Comparsa di risposta con chiamata del terzo avverso citazione danni per l'attività professionale ex art. 1917 c.c.InquadramentoLa responsabilità civile è un tipo di assicurazione contro i danni: essa ha il fine di tenere indenne il responsabile/ assicurato dall'obbligo di risarcire i danni da un illecito sia extracontrattuale che contrattuale. Nel seguente atto, un professionista (commercialista) si difende dall'addebito di aver causato un danno patrimoniale al proprio cliente (omesso tempestivo deposito di un ricorso tributario), chiamando in causa la propria compagnia assicurativa per essere mantenuto indenne dalle eventuali conseguenze negative del giudizio. FormulaTRIBUNALE CIVILE DI.... [1] COMPARSA DI COSTITUZIONE E DI RISPOSTA CON CHIAMATA IN CAUSA DEL TERZO Per il Dott..... nato a .... il.... con studio professionale in.... via.... n..... C.F..... P.I. ...., rappresentato e difeso dall'Avv..... C.F. .... [2] presso il cui studio in.... alla via....n.... è elettivamente domiciliato, giusta procura in calce al presente atto e reso su foglio separato, dichiarando di voler ricevere tutte le comunicazioni e gli avvisi di cui agli artt. 133 comma 3, 134 comma 3, 170 comma 4 e 176 comma 2 c.p.c., anche al seguente numero di fax .... ovvero al seguente indirizzo PEC ....@.... [3], -convenuto- CONTRO il Sig. .... nato a .... il ....C.F. .... residente in .... alla via ....n .... rappresentato e difeso dall'Avv. .... -attore- Con atto di citazione ritualmente notificato in data.... il Sig..... conveniva in giudizio il Dott..... al fine di sentirlo condannare al risarcimento del danno patrimoniale derivatogli dalla omessa tempestiva impugnazione della cartella esattoriale n..... notificata in data.... Con il presente atto si costituisce in giudizio il Dott..... il quale eccepisce e contesta tutto quanto riportato nell'atto di citazione perché infondato in fatto e in diritto e osserva quanto segue, dichiarando, in via preliminare, di voler chiamare in causa il terzo sotto indicato ai sensi dell'art. 106 c.p.c. FATTO E DIRITTO 1. Attenendosi al dovere di diligenza ex art. 1176, comma 2, c.c., in data.... a mezzo fax, il Dott..... informava l'odierno istante dell'inutilità dell'impugnazione della cartella di pagamento n..... notificata in data.... con la quale veniva intimato all'istante il pagamento della somma di Euro.... a titolo di omesso versamento dei tributi.... relativi all'anno....; 2. Nonostante il parere negativo all'impugnazione, il Sig..... in data.... dava incarico al convenuto di procedere avverso la cartella di pagamento suindicata, ancorché a fini meramente dilatori; 3. Pertanto, il Dott..... proponeva ricorso innanzi alla Commissione Tributaria di.... ma l'impugnazione avveniva oltre i termini; 4. Essendo il ricorso infondato, la condotta del convenuto non cagionava all'istante alcun danno e la domanda va pertanto rigettata; Invero, in linea di principio, “La responsabilità del commercialista nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell'attività professionale presuppone la prova del danno e del nesso causale fra la condotta del professionista e il pregiudizio del cliente e, in particolare, nel caso di mancata presentazione di un ricorso fiscale, implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole del ricorso, che avrebbe dovuto essere proposto e diligentemente seguito” [4]. In particolare sarà onere dell'attore provare che il tempestivo deposito del ricorso avrebbe consentito verosimilmente il suo accoglimento secondo i principi relativi alla responsabilità cd. omissiva [5]; 5. Nonostante l'infondatezza della domanda, il convenuto intende chiamare in causa, ex art. 106 c.p.c., la Società di Assicurazioni...., con la quale in data...., il Dott. .... ha stipulato la polizza n..... a copertura dei rischi professionali connessi alla responsabilità civile ex art. 1917 c.c. (doc. ....) 