Atto di citazione di un commerciante per risarcimento dei danni subiti in conseguenza del furto di merce

Maria Carolina De Falco
aggiornata da Alessia Longo

Inquadramento

Il contratto di assicurazione contro i danni è governato in via principale dal principio indennitario che impone che dal sinistro l'assicurato non debba trarre maggiore vantaggio rispetto all'ipotesi in cui esso non si sia verificato.

Ciò consente di ritenere nella prassi e, salvo patto contrario, garantito l'assicurato solo per il danno emergente.

Nell'atto di citazione qui di seguito illustrato, l'assicurato commerciante in abbigliamento, invece, rivendica l'applicazione della clausola inclusa nel contratto di assicurazione contro i danni che prevedeva, in caso di sinistro, l'indennizzo anche del lucro cessante, consistente nel prezzo non di acquisto della merce rubata, ma del prezzo di vendita della stessa.

Chiede, altresì, la rivalutazione della somma trattandosi di debito di valore.

Formula

TRIBUNALE DI .... [1]

ATTO DI CITAZIONE

Per il Sig. ...., [2] nato a .... il ...., residente in .... alla via .... n. ...., C.F. ....,elettivamente domiciliato in .... [3] alla via .... n. .... presso lo studio dell'Avv. ...., C.F. .... [4] che lo rappresenta e difende in virtù di procura in calce del presente atto, il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni al n. di fax .... [5] o all'indirizzo di posta elettronica ....espongono quanto segue [6].

PREMESSO CHE: [7]

1. In data ...., il Sig. ...., ha stipulato polizza n. ...., con la Società ...., con validità dal .... al ...., avente ad oggetto il rischio di furto di capi di abbigliamento del proprio esercizio commerciale;

2. Sulla scorta delle condizioni generali di assicurazione, e della dichiarazione di valore ivi indicata, la polizza in discorso ha previsto per l'evento furto un capitale assicurato pari a ....;

3. Come previsto dalle condizioni particolari di polizza di cui alle pagine .... della stessa, per l'evento furto è prevista, entro .... dal sinistro, la trasmissione alla compagnia assicuratrice di originale della denuncia di furto effettuata presso la competente autorità;

4. Al contratto di assicurazione è stata apposta espressa pattuizione con cui la Compagnia .... si è impegnata a corrispondere all'istante, in caso di realizzazione dell'evento garantito, anche il “profitto sperato”;

5. In data .... alle ore ...., .... circa, giunto presso il proprio negozio in via ...., l'istante ha trovato la porta scassinata e gli scaffali e gli scatoloni contenenti capi di abbigliamento completamente vuoti;

6. All'episodio ha assistito il Sig. ...., il quale ....;

7. In data ...., l'istante ha provveduto a denunciare il sinistro all'assicurazione ...., secondo i tempi e le modalità previste dal contratto;

8. Con lettera raccomandata ricevuta in data ...., la Compagnia assicuratrice si è dichiarata disposta a corrispondere all'istante la somma di euro ...., corrispondente al costo di acquisto della merce da parte del Sig. ....;

9. Diversamente, in forza del contratto di assicurazione contro il furto stipulato tra le parti, all'attore spettano Euro ...., corrispondenti al valore della merce quantificato con riferimento al prezzo della rivendita al pubblico, oltre interessi dal dovuto sino all'integrale soddisfo;

10. poiché l'attore ha sempre corrisposto con regolarità i ratei del premio a suo carico gravante, la convenuta società .... è obbligata a corrispondere l'indennizzo per l'evento di danno verificatosi;

11. Attesa l'incongruità della somma offerta, in data .... l'istante, a mezzo del procuratore costituito, ha depositato presso l'Organismo di mediazione territorialmente competente l'istanza di mediazione, ma il tentativo di conciliazione non è andato a buon fine, in quanto la compagnia assicuratrice .... ha contestato la quantificazione dell'indennizzo sia nella parte in cui comprende il mancato profitto, sia nella parte in cui ricomprende gli interessi maturati;

DIRITTO

Il rifiuto della compagnia assicuratrice di corrispondere all'istante la somma di euro .... a titolo di indennizzo per l'evento furto coperto dalla polizza n. ....è arbitrario e illegittimo.

Se è pur vero, infatti, che ai sensi dell'art. 1905 c.c. la somma normalmente indennizzabile corrisponde al danno emergente per l'assicurato, cioè alle spese necessarie al ripristino della situazione esistente prima dell'evento di danno, è altrettanto vero che detta norma, non rispondendo ad interessi generali, è derogabile convenzionalmente dalle parti, come del resto previsto dal secondo comma del medesimo articolo.

