Atto di citazione per risarcimento danni a seguito di una battuta di caccia

Maria Carolina De Falco

Inquadramento

L'attività venatoria è regolamentata attualmente dalla l. n. 157/1992 ( che ha sostituito la l. n. 968/1977) e dalle leggi e regolamenti regionali che ne disciplinano lo svolgimento, i presupposti di liceità e le eventuali sanzioni in caso di mancato rispetto degli stessi.

Tra i presupposti che ne consentano lo svolgimento si rinvengono: 1) il compimento del diciottesimo anno di età; 2) la titolarità di una licenza di porto di arma da caccia; 3) la stipula di una assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile verso terzi derivante dall'uso delle armi o degli arnesi utili e per infortuni correlata al suo esercizio ( art. 12 comma 8 leg. cit.); 4) l'osservanza delle aree e dei periodi in cui essa è consentita.

Essa è inclusa unanimemente tra le attività pericolose ex art. 2050 c.c. con conseguente e relativo regime probatorio semplificato da parte del danneggiato; la normativa speciale faculta, altresì, il danneggiato ad esperire azione diretta avverso la compagnia assicuratrice per il risarcimento dei danni connessi a tale attività.

Nel caso di specie, un cacciatore colpito durante una battuta di caccia da un compagno, si rivolge al Tribunale per ottenere la condanna di questi al risarcimento dei danni patiti in seguito ad un colpo erroneamente indirizzato nella propria direzione, limitandosi ad allegare il nesso causale tra la condotta altrui ed il danno subito, e l'entità dello stesso e ribaltando, dunque, sulla controparte l'onere della prova delle cause esimenti.

Formula

TRIBUNALE DI.... [1]

ATTO DI CITAZIONE [2]

Per il Sig. .... nato a .... il ..../..../...., residente in .... alla via.... n. ...., C.F. .... elettivamente domiciliati in .... alla via .... n. .... [3]presso lo studio dell'avv. .... C.F. [4] .... che lo rappresenta e difende in virtù di procura in calce del presente atto, il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni al n. di fax .... [5] o all'indirizzo di posta elettronica....@.... [6], espone quanto segue:

FATTO [7]:

In data ..../..../.... il Sig. .... in compagnia di alcuni amici, si era recato in località .... in .... per una battuta di caccia al fagiano.

Alle ore .... circa, egli si trovava a poca distanza dal convenuto, il quale aveva indirizzato due fucilate a un fagiano levatosi in volo ma finiva con il colpire il compagno di caccia all'occhio sinistro.

A seguito della fucilata, l'istante veniva accompagnato presso il pronto soccorso dell'Ospedale di.... dove gli veniva diagnosticata “perforazione del bulbo oculare sinistro” (doc. 1) e veniva eseguito un intervento chirurgico al fine di rimuovere alcuni frammenti di proiettile;

A seguito dell'incidente, al sig..... che restava convalescente dal..../..../.... al ..../..../.... residuavano esiti di carattere permanente, come indicato nella relazione medico legale del Dott..... (doc. 2), sostenendo peraltro ingenti spese mediche;

Con lettera raccomandata a/r del.... il Sig..... a mezzo dello scrivente difensore, invitava il Sig..... al procedimento di negoziazione assistita, ma la richiesta restava priva di riscontro.

DIRITTO

Non sussiste dubbio in merito alla natura pericolosa dell'attività venatoria, come ha ritenuto la giurisprudenza [8].

L'attività venatoria, in quanto attività esercitata mediante l'impiego di armi da fuoco, è "per sua natura" pericolosa.

Ne consegue che agli eventi di danno verificatisi in occasione di battute di caccia è applicabile la presunzione di responsabilità di cui all'art. 2050 c.c.

Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, “Ai fini della responsabilità per attività pericolosa di cui all'art. 2050 c.c., costituiscono attività pericolose non solo quelle che tali sono qualificate dalla legge di pubblica sicurezza o da altre leggi speciali, ma anche quelle altre che comportano la rilevante possibilità del verificarsi di un danno, per la loro stessa natura o per le caratteristiche dei mezzi usati” [9].

Posta la riconducibilità dell'attività venatoria alle fattispecie di responsabilità da attività pericolosa, giova, sia pur brevemente, ricostruire la natura giuridica di detta forma di responsabilità.

