Atto di citazione di risarcimento danno da inadempimento contrattualeInquadramentoIn passato si tendeva a negare riconoscimento al danno non patrimoniale nel contesto di un inadempimento contrattuale sulla base del seguente ragionamento: 1) l'inserimento dell' art. 2059 c.c., unica norma del codice che sancisce il risarcimento del danno non patrimoniale, all'interno della responsabilità aquiliana; 2) il mancato rinvio, da parte dell' art. 1223 c.c., al disposto predetto; 3) la presenza, al contrario, di apposito rinvio alle norme in tema di responsabilità contrattuale operato dall' art. 2056 c.c., da leggere, pertanto, nel senso della sola estensione unilaterale dei principi generali in materia contrattuale in favore della responsabilità extracontrattuale, e non viceversa; 4) la stretta correlazione fra danno non patrimoniale e la lesione di diritti della personalità. A Cass. S.U. n. 26972/2008, (con le coeve Cass. S.U., n. 26973/2008, Cass. S.U. n. 26974/2008, Cass. S.U. n. 26975/2008), che ha inteso fare il punto sulla risarcibilità del danno non patrimoniale, va riconosciuto l'indubbio merito di aver per la prima volta approfondito, nella giurisprudenza di legittimità, il tema dall'angolo visuale, in precedenza trascurato, della responsabilità contrattuale. In estrema sintesi, l'iter logico seguito dalle Sezioni Unite è il seguente: a) l'esclusione della risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale sarebbe costruita sulla «mancanza, nella disciplina della responsabilità contrattuale, di una norma analoga all' art. 2059 c.c., dettato in materia di fatti illeciti»; b) l'interpretazione costituzionalmente orientata dell' art. 2059 c.c., nel rendere manifesto che la lesione dei diritti inviolabili della persona da cui sia scaturito un danno non patrimoniale comporta l'obbligo risarcitorio, consente viceversa di affermare, ora, che anche nella materia della responsabilità contrattuale è dato il risarcimento dei danni non patrimoniali; c) la conclusione che precede si accorda col rilievo, tratto dall' art. 1174 c.c., che, nell'ambito delle obbligazioni contrattuali, possono assumere consistenza anche interessi non patrimoniali (da scrutinarsi attraverso la verifica della causa concreta del contratto; si veda Cass. III, n. 16315/2007, secondo cui la prestazione che forma oggetto dell'obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere ad un interesse, anche non patrimoniale, del creditore), come accade per i cc.dd. contratti di protezione (contratti del settore sanitario, contratti tra allievo e istituto scolastico) ed i contratti implicanti già sul piano legislativo il riconoscimento di interessi non patrimoniali (contratto di lavoro). In definitiva, il danno non patrimoniale da inadempimento è sì ristorabile, ma solo in caso di lesione di diritti inviolabili ( Trib. Salerno I, 11 febbraio 2014, n. 464). Con l'atto di citazione il promittente venditore di un immobile chiede la risoluzione del contratto preliminare per colpa del promissario acquirente, nonché la condanna di quest'ultimo al rilascio immediato del bene ed al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subìti in conseguenza dell'inadempimento contrattuale imputabile alla controparte. Il danno non patrimoniale, ancorché l' art. 2059 c.c. sia dettato in materia di fatti illeciti, trova ormai pacifico riconoscimento anche in ambito contrattuale, quando l'inadempimento del contratto viola contemporaneamente sia diritti ed obblighi discendenti dal contratto, sia i valori fondamentali della persona umana. La nozione di danno non patrimoniale, pertanto, è una nozione unitaria, volta sempre ad accordare tutela ai diritti fondamentali della persona, prescindendo dal contesto extracontrattuale o contrattuale in cui la lesione si origina. FormulaTRIBUNALE DI .... 1 ATTO DI CITAZIONE 2 Sig. .... , nato a .... il .... , C.F. .... 3, residente in .... via .... , n. .... , domiciliato in .... , via .... , n. .... , presso lo studio dell'Avv. .... , C.F. ...., che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce/a margine del presente atto, con dichiarazione di voler ricevere ogni comunicazione ai sensi dell' art. 125 comma 1 c.p.c. e dell'art. 136 comma 3 c.p.c. al seguente numero di fax .... , oppure tramite PEC .... 