Atto di citazione per danno da nascita indesiderata e lesione della serenità familiare

Giovanna Nozzetti
aggiornata da Francesco Agnino

Inquadramento

Con l'atto di citazione, due coniugi invocano la responsabilità contrattuale dell'azienda sanitaria per l'omessa tempestiva diagnosi delle malformazioni fetali e la violazione del diritto all'interruzione della gravidanza e ne chiedono la condanna anche al risarcimento del danno non patrimoniale da lesione della serenità familiare, inteso quale compromissione delle consuete abitudini di vita e relazionali del proprio nucleo familiare.

Formula

TRIBUNALE DI ... 1

ATTO DI CITAZIONE

PER

La Sig. ... (C.F. ...) 2 , e il Sig. ... rappresentati e difesi dall'Avv. ... 3 (C.F. ...) 4 , con domicilio eletto in ... alla via ... n. presso il suo studio ..., fax ... 5 , PEC: ...@... (presso cui dichiara di voler ricevere tutte le comunicazioni e gli avvisi di cui agli artt. 133,134,170 comma 3 e 176 comma 2 c.p.c.), giusta procura ... 6

-attori-

PREMESSO CHE 7

1. In data ..., la Sig.ra, incinta di ... mesi, veniva ricoverata presso l'Ospedale di ... per una minaccia di aborto e, con l'occasione, il Dott. ..., disponeva esame ecografico per verificare le condizioni del feto;

2. Solo in data ... l'Ospedale effettuava l'esame ecografico richiesto, dal quale tuttavia il Dott. ..., non rilevava alcuna anomalia;

3. Tuttavia, effettuato nuovo esame ecografico in data ..., poco prima della nascita, risultava che il feto era affetto da gravi anomalie a ...;

4. In data ..., nasceva la minore ..., affetta da ..., patologia che ne ha determinato una condizione di totale invalidità psico-fisica;

5. L'intempestiva diagnosi della patologia aveva impedito alla Sig.ra ... di ricorrere all'interruzione volontaria della gravidanza, prevista dalla l. n. 194/1978;

6. Ne deriva, pertanto, che la nascita della bambina affetta dalla menzionata patologia provocava al Sig. ... e alla Sig.ra ... enormi problemi di ordine morale, psicologico economico e relazionale in quanto, a causa delle condizioni in cui versa la minore, gli istanti si sono trovati costretti ad abbandonare le consuete abitudini di vita;

7. In data ... l'istante, a mezzo del procuratore costituito, depositava presso l'Organismo di mediazione territorialmente competente istanza di mediazione, ma il tentativo di conciliazione non andava a buon fine 8 .

DIRITTO

1. Sulla responsabilità contrattuale della convenuta

Giova in primo luogo evidenziare che l'Asl di ..., risponde nei confronti degli istanti, per la tardiva diagnosi della malformazione fetale, a titolo di responsabilità contrattuale.

L'accettazione della Sig.ra ... presso la struttura ospedaliera per lo svolgimento dell'esame ecografico comporta la conclusione di un contratto tra la struttura sanitaria e il paziente, per cui in base alla regola prevista dall'art. 1218 c.c. il danneggiato ha il solo onere di provare la fonte del proprio diritto e di allegare l'inesattezza dell'inadempimento di controparte.

Spetta, invece, alla struttura sanitaria, in qualità di danneggiante, dar prova dell'insussistenza dell'elemento soggettivo e della non imputabilità dell'inadempimento (infra alios, Cass. S.U., n. 13533/2001; Cass. n. 6735/2002; Cass. n. 11488/2004).

Ciò posto, gli istanti sono rimasti vittima di un duplice inadempimento: una disfunzione organizzativa strutturale e un plateale errore professionale.

In primo luogo, infatti, la responsabilità per la tardiva diagnosi della malformazione va attribuita all'Asl di ..., in quanto l'ecografia richiesta dal Dott. ..., a seguito della minaccia di aborto, veniva effettuata solo in data ..., cioè ben oltre il periodo di gestazione che consente il tempestivo riscontro delle patologie fetali.

Ed, infatti, pur in mancanza di linee guida ufficiali da parte delle società specifiche competenti, è prassi consolidata e suggerita da vari manuali di ginecologia che il decorso di un gravidanza normale va controllato con almeno due ecografie, una da effettuare tra la ventesima e la ventiduesima settimana, rivolta ad accertare la 'normalità del feto' e l'altra tra la trentaduesima e la trentaquattresima settimana, rivolta a verificare lo stato di accrescimento del feto.

