofale), subiti in conseguenza del decesso del proprio partner 13;

- in data .... è stato esperito con esito negativo il procedimento di negoziazione assistita di cui all'art. 3 del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito in l. 10 novembre 2014, n. 162, come risulta dalla diffida inviata in data .... con raccomandata a/r n. ...., in cui l'attore ha espressamente invitato la controparte a stipulare una convenzione di negoziazione con le seguenti modalità ... 14;

- tale invito non è stato seguito da adesione (oppure) è stato seguito da rifiuto entro trenta giorni dalla sua ricezione (oppure) è decorso il periodo di tempo di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a) del d.l. n. 132/2014, citato, come risulta da ....

Tutto ciò premesso, il Sig. ...., come sopra rappresentato e difeso,

CITA

Il Sig. ...., residente in ...., alla via .... n. .... (C.F. n. ...) e la società ...., con sede legale in ...., alla via .... n. .... (C.F. e P.I. n. ....), in persona del legale rappresentante pro tempore, sig. ...., nato a .... il .... (codice fiscale ....), residente in .... nella via .... n. ...., a comparire innanzi il Tribunale ordinario di ...., Sezione e Giudice Istruttore a designarsi ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., all'udienza del .... , ora di rito, con invito alla parte convenuta a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'articolo 166 e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'articolo 168-bis,

AVVERTE

il convenuto che:

  • la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli articoli 38 e 167 c.p.c.,
  • la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'articolo 86 c.p.c. o da leggi speciali,
  • la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato;

per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni: 

Voglia il Giudice di Pace o l'Ill.mo Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza, deduzione o eccezione:

1) dichiarare che il sinistro è addebitabile in via esclusiva a .... e, per l'effetto,

2) condannare i convenuti, in solido, al risarcimento di tutti i danni (patrimoniali, biologici, morali ed esistenziali) subìti, oltre interessi e rivalutazione monetaria;

con vittoria di spese e compensi professionali di avvocato, oltre IVA e CPA come per legge.

Si articola prova per testi sui seguenti capitoli:

1) Vero che l'attrice e .... condividevano l'hobbies del .... 15;

2) Vero che l'attrice e .... hanno trascorso insieme le vacanze estive ed invernali del ....;

3) Vero che l'attrice e .... hanno trascorso insieme le festività natalizie e pasquali dal ....;

4) Vero che .... attendeva la sera ogni giorno l'attrice (che, per i differenti orari di uscita del suo lavoro, tornava a casa più tardi) per la cena;

5) Vero che .... e .... quando uscivano talvolta il fine settimana con lei e sua moglie-marito-compagno/a, manifestavano costantemente atteggiamenti affettuosi e complicità, del tipo ....;

6) Vero che ....

Si indicano quali testimoni i signori ....

Si depositano i seguenti documenti: 1) ....; 2) ....; 3) ....; 4) ....; 5) ....; 6) ....

Si riserva di produrre altri documenti e di articolare ulteriori mezzi istruttori con le memorie di cui all'art. 183, co. 6, c.p.c., la concessione dei cui termini sin da ora viene richiesta.

Ai sensi dell'art. 14 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 («Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia»), si dichiara che il valore del presente procedimento è pari a Euro .... e, pertanto, il contributo unificato è dovuto nella misura di Euro ....

Luogo e data....

Firma Avv.....

PROCURA SPECIALE SE NON APPOSTA A MARGINE

[1] Il foro stabilito dall'art. 20 c.p.c., per le cause relative a diritti di obbligazione concorre con i fori generali di cui agli art. 18 e 19 c.p.c. e l'attore può liberamente scegliere di adire uno dei due fori generali, oppure il foro facoltativo dell'art. 20 c.p.c. La norma - infatti - stabilisce che per le cause relative a diritti di obbligazione (tra le quali rientrano anche le obbligazioni scaturenti da responsabilità extracontrattuale) è anche competente il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi la obbligazione. In particolare, in tema di obbligazioni nascenti da fatto illecito, l'azione di risarcimento sorge nel luogo in cui l'agente ha posto in essere l'azione produttiva del danno (forum commissi delicti) e in relazione a tale luogo deve essere determinata la competenza territoriale ex art. 20 c.p.c. (Cass. II, n. 13223/2014).

[2] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., dalla l. 15 luglio 2011, n. 111).

[3] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. 98/2011, conv. con modif. dalla legge 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. 193/2009 conv. con modif. dalla legge 24/2010.

