Atto di citazione per mancato indennizzo da assicurazione per la vita

Maria Carolina De Falco

Inquadramento

L'assicurazione sulla vita impone obblighi informativi reciproci alle parti: da un lato, l'assicurato deve rendere edotta la controparte contrattuale di tutti gli elementi che condizionano il suo grado di rischio (professione; condizioni di salute; etc. etc.), dall'altro, l'assicurato deve costantemente tenere informato il cliente del valore del controvalore della polizza (valore di riscatto).

Nell'atto che segue il beneficiario della polizza ricorre alla giustizia di fronte al diniego della compagnia assicuratrice di riconoscimento dell'indennizzo per asserita mancata comunicazione dei sintomi della malattia che avrebbe condotto alla morte del contraente, deducendo che gli obblighi informativi gravanti su quest'ultimo non si estendono alle manifestazioni della malattia ambigue, aspecifiche e, comunque, non allarmanti al momento della conclusione del contratto.

Formula

TRIBUNALE DI .... [1]

ATTO DI CITAZIONE

Il Sig. ...., nato a .... il ...., residente in .... alla via .... n. ...., C.F. .... [2], elettivamente domiciliato in .... alla via .... n. .... [3] presso lo studio dell'Avv. ...., C.F. .... [4] che lo rappresenta e difende in virtù di procura in calce del presente atto, il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni al n. di fax .... [5] o all'indirizzo di posta elettronica .... [6], espone quanto segue.

PREMESSO [7]

1) In data ...., il Sig. .... (assicurato) stipulava con .... (assicuratore) la polizza n. .... sulla propria vita per il caso di morte, con previsione di pagamento dell'indennizzo a beneficio di ....

In data ...., il portatore di rischio moriva a causa di ....

2) Con lettera raccomandata a/r del .... (doc. 2) l'istante denunciava all'assicurazione l'evento morte di .... e formulava richiesta di indennizzo.

3) Con lettera raccomandata a/r del .... (doc. 3) l'assicuratore rifiutava la richiesta del pagamento dell'indennizzo adducendo che:

a) ai sensi dell'art. 1892 c.c., l'indennizzo non era dovuto in quanto il contraente, al momento della stipula, aveva rilasciato dichiarazioni inesatte sul proprio stato di salute;

b) il beneficiario non aveva accompagnato la richiesta di indennizzo con i documenti richiesti dal contratto, il quale prevedeva la consegna di una relazione medica sulle cause della morte.

4) In data .... l'istante, a mezzo del procuratore costituito, depositava presso l'Organismo di mediazione territorialmente competente istanza di mediazione, ma il tentativo di conciliazione non andava a buon fine.

IN DIRITTO

Quanto al primo motivo di diniego dell'indennizzo, l'assicuratore omette di considerare che secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di assicurazione sulla vita, non può ritenersi reticente, per i fini di cui all'art. 1892 c.c., la condotta dell'assicurato che al momento della stipula del contratto sottaccia all'assicuratore l'esistenza di sintomi ritenuti dai medici, in quel momento, ambigui, aspecifici e, comunque, non allarmanti, a nulla rilevando che in prosieguo di tempo emerga che quei sintomi erano provocati da una grave malattia, non accertabile al momento della stipula del contratto se non attraverso specifici e particolari esami [8].

Nel caso di specie l'assicurato, al momento della stipula, ometteva di denunciare all'assicurazione sintomi ritenuti dai medici assolutamente non allarmanti, come da documentazione medica versata in atti; ne consegue che la sua condotta non è qualificabile in alcun modo come reticente e, pertanto, è illegittimo il rifiuto dell'assicurazione di corrispondere l'indennizzo in favore del beneficiario.

In ogni caso, va osservato che la documentazione medica prodotta all'assicurazione sia nella fase stragiudiziale sia nel presente giudizio comprova il diritto dell'odierno attore all'indennizzo.

Tutto ciò premesso l'attore, come in epigrafe rappresentato, difeso e domiciliato

CITA

la. ...., in persona del rappresentante legale p.t. ...., con sede sociale in .... P.I. ...., a comparire innanzi al Tribunale di ...., nell'udienza del ...., ora di rito, dinanzi al Giudice Istruttore che sarà designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., con l'invito a costituirsi nel termine di almeno venti giorni prima della suddetta udienza ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c., con l'avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui agli artt. 167 e 38 c.p.c. e che, in difetto di costituzione, si procederà in sua contumacia, per sentir accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia il Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, accertare la fondatezza della domanda e, per l'effetto, condannare la convenuta a corrispondere all'attore, a titolo di indennizzo, la somma di euro ...., oltre rivalutazione e interessi.

Con vittoria di spese, competenze e onorari del giudizio.

Si allegano:

1) polizza n. ....di assicurazione sulla vita;

2) certificato medico del ....;

3) raccomandata a/r del ....;

4) raccomandata a/r del ....;

5) verbale negativo di mediazione;

6) certificato di morte.