Per l'ormai prevalente orientamento giurisprudenziale, la responsabilità ex art. 2050 c.c. è una responsabilità oggettiva, di tal che il danneggiato deve limitarsi a provare il fatto illecito, il danno ingiusto e il nesso causale, mentre compete al danneggiante, per andare esente da responsabilità, la prova di aver adottato tutte le misure oggettivamente idonee ad evitare il danno.

Nel caso di specie, sussistono tutti gli elementi della fattispecie.

Quanto, in particolare, alla prova del nesso causale tra l'evento lesivo in danno dell'istante e la condotta imprudente del convenuto, ne è evidente la sussistenza, in quanto il convenuto esplodeva due colpi di fucile sulla sua traiettoria del Sig..... che veniva colpito all'occhio.

Pertanto, va senz'altro riconosciuta la responsabilità del convenuto in merito al fatto ed alle conseguenze lesive subite dal Sig. .....

In ordine al quantum debeatur, si consideri che, in conseguenza del sinistro, l'attore ha subito un protratto periodo di malattia, oltre ad una lesione definitiva al bulbo oculare sinistro, rimanendo convalescente complessivamente per .... giorni, come da documentazione medica versata in atti (doc. 2) e sostenendo spese mediche, come da fatture allegate.

Tutto ciò premesso l'attore, come in epigrafe rappresentato, difeso e domiciliato

CITA

il Sig. .... C.F. .... nato a .... il .... residente in .... Via .... n. .... a comparire innanzi al Tribunale di <....>, nell'udienza del <....>, ora di rito, dinanzi al Giudice Istruttore che sarà designato ai sensi dell'art. 168 bisc.p.c., con l'invito a costituirsi nel termine di almeno venti giorni prima della suddetta udienza ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166c.p.c., con l'avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui agliartt. 167e38c.p.c. e che, in difetto di costituzione, si procederà in sua contumacia, per sentir accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia il Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, accertare la fondatezza della domanda e, per l'effetto, condannare il convenuto a risarcire all'attore tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali, subiti e subendi, per la complessiva somma di euro .... oltre rivalutazione e interessi.

Con vittoria di spese, competenze e onorari del giudizio. Con sentenza provvisoriamente esecutiva ex lege.

IN VIA ISTRUTTORIA

Senza che ciò significhi inversione dell'onere probatorio, in caso di ammissione della prova richiesta da controparte, chiede ammettersi prova contraria con gli stessi testi.

Chiede ammettersi prova testimoniale, sui seguenti capitoli e per i testi di fianco indicati:

Vero che, in data...., il Sig....., era ad una battuta di caccia in compagnia di alcuni amici e in compagnia del danneggiante; - Sig.....;

Vero che il Sig..... (danneggiante) sparava due colpi di fucile verso un fagiano in volo colpendo, tuttavia, il Sig..... all'occhio sinistro- Sig.....;

si offrono in comunicazione, mediante deposito, i seguenti documenti:

1. Verbale del pronto soccorso;

2. perizia medica di parte;

3. raccomandata a/r;

4. fatture spese mediche;

Ai sensi dell'art. 14, comma 2, d.P.R. n. 115/2002 si dichiara che il valore del presente procedimento è di Euro ....

Data e luogo ....

Firma Avv. ....

PROCURA AD LITEM

Nella qualità, conferisco il potere di rappresentanza e difesa, in ogni fase, stato e grado del giudizio ed atti inerenti, conseguenti e successivi, ivi compresa l'eventuale fase esecutiva ed il giudizio di opposizione, all'Avv..... ivi compreso il potere di proporre domande riconvenzionali, chiedere provvedimenti cautelari, chiamare terzi in causa, farsi sostituire, transigere, conciliare, abbandonare il giudizio e rilasciare quietanze.

L'autorizzo, ai sensi dell'art. 13 d.l. n. 196/2003, ad utilizzare i dati personali per la difesa dei miei diritti e per il perseguimento delle finalità di cui al mandato, nonché a comunicare ai Colleghi i dati con l'obbligo di rispettare il segreto professionale e di diffonderli esclusivamente nei limiti strettamente pertinenti all'incarico conferitoLe.

Ratifico sin d'ora il Suo operato e quello di eventuali Suoi sostituti.

Eleggo domicilio presso il Suo studio in.... (indicare la città),via.... n......

Dichiaro di essere stato informato ai sensi dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto, come da specifico atto separato.