4; PREMESSO CHE — con contratto preliminare stipulato in data .... , l'esponente ha promesso di trasferire al Sig. .... , che ha promesso di acquistare, la proprietà dell'immobile sito in .... , distinto al catasto al foglio .... , p.lla .... , sub .... , con annesso ripostiglio, distinto in catasto al foglio .... , p.lla .... ed il terreno circostante della superficie complessiva di mq. .... , distinto al catasto foglio .... , p.lle .... , verso il corrispettivo di Euro ....; — in base al predetto contratto, l'importo di cui sopra doveva essere pagato in .... rate mensili di importo pari a Euro .... ciascuna (art. .... ) ed il contratto definitivo doveva essere stipulato entro la data del .... (art. ....); — il promissario acquirente è stato immesso nel possesso del bene, come da accordi in calce al contratto preliminare stesso; — senza autorizzazioni e permessi l'odierno convenuto ha realizzato nuove opere sul manufatto (tale circostanza è oggetto di denuncia-querela allegata in atti); — nelle more della stipula del definitivo, il promissario acquirente ha sollevato una serie di contestazioni, relative alla consistenza dell'immobile ed a ....; — a fronte di tali circostanze, ha preteso una riduzione di euro .... dal prezzo pattuito di Euro .... ed ha rifiutato di concludere il definitivo, nonostante la disponibilità del proprietario promittente a regolarizzare la situazione, mediante demolizione di .... , ed a decurtare il prezzo per un importo pari al valore agricolo dell'area erroneamente indicata di maggiore ampiezza (quantificato in ....Euro); — la diffida alla stipula del rogito notarile ed al pagamento delle somme dovute non ha sortito esito alcuno; — sussistono i presupposti per ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento del promissario acquirente e per il risarcimento dei danni. Quanto a quest'ultimo profilo, va ricordato, avuto riguardo al pregiudizio patrimoniale, che, in caso di inadempimento da parte del promissario acquirente dell'obbligo di stipulare il contratto definitivo, il criterio di prevedibilità del danno risarcibile può comportare il ristoro del pregiudizio consistente nella differenza fra il prezzo pattuito in sede di preliminare e quello inferiore successivamente realizzato ( Cass. II, n. 15639/2012). Sussiste senz'altro anche un danno non patrimoniale, di natura esistenziale, cagionato all'attore a causa della impossibilità - in mancanza di stipula del definitivo - di realizzare, unitamente al proprio coniuge, il progetto di vita abitativa, circostanza che deve ritenersi presunta, ragione per la quale non è stata ammessa la prova per testi. Giova rammentare che il lungo percorso giurisprudenziale che ha portato alla unificazione dei danni non patrimoniali, superando via via le più rigide limitazioni della più datata giurisprudenza, non ha affatto eliminato il danno esistenziale dai danni risarcibili, ma ne ha semplicemente unificato la “categoria” ermeneutica. Ciò non esclude, tuttavia, che al proprio interno le singole voci di danni siano diversificate, aspetto che si riflette sul regime probatorio e quantificatorio. Nel caso di specie è ovvio che non si tratta di danno biologico in senso stretto, non venendo in considerazione la lesione alla salute, né di danno morale, non essendo in giuoco la sofferenza patita dai venditori. Si tratta, a ben vedere, di un danno legato agli aspetti esistenziali dell'inadempimento contrattuale, come tale dimostrabile anche per presunzioni o intrinseco nella tipologia del danno. Sul punto, è stato ormai chiarito che una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme sul danno porta ad individuare con certezza la fonte del danno non patrimoniale anche nell' art. 1218 c.c. (oltre che nell' art. 2058 c.c.). Del resto, se l' art. 1321 c.c. prevede che il contratto è il negozio giuridico con il quale le parti costituiscono, regolano o estinguono tra di loro rapporti giuridici patrimoniali, è altrettanto vero che l' art. 1174 c.c. sottolinea che l'interesse che il creditore deduce in obbligazione può essere di natura non patrimoniale. Ciò vuol dire che la mancata corrispondenza tra quanto il debitore fa (o non fa) e quanto il debitore avrebbe dovuto fare (o non fare), in base al contratto, può riverberarsi su momenti della vita del creditore non suscettibili di valutazione economica. Ne consegue che, una volta individuato il riferimento normativo all' art. 1218 c.c., si palesa sufficiente provare - ai fini del nesso causale - l'avvenuto colposo inadempimento all'impegno preso con il contratto preliminare ex art. 1351 c.c. Quanto alla determinazione della somma, il giudice dovrà adottare un criterio equitativo ragionato, che tenga conto della durata, della intensità e della rilevanza nella vita quotidiana del soggetto danneggiato, considerando che la mancata corresponsione del denaro ha costretto il promittente e la di lui moglie a trovare una diversa soluzione abitativa. In data .... è stato esperito con esito negativo il procedimento di negoziazione assistita di cui all' art. 3 del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito in l. 10 novembre 2014, n. 162, come risulta dalla diffida inviata in data .... con raccomandata a.r. n. .... , in cui l'attore ha espressamente invitato la controparte a stipulare una convenzione di negoziazione con le seguenti modalità .... 