L'art. 1905 c.c., infatti, è applicazione del principio indennitario, secondo cui il sinistro non può mai costituire causa di vantaggio per l'assicurato. Per tale motivo, si è detto, l'indennizzo spettante all'assicurato va commisurato al danno emergente e non comprende, invece, il lucro cessante, non essendovi la certezza della sua produzione.

Tuttavia, qualora le parti abbiano espressamente convenuto l'indennizzabilità della mancata acquisizione di utilità economiche a seguito del sinistro, la somma che la compagnia assicuratrice è tenuta a corrispondere non si limita al solo danno emergente [8].

A ciò si aggiunga, ancora, che la somma da corrispondere a titolo di indennizzo per l'evento di furto realizzatosi, non è un debito di valuta, il cui ammontare è insensibile alla svalutazione monetaria, ma è un debito di valore, che è suscettibile di adeguamento al mutamento del potere di acquisto della moneta [9].

Ne deriva, pertanto, che il rifiuto della compagnia assicuratrice di corrispondere la somma di euro ...., comprensiva anche degli interessi maturati sul debito, è del tutto arbitrario e illegittimo.

Tutto ciò premesso l'attore, come in epigrafe rappresentato, difeso e domiciliato

CITA

La .... Ass.ni (C.F./P.I.), in persona del suo legale rappresentante p.t., con sede in ...., via .... n ...., a comparire innanzi al Tribunale di ...., nell'udienza del ...., ora di rito, dinanzi al Giudice Istruttore che sarà designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., con l'invito a costituirsi nel termine di almeno venti giorni prima della suddetta udienza ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c., con l'avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui agli artt. 167 e 38 c.p.c. e che, in difetto di costituzione, si procederà in sua contumacia, per sentir accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia il Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, condannare la .... ass.ni, in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento della somma di ...., a titolo di indennizzo dovuto per la realizzazione del rischio di furto coperto dalla polizza n. ....

Con vittoria di spese, competenze e onorari del giudizio. Con sentenza provvisoriamente esecutiva ex lege.

IN VIA ISTRUTTORIA

con ogni più ampia riserva ex art. 183, comma 6 c.p.c. di aggiungere, integrare, modificare, precisare e di formulare istanze anche istruttorie, si offrono in comunicazione i seguenti documenti:

1. contratto di polizza n. ....

2. racc. a/r di denuncia sinistro all'assicurazione

3. verbale negativo di mediazione

4. copia denuncia di furto depositata presso la Caserma dei Carabinieri di ....

5. perizia di parte sul valore della merce trafugata

Ai sensi dell'art. 14, comma 2, d.P.R. n. 115/2002 si dichiara che il valore del presente procedimento è di Euro ....

Luogo e data ....

Firma Avv. ....

PROCURA AD LITEM

Nella qualità, conferisco il potere di rappresentanza e difesa, in ogni fase, stato e grado del giudizio ed atti inerenti, conseguenti e successivi, ivi compresa l'eventuale fase esecutiva ed il giudizio di opposizione, all'Avv. ...., ivi compreso il potere di proporre domande riconvenzionali, chiedere provvedimenti cautelari, chiamare terzi in causa, farsi sostituire, transigere, conciliare, abbandonare il giudizio e rilasciare quietanze.

L'autorizzo, ai sensi dell'art. 13 d.l. n. 196/2003, ad utilizzare i dati personali per la difesa dei miei diritti e per il perseguimento delle finalità di cui al mandato, nonché a comunicare ai Colleghi i dati con l'obbligo di rispettare il segreto professionale e di diffonderli esclusivamente nei limiti strettamente pertinenti all'incarico conferitoLe.

Ratifico sin d'ora il Suo operato e quello di eventuali Suoi sostituti.

Eleggo domicilio presso il Suo studio in ....(indicare la città), via ....n. ....

Dichiaro di essere stato informato ai sensi dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto, come da specifico atto separato.

Luogo e data ....

Firma ....

La firma è autografa

Firma Avv. ....

[1] In materia assicurativa la competenza per territorio segue i criteri ordinari dettati dagli artt. 18, 19, 20 e 28 del codice di procedura civile con la concorrenza- salvo diversi accordi tra le parti - del foro del convenuto (sede della persona giuridica), della conclusione del contratto o della esecuzione della prestazione. Nel caso in cui, però, la controversia venga instaurata o sia diretta verso una persona fisica che rivesta la qualità di consumatore, prevale il foro individuato sulla scorta della residenza di quest'ultimo, di natura inderogabile (c.f.r. Cass. III, n. 9922/2010 per cui «Nelle controversie tra consumatore e assicurazione, la competenza è del giudice del luogo in cui il cittadino risiede o ha eletto domicilio nelle controversie. È vessatoria, quindi, la clausola che prevede una diversa località come sede del foro competente, anche se coincidente con uno di quelli individuabili sulla base del funzionamento dei vari criteri di collegamento stabiliti dal codice di procedura civile per le controversie che hanno origine da un contratto»).