L'ecografia, richiesta, pertanto, veniva tardivamente effettuata comportando l'intempestiva diagnosi della malformazione e quindi impedendo alla gestante di interrompere la gravidanza.

In secondo luogo, la responsabilità per la tardiva diagnosi della malformazione va attribuita all'errore professionale del dott. ..., il quale nell'esaminare l'ecografia non si accorgeva dell'evidente patologia.

Né può obiettarsi che l'errore professionale sia dipeso dalla circostanza che l'ecografia veniva effettuata con grave ritardo, in quanto il riscontro della patologia è resa addirittura più agevole dalle accresciute dimensioni del feto.

Di conseguenza, l'Asl di ....è responsabile ai sensi dell'art. 1128 c.c. anche dell'errore medico realizzato da ..., in quanto ausiliare della struttura.

2. SULLA LESIONE DEL DIRITTO DI INTERROMPRE LA GRAVIDANZA

Attesa la responsabilità dell'Asl di ..., deve osservarsi che la tardiva diagnosi della malformazione fetale impediva alla Sig.ra ... di decidere per l'interruzione volontaria della gravidanza, con la conseguenza che l'impossibilità della scelta si ripercuoteva negativamente anche sulla sfera giuridica del Sig. ..., padre della bambina.

E' ormai principio consolidato che gli effetti della violazione del diritto di procreazione responsabile, ancorché la scelta di abortire spetti alla madre, si configurano tanto nei confronti della madre, quanto nei confronti del padre del nascituro, in quanto l'inesatta prestazione del medico si ripercuote, alterandola, sulla vita di entrambi i genitori.

Deve evidenziarsi, inoltre, che nel caso di specie sussisteva il diritto della gestante di interrompere la gravidanza, sia ai sensi dell'art. 4 della legge n. 194/1978 c.c., sia ai sensi degli artt. 6 e 7 della medesima legge, per cui vi è ragione di valutare l'impatto negativo che l'impossibilità di esercitare detto diritto ha prodotto sulla vita degli istanti.

Ai sensi dell'art. 4 della l. n. 194/1978 è consentito alla gestante interrompere la gravidanza, nei primi 90 giorni dal concepimento, o in caso di anomalie e malformazione del concepito, o qualora la medesima gestante accusi circostanze per la quali la prosecuzione della gravidanza, il parto e la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, anche tenendo conto delle circostanze economiche e sociali in cui è avvenuto il concepimento.

Una prima violazione del diritto di interrompere la gravidanza dell'istante sussiste, pertanto, già entro i primi tre mesi di gestazione, perché ove l'esame ecografico fosse stato tempestivamente eseguito, cioè entro le venti-ventidue settimane, la gestante, informata della malformazione, avrebbe potuto optare per l'interruzione della gravidanza.

Allo stesso modo, la gestante avrebbe potuto optare per l'interruzione della gravidanza anche dopo 90 giorni dal concepimento, in quanto le anomalie e le malformazioni del feto erano idonee a determinare secondo una valutazione ex ante, come di fatto hanno determinato, un grave pericolo per la salute psichica della donna.

L'art. 6 della l. n. 194/1978 dispone che l'interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata: a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna; b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinano un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.

In questo secondo caso, l'art. 7 della medesima legge limita il diritto di esercitare l'interruzione della gravidanza alla sola ipotesi in cui il nascituro non abbia prospettive di vita autonoma dalla madre.

Qualora, invece, egli abbia prospettive di vita autonoma, il diritto di abortire è riconosciuto solo in caso di grave pericolo per la vita della donna.

Nel caso di specie, non può sostenersi la possibilità di vita autonoma del nascituro, in quanto il feto risultava affetto da grave ..., con la conseguenza che non è per la minore immaginabile la possibilità di condurre una vita indipendente e il diritto dell'istante di abortire non avrebbe subito limitazione alcuna.

Sussisteva, pertanto, anche dopo il decorso di 90 giorni dal concepimento, il diritto dell'istante di interrompere la gravidanza; diritto che ella avrebbe esercitato, come può ragionevolmente prevedersi in base alla circostanza che, trattandosi di un diritto previsto dalla legge, vi è un incentivo in tal senso.