5. Tale invito non è stato seguito da adesione (oppure) è stato seguito da rifiuto entro trenta giorni dalla sua ricezione (oppure) è decorso il periodo di tempo di cui all' articolo 2, comma 2, lettera a), del d.l. n. 132/2014, cit., come risulta da .... Tutto ciò premesso, il Sig. ...., come sopra rappresentato e difeso, CITA il Sig. .... nato a .... il .... (C.F. ....), residente in .... nella via .... n. .... , a comparire innanzi6il Tribunale ordinario di ...., Sezione e Giudice Istruttore a designarsi ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., all'udienza del ...., ora di rito, con invito alla parte convenuta a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'articolo 166 e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'articolo 168-bis, AVVERTE il convenuto che:
per ivi sentire accogliere le seguenti
CONCLUSIONI Voglia il Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione: — accertare, per i motivi indicati nella parte espositiva, il grave inadempimento del Sig. .... alle obbligazioni nascenti dal contratto preliminare di compravendita immobiliare del ....; — conseguentemente, dichiarare la risoluzione del predetto contratto ai sensi dell' art. 1453 c.c.; — condannare il convenuto alla demolizione delle opere costruite sull'immobile nelle more della stipula del definitivo (senza autorizzazione), al rilascio immediato dello stesso ed al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, come sopra quantificati; — condannare il convenuto alla rifusione delle spese e dei compensi professionali relativi al presente giudizio. In via istruttoria si deferisce interrogatorio formale del convenuto e si articola prova testimoniale sui seguenti capitoli: 1) Vero che .... Si indicano quali testimoni i Sigg.ri .... Si depositano i seguenti documenti: 1) contratto di compravendita immobiliare del .... ; 2) diffida del ....; 3) .... Si dichiara che il valore della presente causa è di Euro .... e dunque il contributo unificato è dovuto nella misura di Euro .... Con riserva di altro dedurre e/o produrre. Luogo e data .... Firma Avv. .... [1] [1] In tema di competenza per territorio, ai fini della determinazione dei fori facoltativi alternativamente previsti dall' art. 20 c.p.c. (forum contractus e forum destinatae solutionis), va intesa come “obbligazione dedotta in giudizio” l'obbligazione nascente dal controverso contratto, sia che di essa si chieda l'adempimento o l'accertamento, quale petitum della domanda giudiziale, sia che di essa venga prospettato l'inadempimento come causa petendi della domanda, mirante a conseguire, per effetto dell'inadempimento stesso, la risoluzione contrattuale ed il risarcimento dei danni. Pertanto, proposta una domanda di risoluzione contrattuale e di risarcimento di danni per vizi della prestazione, il foro facoltativo si determina con riferimento al luogo in cui avrebbe dovuto eseguirsi l'obbligazione originaria di cui il risarcimento è sostitutivo. Parimenti, nell'ipotesi di sola richiesta di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, per la determinazione del foro competente deve farsi riferimento non già al luogo ove si è verificato l'inadempimento, ma a quello in cui si sarebbe dovuta eseguire la prestazione rimasta inadempiuta o non esattamente adempiuta, della quale il risarcimento è sostitutivo (vale a dire, quella originaria e primaria rimasta inadempiuta, non quella derivata e sostitutiva), e ciò anche quando il convenuto contesti in radice l'esistenza della obbligazione stessa. Pertanto, per giudice del luogo dove è sorta l'obbligazione non deve intendersi quello del luogo in cui, verificandosi il danno, è sorto il relativo diritto al risarcimento. Di recente, Cass. VI, ord., n. 24353/2016, ha ribadito che, in tema di competenza ratione loci a conoscere della domanda di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, per giudice del luogo dove è sorta o deve essere adempiuta l'obbligazione deve intendersi non quello del luogo in cui, verificandosi il danno, è sorto il relativo