[2] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., dalla l. 15 luglio 2011, n. 111).

[3] L'elezione di domicilio nel Comune in cui ha sede il Tribunale adito è obbligatoria: essa individua il luogo legale ove effettuare le comunicazioni e notificazioni inerenti al processo: artt. 165 e 170 c.p.c.

[4] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c.

[5] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione citata sub nota 2. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla disposizione testè ricordata, «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

[6] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla legge n. 114/2014.

L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla legge n. 114/2014.

[7] L'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragione della domanda dell'attore rappresenta un elemento essenziale della citazione. L'indicazione della causa petendi, e cioè del titolo della domanda, è richiesto dall'art. 163 comma 3, n. 4 c.p.c. Tuttavia solo la mancanza dell'indicazione dei fatti posti a fondamento della domanda produce la nullità della citazione a norma dell'art. 164, comma 4, c.p.c.

[8] Ed invero, in una fattispecie analoga a quella per cui è causa la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che: «L'assicuratore contro il rischio di furto, in caso di sottrazione di capi di abbigliamento da un esercizio commerciale assicurato, è tenuto a corrispondere un indennizzo quantificato in misura corrispondente al costo di acquisto delle merci da parte del negoziante e non in misura corrispondente al prezzo di rivendita al pubblico, poiché a norma dell'art. 1905 comma 2 c.c., l'assicuratore non risponde del profitto sperato, se non nel caso in cui si sia espressamente obbligato in tal senso» (Cass. VI, n. 4828/2012).

[9] In questo senso, la giurisprudenza di legittimità ormai costante ritiene che “l'obbligazione assunta dall'assicuratore contro i danni è un debito di valore, come emerge dal costante riferimento al risarcimento del danno ed al valore della cosa assicurata in tutte le disposizioni normative che regolano la materia, ed in particolare negli artt. 1905 e 1908 c.c. Tale debito assolve la funzione reintegrativa della perdita subita dal patrimonio dell'assicurato ed è pertanto suscettibile di automatico adeguamento alla stregua della sopravvenuta svalutazione monetaria” (ex multis, Cass. III, n. 4753/2001; Cass. III, n. 10488/2009).

Commento

Premessa

L'assicurazione contro i danni viene generalmente inquadrata nelle sue caratteristiche distintive in contrapposizione all'assicurazione sulla vita, e in via principale con riguardo al significato assunto dai termini “sinistro” e “vita” (art. 1882 c.c.).

Invero, mentre per “sinistro” si intende un evento pregiudizievole per l'assicurato con riguardo esclusivamente al punto di vista economico e patrimoniale, per “evento attinente alla vita umana” si fa riferimento ad un fenomeno “biologico” (morte o sopravvivenza oltre una certa età).

Dunque sarebbe - anche nella prevalente opinione della giurisprudenza di legittimità - la natura del bene tutelato nel contratto assicurativo (patrimonio o vita) il criterio discretivo tra assicurazione contro i danni e l'assicurazione sulla vita (cfr. Cass. III, n. 1941/1971).

Dalla differenza del bene tutelato deriva anche - a fronte dell'identità di prestazione gravante sull'assicurato consistente nel pagamento del premio - la differente funzione degli istituti derivante dall'obbligo gravante sull'assicuratore.

Invero, nell'assicurazione contro i danni è prevalente la funzione indennitaria, vale a dire lo scopo di sollevare l'assicurato dal pregiudizio economico subito in conseguenza del sinistro: in questo tipo di rapporto assicurativo vige il cd. “principio indennitario”, secondo cui l'indennizzo cui è tenuto l'assicuratore non può essere superiore al danno subito dall'assicurato, visto che alcuna locupletazione può derivare all'assicurato dall'avverarsi dell'evento coperto dal contratto.

Nell'assicurazione sulla vita, invece, è prevalente la funzione previdenziale (o di risparmio o di capitalizzazione), visto che con il versamento del premio l'assicurato mira a conseguire una rendita o un capitale in caso di avveramento di un fatto della vita umana: in questo tipo di rapporto la prestazione patrimoniale gravante sull'assicuratore prescinde dalla valutazione dei danni effettivamente subiti ed è parametrata a priori sulla base del premio assicurativo.

Infine, figura che può assumere la connotazione dell'uno o dell'altro istituto è l'assicurazione contro gli infortuni caratterizzata dalla finalità di assicurare il danno economico che potrebbe derivare all'assicurato da un infortunio che ne comprometta in tutto o in parte, in via permanente o temporanea la capacità di produrre reddito, e ciò a seconda che il rapporto contrattuale preveda la prevalenza della funzione indennitaria o previdenziale.