Ed invero «la circostanza che, nel ricorso di dati presupposti, tra i quali sono le anomalie e malformazioni del nascituro, la legge consenta alla donna di evitarle il pregiudizio che da quella condizione del figlio le deriverebbe al suo stato di salute, rende legittimo per il giudice assumere come normale e corrispondente a regolarità causale che la gestante interrompa la gravidanza se informata di gravi malformazioni del feto e perciò rende legittimo anche il ricondurre al difetto di informazione, come alla sua causa, il mancato esercizio di quella facoltà» (Cass. n. 11488/2004).

In conclusione, è certo che l'inadempimento dell'Asl (ora ASP), diretto e indiretto, abbia impedito ai coniugi di interrompere la gravidanza.

3. SUL DANNO DA LESIONE DELLA SERENITA' FAMILIARE

Attesa la responsabilità della struttura sanitaria e attesa la violazione del diritto di interrompere la gravidanza che la sig.ra avrebbe certamente esercitato, l'ASL convenuta è tenuta a risarcire agli istanti tutti i danni patrimoniali e non dagli stessi patiti in ragione dell'inadempimento.

L'omessa diagnosi della malformazione fetale, e quindi l'omesso esercizio del diritto di abortire, ha prodotto un danno esistenziale per gli istanti, diverso dal turbamento per la nascita del feto o dal suo danno alla salute, in quanto la nascita indesiderata ha determinato una radicale trasformazione delle prospettive di vita degli stessi.

La configurazione in termini di danno esistenziale dei pregiudizi di ordine personale derivanti dall'omessa diagnosi della malformazione non è nuova né alla giurisprudenza di merito (Trib. Locri, 6 ottobre 2000; Trib. Busto Arsizio 17 luglio 2001), né a quella di Legittimità, la quale individua negli artt. 2 e 29 Cost. il fondamento normativo cui ancorare il pregiudizio non patrimoniale sofferto.

Ed invero, il danno esistenziale da lesione della serenità familiare consistente nell'aver dovuto abbandonare le consuete abitudini di vita del proprio nucleo familiare, si collega all'inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana, nell'ambito di quella peculiare formazione sociale che è la famiglia.

La Sig.ra ... e il Sig. ...., hanno dovuto adeguare la propria vita quotidiana alle prevalenti esigenze della vita, della minore... con tutti gli ovvi sacrifici che ne conseguono.

Ed in particolare, a titolo meramente esemplificativo ma non esaustivo, gli istanti hanno dovuto limitare la propria vita di coppia, rinunciare ad avere altri figli, rinunciare al tempo libero e allo svago, alle vacanze, finanche agli straordinari sul lavoro, patendo di fatto un pregiudizio che si ripercuote totalmente sull'integrità e sul benessere della propria famiglia.

Attesa la difficoltà di provare il pregiudizio esistenziale nel suo esatto ammontare, la giurisprudenza di legittimità ha ormai da tempo evidenziato che la valutazione del suddetto danno va effettuata in via equitativa ex art. 1226 c.c., tenendo conto delle circostanze del caso concreto.

Tutto ciò premesso i Sig.ri ..., come in epigrafe rappresentati, difesi e domiciliati

CITANO

 

L'Azienda Sanitaria Provinciale di ..., (P.I. ...), in persona del suo legale rappresentante p.t., con sede in ... via ... n. ..., a comparire innanzi il Tribunale ordinario di ...., Sezione e Giudice Istruttore a designarsi ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., all'udienza del .... 9, ora di rito, con invito alla parte convenuta a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'articolo 166 e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'articolo 168-bis10,

AVVERTE

La stessa convenuta che:

  • la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli articoli 38 e 167 c.p.c.,
  • la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'articolo 86 c.p.c. o da leggi speciali,
  • la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato;

, per ivi sentire accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia il Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, accertare la fondatezza della domanda e, per l'effetto, condannare la convenuta a corrispondere agli attori, a titolo di risarcimento danni non patrimoniali la somma di Euro..., quantificata in via indicativa, o comunque la minore o maggiore somma ritenuta equa dall'adito Tribunale, oltre rivalutazione e interessi.

Con vittoria di spese, competenze e onorari del giudizio.