6. Il Dott. .... con racc. a/r del .... denunciava il sinistro alla compagni assicurativa nei termini contrattualmente pattuiti. 7. Nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda attorea, la Società di Assicurazioni.... sarà obbligata a tenere indenne il convenuto del risarcimento del danno patrimoniale eventualmente patito dall'attore. Tutto ciò premesso il convenuto, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato, rassegna le seguenti CONCLUSIONI - in via preliminare, voglia il Tribunale adito pronunciare decreto di differimento della prima udienza di comparizione e trattazione ai sensi e per gli effetti dell'art. 269 c.p.c.. - nel merito ed in via principale: rigettare la domanda perché infondata in fatto e in diritto, con vittoria di spese e compensi; - nel merito ed in via subordinata: nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda, dichiarare la Società di assicurazioni.... tenuta a manlevare e tenere indenne il Dott. .... di quanto quest'ultimo sia tenuta a pagare all'odierno attore per le causali di cui al presente atto, con vittoria di spese e onorari. Si offrono in comunicazione, mediante deposito, in fedele copia: 1. atto di citazione notificato il.... 2. copia di cartella di pagamento n. 3. polizza assicurativa n. .... con quietanza di pagamento del premio assicurativo; 4. ricorso alla Commissione Tributaria ....; 5. provvedimento di inammissibilità del ricorso; 4..... PROCURA Io sottoscritto .... nato a .... il .... conferisco procura all'Avv. .... affichè mi rappresenti e difenda nel giudizio di imputazione di cui al presente atto. Dichiaro altresì di avere ricevuto informativa ex d.lgs. 28/2010, così come novellato a seguito della conversione del d.l. n. 69/2013, relativamente ai procedimenti per i quali è obbligatorio esperire il tentativo di mediazione e relativamente ai benefici fiscali connessi con tale procedimento, nonché di aver ricevuto l'informativa ai sensi degli artt. 2 e segg. del d.l. 13 settembre 2014, n. 132, convertito con modifiche dalla l. 10 novembre 2014 n. 162, della possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati disciplinata dagli art. 2 e segg. del suddetto d.l. Eleggo domicilio, ai fini del presente giudizio, presso il suo studio professionale in .... alla via .... e gli conferisco, altresì, ogni più ampia facoltà di legge. Acconsento, infine, al trattamento dei dati personali per l'espletamento del mandato conferito, ai sensi del d.lgs. 196/2003. Luogo e data .... Sig. .... E' autentica Firma Avv. .... [1] In materia assicurativa la competenza per territorio segue i criteri ordinari dettati dagli artt. 18,19,20 e 28 del codice di procedura civile con la concorrenza- salvo diversi accordi tra le parti – del foro del convenuto ( sede della persona giuridica), della conclusione del contratto o della esecuzione della prestazione. Nel caso in cui, però, la controversia venga instaurata o sia diretta verso una persona fisica che rivesta la qualità di consumatore, prevale il foro individuato sulla scorta della residenza di quest'ultimo, di natura inderogabile (cfr. Cass. III, n. 9922/2010 per cui « Nelle controversie tra consumatore e assicurazione, la competenza è del giudice del luogo in cui il cittadino risiede o ha eletto domicilio nelle controversie. È vessatoria, quindi, la clausola che prevede una diversa località come sede del foro competente, anche se coincidente con uno di quelli individuabili sulla base del funzionamento dei vari criteri di collegamento stabiliti dal codice di procedura civile per le controversie che hanno origine da un contratto »). [2] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., dalla l. 15 luglio 2011, n. 111). L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. 98/2011, conv. con modif. dalla legge 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. 