Interesse all'assicurazione

Al pari del concetto di rischio che connota l'intera fattispecie dei contratti assicurativi (art. 1895 c.c.), l'art. 1904 c.c. concretizza, con riguardo al contratto di assicurazione contro i danni, il principio dell'interesse all'assicurazione che impone che al momento della conclusione del contratto giovi all'assicurato la previsione di un risarcimento, nel senso che questi abbia con la cosa una relazione particolare.

Ebbene, ai fini della validità del contratto di assicurazione contro i danni, tale relazione è ravvisabile, non solo con riguardo al diritto di proprietà o ad altro diritto reale sulla cosa assicurata, ma anche in relazione a qualsiasi rapporto economico-giuridico per il quale il titolare sopporti il danno patrimoniale per effetto di un evento dannoso. (Cass. III, n. 15107/2013).

Diversi esempi di applicazione di tale principio offre la casistica giurisprudenziale in materia contrattuale:

1. In materia di locazione, in primis, se in linea generale, deve escludersi che il locatario possa avere interesse all'assicurazione del rischio del perimento o del deterioramento della “res” intesa come cespite patrimoniale, tale assunto trova un limite nell'ipotesi in cui il rischio della perdita della cosa (nella specie, a causa di incendio) sia pattiziamente posto a carico del locatario e sia, quindi, legittimamente trasferito dal proprietario-locatore all'utilizzatore-conduttore, sicché l'assicurazione di questo rischio comporta l'insorgere, in capo a quest'ultimo, di un interesse giuridicamente qualificato all'assicurazione per la perdita del bene, inteso come cespite e non come fonte di reddito, e la conseguente legittimazione a chiedere l'indennizzo (cfr. Cass. III, n. 20751/2007);

2. In materia di comodato, «Se il comodatario assicuri contro i danni i beni ricevuti in comodato, il diritto all'indennizzo spetta al comodante, il quale - in difetto di diverse pattuizioni contrattuali che prevedano il trasferimento al comodatario del rischio per la perdita del bene - è l'unico titolare dell'interesse assicurato, ai sensi dell'art. 1904 c.c.» (Cass. III, n. 28284/2011);

3. In caso, di locazione finanziaria (leasing), invece, l'interessato è da identificarsi nel proprietario del bene (cfr. Trib. Roma, 29 gennaio 2002, «il concedente, proprietario del bene, ha un evidente interesse ad assicurare contro i danni il bene concesso in locazione, in quanto la perdita dello stesso costituisce un'immediata “deminutio patrimonii” per il concedente stesso, e dunque assicurato ai sensi dell'art. 1904 c.c., rispetto alla polizza stipulata, è senz'altro il proprietario del bene»; ma contra nel senso di identificare l'assicurato con l'utilizzatore Trib. Roma, 17 marzo 2003 e Trib. Milano XII, 26 aprile 2013);

4. In caso di vendita con patto di riservato dominio di beni assicurati contro il furto, l'individuazione del soggetto legittimato a chiedere il pagamento dell'indennizzo assicurativo (che può essere anche il semplice possessore o utilizzatore del bene) non può essere fatta solo sulla base del dato letterale della clausola assicurativa, ma deve comprendere anche la verifica dell'interesse del venditore con patto di riservato dominio. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza che aveva escluso la legittimazione del venditore, ritenendo che unica legittimata a chiedere il pagamento dell'indennizzo assicurativo fosse la società che aveva acquistato con patto di riservato dominio: cfr. Cass. III, n. 21390/2009);

5. Nel caso di contratto di assicurazione stipulato dal condominio, in persona dell'amministratore, la circostanza che il condominio sia ente di gestione, privo di personalità giuridica, non comporta che ciascun condomino possa agire, nel proprio interesse, nei confronti dell'assicuratore, spettando all'amministratore la rappresentanza del condominio contraente della polizza nell'interesse di tutti i condomini (cfr. Cass. III, n. 4245/2009; Cass. I, n. 2678/1996; ma contra Trib. Napoli, 28 gennaio 1992 secondo la quale il singolo condomino, per tale sua qualità ed eventualmente anche in veste di terzo danneggiato, ha azione nei confronti dell'assicuratore del fabbricato per far valere la garanzia discendente dalla polizza stipulata dal condominio). Si tratta del caso frequente nella pratica - ma poco esaminato nella giurisprudenza - delle cd. polizze globali fabbricati che coprono eventi dannosi plurimi (sia a parti comuni che a parti individuali), per le quali è prevalente la posizione per cui all'amministratore spetta la rappresentanza dei condomini e che, pertanto, il singolo condomino non possa sostituirsi all'amministratore, finanche nella gestione del proprio interesse, agendo nei confronti dell'assicuratore, risultando solo il primo “interessato” ai sensi dell'art. 1904 c.c.;