IN VIA ISTRUTTORIA CHIEDE:

- disporsi CTU al fine di stabilire se: una o più indagini ecografiche rientrano nel normale protocollo del trattamento di una gestante; - se la patologia da cui era affetta la minore poteva essere normalmente diagnosticabile attraverso l'esame ecografico, in tempo utile per l'interruzione volontaria della gravidanza;

ammettersi prova testimoniale sui seguenti capitoli di prova e per i testi a fianco di ciascuno indicati:

1)«Vero che il Sig. ... e la Sig.ra ... erano appassionati di viaggi, tanto da essersi recati a ...

2)Vero è che dopo la nascita della loro unica figlia non si sono più allontanati;

3)Vero è che la minore non è in alcun modo autosufficiente e necessità di continua assistenza anche per il compimento degli atti più elementari;

4)Vero è che dopo la nascita della figlia i coniugi ... hanno smesso di ricevere gli amici nella propria abitazione;

5)Vero è che mi è capitato di telefonare a casa della sig.ra sapendola in casa e di non ricevere risposta e di aver appreso successivamente che in certi momenti l'accudimento della minore le impedisce persino di rispondere al telefono e di curare la propria persona

Ulteriori mezzi di prova riservati con salvezza dei termini e delle deduzioni di cui agli artt. 183 e 184 c.p.c. compresa la richiesta di documenti ex art. 210 c.p.c. ed informazioni ex art. 213 c.p.c.

Si allegano:

1) accettazione presso l'Ospedale di ...

2) referti esami ecografici n. 1, n. 2, n. 3

3) perizia medico legale sulla minore

4) verbale negativo di mediazione

Ai sensi dell'art. 14, comma 2, d.P.R. n. 115/2002 si dichiara che il valore del presente procedimento è di Euro.... 11

Luogo e data ...

Firma Avv. ...

PROCURA AD LITEM

[1] La competenza per valore spetta al Giudice di Pace ove la somma richiesta sia inferiore ad euro cinquemila. Competente per territorio è il Tribunale o il Giudice di Pace del luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio e, se questi sono sconosciuti, quello del luogo in cui il convenuto ha la dimora ai sensi dell'art. 18 c.p.c.In alternativa è competente, ai sensi dell'art.20 c.p.c., il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l'obbligazione. Trattandosi di responsabilità per fatto illecito sarà competente il giudice del luogo in cui il danno si è prodotto (forum commissi delicti).

[2] Ai sensi dell'art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., nella l. 15 luglio 2011, n. 111, in tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio.

[3] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. 115/2002 modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., nella legge n. 114/2014.

[4] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione citata sub nota 3.

[5] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione citata sub nota 3. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla disposizione testè ricordata, «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale ... il contributo unificato è aumentato della metà».

[6] La procura può essere apposta in calce o a margine della citazione (art. 83 c.p.c.). Può anche trattarsi di una procura generale alle liti, i cui estremi vanno in tal caso menzionati. In questo caso è preferibile produrre copia della procura. La procura speciale, invece, può essere apposta in calce o a margine della citazione. Nell'ipotesi di scelta di deposito telematico della citazione (art. 16-bis comma 1-bis d.l. n. 179/2012) occorrerà indicare la seguente dicitura: «giusta procura allegata mediante strumenti informatici e apposta in calce al presente atto di citazione ai sensi dell'art. 83 comma 3 c.p.c.».

[7] La sezione dell'atto di citazione, normalmente introdotto dalle locuzioni 'premesso' o 'fatto', contiene la ricostruzione dei fatti costitutivi della domanda. L'art. 164 comma c.p.c. prevede che è nullo l'atto in cui risulti omessa o assolutamente incerta l'esposizione dei fatti costitutivi della domanda (art. 163 comma 3 n. 4) c.p.c.

[8] Ai sensi dell'art. 5 comma 1-bis d.lgs. n. 28/2010 chi intende esercitare in giudizio un0azione relativa al risarcimento del danno da responsabilità medica e sanitaria deve preliminarmente esperire il procedimento di mediazione, che costituisce condizione di procedibilità della domanda.

[9] Tali elementi (indicazione del giorno dell'udienza di comparizione; invito a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell'udienza indicata, ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c., e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c.; l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c.) sono previsti dall'art. 164 c.p.c. a pena di nullità dell'atto di citazione.