[4] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. 90/2014 conv., con modif., dalla legge 114/2014.

L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. 90/2014, conv. con modif., dalla legge 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

[5] Descrivere analiticamente la dinamica dell'incidente.

[6] Indicare con precisione il nominativo degli stessi, precisando a quale fase del sinistro abbiano assistito e quali condotte abbiano posto in essere.

[7] Precisare lo stato nel quale versava la vittima, chiarendo se fosse comatoso o se residuasse la coscienza con la percezione dell'imminente tragica fine cui stava andando incontro (ai fini del riconoscimento del danno morale cd. catastrofico o catastrofale).

[8] Indicare con precisione l'esatto periodo intercorso tra l'incidente e l'exitus, al fine di consentire la valutazione in ordine alla configurabilità di un “apprezzabile lasso di tempo” necessario per il riconoscimento del danno biologico cd. terminale.

[9] Ai fini del diritto al risarcimento del danno iure haereditatis, il convivente more uxorio del defunto a cui sia stata negata la qualità di erede universale si trova in posizione di conflitto di interessi rispetto agli eredi legittimi. Pertanto, è inammissibile la loro costituzione in giudizio a mezzo di uno stesso procuratore (Cass. n. 13218/2015). La violazione del suddetto principio è rilevabile d'ufficio, anche in sede di appello, in quanto investe il diritto di difesa ed il principio del contraddittorio, e comporta l'invalidità degli atti relativi al giudizio di impugnazione. Il carattere dell'attualità del conflitto può anche venire meno, ma a detto fine è necessario che dalle risultanze processuali emerga che la contrapposizione di interessi sia stata effettivamente superata, come accade nel caso in cui una delle parti abbia rinunciato alle proprie pretese, in conflitto con quelle vantate dalla parte rappresentata dallo stesso difensore.

[10] Descrivere con la maggiore minuziosità possibile in quali circostanze e con quali modalità si manifestava questa reciprocità di affetti.

[11] Specificare il fatto illecito che ha cagionato la perdita del convivente, avendo cura di sottolineare che fino a quel momento la communio omnis vitae era in atto.

[12] Specificare le alterazioni dello stile di vita che connotano il pregiudizio patito dal convivente superstite.

[13] Nel caso di sinistro stradale con esiti letali, per "persona danneggiata", ai fini del computo del massimale, deve intendersi ciascuno dei prossimi congiunti della vittima il quale vanti iure proprio un diritto al risarcimento. Da ciò consegue (cfr. Cass. III, n. 16374/2010) che i conseguenti danni non devono necessariamente essere soddisfatti tutti nell'ambito del massimale previsto per ogni singola persona, ma il limite del risarcimento è, distintamente per ciascun danno, quello previsto per ciascuna persona danneggiata, fermo nel complesso il massimale per singolo sinistro (c.d. " massimale catastrofale ").

[14] E' obbligatorio il ricorso alla procedura di negoziazione assistita (che costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale) quando si vuole esercitare in giudizio un'azione in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti (non più rientrante tra i casi di mediazione obbligatoria), a prescindere dal valore, nonché nel caso in cui la somma pretesa non superi l'importo di 50.000 euro (art. 3 d.l. 132/2014, conv. con modif. in l. 162/2014). Resta chiaramente nella facoltà del danneggiato la possibilità di citare in giudizio anche il conducente dell'autovettura antagonista, se diverso dal proprietario. Ciò comunemente avviene per strategia processuale o per necessità economica: si pensi al caso di danneggiamento che supera il massimale assicurato e, pertanto, s'intende rivalersi personalmente sul danneggiante - conducente non proprietario, nei cui confronti non vi è un litisconsorzio necessario, ma solo eventuale. Ebbene, in questo caso, l'invito alla negoziazione assistita, oltre al proprietario del veicolo antagonista e alla compagnia di assicurazioni del predetto veicolo, andrà esteso necessariamente anche al conducente non proprietario, in caso contrario, non potrà essere convenuto in giudizio, mancando la condizione di procedibilità nei suoi confronti.

[15] Indicare con precisione in quali giorni della settimana e, comunque, con quale periodicità ciò avvenisse.