Ai sensi dell'art. 14, co. 2, d.P.R. n. 115/2002 si dichiara che il valore del presente procedimento è di Euro ....

Luogo e data ....

Firma Avv. ....

PROCURA

Io sottoscritto ...., nato a ...., il ...., conferisco procura all'Avv. ...., affinché mi rappresenti e difenda nel giudizio di imputazione di cui al presente atto.

Dichiaro altresì di avere ricevuto informativa ex d.lgs. n. 28/2010, così come novellato a seguito della conversione del dl. 69/2013, relativamente ai procedimenti per i quali è obbligatorio esperire il tentativo di mediazione e relativamente ai benefici fiscali connessi con tale procedimento, nonché di aver ricevuto l'informativa ai sensi degli artt. 2 e segg. del d.l. 13 settembre 2014, n. 132, convertito con modifiche dalla l. 10 novembre 2014 n. 162, della possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati disciplinata dagli art. 2 e segg. del suddetto d.l.

Eleggo domicilio, ai fini del presente giudizio, presso il suo studio professionale in .... alla via ...., e gli conferisco, altresì, ogni più ampia facoltà di legge.

Acconsento, infine, al trattamento dei dati personali per l'espletamento del mandato conferito, ai sensi del d.lgs. n. 196/2003.

Luogo e data ....

Firma ....

La firma è autografa

Firma Avv. ....

[1] In materia assicurativa la competenza per territorio segue i criteri ordinari dettati dagli artt. 18, 19, 20 e 28 del codice di procedura civile con la concorrenza- salvo diversi accordi tra le parti - del foro del convenuto (sede della persona giuridica), della conclusione del contratto o della esecuzione della prestazione. Nel caso in cui, però, la controversia venga instaurata o sia diretta verso una persona fisica che rivesta la qualità di consumatore, prevale il foro individuato sulla scorta della residenza di quest'ultimo, di natura inderogabile (c.f.r. Cass. III, n. 9922/10 per cui «Nelle controversie tra consumatore e assicurazione, la competenza è del giudice del luogo in cui il cittadino risiede o ha eletto domicilio nelle controversie. È vessatoria, quindi, la clausola che prevede una diversa località come sede del foro competente, anche se coincidente con uno di quelli individuabili sulla base del funzionamento dei vari criteri di collegamento stabiliti dal codice di procedura civile per le controversie che hanno origine da un contratto»).

[2] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., dalla l. 15 luglio 2011, n. 111).

[3] L'elezione di domicilio nel Comune in cui ha sede il Tribunale adito è obbligatoria: essa individua il luogo legale ove effettuare le comunicazioni e notificazioni inerenti al processo: artt. 165 e 170 c.p.c.

[4] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c.

[5] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla disposizione testè ricordata, «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

[6] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla legge n. 114/2014.

L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla legge n. 114/2014.

[7] L'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragione della domanda dell'attore rappresenta un elemento essenziale della citazione. L'indicazione della causa petendi, e cioè del titolo della domanda, è richiesto dall'art. 163 comma 3, n. 4 c.p.c. Tuttavia solo la mancanza dell'indicazione dei fatti posti a fondamento della domanda produce la nullità della citazione a norma dell'art. 164, comma 4, c.p.c.

[8] Cfr. Cass. n. 13604/2011

Commento

Principi generali dell'istituto

Come già anticipato in tema di trattazione dell'assicurazione contro i danni, il contratto di assicurazione sulla vita costruisce la sua regolamentazione proprio quale istituto con ratio e funzione diversa dalla prima, ricavando nella disciplina codicistica uno spazio suo proprio (artt. 1919- 1927 c.c.).

L'assicurazione sulla vita è stata oggetto anche di una serie di norme particolari all'interno del Codice delle Assicurazioni Private (artt. 176-178) che tendono alla salvaguardia della posizione del contraente debole (assicurato) rispetto all'assicuratore tanto nella fase delle trattative, che nella fase di determinazione e liquidazione del danno (revocabilità della proposta; diritto di recesso; inversione della prova a carico dell'impresa nell'ambito di alcuni tipi di assicurazione sulla vita).

A seconda della concreta configurazione del rapporto assicurativo si distingue tra:

⋅ L'assicurazione di un capitale sulla vita intera, quando l'assicuratore si obbliga a versare una somma di denaro in caso di morte dell'assicurato in qualunque caso essa si verifichi;

⋅ L'assicurazione di sopravvivenza, quando l'obbligo dell'assicuratore è legato alla sopravvivenza di un'altra persona;

⋅ L'assicurazione temporanea per il caso di morte, quando l'assicuratore si impegna a corrispondere quanto pattuito se la morte dell'assicurato sopravviene entro un certo termine;

⋅ L'assicurazione a termine fisso, quando la somma assicurata è dovuta ad una certa data mentre i premi vanno corrisposti fino alla morte dell'assicurato;

⋅ L'assicurazione di un capitale differito, con obbligo dell'assicuratore di versare una somma se, ad un dato giorno, l'assicurato è ancora in vita;

⋅ L'assicurazione di rendita vitalizia immediata o differita, se l'assicuratore deve versare una rendita alla conclusione del contratto o in un momento successivo, fino al decesso dell'assicurato;

⋅ L'assicurazione di una rendita temporanea, che è dovuta fino ad un giorno prestabilito.