Luogo e data ....

Sig. ....

E' autentica

Firma Avv. ....

[1] Il foro stabilito dall'art. 20 c.p.c., per le cause relative a diritti di obbligazione concorre con i fori generali di cui agli artt. 18 e 19 c.p.c. e l'attore può liberamente scegliere di adire uno dei due fori generali, oppure il foro facoltativo dell'art. 20 c.p.c. La norma - infatti - stabilisce che per le cause relative a diritti di obbligazione (tra le quali rientrano anche le obbligazioni scaturenti da responsabilità extracontrattuale) è anche competente il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi la obbligazione. In particolare, in tema di obbligazioni nascenti da fatto illecito, l'azione di risarcimento sorge nel luogo in cui l'agente ha posto in essere l'azione produttiva del danno (forum commissi delicti) e in relazione a tale luogo deve essere determinata la competenza territoriale ex art. 20 c.p.c. (Cass. II, n. 13223/2014).

[2] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati/e le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., dalla l. 15 luglio 2011, n. 111).

[3] L'elezione di domicilio nel Comune in cui ha sede il Tribunale adito è obbligatoria: essa individua il luogo legale ove effettuare le comunicazioni e notificazioni inerenti al processo: artt. 165 e 170 c.p.c.

[4] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione sopra citata.

[5] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione citata sub nota 2. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla disposizione testè ricordata, «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

[6] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. 90/2014 conv., con modif., dalla legge 114/2014.

[7] L'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda dell'attore rappresenta un elemento essenziale della citazione. L'indicazione della causa petendi, e cioè del titolo della domanda, è richiesto dall'art. 163 comma 3, n. 4 c.p.c. Tuttavia solo la mancanza dell'indicazione dei fatti posti a fondamento della domanda produce la nullità della citazione a norma dell'art. 164, comma 4, c.p.c.

[8] Cfr. Cass. pen. 25 settembre 1980; Cass. n. 12109/2003.

[9] Cfr. Cass. III, n. 10131/2015.

Commento

L'attività venatoria come attività pericolosa ai sensi dell'art. 2050 c.c.

In via generale, come premesso, “Deve ritenersi pericolosa, e pertanto sottoposto al dettato dell'art. 2050, c.c., l'attività venatoria, essendo esercitata mediante l'uso di armi da fuoco: conseguentemente, chi danneggia altri nello svolgimento di essa, è tenuto a risarcire il danno se non provi di aver adottato tutte le misure idonee ad evitarlo(Trib. Pisa, 20 febbraio 1991; Trib. Cagliari, 27 aprile 1985; cfr. anche Cass. III, n. 25058/2013).

Tale tipo di responsabilità non può essere invocata per fatto altrui, nel senso che legittimato passivo dell'azione risarcitoria è solo colui che abbia provocato il danno nell'esercizio dell'attività di caccia e non ad esempio la struttura in cui si è verificato l'evento lesivo (Trib. Tivoli, 24 febbraio 2009, “La responsabilità ex art. 2050 c.c. richiede la prova del nesso causale tra l'esercizio di un'attività pericolosa e l'evento” (nel caso di specie l'esercizio della caccia e il ferimento di uomo), e non è invocabile per fatto altrui (ad esempio l'azienda faunistico venatoria in cui si è verificato il ferimento non può rispondere dei danni, non esercitando né in modo diretto, né indiretto, l'attività venatoria che invece è riferibile esclusivamente ai suoi associati nel momento in cui la praticano).

La presunzione di colpa opera anche se all'attività pericolosa partecipi chi patisce danno dall'esercizio dell'attività, salva la graduazione dell'efficienza causale delle azioni rispettivamente compiute dai vari partecipi, anche se operare nel medesimo campo di tiro non è sufficiente a giustificare tale concorso di responsabilità ( cfr. Cass. III, n. 12109/2003).

Come per tutte le ipotesi di responsabilità da attività pericolose, presupposto ineliminabile è l'accertamento del nesso causale tra l'attività pericolosa ed il danno subito, la cui prova è a carico del danneggiato, non potendo essere attribuito al soggetto agente un evento ad esso non riconducibile: deve in sostanza esistere una relazione diretta tra danno e rischio specifico dell'attività pericolosa o dei mezzi adoperati, giacché, diversamente, il danno cagionato può essere riconosciuto solo in base al criterio generale dell'art. 2043 c.c., sempre ne ricorrano i presupposti di applicazione.