193/2009 conv. con modif. dalla legge 24/2010. [3] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla l. n. 114/2014. L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45 bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla l. n. 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3 bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà». [4] cfr. Cass. III, n. 9917/2010; Cass. III, n. 10966/2004. [5] “Nella causalità cd. omissiva (o normativa, o ipotetica) il giudice, in forza della clausola generale di equivalenza prevista dall'art. 40 c.p.c., è tenuto ad accertare se l'evento sia ricollegabile all'omissione (causalità omissiva) nel senso che esso non si sarebbe verificato se (causalità ipotetica) l'agente avesse posto in essere la condotta doverosa impostagli (nella specie, da un contratto di prestazione d'opera professionale di avvocato) secondo le regole di avvedutezza e diligenza che devono guidare l'homo eiusdem condicionis ac professionis: il ragionamento del giudice sul rapporto causale, adeguato e logicamente coerente, deve, pertanto basarsi su regole di natura probabilistica tali da consentire una generalizzazione sul nesso di condizionamento omissione/evento nel senso che, se l'azione doverosa fosse intervenuta, l'evento danno si sarebbe evitato, sicché, essendosi per converso verificato, esso può essere oggettivamente imputato (causalità normativa) alla condotta omissiva che, così, viene a costituire l'antecedente necessario dell'evento. Ne consegue ancora che il giudice, partendo dalla condotta del (presunto) responsabile connotata da colposa inadempienza, dovrà svolgere una inferenza probabilistica (che rappresenta indubbiamente una "complicazione" nella formulazione del giudizio causale, ma) che non può essere pretermessa, onde la necessità di una formulazione di giudizio corretta e analitica che pervenga - senza affrettate approssimazioni e senza salti logici -alla conclusione, positiva o negativa, di sussistenza del legame causale tra condotta esaminata ed evento prodottosi. L'accertamento del rapporto di causalità ipotetica deve, poi, necessariamente passare attraverso l'enunciato "controfattuale" che pone al posto dell'omissione il comportamento alternativo dovuto, onde verificare se la condotta doverosa avrebbe assicurato apprezzabili probabilità di evitare (o, comunque, di ridurre significativamente) il danno lamentato dal contraente adempiente” (Cass. II, n. 21894/2004). CommentoPremessa La disciplina dell'assicurazione della responsabilità civile trova il suo ambito applicativo tra la regolamentazione dell'assicurazione contro i danni ( di cui costituisce applicazione diretta) e quella della responsabilità civile RC auto disciplinata attualmente dal Codice delle Assicurazioni e prima del 2005 dalla l. n. 990/1969, che a sua volta ne è espressione, sebbene con singoli tratti distintivi. Il disposto dell'art. 1917 c.c. è ispirato al modello “loss occurrence”, in base al quale sono oggetto della garanzia le conseguenze patrimonialmente negative, per l'assicurato, di condotte da questi tenute nel periodo di efficacia temporale, a prescindere dal momento, anche successivo a detto periodo, della produzione effettiva del danno per il terzo. L'istituto è concepito per tenere indenne l'assicurato nel caso questi sia tenuto a pagare una certa somma ad un terzo a titolo di risarcimento danni, per essere incorso l'assicurato verso costui nella responsabilità extracontrattuale o contrattuale prevista dal rapporto assicurativo.