[10] Il termine a comparire deve essere non inferiore a 120 giorni se il convenuto è residente in Italia e non inferiore a 150 giorni se è residente all'estero.

[11] La dichiarazione di valore è prevista dall'art. 14, comma 2, d.P.R. n. 115/2002 secondo cui «Il valore dei processi, determinato ai sensi del codice di procedura civile, senza tener conto degli interessi, deve risultare da apposita dichiarazione resa dalla parte nelle conclusioni dell'atto introduttivo, anche nell'ipotesi di prenotazione a debito». L'art. 13, comma 6 del medesimo decreto stabilisce che «Se manca la dichiarazione di cui all'articolo 14, il processo si presume del valore indicato al comma 1, lettera g)...»; pertanto, si presume che il valore del procedimento sia quello dello scaglione più elevato (i.e. superiore a 520.000,00 Euro) con obbligo di versamento di un contributo unificato più elevato.

Commento

Danno da lesione della serenità familiare quale componente di danno non patrimoniale. Risarcibilità.

Il danno da lesione alla serenità familiare consiste nel pregiudizio al diritto al normale svolgimento della vita familiare, all'interno della propria casa di abitazione, e al diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini.

Il diritto alla serenità familiare è tutelato sia a livello costituzionale che da fonti sovranazionali, trovando riconoscimento nell'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali (Roma, 4 novembre 1950) secondo cui 'Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza come l'inviolabilità del domicilio e la tutela della serenità della famiglia e dello svolgimento della vita familiare all'interno della casa di abitazione'.

La riflessioni circa le possibilità di ristoro di siffatta categoria di danno, la sua riconduzione al danno esistenziale come specifica voce di danno non patrimoniale, e il problema della sua autonoma risarcibilità impongono di tornare, ancora, sul c.d. 'statuto del danno non patrimoniale', a quasi un decennio dalle notissime sentenze di San Martino.

Va cioè considerato se la riconduzione, con le sentenze dell'11 novembre 2008 delle Sezioni Unite, del danno non patrimoniale ad un un'unica categoria generale, non suscettibile di suddivisione in sottocategorie, sia preclusiva o meno, e in che termini, della risarcibilità del danno da 'lesione della serenità familiare'.

Le 'pronunce di San Martino' hanno sancito l'inammissibilità di un'autonoma categoria di "danno esistenziale", inteso quale pregiudizio alle attività non remunerative della persona, là dove si volesse interpretare tale danno come distinto rispetto al dannoex art. 2059 c.c. (il che però non implica l'esclusione della risarcibilità di pregiudizi riconducibili a tale categoria, purché sussumibili tra quelli considerati dalla norma richiamata).

La risarcibilità del danno non patrimoniale nei soli casi "previsti dalla legge", ex art. 2059 c.c., va intesa come comprensiva anche delle ipotesi di fatto illecito che abbia leso in modo grave diritti inviolabili della persona, oggetto di tutela costituzionale; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi, anche se non individuati "ex ante" dalla legge, ma selezionati caso per caso dal giudice, alla dupliche condizione: che la lesione dell'interesse sia grave, nel senso che l'offesa superi una soglia minima di tollerabilità, e che il danno non sia futile.

In tali ipotesi non emergono, nell'ambito della categoria generale "danno non patrimoniale", distinte sottocategorie, ma si concretizzano soltanto specifici casi determinati dalla legge, al massimo livello costituito dalla Costituzione, di riparazione del danno non patrimoniale. È solo a fini descrittivi che, in dette fattispecie come avviene, ad esempio, nel caso di lesione del diritto alla salute (art. 32 Cost.), si impiega un nome, parlando di danno biologico, o che, in presenza della lesione dei diritti della famiglia, si utilizza la sintetica definizione di danno da perdita/compromissione del rapporto parentale.

Peraltro l'obbligo di risarcire il danno non patrimoniale prescinde dalla fonte della responsabilità, contrattuale o extracontrattuale. Se l'inadempimento dell'obbligazione determina, oltre alla violazione degli obblighi di rilevanza economica assunti con il contratto, anche la lesione di un diritto inviolabile della persona del creditore, la tutela risarcitoria del danno non patrimoniale potrà essere versata nell'azione di responsabilità contrattuale, senza ricorrere all'espediente del cumulo di azioni.

Proprio sul danno alla serenità familiare, di recente la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di confrontarsi con i principi richiamati.