Per tutti i riferimenti specifici, si rimanda alla Formula sulle responsabilità dell'esercente attività pericolose ( art. 2050 c.c.).

La polizza assicurativa obbligatoria.

Per l'esercizio dell'attività venatoria la legge prescrive, tra l'altro, l'obbligo di stipulare una polizza a copertura della propria responsabilità civile.

Tale forma di assicurazione è attualmente disciplinata dall'art. 12, comma 8 e 10, della l. n. 157/1992 (legge-quadro sull'attività venatoria), nonché dagli artt. 302-304 del d.lgs. n. 209/2005, relativi all'ambito di intervento del Fondo di garanzia per le vittime della caccia, istituito presso la Consap (in precedenza regolato dall'art. 25, l. n. 157/1992, disposizione abrogata espressamente dall'art. 354 d.lgs. n. 209/2005, Cod. ass.) e costituisce uno dei pochi esempi di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile presenti nel nostro ordinamento, per giunta caratterizzata, stante la sua funzionalità di tutela della vittima di incidenti di caccia, dall'attribuzione al terzo danneggiato di azione diretta nei confronti dell'assicurazione del civilmente responsabile.

Secondo la dottrina prevalente, la ratio dell'introduzione di tale forma di assicurazione obbligatoria della r.c., introdotta per la prima volta dalla l. n. 797/1967 (con la quale veniva ad essere sostituita alla polizza infortuni, pure obbligatoria, appunto quella della r.c.), seguita dalla l. 968/77, risiede nell'elevata pericolosità dell'attività esercitata, cui consegue l'elevato interesse sociale di proteggere in maniera seria ed effettiva le possibili vittime.

Oltre alla polizza per la responsabilità civile, l'art. 12 comma 8 citato impone come obbligatoria anche la polizza contro gli infortuni.

Al caso di una polizza infortuni si riferisce la sentenza della Corte di Cassazione della III sezione n. 23739/09 secondo la quale “l'uso da parte dell'infortunato (o deceduto) di un'arma non consentita per l'esercizio dell'attività venatoria comporta inevitabilmente la sottrazione del sinistro alla garanzia per la responsabilità civile e, di conseguenza, a quella non obbligatoria per gli infortuni. Non si ravvisa, pertanto, l'operatività della garanzia per gli infortuni, nel caso in cui la vittima dell'incidente, in violazione del dettato di cui all'art. 13 comma 1 l. n. 157/1992, abbia svolto l'attività di caccia con l'utilizzo di una carabina, ossia un'arma da guerra semiautomatica ad anima rigata, il cui serbatoio poteva contenere cinque cartucce in doppia fila (diversamente dalle due ammesse dal citato articolo) e che, per di più, non risultava quella indicata nella licenza di caccia, né denunciata)”.

Nel caso di specie veniva invocata una clausola di esclusione della copertura assicurativa contenuta nel contratto per i casi di violazione di una disposizione sui mezzi legittimi per l'esercizio della caccia (l'infortunio cui era seguito il decesso del cacciatore era avvenuto a seguito dell'utilizzo di un'arma non regolare e per la quale il soggetto non aveva licenza di porto d'armi).

La dottrina ha chiarito che ove fosse stata invocata, invece, la polizza di assicurazione per la responsabilità civile, non sarebbe stata necessaria, per un caso analogo, una previsione specifica di esclusione, o sarebbe stata nulla per contrarietà all'ordine pubblico ed alle norme imperative, una clausola inclusiva nella garanzia di condotte di violazione di norme amministrative.

Invero, una eventuale assicurabilità di tali condotte, oltre che fonte di aggravamento del rischio, farebbe venir meno la funzione deterrente della norma proibitiva, deresponsabilizzando l'assicurato il quale eviterebbe di risentire delle conseguenze economicamente negative di sue condotte colpose, produttive di responsabilità civile, sebbene tali condotte siano anche fonte di sanzioni amministrative pecuniarie (art. 31 della l. n. 157/1992).