Commento

Il familiare di una persona lesa dall'altrui condotta illecita può subire un pregiudizio non patrimoniale che può assumere il duplice aspetto della sofferenza soggettiva e del conseguito mutamento peggiorativo delle abitudini  di  vita, la cui prova può essere data anche mediante l'allegazione di fatti corrispondenti a nozioni di comune esperienza, e che deve essere integralmente risarcito, ove ricorrano i caratteri della serietà del danno e della gravità della lesione. E così Cass. n. 25843/2020 ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso il danno non patrimoniale occorso ai genitori in conseguenza dell'incidente stradale del figlio minorenne e convivente, nonostante l'avvenuta allegazione della sofferenza subìta durante i non pochi giorni in cui quegli era stato in coma e nei periodi in cui ne era stato incerto il recupero,  nonché  dell'assistenza necessitata dapprima dal lungo ricovero lontano dall'abitazione familiare e poi dalla non semplice riabilitazione .

Negli ultimi tre decenni si è sviluppata una significativa tendenza alla tutela dei rapporti more uxorio in seno alla giurisprudenza di merito (Trib. Verona, 3 dicembre 1980; Assise di Genova, 13 marzo 1982; App. Milano, 16 novembre 1993; Trib. Lanciano, 29 giugno 1991), poi avallata da quella di legittimità (primus Cass. pen. 4 febbraio 1994) volta a valorizzare non più l'esclusiva riferibilità a situazioni soggettive tipiche – come nel caso del rapporto di coniugio – per operare la qualificazione dell'ingiustizia del danno, quanto piuttosto la possibilità di ricondurre una determinata condotta illecita alla lesione di valori che, conseguentemente, potranno esistere in ambito sia familiare sia parafamiliare, purché si rilevi la medesima condizione di mutua assistenza morale e materiale (Cass. n. 23725/2008).

Alla luce del consolidarsi di una su menzionata lettura costituzionalmente orientata del danno non patrimoniale, operare una discriminazione tra relazione familiare fondata ovvero non fondata sul matrimonio determinerebbe, ove i presupposti di fatto siano i medesimi, una inammissibile violazione del principio costituzionale di eguaglianza sostanziale: l'elemento che caratterizza la famiglia di fatto è, infatti, l'instaurazione da parte dei partner di una situazione di comunione del tutto speculare a quella del matrimonio (Cass. n. 8976/2005; Cass. n. 2988/1994; nella giurisprudenza di merito si segnalano Trib. Roma, 10 giugno 2010 e Trib. Bologna, 14 aprile 2010), da verificarsi tanto nel rapporto more uxorio quanto in quello di coniugio per poter legittimare la pretesa risarcitoria da parte del danneggiato secondario.

Dimostrata la sussistenza dei requisiti che comunemente si riconoscono caratterizzare l'affectio coniugalis – si fa riferimento, oltre all'elemento della coabitazione (da solo non sufficiente a fondare una presunzione di rapporto familiare o parafamiliare, v. Cass. n. 8976/2005), alla stabilità e durata del rapporto, alla fedeltà e alla collaborazione agli oneri domestici -,non paiono sussistere motivi per attribuire al convivente more uxorio una tutela deteriore rispetto a quella del coniuge in caso di compromissione della capacità sessuale del proprio partner.

E' chiaro che tale impostazione potrà in futuro determinare conseguenze rilevanti anche nell'ambito dei diritti delle coppie dello stesso sesso: accettata – a fini risarcitori – la nozione di famiglia come comunità volta alla piena esplicazione della persona umana (Cass. n. 2557/2011), non appare inverosimile che, ricorrendone i presupposti, il diritto al risarcimento possa essere riconosciuto anche alle coppie same-sex (in tal senso, in riferimento all'ipotesi di lesioni mortali, v. Trib. Milano 12 settembre 2011 e 13 novembre 2009).

Il risarcimento del danno da uccisione di un prossimo congiunto spetta non soltanto ai membri della famiglia legittima della vittima, ma anche a quelli della famiglia naturale, come il convivente more uxorio ed il figlio naturale non riconosciuto, a condizione che gli interessati dimostrino la sussistenza di un saldo e duraturo legame affettivo tra essi e la vittima assimilabile al rapporto coniugale (cfr. Cass. III, n. 12278/2011, in un caso in cui la Corte territoriale aveva adeguato la somma da liquidare al caso concreto, non in modo automatico, bensì in proporzione alle sofferenze effettivamente patite da tutti i soggetti coinvolti).