Si è in particolare ribadito, in tema di danno alla serenità familiare (nonché di danno edonistico, e del danno alla vita di relazione) che «le uniche componenti del danno non patrimoniale sono date dal danno esistenziale e dal danno morale subiettivo». Il danno esistenziale assurge a componente del danno non patrimoniale, il che non consente di affermare però che «tali aspetti e tali dimensioni della sfera personale non abbiano una propria autonomia e una propria dignità ontologica», ma impone di riconoscere che simili profili pregiudizievoli siano destinati «ad una sintesi ex iure caratterizzata da una dimensione risarcitoria 'funzionale' sostanzialmente unitaria» (così Cass. III, n. 20292/2012).

Da ciò il principio per cui «Il danno biologico (cioè la lesione della salute), quello morale (cioè la sofferenza interiore) e quello dinamico-relazionale (altrimenti definibile "esistenziale", e consistente nel peggioramento delle condizioni di vita quotidiane, risarcibile nel caso in cui l'illecito abbia violato diritti fondamentali della persona) costituiscono pregiudizi non patrimoniali ontologicamente diversi e tutti risarcibili; né tale conclusione contrasta col principio di unitarietà del danno non patrimoniale, sancito dalla sentenza Cass. S.U., n. 26972/2008, giacché quel principio impone una liquidazione unitaria del danno, ma non una considerazione atomistica dei suoi effetti. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito la quale, in un caso di danno da uccisione del prossimo congiunto, aveva liquidato ai congiunti due diversi danni, definiti l'uno morale e l'altro esistenziale) ».

Di recente la risarcibilità del danno da lesione della serenità familiare quale componente del danno non patrimoniale è stata affermata, in relazione al pregiudizio causato da un provvedimento del Sindaco di un Comune, chiamato a rispondere ex art. 2049 c.c. del danno cagionato ai genitori per lesione del diritto all'integrità ed alla serenità del nucleo familiare, che aveva disposto l'allontanamento di una minore dalla casa familiare sulla base della sola segnalazione (poi rivelatasi infondata ed originata dalle dichiarazioni di una maestra d'asilo) degli addetti ai servizi sociali, che ne avevano sollecitato l'immediata adozione del provvedimento, senza doverosamente sollecitare ulteriori e più approfondite indagini da parte dei competenti 9organi giudiziari (si veda Cass. III, n. 20928/2015)

In questa fattispecie, la Corte ha avuto modo di chiarire che «l'esigenza di includere in un'unica somma le varie voci risarcitorie che compongono i danni non patrimoniali non sta ad escludere che la somma complessivamente liquidata ai danneggiati debba essere integralmente satisfattiva.

La giurisprudenza del 2008 non ha cancellato il danno morale per riassorbirlo nel danno biologico, ma ha solo disposto che si provveda alla liquidazione congiunta delle varie voci di danno, ferma restando la necessità che la somma complessivamente liquidata sia adeguata».

Ed anche più recentemente è stato ribadito che il danno morale, pur costituendo un pregiudizio non patrimoniale al pari di quello biologico, non è compreso in quest'ultimo e va liquidato autonomamente (Cass. III, n. 22585/2013; Cass. VI ord., n. 16041/2013; Cass. sez. lav., n. 21917/2014; Cass. III, n. 20928/2015).

Ancora, sempre sul tema della risarcibilità autonoma di voci di danno come quello da lesione della serenità del nucleo familiare, o da perdita del rapporto parentale a seguito di morte di un congiunto, la Cassazione si è espressa nel senso che «il principio della "omnicomprensività" della liquidazione del danno non patrimoniale comporta l'impossibilità di duplicazioni risarcitorie del medesimo pregiudizio, ma non esclude, in caso di illecito plurioffensivo, la liquidazione di tanti danni quanti sono i beni oggetto di autonoma lesione, seppure facenti capo al medesimo soggetto. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la decisione con cui il giudice di merito aveva liquidato unitariamente il danno non patrimoniale patito dai familiari delle vittima di un sinistro stradale, non attribuendo autonomo rilievo al danno da perdita del rapporto parentale e a quello alla salute psichica dagli stessi pure subito in conseguenza della morte del proprio congiunto» (Cass. III, n. 9320/2015).