diritto al risarcimento, ma quello del luogo in cui doveva essere eseguita l'obbligazione rimasta inadempiuta. [2] [2] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio ( art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., dalla l. 15 luglio 2011, n. 111). [3] [3] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall' art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv. con modif. dalla legge n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall' art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. dalla legge n. 24/2010. [4] [4] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall' art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla legge n. 114/2014. L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall' art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall' art. 45-bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla legge n. 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà». [5] [5] Qualora la domanda di risarcimento venga proposta, come pure è possibile, separatamente rispetto a quella di risoluzione, dovrà essere dato corso alla procedura di negoziazione assistita (che costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale), nelle ipotesi in cui la somma pretesa non superi l'importo di 50.000 Euro ( art. 3 d.l. n. 132/2014, conv. con modif. in l. n. 162/2014) e dovrà essere prodotta la relativa documentazione. Parimenti, qualora congiuntamente alla domanda risolutoria fosse proposta domanda di risarcimento del danno, sarà necessario produrre documentazione attestante il tentativo di dare soluzione alla vertenza mediante la procedura di negoziazione assistita. Va, in proposito, ricordato che la negoziazione è prescritta, quando si intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti 50.000 Euro, ad eccezione delle controversie assoggettate alla disciplina della c.d. mediazione obbligatoria (in altri termini, la procedura di negoziazione assistita non opera quando è prevista la mediazione obbligatoria). [6] · Allorquando il giudice è chiamato ad accertare la risoluzione del contratto, non in via incidentale e strumentale rispetto all'invocato risarcimento del danno, ma perché gli è richiesta sul punto un'autonoma pronuncia con efficacia di giudicato, la risoluzione integra l'oggetto di una domanda distinta da quella risarcitoria e le due pretese debbono essere cumulate, a norma dell' art. 10 c.p.c., ai fini della competenza per valore ( Cass. III, n. 967/2007). Da ciò consegue il superamento dei limiti della competenza del giudice di pace, qualunque sia il valore della domanda di risoluzione, ove l'istanza risarcitoria sia avanzata per somma imprecisata e, quindi, debba ritenersi di valore pari al massimo della competenza del giudice adito, a norma dell'art. 14, comma 1, del codice di rito. Al riguardo, è opportuno evidenziare che, se la domanda di risoluzione e quella di restituzione non si sommano ai fini della competenza per valore, si somma quella di risarcimento del danno (Cass. III, n. 4063/2007). Ai fini della competenza, il valore di una causa che abbia per oggetto la risoluzione di un contratto è il valore del contratto stesso nella sua interezza. Qualora vengano proposte al giudice di pace due domande cumulabili ai fini della competenza per valore, una di risoluzione del contratto per inadempimento e una di risarcimento del danno, e la prima già raggiunga da sola il massimo della competenza del giudice adìto, l'espressione adoperata nell'atto di citazione “il tutto nei limiti di competenza del giudice adito”, non può essere interpretata nel senso del contenimento del valore complessivo nell'ambito di detta competenza, dovendo altrimenti supporsi illogicamente che l'attore, dopo aver formulato la pretesa risarcitoria, abbia rinunciato in concreto al suo accoglimento, sia pure in misura minima. CommentoIl cumulo delle azioni Da ciò consegue che la lesione dei diritti inviolabili della persona che abbia determinato un danno non patrimoniale comporta l'obbligo di risarcire tale danno, quale che sia la fonte della responsabilità, contrattuale o extracontrattuale. In particolare, se l'inadempimento dell'obbligazione determina, oltre alla violazione degli obblighi di rilevanza economica assunti con il contratto, anche la lesione di un diritto inviolabile della persona del creditore, la tutela risarcitoria del danno non patrimoniale potrà essere versata nell'azione di responsabilità contrattuale, senza ricorrere all'espediente del cumulo di azioni (contrattuale ed extracontrattuale; cfr. Cass. III, n. 