Natura giuridica della fattispecie ex art. 1917 c.c. Ambito di deroga Nell'assicurazione della responsabilità civile non si ha nessuna relazione diretta tra assicuratore e terzo danneggiato. Tanto che essa non può essere inquadrata tra i contratti a favore di terzo, poiché, per effetto della stipulazione, non sorge alcun rapporto giuridico diretto ed immediato tra il danneggiato e l'assicuratore, essendo l'obbligazione dell'assicuratore relativa al pagamento dell'indennizzo distinta ed autonoma rispetto all'obbligazione di risarcimento cui l'assicurato è tenuto nei confronti del danneggiato, con la conseguente insussistenza di azione diretta di quest'ultimo nei confronti dell'assicuratore (salva l'eccezione prevista dall'art. 18 l. 24 dicembre 1969 n. 990 in materia di responsabilità civile da circolazione stradale) (cfr. Cass. III, n. 10418/2002; Cass. n., 9516/2007; Cass. III, n. 2678/1996) Ne consegue che l'offerta dell'assicuratore nei confronti del terzo danneggiato, ove occorra, concreta una proposta di espromissione ed, ove accettata, dà vita al relativo contratto (Cass. III, n. 5076/2001). Per aversi applicazione della fattispecie, oltre al verificarsi del danno ed alla valutazione della condotta dell'assicurato danneggiante, deve esservi domanda di ristoro del danneggiato (cfr. Cass. S.U., n. 9140/2016 per cui « Nell'assicurazione della responsabilità civile il sinistro, delle cui conseguenze patrimoniali l'assicurato intende traslare il rischio sul garante, è collegato non solo alla condotta dell'assicurato danneggiante, ma altresì alla richiesta risarcitoria avanzata dal danneggiato, essendo fin troppo ovvio che ove al comportamento lesivo non faccia seguito alcuna domanda di ristoro, nessun diritto all'indennizzo — e specularmente nessun obbligo di manleva — insorgeranno a carico dei soggetti del rapporto assicurativo »). Detta assicurazione presuppone l'imputabilità del fatto dannoso - a titolo di colpa -all'assicurato, come fondamento dell'obbligo di risarcire il danno, essendo esclusi dalla garanzia solo i danni derivanti da fatto doloso dell'assicurato (art. 1917, comma 1, ult. parte c.c.). Pertanto, a differenza dell'assicurazione contro i danni ove l'interesse dell'assicurato consiste nel risarcimento del danno subito da un suo determinato bene a seguito di un sinistro, in quella per la responsabilità civile detto interesse consiste nel cautelarsi contro il rischio di alterazione negativa del proprio patrimonio complessivamente considerato ed esposto a responsabilità illimitata per eventuali comportamenti colposi, anche gravi, con la sua reintegrazione attraverso il pagamento da parte dell'assicuratore, di una somma di danaro pari all'esborso dovuto dall'assicurato, nell'ambito per lo più di un tetto massimo detto massimale (cfr. Cass. I, n. 7971/1993). Ora tale istituto, mentre non può concernere fatti meramente accidentali, dovuti cioè a caso fortuito o forza maggiore, dai quali non sorge responsabilità, per la sua stessa denominazione e natura, importa necessariamente l'estensione anche a fatti colposi gravi o gravissimi, con la sola eccezione di quelli dolosi, restando escluso, in mancanza di espresse clausole limitative del rischio, che la garanzia assicurativa non copra alcune forme di colpa (quanto all'estensione della garanzia, salvo espresse esclusioni, le polizze a copertura della responsabilità civile anche alle condotte colpose di recente cfr. Cass. VI, n. 20070/2017). Pertanto, la clausola di un contratto di assicurazione che preveda la copertura del rischio per danni conseguenti a fatti accidentali è correttamente interpretata nel senso che essa si riferisce semplicemente alla condotta colposa in contrapposizione ai fatti dolosi, mentre quella che copra i danni causati con dolo o colpa grave, è nulla ( cfr. Cass. n. 5273/2008; Cass. III n. 4118/1995; Cass. III, n. 4799/2013). Ciò determina che se il contratto di assicurazione specifica che la copertura assicurativa riguarda i danni "involontariamente cagionati a terzi in conseguenza di un fatto accidentale”, deve ritenersi che il fatto dannoso per il quale l'assicurazione è stipulata deve essere necessariamente colposo, e che l'assicurazione copra - con la sola eccezione dei fatti dolosi- ogni responsabilità, anche