In tema di "danno da nascita indesiderata", l'accertamento della sussistenza del grave pericolo per la salute della donna - presupposto necessario, ai sensi dell'art. 6, lett. b), della l. n. 194 del 1978, per l'interruzione della gravidanza dopo i primi 90 giorni - dev'essere compiuto con valutazione prognostica "ex ante" (Cass. n. 18327/2023, nella specie, relativa all'omessa diagnosi della sindrome di Down a causa dell'erronea ricognizione degli esiti di un esame di translucenza nucale, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso la sussistenza del pericolo per la salute della donna, sulla base della valutazione, "ex post", della solidità emotiva dalla stessa dimostrata nell'affrontare le necessità del figlio).

Danno da lesione della serenità familiare come danno da 'inadempimento'.

Il danno da lesione della serenità familiare, quale componente del danno non patrimoniale, risulta poi risarcibile indipendentemente dal titolo della responsabilità, e dunque anche come danno 'da inadempimento'.

Ed è interessante in questa direzione la recente pronuncia della Cassazione che ha riconosciuto la risarcibilità del pregiudizio al diritto all'estrinsecazione della sua persona nel pieno godimento della tranquillità e serenità familiare e nella vita di relazione, anche in sede contrattuale, sostenendo che «In caso di grave inadempimento contrattuale (consistente nell'arbitraria sospensione della fornitura di energia elettrica pura fronte dell'avvenuto pagamento del debito da parte dell'utente) il somministrante è obbligato al risarcimento del danno, anche non patrimoniale, a meno che non sia fornita la prova che tale inadempimento è stato determinato da causa a lui non imputabile, ovvero dalla ignoranza incolpevole dell'avvenuto pagamento (nella specie, si è ritenuto che, oltre al danno di natura patrimoniale, fosse astrattamente risarcibile il disagio subito dall'utente, la cui valutazione può avvenire anche in via equitativa) » (Cass. III, n. 25731/2015).

La sentenza menzionata ha ritenuto che il comportamento inadempiente dell'Enel non avesse prodotto un semplice disagio, ma avesse leso irrimediabilmente o compromesso il suo diritto all'estrinsecazione della sua persona nel pieno godimento della tranquillità e serenità familiare e nella vita di relazione, come tale risarcibile ex art. 2059 c.c.

Danno da lesione della serenità familiare e divieto di immissioni ex art. 844 c.c.

Anche in materia di immissioni intollerabili si è posto il problema del ristoro del pregiudizio alla serenità familiare, in questo caso estrinsecantesi nel diritto al riposo notturno, alla serenità, all'equilibrio della mente, nonché alla vivibilità della propria casa.

Si è discusso in giurisprudenza se le immissioni siano da considerarsi intollerabiliex art. 844 c.c. solo se rechino danno alla salute o all'ambiente, ovvero anche se ledano altri rilevanti interessi, come il diritto al rispetto della vita privata e familiare, riconosciuto dall'art. 8 della CEDU.

Le posizioni più avanzate riconoscono una tutela al diritto alla serenità familiare sul piano dell'inibitoria ex art. 844 c.c., sancendo che «in materia di immissioni, mentre è illecito il superamento dei livelli di accettabilità stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che, disciplinando le attività produttive, fissano nell'interesse della collettività le modalità di rilevamento dei rumori ed i limiti massimi di tollerabilità, l'eventuale rispetto degli stessi non può fare considerare senz'altro lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità formularsi in concreto alla stregua dei principi di cui all'art. 844 c.c. » (così Cass. III, n. 20927/2015).

E ancora si è affrontato il problema se il danno non patrimoniale subito a causa di immissioni intollerabili si possa riscontrare non solo nei casi di danni alla salute, ma anche, nei casi di danni cagionati al normale svolgimento della vita privata e familiare, in violazione dell'art. 8 della Cedu del 1950. Sul punto si è richiamata l'esigenza di ampliare la tutela del privato, affermando che la risarcibilità del pregiudizio per immissioni che superino la soglia di tollerabilità, debba essere collegato, oltre ai danni alla salute anche ai danni derivanti dalla lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare, all'interno della propria casa di abitazione, e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini. Si tratta di rilevanti pregiudizi che, pur non integrando un danno alla salute, risultano comunque apprezzabili in termini di danno non patrimoniale (si vedano sul punto Cass. III, n. 20927/2015; Cass. II, n. 22105/2015).

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