8656/1996). Il danno non patrimoniale è contenuto nell' art. 1223 c.c., al pari di quello patrimoniale; in particolare, tra le perdite e le mancate utilità sono riconducibili anche i pregiudizi non patrimoniali determinati dalla lesione di diritti inviolabili della persona. Deve, infatti, ritenersi che tra i danni emergenti di cui alla disposizione menzionata vadano compresi anche i pregiudizi a beni non economicamente valutabili, allorquando la loro tutela era stata dedotta nell'obbligazione. Da ciò consegue che anche in materia contrattuale bisognerà tenere presente (nel senso che dovrà essere risarcito) sia la perdita subìta, quanto la mancata utilità. A dire il vero, l' art. 1223 c.c. (richiamato dall' art. 2056, comma 1, c.c.) limita il risarcimento ai soli danni che siano conseguenza immediata e diretta dell'illecito, ma viene inteso, secondo costante giurisprudenza (Cass. n. 89/1962; Cass. n. 373/1971; Cass. n. 6676/1992; Cass. n. 1907/1993; Cass. n. 2356/2000; si segnala, in particolare, Cass. III, n. 5913/2000), nel senso che la risarcibilità deve essere estesa ai danni mediati ed indiretti, purché costituiscano effetti normali del fatto illecito, secondo il criterio della c.d. regolarità causale (sul punto v. Cass. S.U., n. 9556/2002, che conferma le argomentazioni contenute in Cass. III, n. 4186/1998). Poiché il diritto al risarcimento del danno patrimoniale derivante da responsabilità contrattuale viene in essere al momento in cui l'inadempimento dell'obbligato incide la sfera giuridica altrui provocando, per il soggetto leso, la diminuzione del suo patrimonio, che deve essere reintegrato in modo da ricostruirne la consistenza che avrebbe avuto se il fatto lesivo non si fosse verificato, eliminando le conseguenze pregiudizievoli che sono state cagionate da quel comportamento (nel senso, come detto, sia di annullare la perdita subita - danno emergente -, sia di fare entrare il mancato guadagno - lucro cessante -), le vicende anteriori o posteriori al momento in cui il pregiudizio si è verificato non rilevano a quel fine (Cass. III, n. 11967/2010). È opportuno segnalare che il rilievo officioso della nullità contrattuale, da parte del giudice di legittimità, non attiene soltanto alle azioni di impugnativa negoziale, ma investe anche quella di risarcimento danni, per inadempimento contrattuale, proposta in via autonoma rispetto ad esse (Cass. III, n. 12996/2016). L'onere probatorio Il danno in esame, costituendo danno-conseguenza, deve essere allegato e provato, non potendo considerarsi in re ipsa ( Trib. Teramo 27 ottobre 2009). Tuttavia, nel senso che la raggiunta prova dell'inadempimento esaurisce in sé la prova anche del verificarsi del danno, cfr. Trib. Milano XI, 15 maggio 2014, n. 5036, e Cass. III, n. 7256/2012. Peraltro, in materia di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, l'ordinamento delimita l'ambito del pregiudizio patrimoniale giuridicamente risarcibile al danno che, oltre ad essere avvinto da nesso di causalità immediata e diretta con l'inadempimento dell'obbligazione da parte dell'altro contraente, ai sensi dell' art. 1223 c.c. sia connotato dalla prevedibilità da parte del debitore al momento della conclusione del contratto, anche con riferimento al suo ammontare, ai sensi dell' art. 1225 c.c. ( Trib. Milano IV, 10 maggio 2014, n. 6045). Pertanto, il creditore è tenuto a fornire dimostrazione non solo della riferibilità causale immediata e diretta del danno lamentato alla prestazione mancata, ma anche della conoscenza o prevedibilità, da parte del debitore, di tutti gli elementi di fatto rilevanti al fine di consentirgli di prevedere il pregiudizio derivante alla controparte dall'inadempimento anche nel suo concreto ammontare. Anche il danno non patrimoniale derivante da un inadempimento contrattuale presuppone, per essere ristorato, la gravità dell'offesa e la serietà del pregiudizio. A titolo esemplificativo, il danno da stress, o usura psicofisica, si inscrive nella categoria unitaria del danno non patrimoniale causato da inadempimento contrattuale e la sua risarcibilità presuppone la sussistenza di un pregiudizio concreto sofferto dal titolare dell'interesse leso, sul quale grava l'onere della relativa allegazione e prova, anche attraverso presunzioni semplici ( Cass. sez. lav., n. 2886/2014; conf. Cass. sez. lav., n. 14710/2015). Il danno non patrimoniale morale non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento contrattuale e la sua attribuzione non può prescindere da una specifica allegazione, nell'atto introduttivo