se dipendente da colpa grave o gravissima dovendosi escludere, in mancanza di espresse clausole limitative del rischio, che alcune colpe siano escluse dalla garanzia assicurativa. La responsabilità civile dell'assicurato scatta, poi, solo per condotte precisamente individuate ed a lui imputabili: la Cass. III, n. 22339/2017 ha evidenziato che “In tema di assicurazione per la responsabilità civile derivante dalla attività professionale svolta da un commercialista, ai fini dell'operatività della polizza assicurativa, deve essere accertato se il comportamento posto in essere rientri nell'ambito dell'attività individuata dalla polizza come risarcibile e quindi se il danno sia stato causato dal professionista, direttamente attraverso l'attività professionale carente, o indirettamente per carenze organizzative o di diligenza del proprio studio delle quali egli indirettamente risponde, non essendo tenuto ad indicare all'assicuratore l'effettivo, materiale responsabile dell'attività dannosa, sia essa attiva o omissiva che potrebbe non essere neppure in grado di individuare con certezza”. In particolare, “Il libero professionista in caso di inadempimento con inevitabili ricadute negative sul cliente non è responsabile anche nel caso in cui il comportamento non sia ascrivile a una sua condotta e, invece, direttamente imputabile a un suo collaboratore. La Cassazione ha chiarito come l'assicurazione per la responsabilità professionale è una forma di assicurazione per la responsabilità civile volta a tutelare il professionista assicurato dal rischio connesso ai danni provocati a terzi nell'esercizio della sua attività professionale, trasferendo sull'assicuratore, previo il pagamento del premio assicurativo, il rischio connesso e l'obbligo di indennizzare i terzi danneggiati. E ciò che rileva, ai fini dell'operatività della polizza assicurativa, è se il comportamento posto in essere rientri nell'ambito dell'attività individuata dalla polizza come risarcibile, o se si collochi al di là. Essa presuppone che il danno sia stato causato dal professionista, direttamente attraverso l'attività professionale carente, o indirettamente per carenze organizzative o di diligenza del proprio studio del quale egli indirettamente risponde. Qualora non sia, come nella specie, contestato che il comportamento per il quale il commercialista è stato ritenuto responsabile verso il cliente rientrasse nel rischio assicurato, egli non è di per sé tenuto, ai fini dell'operatività della polizza, ad indicare all'assicuratore l'effettivo, materiale responsabile dell'attività dannosa, sia essa attiva o omissiva, che potrebbe non essere neppure in grado di individuare con certezza”. In caso di decesso del professionista, il quale abbia stipulato in vita un'assicurazione per la propria responsabilità professionale, eventuali mancanze o danni avvenuti nei confronti dei clienti non hanno ricadute sugli eredi del de cuius , in quanto ne risponde l'assicurazione con cui il professionista aveva siglato apposita polizza. (Lo precisa la Cassazione accogliendo il ricorso proposto dagli eredi di un avvocato, avverso la sentenza che aveva accertato la responsabilità professionale del legale, per omesso obbligo informativo, con condanna degli eredi al pagamento della somma di circa 11mila euro, in favore di una cliente. Per la Suprema corte la responsabilità è dell'assicurazione). Così Cass. III, n.3288/2022. Collegato in senso derogatorio all'istituto della responsabilità civile è la presenza nei contratti assicurativi contro i danni e della responsabilità civile di clausole claims made. Invero, «il contratto di assicurazione della responsabilità civile contenente una clausola cd. claims made collega il sorgere dell'obbligazione dell'assicuratore alla circostanza che la richiesta di risarcimento sia stata inoltrata all'assicurato durante il tempo di