Non così, però, la giurisprudenza di legittimità che in senso contrario avverte che “La clausola di un contratto di assicurazione secondo cui, salvi i casi di buona fede, non sono risarcibili i danni verificatisi in violazione di leggi e regolamenti sulla caccia, è nulla, per contrasto con la norma imperativa che prevede l'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per i danni derivanti dall'esercizio della caccia, nella parte in cui escluda dalla copertura assicurativa anche i fatti colposi commessi da colui che pur esercitando legittimamente la caccia- nel possesso, cioè, della relativa licenza e degli altri documenti prescritti, ivi compresa la polizza di assicurazione obbligatoria - abbia violato una qualche norma particolare prescritta dalle leggi o dai regolamenti sulla caccia, sempreché si tratti di norme che non siano specificamente prescritte per evitare il sinistro in concreto verificatosi, e cioè quando la violazione non riveli alcun nesso di causalità immediato e diretto con il sinistro occorso” ( nello stesso senso Cass. I, n. 5860/1987; Cass. I, n. 5136/1980; Cass. I, n. 2544/1990).

Quanto all'ambito di estensione del concetto di attività venatoria, ai fini della copertura assicurativa, viene considerata tale non solo l'attività di ricerca, cattura ed uccisione della selvaggina, ma anche ogni altra attività, preliminare o successiva, sintomatica e strumentale alla sua organizzazione onde rientra nella copertura assicurativa, come voluta dalla legge, l'incidente in itinere, anche verificatosi durante il ritorno dal luogo della caccia (cfr. Cass. I, n. 2544/1990), una pausa destinata al pasto consumato nella località ove si svolgeva la battuta (App. Perugia, 14 aprile 1988), o il trasferimento in armi verso il luogo all'uopo prestabilito (Cass. I, n. 4133/1985).

Quanto al massimale di polizza, merita di essere precisato che “In materia di responsabilità civile per i danni provocati a terzi nell’esercizio della caccia, l’art. 12, comma 8, della l. n. 157 del 1992, distingue tra il massimale "per ogni persona danneggiata" e quello, superiore, "per ogni sinistro": in particolare, per "persona danneggiata" non deve intendersi la sola vittima diretta dell'incidente, ma ogni soggetto che, come gli stretti congiunti, abbia direttamente subito un danno, patrimoniale o non patrimoniale, in conseguenza della morte o dell’invalidità causata al soggetto immediatamente pregiudicato, sicché i relativi danni non devono necessariamente essere soddisfatti tutti nell'ambito del massimale previsto per ogni singola persona, in quanto il limite del risarcimento è, distintamente per ognuno, quello stabilito per ciascun danneggiato, fermo nel complesso il massimale per singolo sinistro (cd. massimale catastrofale :  Cass. Civ. sez. III, n.18939/17).

L'azione diretta ex art. 12 comma 10 della l. n. 157/1992. Disciplina della prescrizione.

L'art. 12, comma 10, l. n. 157/1992, come anticipato, attribuisce al danneggiato da incidenti di caccia un'azione diretta nei confronti dell'assicuratore del responsabile, analogamente a quanto previsto per le vittime di sinistri stradali dall'art. 144 del codice delle assicurazioni.

Nella disciplina precedente (l. 2 agosto 1967 n. 799), infatti, non era prevista alcuna azione diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore ma solo la possibilità da parte del cacciatore danneggiante di chiamare in garanzia l'assicuratore per essere tenuto indenne da quanto fosse stato condannato a pagare oltre il massimale a seguito di rivalutazione della somma dovuta per risarcimento del danno, e ciò solo ove si fosse accertato che il ritardo con il quale si fosse pervenuti alla liquidazione del danno fosse dipeso dal comportamento dell'assicuratore stesso che, assunta la gestione della causa, avesse poi violato il dovere di diligenza imposto dall'art. 1176 c.c. (cfr. Cass. I, n. 4911/1988).

A differenza, però, di quanto previsto dall'art. 144 d.lgs. n. 209/2005 - Cod. Ass. nell'assicurazione obbligatoria per i rischi derivanti dalla caccia, da un lato, non è prevista alcuna condizione di proponibilità; dall'altro, non è prevista alcuna inopponibilità al terzo danneggiato delle eccezioni fondate sul contratto, ivi compresa quella di mancato pagamento del premio.

Ne consegue che ove al momento del sinistro l'assicurato abbia già versato il premio ad una associazione venatoria, ricevendone la relativa attestazione, ma questa non l'abbia trasmesso all'assicuratore, quest'ultimo non è tenuto al pagamento dell'indennizzo nelle mani della vittima (cfr. Cass. III, n. 22809/2009).