del giudizio, della natura e delle caratteristiche del pregiudizio (Cass. III, n. 8724/2010; cfr. altresì Cass. S.U., n. 13533/2001). Fattispecie concrete in cui entra in gioco il danno da inadempimento contrattuale In numerosi settori in cui è ipotizzabile un inadempimento contrattuale si potrebbe configurare un danno non patrimoniale da risarcire. Basti pensare, a titolo meramente esemplificativo, alla responsabilità medica da contatto sociale (cfr., di recente, Cass. III, n. 5590/2015; conf. Cass. III, n. 6102/2015), a quella da “vacanza rovinata” ( Cass. III, n. 19283/2010, ha chiarito che il modello di responsabilità previsto dall' art. 15 d.lgs. 17 marzo 1995, n. 111 - che sancisce la responsabilità del tour operator per i danni alla persona derivanti dal mancato o inesatto adempimento delle obbligazioni che discendono dalla vendita del pacchetto turistico - ripercorre sostanzialmente quello disposto dall' art. 1218 c.c.) ed a quella da vendita di prodotti difettosi (in relazione alla quale va ricordato che trattasi di responsabilità avente natura presunta, e non oggettiva, poiché prescinde dall'accertamento della colpevolezza del produttore, ma non anche dalla dimostrazione dell'esistenza di un difetto del prodotto, con la conseguenza che incombe sul soggetto danneggiato - ai sensi dell' art. 8 d.P.R. 24 maggio 1988 n. 224, trasfuso nell' art. 120 del cd. “codice del consumo” - la prova del collegamento causale non già tra prodotto e danno, bensì tra difetto e danno; cfr., in tal senso, Cass. III, n. 13458/2013). Il danno non patrimoniale in materia lavoristica Un'attenzione particolare, per i suoi risvolti anche sociali, merita il settore lavoro. Nell'ambito del rapporto di lavoro, specifici pregiudizi di tipo esistenziale individuati in numerose sentenze della Suprema Corte (cfr., inter ceteros, Cass. sez. lav., n. 26561/2007) scaturiscono da violazioni di obblighi contrattuali e, in particolare, dalla violazione dell'obbligo dell'imprenditore di tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore ( art. 2087 c.c.). Nel caso di lesione di siffatti interessi è dovuto il risarcimento del danno non patrimoniale. Invero, la lesione dei diritti inviolabili della persona comporta il risarcimento dei danni-conseguenza sotto il profilo della lesione all'integrità psicofisica ( art. 32 Cost.) o di quella della dignità personale del lavoratore (artt. 2, 4 e 32 Cost.). Mentre nel primo caso la lesione determina un pregiudizio biologico, nel secondo caso si verifica un pregiudizio alla professionalità che si risolve nella compromissione delle aspettative di sviluppo della personalità del dipendente. In tale ultima ipotesi la Corte Suprema (cfr., tra le altre, Cass. S.U., n. 6572/2006) parla di ‘danno esistenziale'. Quest'ultimo è senz'altro da ritenersi sussistente a carico dell'attore costretto a determinarsi ad attività che altrimenti, in mancanza dell'altrui inadempimento contrattuale, egli non avrebbe mai effettuato e che, pertanto, siccome eterodeterminate, comportarono un peggioramento dei propri assetti di vita. In relazione al disposto di cui all' art. 2087 c.c., al lavoratore spetterà lo specifico onere di allegare il fatto costituente inadempimento dell'obbligo di sicurezza, nonché il nesso di causalità materiale tra l'inadempimento stesso ed il danno da lui subìto, mentre non è gravato dell'onere della prova relativa alla colpa del datore di lavoro danneggiante, che, invece, incombe su quest'ultimo e si concreta nel provare la non imputabilità dell'inadempimento. Sul piano soggettivo, va evidenziato che anche l'ente pubblico territoriale, come la persona giuridica e l'ente collettivo in genere, ha titolo al risarcimento del danno non patrimoniale, qualora l'altrui inadempimento contrattuale ne leda i diritti immateriali della personalità, compatibili con l'assenza di fisicità e costituzionalmente protetti, quali sono i diritti all'immagine, alla reputazione e all'identità (Cass. III, n. 4542/2012). Per la frequenza con la quale la fattispecie si verifica, è opportuno ricordare che, secondo una parte della giurisprudenza di merito, il promissario acquirente che rifiuta di stipulare il contratto definitivo risponde anche del danno non patrimoniale patito dall'attore che si trovi nell'impossibilità di acquistare una nuova casa e realizzare il proprio “progetto di vita abitativa” a causa della frustrazione dell'interesse patrimoniale a percepire il corrispettivo della vendita (cfr. Trib. Tivoli, 14 marzo 2012, n. 258; contra Trib. Trieste 8 gennaio 2009). |