vigenza del contratto e, pertanto, essa deroga chiaramente al tenore letterale di cui all'art. 1917 comma 1 c.c., ove l'inciso fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione collega direttamente il sorgere dell'obbligo dell'assicuratore al comportamento colposo posto in essere dall'assicurato durante il periodo di vigenza della polizza. Una siffatta deroga al principio generale è tutt'altro che vietata» (cfr. Trib. Monza I, 5 luglio 2016, n. 1899). Ne consegue che quando la clausola in parola ponga una deroga alla previsione dell'art. 1917 c.c., ovvero quando l'interesse dell'assicurato sia quello di vedersi tutelato per eventi verificatisi anteriormente alla entrata in vigore della polizza, la stessa debba essere considerata lecita e meritevole di tutela, senza dover essere integrata o modificata, ex art. 1419 c.c., comma 2 (Trib. Napoli II, n. 7807/2016), in ossequio al recente orientamento della Suprema Corte a Sezioni Unite per cui la nullità della clausola per difetto di meritevolezza discende solo in caso di squilibrio di diritti e obblighi contrattuali posti illegittimamente a carico del consumatore (cfr. Cass. S.U., n. 24645/2016). Danno indennizzabile. Ipotesi del pagamento diretto Quanto ai danni indennizzabili, va effettuata una corretta ermeneutica delle clausole contrattuali secondo le norme stabilite dal codice civile sulla successione dei criteri interpretativi. Proprio in un caso relativo alla interpretazione di un contratto di assicurazione sulla responsabilità civile a tutela di cose mobili (nel caso de quo la polizza stipulata dall'impresa che gestiva uno stabilimento commerciale per la produzione di calcestruzzo garantiva l'assicurato contro il rischio di danni derivati da scoppi provocati da « eccesso di pressione »), è stato affermato che « Nell'interpretazione del contratto di assicurazione, che va redatto in modo chiaro e comprensibile, il giudice non può attribuire a clausole polisenso uno specifico significato, pur teoricamente non incompatibile con la loro lettera, senza prima ricorrere all'ausilio di tutti gli altri criteri di ermeneutica previsti dagli artt. 1362 e ss. c.c., e, in particolare, a quello dell'interpretazione contro il predisponente, di cui all'art. 1370 c.c. » (cfr. Cass. III, n. 668/2016; cfr. anche Cass. III, n. 3468/2007; Cass. I, n. 11228/2000). Ove sorretto da adeguata motivazione, la valutazione del Giudice di merito è insindacabile in sede di legittimità (cfr. Cass. III, n. 7597/2006 che ha affrontato il caso della domanda di indennizzo della madre di una bambina nata da pratica di inseminazione artificiale colpita da una grave forma di talassemia a causa dell'iniezione di liquido seminale di soggetto diverso dal marito della paziente, ritenuta non coperta dal contratto di assicurazione per la responsabilità civile concluso da un medico ginecologo per la copertura dei rischi circoscritti all'attività del suddetto medico specialista che effettuava interventi chirurgici, con esclusione anche dei danni provocati da persone non in rapporto di dipendenza con l'assicurato). Quanto alla natura dell'obbligazione dell'assicuratore, la stessa ha per oggetto, ai sensi dell'art. 1917, comma 1 c.c., il rimborso delle somme che al terzo debbono essere pagate dall'assicurato, sicché può diventare liquida ed esigibile solo nel momento in cui vengono accertate, giudizialmente o negozialmente, la responsabilità dell'assicurato e l'ammontare delle somme dovute al terzo. Pertanto, solo da tale momento, e non da quello dell'illecito, l'assicuratore, per un verso, è tenuto all'adempimento della propria obbligazione - senza che a nulla rilevi che, in precedenza, l'assicurato gli abbia intimato formalmente di provvedere al versamento dell'indennità - e, per altro verso, ove sia rimasto inadempiente, subisce gli effetti della mora (nella specie, trattavasi di assicurazione