6. Nell'assicurazione contro i rischi di danni alla merce trasportata, stipulata per conto di chi spetta, «la persona legittimata a domandare l'indennizzo è il destinatario se il trasporto viene affidato dal venditore ad un vettore o ad uno spedizioniere, perché in tal caso per effetto della consegna della merce alla persona incaricata del trasporto si trasferisce in capo al destinatario il rischio del perimento di essa, ai sensi dell'art. 1510 c.c.. Quando, invece, il venditore provvede da sé a trasportare la merce al domicilio del compratore, non può trovare applicazione la disciplina di cui al citato art. 1510, con la conseguenza che, in caso di perimento della merce durante il trasporto e prima della consegna al compratore, legittimato a domandare il pagamento dell'indennizzo assicurativo è il venditore» (Cass. III, n. 8063/2008; Cass. III, n. 15107/2013). Ne consegue che «È affetta da nullità per difetto di interesse, ex art. 1904 c.c., l'assicurazione contro i rischi del trasporto, stipulata dall'acquirente di merce spedita via mare a rischio e pericolo del venditore, essendo stato subordinato l'effetto traslativo alla ricezione del pagamento del prezzo, a nulla rilevando che, dopo l'arrivo a destinazione e l'accertamento dell'avaria di parte del carico, l'acquirente ne abbia egualmente pagato il prezzo» (Cass. III, n. 6293/2013);

7. In materia di assicurazione di bene conferito in società, «È nullo, per carenza dell'interesse ad assicurarsi, il contratto di assicurazione stipulato da una società di persone avente ad oggetto un bene conferito in godimento da un socio» (Cass. III, n. 28284/2011), perché è solo in capo a quest'ultimo che continua a gravare il rischio delle cose conferite.

Limiti all'indennizzo

L'art. 1905 c.c. costituisce la compiuta espressione del cd. principio indennitario applicabile all'assicurazione contro i danni, secondo il quale il sinistro non può mai costituire causa di vantaggio per l'assicurato.

Secondo la citata norma oggetto del risarcimento è solo il cd. “danno emergente”, vale a dire ogni perdita o spesa di valori economici già presenti nel patrimonio del danneggiato; viceversa, per includere nella somma indennizzabile anche il lucro cessante (“profitto sperato”) da intendersi come la mancata acquisizione di ricchezza e utilità economiche in conseguenza del sinistro, è necessaria un'espressa pattuizione.

La ragione di tale limitazione legale risiede probabilmente nel fatto che la eventuale copertura del danno da lucro cessante, rendendo più difficile la quantificazione della eventuale esposizione debitoria dell'assicuratore, arrecherebbe un notevole ostacolo alla commisurazione del rischio e, conseguentemente, del relativo premio.

Applicazione di tale assunto è che «L'assicuratore contro il rischio di furto, in caso di sottrazione di capi di abbigliamento da un esercizio commerciale assicurato, è tenuto a corrispondere un indennizzo quantificato in misura corrispondente al costo di acquisto delle merci da parte del negoziante e non in misura corrispondente al prezzo di rivendita al pubblico, poiché a norma dell'art. 1905 comma 2 c.c., l'assicuratore non risponde del profitto sperato, se non nel caso in cui si sia espressamente obbligato in tal senso» (Cass. VI, n. 4828/2012).

Passando alla natura del debito di “indennizzo” sulla scorta della pressocché conforme giurisprudenza di legittimità, va affermato che «In tema di assicurazione contro i danni, il pagamento dell'indennizzo costituisce debito di valore poiché assolve ad una funzione di reintegrazione della perdita subita dal patrimonio dell'assicurato, sicché è soggetto all'automatica rivalutazione per il periodo intercorso tra il sinistro e la liquidazione, senza che abbia rilevanza l'inadempimento o il ritardo colpevole dell'assicuratore» (Cass. III, n. 15868/2015; Cass. III, n. 10488/2009; Cass. III, n. 395/2007; Cass. III, n. 13342/1999; Cass. I, n. 1715 /1980), e ciò ancorché venga convenzionalmente contenuto, nella sua espressione monetaria, nei limiti di un massimale (ma cfr. contra in materia di assicurazione contro gli infortuni Cass. III, n. 15407/2000).

Nel caso, poi, di accertamento del valore del danno a mezzo di perizia contrattuale, il debito indennitario, si connota come debito di valore dal momento del sinistro al verificarsi della liquidazione e solo successivamente a tale momento diventa obbligazione di valuta.