La sofferenza provata dal convivente more uxorio, in conseguenza dell'uccisione del figlio unilaterale del partner, è un danno non patrimoniale risarcibile soltanto se sia dedotto e dimostrato che tra la vittima e l'attore sussistesse un rapporto familiare di fatto, il quale non si esaurisce nella mera convivenza, ma consiste in una relazione affettiva stabile, duratura, risalente e sotto ogni aspetto coincidente con quella naturalmente scaturente dalla filiazione (Cass. III, n. 8037/2016). In particolare, quanto al partner, è necessario che venga fornita, con qualsiasi mezzo, la prova dell'esistenza e della durata di una comunanza di vita e di affetti e di una vicendevole assistenza morale e materiale, cioè di una relazione di convivenza avente le stesse caratteristiche di quelle dal legislatore ritenute proprie del vincolo coniugale (così Cass. III, n. 13654/2014, in una fattispecie in cui la natura e l'intensità del rapporto erano state desunte dalle circostanze che la convivenza fosse frutto di una comune scelta di vita e che la stessa era stata preceduta da un lungo rapporto, serio e stabile; si era, inoltre, evidenziato che le caratteristiche del rapporto non potevano essere indebolite dalla scelta di uno dei conviventi, titolare di un ingente patrimonio, di escludere l'altro dalla gestione dei propri rapporti economici, né tantomeno dalla brevità della convivenza).

Va, tuttavia, precisato che, per parlare di famiglia di fatto, non è sufficiente la semplice coabitazione, essendo necessario che ricorra una relazione interpersonale, con carattere di tendenziale stabilità, di natura affettiva e parafamiliare, che, come nell'ambito di qualsiasi famiglia, si esplichi in una comunanza di vita e di interessi e nella reciproca assistenza morale e materiale (Trib. Milano  X, 14 gennaio 2009, n. 449). Per Cass. n. 8976/2005, non è a tal fine sufficiente la prova di una relazione amorosa, per quanto caratterizzata da serietà di impegno e regolarità di frequentazione nel tempo, perché soltanto la prova della assimilabilità della convivenza di fatto a quella stabilita dal legislatore per i coniugi può legittimare la richiesta di analoga tutela nei confronti dei terzi. Tale prova può essere fornita con qualsiasi mezzo (e, normalmente, attraverso testimoni; Cass. III, n. 23725/2008), mentre il certificato anagrafico può tutt'al più provare la coabitazione, insufficiente a dimostrare la condivisione di pesi e oneri di assistenza personale e di contribuzione e collaborazione domestica analoga a quella matrimoniale. Non sono sufficienti, in generale, al fine di provare gli elementi strutturali e qualificativi della convivenza, né le dichiarazioni rese dagli interessati per la formazione di un atto di notorietà, né le indicazioni dei medesimi fornite alla PA per fini anagrafici (Cass. III, n. 8976/2005; Cass. III, n. 23725/2008). Tuttavia, ambo le dichiarazioni, ancorché non idonee da sole a provare l'esistenza e la consistenza del vincolo affettivo, assumono, in considerazione del loro notevole spessore, un importante valore indiziario, che le rende liberamente valutabili e utilizzabili dal giudice alla luce dell'intero contesto processuale (Cass. sez. lav., n. 396/1981). La convivenza, infatti, in quanto communis omnis vitae, è certamente comprensiva dell'aspetto della vita di coppia rappresentato dalla coabitazione, ma l'assenza della stessa non esclude, per ciò solo, la comunione di vita dei conviventi. La convivenza, in altri termini, non si esaurisce nella mera coabitazione, ma richiede l'ulteriore requisito del legame stabile tra due persone, connotato da duratura e significativa comunanza di vita e di interessi (Cass. III, n. 7128/2013).

Tuttavia, il Ddl Cirinnà ha ormai esteso molti dei diritti tipici del matrimonio a tutti i cittadini che convivono senza essere sposati, a prescindere dal loro orientamento sessuale, ritenendo sufficiente, per la convivenza di fatto, l'accertamento anagrafico, da parte di un funzionario competente in materia, a certificare la stabile convivenza. In particolare, per l'art. 36 della l. 76/2016 “si intendono conviventi di fatto due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un'unione civile”. Nel definire l'istituto, il legislatore specifica che, in tanto vi è convivenza more uxorio, in quanto sussista tra le parti una stabile relazione di natura affettiva non consacrata dal matrimonio o altro vincolo di parentela. Tale relazione affettiva è “stabile” quando caratterizzata da serietà e continuità nell'impegno, nonché da un'effettiva e duratura comunanza di vita spirituale e materiale. In presenza dei suddetti requisiti, il legislatore ha riconosciuto espresso rilievo giuridico alla convivenza di fatto, estendendo al convivente alcuni diritti normalmente riservati ai coniugi. Tra di essi, l'art. 49 prevede espressamente che “in caso di decesso del convivente di fatto, derivante da fatto illecito di un terzo, nell'individuazione del danno risarcibile alla parte superstite si applicano i medesimi criteri individuati per il risarcimento del danno al coniuge superstite”.