obbligatoria sulla caccia: cfr. Cass. I, n. 7330/1995). Deriva da quanto precede, pertanto, che nell'assicurazione della responsabilità civile la prescrizione del credito dell'assicurato verso l'assicuratore inizia a decorrere solo quando il debito del primo verso il terzo danneggiato sia divenuto liquido ed esigibile (cfr. Cass. III, n. 3899/2016). La previsione del secondo comma della norma in commento, relativa alla facoltà di pagamento diretto dell'assicurazione al danneggiato, non muta la natura indennitaria dell'obbligazione dell'assicuratore. Infatti, «non vengono a mutare i soggetti del rapporto assicurativo, che restano sempre e soltanto l'assicuratore e l'assicurato, giacché l'anzidetta facoltà dell'assicuratore si concreta in una possibilità di scelta in ordine ad una modalità di adempimento della sua obbligazione, che permane soltanto verso l'assicurato. Ne consegue che, in capo al danneggiato, non sorge alcun diritto nei confronti dell'assicuratore e, dunque, non sussiste la possibilità di agire direttamente nei suoi confronti » (Cass. III, n. 26019/2011), anche se il danneggiato è obbligato a ricevere il pagamento da parte dell'assicuratore ai sensi dell'art. 1180 c.c. Ove l'assicuratore – non chiamato in giudizio – abbia esercitato tale facoltà e ne sia seguita riforma in appello della sentenza di primo sfavorevole all'assicurato, il primo ha diritto alla ripetizione delle somme ( con termine di prescrizione decennale: Cass. III, n. 7897/2014), attesa la inesistenza di una legittima causa solvendi, senza che importi che il pagamento sia avvenuto spontaneamente (cfr. Cass. III, n. 11121/2013). Quanto al rapporto tra risarcimento danno e indennità assicurativa, la Suprema Corte di Cassazione in applicazione del principio indennitario ha di recente puntualizzato che “Nell'assicurazione contro i danni, il danno da fatto illecito deve essere liquidato sottraendo dall'ammontare del danno risarcibile l'importo dell'indennità che il danneggiato-assicurato abbia riscosso in conseguenza di quel fatto, in quanto detta indennità è erogata in funzione di risarcimento del pregiudizio subito dall'assicurato in conseguenza del verificarsi dell'evento dannoso ed essa soddisfa, neutralizzandola in tutto o in parte, la medesima perdita al cui integrale ristoro mira la disciplina della responsabilità risarcitoria del terzo autore del fatto illecito” (Cass. S.U., n. 12565/2018).
Disciplina del carico di spese giudiziali tra assicuratore ed assicurato Il terzo comma dell'articolo 1917 c.c. prevede il cd. rimborso delle spese di resistenza che ha fonte e natura diverse dalla obbligazione indennitaria principale dell'assicuratore in tema di assicurazione per la responsabilità civile. Essa, secondo la più recente giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. III, n. 3899/2016), ha oggetto il rimborso di una perdita pecuniaria, e non la manleva dalle conseguenze d'un fatto illecito; costituisce, dunque, un'assicurazione contro le perdite pecuniarie e non un'assicurazione di responsabilità e non presuppone la commissione di alcun illecito aquiliano da parte dell'assicurato. Rispetto all'obbligo di indennizzo le due garanzie non sono tra loro dipendenti ( contra Cass. III, n. 667/2016), e la seconda può sussistere anche se manchi la prima, come nel caso in cui la domanda proposta dal terzo danneggiato verso l'assicurato venga rigettata. La diversità delle due garanzie non consente di applicare al credito dell'assicurato per spese di resistenza, di cui all'art. 1917, comma 3 c.c., le regole dettate per l'indennizzo dovutogli ai sensi dell'art. 1917, comma 1, c.c. Ad esempio, solo rispetto a quest'ultimo che presuppone una richiesta risarcitoria da parte del terzo, è concepibile l'effetto sospensivo di cui all'art. 2952, comma 4, c.c., e la necessità che il credito del terzo divenga liquido, affinché l'assicurato