L'azione diretta è circoscritta al solo danneggiato conseguendone che “la regola generale posta dalla norma in esame è che soltanto l'assicurato è tenuto ad agire nei confronti del proprio assicuratore e non il terzo nei cui confronti il medesimo non è tenuto né per vincolo contrattuale né a titolo di responsabilità aquiliana” (Cass. I, n. 9516/2007).

La pronuncia ricordata, infatti, ha precisato tra le altre cose, che “il nostro ordinamento prevede due eccezioni espressamente disciplinate dalla legge n. 990 del 1969 (in tema di circolazione di veicoli e natanti) e dalla legge n. 978 del 1977 (in tema di esercizio della caccia), eccezioni che proprio perché tali non sono estensibili ad altre situazioni”.

Infatti, l'eventuale eccezione di inoperatività della polizza per violazione di prescrizioni di legge relative all'esercizio dell'attività venatoria non può essere opposta al terzo danneggiato che agisca con l'azione diretta descritta nei confronti dell'istituto assicuratore del danneggiante, visto che la scarna disciplina dell'assicurazione obbligatoria sulla caccia non contiene una disposizione analoga a quella di cui all'art. 144, comma 2, d.lgs. n. 209/2005, in tema di assicurazione obbligatoria della r.c. auto (ex art. 18, l. n. 990/1969).

Al terzo danneggiato nel corso di un incidente di caccia che esercita, nei confronti dell'assicuratore, l'azione diretta prevista dall'art. 8 l. 27 dicembre 1977 n. 968, si applica il regime della prescrizione in materia assicurativa dettato dall'art. 2952 c.c. Ne consegue che il suo diritto è sottoposto al termine prescrizionale di un anno (all'attualità due anni) decorrente dal momento in cui lo stesso danneggiato si è rivolto all'assicurato per ottenere il risarcimento in via giudiziale o extragiudiziale. Questo termine, inoltre, resta sospeso dalla data di comunicazione all'assicuratore della cennata richiesta di risarcimento, ancorché effettuata da un terzo e non dall'assicurato, al momento in cui il credito azionario sia divenuto liquido ed esigibile in virtù di transazione o di giudicato (Trib. Roma, 5 marzo 1981).

In particolare, la prescrizione del diritto dell'assicurato di essere tenuto indenne, nei limiti di polizza, dalle conseguenze economiche del proprio fatto dannoso viene interrotta dal momento della detta richiesta, ma il nuovo decorso del termine non inizia al medesimo momento, bensì, da quello in cui il diritto del danneggiato al risarcimento sia stato accertato in ogni suo elemento, verificandosi nelle more la sospensione del termine stesso, in considerazione del fatto che solo in tale successivo momento si verificano le condizioni di esigibilità del diritto dell'assicurato (Cass. III, n. 7076/1994).

L'esercizio dell'azione diretta, infine, non importa la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti del responsabile civile, ai sensi dell'art. 2900 ultimo comma c.c., essendo sufficiente la dichiarazione contenuta nella domanda giudiziale d'indennizzo proposta dal danneggiato contro l'assicuratore, di agire in via surrogatoria, esercitando i diritti spettanti al responsabile verso l'assicuratore medesimo.

Il Fondo Garanzia Vittime della Caccia

Il Fondo di garanzia per le vittime della caccia, è stato istituito con legge 157 del 1992 ed è amministrato, sotto la vigilanza del Ministero dello Sviluppo Economico, da Consap con l'assistenza di un apposito comitato.

L'art. 25 di detta legge è stato così modificato dagli articoli 302-303-304 del d.lgs. n. 209 del 7 settembre 2005 ed ai sensi dell'art. 302 del citato decreto, assolve allo scopo di provvedere al risarcimento dei danni a terzi causati da:

- esercenti l'attività venatoria non identificati;

- esercenti l'attività venatoria non coperti dall'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile;

- esercenti l'attività venatoria assicurati presso un'impresa operante nel territorio della Repubblica in regime di stabilimento o di prestazione di servizi e che, al momento del sinistro, si trovi in stato di liquidazione coatta o vi sia posta successivamente.

Il danno è risarcito nei limiti dei minimi di garanzia previsti dall'art.12, comma 8 della legge n. 157/1992 che disciplina l'attività venatoria: Euro 516.456,90 per ogni sinistro, Euro 387.342,67 per ogni persona danneggiata ed Euro 129.114,22 per danni ad animale e cose.