Del resto, quello che differenzia la “famiglia di fatto” dalla “famiglia legittima” non è il tipo di relazione affettiva che si instaura tra le parti, e della cui lesione si lamenta il pregiudizio, ma il momento genetico costituito dall'atto matrimoniale. Come nel matrimonio, anche la convivenza instaura una relazione duratura e stabile che si esplica nella comunanza di vita e di interessi e nella reciprocità di assistenza morale e materiale, con la differenza, tuttavia, che nella convivenza tali effetti sono il frutto di una libera scelta della coppia e non la conseguenza giuridica del vincolo matrimoniale. Pertanto, il giudice deve accertare la stabile vita comune ed esistenza della relazione sentimentale mediante prove testimoniali e documentali, la residenza anagrafica dei conviventi nella stessa casa, la destinazione alla coppia della corrispondenza epistolare, l'intestazione di ordini di acquisto, le fotografie dei conviventi insieme a feste e ricorrenze dei parenti (Trib. Milano X, 29 novembre 2006, n. 13030).

La durata della convivenza al momento del fatto dannoso (id est, l'elemento temporale) costituisce un indizio dal quale desumere, ex art. 2727 c.c., l'esistenza di una affectio coniugalis vera e propria tra lo scomparso e chi domanda il risarcimento, ma può riuscire eccessivo elevarlo ad elemento costitutivo della pretesa. Invero, se la convivenza era iniziata da poco al momento del fatto illecito, ciò non è di per sé idoneo a escludere il diritto al risarcimento, ma semplicemente addossa all'attore l'onere di dimostrare che quella convivenza si fondava su basi affettive tali da lasciarne presumere solidità e durevolezza nel tempo.

Il convivente more uxorio, che agisca per il risarcimento del danno riflesso in caso di lesioni arrecate al compagno, deve offrire specifiche allegazioni circa la qualità di convivente, il pregiudizio patito, la gravità dell'offesa (Cass. III, n. 4386/2016). Può chiedere il risarcimento dei danni derivatigli, quale vittima secondaria, dalla lesione materiale, cagionata alla persona con cui convive dalla condotta illecita del terzo (Cass. III, n. 8976/2005).

In particolare, all'ex convivente more uxorio di persona deceduta in seguito a sinistro stradale compete iure proprio il danno non patrimoniale per la perdita del rapporto parentale, nonché, iure hereditario, il danno biologico maturato dalla vittima nel tempo intercorso tra l'incidente ed il decesso, quando risulti dimostrata la sussistenza di una relazione caratterizzata da tendenziale stabilità e da mutua assistenza morale e materiale (così Trib. Milano XI, 13 luglio 2011, n. 9514, in una fattispecie in cui l'ex convivente era stato nominato erede universale con testamento olografo). Cass. n. 20987/2007, ha sottolineato che, in caso di morte di un familiare, la distruzione del nucleo familiare, la impossibilità dei superstiti di esplicare la propria personalità nei rapporti con il congiunto, la perdita delle attività sociali e culturali costituiscono delle privazioni e modifiche delle abitudini della vita, in senso negativo, che rientrano nell'ambito del danno da perdita parentale.

l giudice di merito non aveva tenuto nel debito conto, quanto dalla Cassazione già affermato con riferimento al diritto al risarcimento del danno da fatto illecito concretatosi in un evento mortale, che va riconosciuto, con riguardo sia al danno morale sia a quello patrimoniale, allorquando emerga la prova di uno stabile contributo economico apportato, in vita, dal defunto al danneggiato, anche al convivente more uxorio del defunto. Altro elemento che gioca a favore del riconoscimento economico, in favore della donna che ha subito la perdita del convivente, risiede nella durata della convivenza, con spostamento della residenza e del domicilio fiscale e la delega a favore della donna a operare sul conto corrente del convivente. Sono elementi che hanno una significatività al fine di fondare un ragionamento presuntivo: sono elementi di fatto che se valutati unitariamente, hanno quella univocità e gravità tali da permettere di dedurne la già formatasi esistenza di una comunanza di vita tra il defunto e l'attrice in riassunzione, talmente forte e stabilizzata da giustificare il prevedibile apporto stabile economico del primo a vantaggio della seconda, non solo per la stretta durata della convivenza, ma per tutta la vita (Cass. n. 8801/2023).