possa esercitare a sua volta il suo diritto all'indennizzo verso l'assicuratore. Per esercitare il diritto alla rifusione delle spese di resistenza, per contro, l'assicurato non ha ovviamente necessità di attendere alcuna richiesta da parte di terzi. Il suo diritto può essere fatto valere nel momento stesso in cui sorge il debito del pagamento dell'onorario al legale e, quindi, al più tardi, al momento di ultimazione delle prestazioni professionali. Per definizione, infatti, il debito dell'assicurato verso il legale è di pronta liquidazione, essendo regolato dalla tariffa forense. Quanto ai limiti delle cd. spese di resistenza, la disposizione dell'art. 1917 comma 3 c.c. si riferisce alle spese sopportate dall'assicuratore per resistere alla domanda del danneggiato, mentre sono fuori dalla previsione normativa le spese rimborsate dall'assicurato al danneggiato vittorioso, che costituiscono un accessorio dell'obbligazione risarcitoria e, pertanto, gravano sull'assicuratore se e nei limiti in cui non comportino superamento del massimale (cfr. Cass. I, n. 13088/1995); da ultimo contra Cass. III, n. 10595/2018 per cui “L'assicurato contro i rischi della responsabilità civile ha diritto di essere tenuto indenne dal proprio assicuratore delle spese processuali che è stato costretto a rifondere al terzo danneggiato, entro i limiti del massimale; nonché delle spese sostenute per resistere alla pretesa di quegli, anche in eccedenza rispetto al massimale, purché entro il limite stabilito dall'art. 1917, comma terzo, c.c.). L'unico soggetto legittimato all'azione di pagamento delle spese è l'assicurato, il quale, peraltro, può chiedere il rimborso all'assicuratore (cfr. Trib. Salerno II, n. 2188/2016) anche se nessun danno viene riconosciuto al terzo che ha promosso l'azione risarcitoria (Trib. Catania IV, n. 3570/2015). Tale diritto deve, invece, ritenersi escluso quando l'assicurato abbia scelto di difendersi senza averne l'interesse né potendone ritrarre utilità, ovvero in mala fede, ovvero abbia sostenuto spese sconsiderate. L'obbligo di salvataggio di cui all'art. 1914 c.c. si applica anche al contratto di assicurazione della responsabilità civile, ed in tal caso impone all'assicurato di evitare di resistere al giudizio promosso contro di lui dall'assicurato, quando da tale resistenza non possa ricavare beneficio alcuno (Cass. III, n. 5479/2015).
La chiamata in causa dell'assicuratore L'indipendenza e l'autonomia tra l'obbligazione dell'assicuratore e quella dell'assicurato verso il terzo danneggiante giustifica la facoltà processuale di chiamata in causa dell'assicuratore da parte del secondo. Ciò determina l'ipotesi di una garanzia propria, atteso che il nesso tra la domanda principale del danneggiato e la domanda di garanzia dell'assicurato verso l'assicuratore è riconosciuto sia dalla previsione espressa della possibilità di chiamare in causa l'assicuratore sia dallo stesso regime dei rapporti tra i tre soggetti contenuto nell'art. 1917, comma 2, c.c. Infatti, nelle ipotesi in cui sia unico il fatto generatore della responsabilità come prospettata tanto con l'azione principale che con la domanda di garanzia, - anche se le ipotizzate responsabilità traggono origine da rapporti o situazioni giuridiche diverse, - si versa in un caso di garanzia propria che ricorre solo ove il collegamento tra la posizione sostanziale vantata dall'attore e quella del terzo chiamato in garanzia sia previsto dalla legge disciplinatrice del rapporto (Cass. II, n. 13968/2004; Cass. S.U., n. 24707/2015; Cass. III, n. 25581/2011). Proprio la relazione di connessione tra i titoli, giustifica il fatto che gli eventi interruttivi relativi alla domanda di garanzia non possano estendersi anche alla domanda principale (cfr. Cass. S.U., n. 9686/2013) e viceversa, salva la facoltà del Giudice di provvedere alla separazione delle cause. |