Ne consegue che la somma riconosciuta a titolo di indennizzo deve essere rivalutata al momento della liquidazione e che, qualora il danneggiato assicurato alleghi e dimostri che il conseguimento della somma al netto della rivalutazione al momento del sinistro gli avrebbe consentito, tramite il reimpiego immediato, una redditività maggiore rispetto al valore della rivalutazione monetaria, può essere riconosciuto il danno da lucro cessante per il mancato conseguimento della differenza mediante i cosiddetti interessi compensativi, senza che rilevino la mancanza di liquidità della somma fino all'esito della perizia contrattuale, l'inadempimento dell'assicuratore al dovere di collaborare all'espletamento della perizia e, infine, la mancata costituzione in mora dell'assicuratore medesimo- (cfr. Cass. III, n. 3268/2008).

Di recente la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che “All'indennizzo assicurativo per la responsabilità civile non si applicano gli interessi di mora previsti dal d.lgs. n. 231/2002, atteso che la somma corrisposta a tale titolo dall'assicuratore, pur trovando fondamento nel contratto di assicurazione, serve a ristorare il danneggiante dell'esborso compiuto a titolo di risarcimento del danno, per il quale l'art. 1, comma 2, lett. b) del citato decreto legislativo esclude espressamente l'applicazione degli interessi predetti. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che non aveva riconosciuto gli interessi ex d.lgs. n. 231/2002 sull'indennizzo preteso dall'assicurato onde essere rimborsato di quanto corrisposto, a seguito di condanna al risarcimento del danno, per spese di lite e di registrazione del verbale di conciliazione”  (Cass. III, n. 7966/2020).

In tema di limitazioni normative e convenzionali all'indennizzo, non può non rammentarsi che «Nel contratto di assicurazione sono da considerare clausole limitative della responsabilità, per gli effetti dell'art. 1341 c.c. (con conseguente sottoposizione delle stesse alla necessaria e specifica approvazione preventiva per iscritto), quelle che limitano le conseguenze della colpa o dell'inadempimento o che escludono il rischio garantito, mentre attengono all'oggetto del contratto - e non sono, perciò, assoggettate al regime previsto dal comma 2 della suddetta norma - le clausole che riguardano il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa e, pertanto, specificano il rischio garantito» (Cass. III, n. 25735/2015; per il caso delle clausole di un contratto di assicurazione contro il furto, che subordinano la garanzia assicurativa all'adozione di speciali dispositivi di sicurezza o all'osservanza di oneri diversi cfr. Cass. III, n. 22806/2014); cfr. anche Trib. Crotone, 18 febbraio 2020, n.199  secondo cui In tema di assicurazione contro il furto, deve ritenersi che clausole che subordinano la garanzia assicurativa all'adozione di speciali dispositivi di sicurezza, non introducono limiti alla responsabilità dell'assicuratore, ma individuano e circoscrivono il rischio, cioè l'oggetto del contratto (rischio assicurato). In altri termini, poiché nell'assicurazione contro i danni il fatto costitutivo del diritto dell'assicurato all'indennizzo consiste in un danno verificatosi in dipendenza di un rischio assicurato e nell'ambito spaziale e temporale in cui la garanzia opera, ai sensi dell'art. 2697 c.c. spetta al danneggiato dimostrare che si è verificato un evento coperto dalla garanzia assicurativa e che esso ha causato il danno di cui reclama il ristoro o chiede la copertura ai fini della responsabilità civile”).

Pur di fronte ad un orientamento consolidato della giurisprudenza in argomento, ribadito anche dal principio di cui alla massima in epigrafe, la realtà concreta della interpretazione delle singole clausole continua a dar luogo a contenziosi per la difficoltà di inquadrare le singole clausole nell'una o nell'altra categoria.

Peraltro, la qualificazione della clausola in un senso o nell'altro rileva anche sotto il profilo dell'ampiezza dell'onere probatorio gravante sull'assicurato in quanto, se la clausola controversa viene ritenuta delimitativa dell'oggetto, incombe sull'assicurato il quale voglia beneficiare della prestazione assicurativa, dimostrare la ricomprensione dell'evento nel rischio garantito, trattandosi di fatto costitutivo del diritto (e ciò provando, a seconda della strutturazione della clausola, nel senso di elencazione dei rischi compresi o delle cause di esclusione).

Ai fini del riconoscimento dell'indennizzo relativo ad assicurazione contro il furto la denuncia non è sufficiente per ritenere dimostrato che il fatto illecito si sia verificato. In materia di assicurazione contro i danni, tra le quali rientra quella contro il furto, poiché il fatto costitutivo del diritto dell'assicurato all'indennizzo consiste in un sinistro verificatosi in dipendenza di un rischio assicurato e nell'ambito spaziale e temporale in cui la garanzia opera, è su di lui che incombe l'onere di dimostrare che si è verificato un evento coperto dalla garanzia. A tal fine la denuncia in sede penale di un reato non è sufficiente per ritenere dimostrato che effettivamente il fatto illecito si sia verificato ( Cassazione civile sez. VI, 03/02/2023, n.3446).