Di recente, la S.C. ha affermato, in tema di risarcimento del danno da perdita della vita del convivente, che, ai fini dell'accertamento dell'esistenza della convivenza more uxorio - intesa quale legame affettivo stabile e duraturo in virtù del quale siano spontaneamente e volontariamente assunti reciproci impegni di assistenza morale e materiale - i requisiti della gravità, precisione e concordanza degli elementi presuntivi devono essere ricavati dal complesso degli indizi da valutarsi non atomisticamente ma nel loro insieme e l'uno per mezzo degli altri, nel senso che ognuno, quand'anche singolarmente sfornito di valenza indiziaria, potrebbe rafforzare e trarre vigore dall'altro in un rapporto di vicendevole completamento. Nella specie, la S.C. ha censurato la sentenza con la quale la corte territoriale, in ragione della ritenuta assenza di coabitazione, si era limitata a negare valore indiziario, all'esito di una loro mera valutazione atomistica, ad altri elementi acquisiti in giudizio, tra i quali l'esistenza di un comune conto corrente e la disponibilità in capo ad uno dei conviventi dell'agenda lavorativa dell'altro.

Interessante è, sul tema, Cass. III, n. 10321/2018, a tenore della quale la legge straniera che subordini la risarcibilità del danno non patrimoniale da perdita del congiunto al presupposto della convivenza tra il danneggiato e la vittima deve ritenersi contraria all'ordine pubblico, ai sensi dell'art. 16, comma 1, della l. n. 218 del 1995, e deve pertanto essere disapplicata dal giudice italiano, dovendosi nel nostro ordinamento dare alla convivenza il solo valore di elemento eventualmente rilevante, in concreto, sul piano probatorio.

Il diritto alla vita sessuale costituisce una posizione giuridica costituzionalmente tutelata nel rapporto di coniugio e, parimenti, nel rapporto di convivenza more uxorio: in tali casi la violazione di tale diritto di un individuo ad opera di un terzo costituisce un illecito plurioffensivo e comporta un'identica compromissione del corrispondente diritto del partner, stante l'interdipendenza tra i due diritti quale espressione del legame affettivo esistente nella coppia. Il convivente more uxorio avrà, dunque, diritto anche al risarcimento di tale danno non patrimoniale (Trib. Verona III, 26 settembre 2013).

Anche il convivente more uxorio ha diritto, in caso di morte del convivente, al risarcimento del danno patrimoniale, quale perdita di chances per un futuro apporto economico del convivente deceduto alla comunità di vita formata dai conviventi stessi, e del danno non patrimoniale (Trib. Bologna III, 14 aprile 2010).

Il diritto al risarcimento del danno patrimoniale da fatto illecito concretatosi in un evento mortale presuppone, peraltro, la prova di uno stabile contributo economico apportato, in vita, dal defunto al danneggiato, non essendo a tal fine sufficienti né le dichiarazioni rese dagli interessati per la formazione di un atto di notorietà, né le indicazioni dai medesimi fornite alla P.A. per fini anagrafici (Cass. III, n. 23725/2008, ha confermato sul punto la sentenza impugnata nella parte in cui aveva, appunto, escluso che la ricorrente, che aveva contratto matrimonio canonico privo di effetti civili con la vittima, potesse vantare diritti risarcitori per la morte dell'uomo, essendo mancata la prova dell'esistenza di una mutua assistenza morale e materiale tra i due).

Qualora il defunto, sposato con figli legittimi, abbia convissuto more uxorio con altra donna, il suddetto diritto compete ai componenti sia della famiglia legittima che della famiglia di fatto; fermo restando che, mentre il diritto al risarcimento del danno morale deve essere riconosciuto a tutti costoro, il ristoro del danno patrimoniale deve essere, invece, negato ai componenti della famiglia legittima, qualora una serie di circostanze (quali il difetto di prova in ordine alla sistematica corresponsione di assegni da parte del defunto, la mancanza della convivenza, il carico della famiglia di fatto e le condizioni finanziarie del defunto) non consentono ragionevoli presunzioni di perdite economiche (irrilevante è, ad es., la sopravvenuta mancanza di elargizioni meramente episodiche o di una mera ed eventuale aspettativa; cfr. Cass. n. 2988/1994).

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