Il Decreto n. 98 del 28 aprile 2008 del Ministro dello Sviluppo Economico, regolamento recante condizioni e modalità di amministrazione, di intervento e di rendiconto del Fondo di garanzia per le vittime della strada e del Fondo di garanzia per le vittime della caccia nonché composizione dei relativi comitati, ai sensi degli articoli 285 e 303 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, ha stabilito che, per la liquidazione dei sinistri è territorialmente competente l'Impresa designata dall'Isvap (ora Ivass).

La disciplina istituita dal Fondo “ha efficacia soltanto "ex nunc", e pertanto non copre i sinistri verificatisi precedentemente all'entrata in vigore della legge, senza che in contrario possa trarsi un argomento interpretativo dall'art. 5 del regolamento attuativo della citata legge, sia perché esso - là dove si riferisce all'obbligo di rendiconto per causa anteriore - non può riferirsi ad un momento anteriore alla costituzione del Fondo, sia - e comunque - per l'impossibilità che una fonte normativa subprimaria, quale un regolamento, deroghi a principi generali espressi da una fonte primaria” (cfr. Cass. III, 24796/2005).

La norma in parola è stata dichiarata costituzionalmente illegittimo l'art. 25 comma 1 l. 11 febbraio 1992 n. 157 nella parte in cui non prevedeva il risarcimento dei danni alla persona da parte del Fondo di garanzia per le vittime della caccia nel caso in cui colui che ha causato il danno risulti assicurato presso un'impresa assicuratrice che al momento del sinistro si trovi in stato di liquidazione coatta amministrativa o vi venisse posta successivamente ( cfr. Corte Cost. n. 470/2000): “posto che lo scopo dell'istituzione del Fondo di garanzia per le vittime della caccia è quello di consentire in ogni caso il pieno ristoro del danno alla persona, la previsione della sua operatività soltanto quando l'autore del danno sia ignoto o non assicurato - cioè in ipotesi nelle quali il danno viene causato da un soggetto del quale non si conosce se ha copertura o da un soggetto che, non essendo assicurato, non ha contribuito al Fondo -, con esclusione del suo intervento nel caso in cui il danno venga causato da chi, pur regolarmente assicurato, subisce le conseguenze di un evento (la messa in liquidazione coatta dell'impresa assicuratrice) in ordine al quale, evidentemente, non ha alcuna responsabilità, appare del tutto priva di ragionevole giustificazione e quindi si pone in evidente contrasto con l'art. 3 Cost.

La natura di norma sostanziale della disposizione istitutiva del Fondo con conseguente efficacia ex nunc si estende anche agli effetti della pronuncia costituzionale ( cfr. Cass. III, n. 5662/2010).

Da ultimo il DDL Concorrenza, l. n. 124/2017 del 4 agosto 2017 ha elevato al nuovo co.4 dell'art. 303 del Codice delle Assicurazioni Private dal 5% al 15% il limite massimo del contributo del premio imponibile al Fondo Garanzie Vittime della Caccia da determinarsi con regolamento del Ministro dello Sviluppo Economico.

Effetti amministrativi dell'incidente di caccia sui titoli di detenzione delle armi.

Nell'ipotesi di un incidente di caccia le cui cause siano ancora da accertare pienamente, può essere giustificata la sospensione del porto d'armi o al limite la revoca dello stesso, ma non l'adozione di provvedimenti diretti a impedire la mera detenzione delle stesse con l'obbligo di alienarle, poiché in simili casi si rischia di far derivare il giudizio che la legge affida all'Amministrazione, ai fini della possibile revoca di un'autorizzazione di polizia, dalla gravità dell'evento accaduto (nella fattispecie, ad avviso del Collegio, la condotta del ricorrente ben poteva essere valutata prima facie come imprudente, ma non vi erano ragioni per ritenere il soggetto inaffidabile al punto da non consentirgli neanche di possedere delle armi presso la propria abitazione; ciò tenuto anche conto dell'assoluzione intervenuta, nelle more del processo amministrativo, circa l'imputazione di omicidio colposo a carico del ricorrente, reo di aver cagionato accidentalmente la morte di un cacciatore: cfr. T.A.R. Emilia-Romagna I, 12 ottobre 2015, n. 871).

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