Danni cagionati da vizi della cosa

Nel rispetto del principio ispiratore della disciplina del contratto di assicurazione che esige che l'assicuratore sia, sin dalla stipula del contratto, a conoscenza degli elementi che possano influenzare il rischio, aggravandolo o diminuendolo, si inquadra l'art. 1906 c.c. che esclude l'obbligo dell'assicuratore di indennizzare i danni derivanti da vizi intrinseci della cosa assicurata che non gli siano stati comunicati, o lo riduce in proporzione al contributo che ha fornito il vizio al verificarsi del sinistro.

La norma si ritiene non estensibile all'assicurazione per la responsabilità civile (cfr. Cass. I, n. 797/1990 per cui «L'art. 1906 c.c., ove prevede, in tema di assicurazione contro i danni, che l'assicuratore non risponde, salvo patto contrario, del pregiudizio prodotto da vizio intrinseco della cosa assicurata, non è suscettibile di applicazione estensiva alla assicurazione della responsabilità civile, nella quale manca la cosa assicurata ed il bene del destinatario della copertura assicurativa viene in considerazione al diverso fine di circoscrivere la relativa garanzia, con riferimento alla responsabilità risarcitoria verso terzi per fatti connessi alla proprietà od al godimento del bene medesimo»; sul punto cfr. anche Cass. I, n. 27517/2008).

Valore della cosa assicurata: Polizza stimata. Sottoassicurazione e sopraassicurazione

Ugualmente ispirato al principio indennitario è la disciplina relativa al valore delle cose assicurate che ne impone la valutazione al momento del sinistro e risponde alla esigenza per cui dal sinistro non può derivare un arricchimento illegittimo dell'assicurato.

Ne consegue che l'art. 1908 c.c. esclude che nell'accertamento del danno possa conferirsi alla cosa perita o danneggiata un valore superiore a quello che aveva al momento del sinistro (cfr. Trib. Roma XII, 12 settembre 2013), oltre all'ininfluenza, in tale ottica, del valore della cosa dichiarato in polizza ai fini del calcolo dell'indennizzo (cfr. Trib. Milano XII, 6 maggio 2010).

L'art. 1908, comma 2, c.c., però, consente alle parti di stabilire il valore delle cose assicurate al tempo della conclusione del contratto in via preventiva “mediante stima accettata per iscritto”.

Tale eventuale clausola (che trasforma la polizza in “stimata”) non prescrive che questa rappresenti necessariamente il frutto di una valutazione ad opera di esperti, la quale ben potrebbe rivelarsi superflua nel caso in cui l'assicuratore non nutrisse dubbi sulla corrispondenza al valore effettivo dei valori indicati dall'altro contraente.

Deve, dunque, ritenersi che ai fini dell'operatività della stima preventiva sia sufficiente che il relativo accordo venga dalle parti trasfuso in un apposito atto scritto, dotato di una propria autonomia rispetto alla “dichiarazione di valore delle cose assicurate contenute nella polizza o in altri documenti” cui fa riferimento il terzo comma della medesima disposizione normativa per sancirne la non equiparabilità a stima (App. Milano, IV, 13 settembre 2005, n. 2092), trattandosi quest'ultima di mera dichiarazione di scienza.

La stipula di una polizza stimata ex art. 1908 c.c., che ha lo scopo di determinare convenzionalmente il valore assicurabile, non è incompatibile con l'assicurazione parziale di cui all'art. 1907 c.c. nella quale il valore assicurato rappresenta solo una parte del valore della cosa (Cass. III, n. 25405/2013).

Si ha, infatti, assicurazione parziale o sotto assicurazione (art. 1907 c.c.) quando la somma assicurata è inferiore all'interesse garantito, a nulla rilevando che la mancata rispondenza sia involontaria, come avviene quando le parti abbiano ignorato che il valore della cosa fosse superiore o fosse divenuto tale nel corso del contratto, o volontaria, per essere stata la sottoassicurazione voluta dal contraente per risparmiare sul premio, ovvero voluta dall'assicuratore per vincolare l'assicurato alla cointeressenza sul rischio (cfr. App. L'Aquila 27 aprile 1977).

In tal caso - sempre in ossequio al principio indennitario - l'assicuratore è tenuto a corrispondere il risarcimento nella stessa proporzione in cui la somma assicurata sta al valore complessivo della cosa assicurata, mandando l'assicurato scoperto per il residuo.

Sono ammesse, però, deroghe al principio indennitario con riguardo al criterio di proporzione tra premio e indennizzo.

È il caso delle cd. polizze “a primo rischio”, contenenti cioè un patto di deroga, in favore dell'assicurato, della regola della proporzionale riduzione dell'indennizzo in caso di inferiorità del valore assicurato rispetto a quello reale (art. 1907 c.c.), con il limite, però, della tutela dell'assicurato (cfr. Cass. I, n. 44/1991 «Deve ritenersi nulla, e quindi come non apposta nella polizza medesima, la clausola che non si limiti a fissare un eventuale “tetto” del valore reale, oltre il quale riprenda vigore detta regola, ma escluda l'indennizzo per il solo fatto che il medesimo valore reale superi il massimale, atteso che siffatta clausola è radicalmente incompatibile con l'indicato patto di deroga, comportando per l'assicurato un trattamento deteriore anche rispetto a quello che avrebbe in difetto della deroga stessa»).

Anche nella regolamentazione della cd. sopra-assicurazione (art. 1909 c.c.) è cardine l'assunto per cui l'assicurazione deve essere stipulata per una somma non superiore al valore della cosa assicurata, pena l'aggiramento del principio indennitario.

Dunque, l'eccesso di assicurazione è sempre rilevante ed è diversamente regolato a seconda che la dichiarazione di valore della cosa superiore alla realtà sia commessa con dolo o senza dolo.

Nel primo caso, integrato dalla voluta e consapevole esagerazione del valore dichiarato del bene assicurato (senza necessità di provare i raggiri richiesti dall'art. 1439 c.c.), la sopra-assicurazione incide sulla validità del contratto determinandone la nullità; viceversa, se non c'è dolo, si ha una nullità parziale per mancanza parziale di oggetto con riduzione ex lege del contratto fino a riduzione dell'indennizzo proporzionale al valore reale della cosa assicurata, e diritto dell'assicurato per l'avvenire ad una proporzionale diminuzione del premio.

La perizia contrattuale

Nell'ambito dell'assicurazione contro i danni la stima delle conseguenze del sinistro, può essere rimandata per convenzione contrattuale ad uno o più esperti (c.d. clausola di «perizia contrattuale»).

Con la clausola anzidetta, le parti decidono temporaneamente di sospendere la tutela giurisdizionale dei diritti derivanti dal rapporto controverso; ne consegue che durante il corso della procedura contrattuale e prima della sua attivazione, esse non possono adire l'autorità giudiziaria per l'esercizio delle azioni derivanti dal rapporto, e ciò anche quando il contratto nulla disponga al riguardo. La clausola della perizia contrattuale non esige né la prova scritta né, ove, contenuta in una clausola scritta, l'approvazione specifica per iscritto a norma dell'art. 1341 c.c. (cfr. Trib. Trento 16 maggio 2011; Cass. III, n. 11876/2007).

In particolare, la perizia contrattuale ha natura di mandato collettivo, nel senso che le parti devolvono ad un terzo, che scelgono per la sua particolare competenza, la formulazione di una valutazione che si impegnano anticipatamente ad accettare e far propria, il cui esito esse possono impugnare solo con gli strumenti atti ad aggredire una pattuizione contrattuale: l'azione di annullamento, da un lato, se vi è errore determinante, l'azione di risoluzione, se vi è inadempimento, in caso l'assicuratore non si conformi aldictum del perito. Pertanto, l'errore che consentirebbe di impugnare la perizia è l'errore idoneo a determinare un vizio del consenso, impugnabile sempre tramite l'azione di annullamento e non l'errore che incide sulla quantificazione dell'indennizzo liquidato se non passa attraverso una alterata formazione del consenso, denunciata come tale (Trib. Milano 4 febbraio 2020, n. 933).

Ne consegue che prima dell'attivazione e sino al termine della procedura la tutela giurisdizionale è temporaneamente sospesa, pena la declaratoria di improponibilità della domanda (indipendentemente dall'espressa previsione di contratto: cfr. Cass. III, n. 1754/2005) e che il periodo prescrizionale relativo al diritto dell'assicurato decorre soltanto a partire dal momento in cui può essere esercitato, vale a dire dal momento della conclusione della procedura di quantificazione del danno (Cass. III, n. 11876/2007; Cass. III n. 2277/2006; Cass. III, n. 1754/2005; Cass. III, n. 14909/2002; Cass. III n. 1432/1999; Cass. III, n. 194/2003).

Ciò, però, salvo che l'assicuratore abbia nel frattempo contestato l'operatività della polizza, in quanto in tal caso il diritto all'indennità rimane svincolato dalla perizia contrattuale ed è azionabile a prescindere da essa, ed anzi l'assicurato ha l'onere di attivarsi immediatamente per evitare il consumarsi del termine breve di prescrizione (cfr. Cass. III, n. 17022/2015).

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