La tipologia di contratto in esame ha prevalente e determinante funzione previdenziale e presenta, quale sinallagma classico, lo scambio tra il pagamento di un premio periodico e l'obbligo dell'assicuratore a versare al contraente o ad un terzo da questi designato un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana (morte o sopravvivenza oltre una certa età).

È stato sul punto chiarito, infatti, dalla giurisprudenza di merito che «Non può definirsi “polizza vita” un contratto che preveda un investimento finanziario non finalizzato a soddisfare principalmente bisogni di carattere previdenziale. Per aversi una funzione di tutela previdenziale e, quindi, per potersi qualificare come polizza vita, il contratto deve prevedere quale obiettivo minimo, in caso di decesso, la conservazione integrale del capitale, dato che la previsione di un rimborso, in caso di morte, in misura inferiore al capitale versato è incompatibile con lo strumento della assicurazione sulla vita quale forma di assicurazione privata» (Trib. Parma I, 10 agosto 2010, n. 1107; Trib. Trani, 11 marzo 2008, Trib. Salerno, 7 luglio 2009; Trib. Milano, 12 febbraio 2010; Trib. Busto Arsizio, 6 novembre 2009).

In punto di bene tutelato, la specificità dell'assicurazione sulla vita (rispetto all'assicurazione contro i danni e quella contro gli infortuni) è, dunque, “l'evento attinente alla vita umana” da intendersi quale «il proseguire o il modo di essere dell'esistenza biologica dell'assicurato o di una terza persona indicata nel contratto ovvero di un qualunque altro episodio dello svolgimento della vita di tali persone» (cfr. Cass. III, n. 1971/1941).

È escluso, quindi, che possa qualificarsi contratto di assicurazione sulla vita quello in cui il contraente o il beneficiario siano una persona giuridica (Trib. Trieste 17 giugno 2010).

L'assicurazione sulla vita del contraente o di un terzo

La prima norma che si occupa dell'istituto in esame (art. 1919 c.c.) prevede che esso possa essere stipulato con riguardo ad un evento attinente la vita del contraente o di un terzo.

In questo secondo caso, ove sia contratta per il caso di morte (e non di semplice sopravvivenza) il contratto non è valido se il terzo o il suo legale rappresentante non abbiano espresso il consenso da intendersi secondo la forma scritta ad probationem che governa l'intera disciplina delle assicurazioni.

Sul punto è stato chiarito che «L'art. 1919, comma 2, c.c., nel subordinare la validità dell'assicurazione sulla vita, contratta per il caso di morte di un terzo, al consenso scritto del medesimo, si riferisce all'ipotesi in cui quest'ultimo si venga a trovare nella posizione di mero portatore del rischio, mentre i benefici del contratto assicurativo spettino esclusivamente allo stipulante o a persona da questi designata» (cfr. App. Roma 9 dicembre 2008).

La ratio dell'istituto del consenso del terzo - diversamente dal più incerto presupposto nel regime vigente precedente al codice del 1942, ovvero l'interesse del contraente -è quella di tutelarlo, facendo sicché egli, conoscendo ed acconsentendo ad una assicurazione sulla propria vita, ottenga tutela nei confronti di coloro che, in qualità di contraenti o beneficiari, potrebbero avere un interesse al verificarsi dell'evento della sua morte; trattasi quindi di una ratio di ordine pubblico, finalizzata a proteggere il terzo, non assicurato ma mero portatore del rischio, in quanto si ritiene che nessuno presterebbe il proprio consenso ad una siffatta operazione nei confronti di chi considerasse capace di compiere atti delittuosi al fine di lucrare o far lucrare ad altri la somma assicurata.

La norma in parola non si applica all'assicurazione che il datore di lavoro stipuli per il caso di morte del proprio dipendente, a favore degli eredi di quest'ultimo che, invece, è valida ed efficace a prescindere dall'indicato consenso (cfr. Cass. III, n. 2393/1977).

Assicurazione in favore del terzo: revoca e decadenza dal beneficio

A norma dell'art. 1920 c.c. l'assicurazione sulla vita può essere stabilita anche a favore di un terzo.

Tale tipologia di contratto rientra nel contratto a favore del terzo, pur essendo diverso il modo di attribuzione al terzo del beneficio, in considerazione del fatto che in tale fattispecie esso può avere luogo anche con il testamento, ed il momento in cui il terzo acquista il suo diritto, nell'ipotesi degli artt. 1411 e ss. è quello della stipulazione, e nell'art. 1920 c.c., invece, per effetto della designazione, consistente in una comunicazione scritta all'assicuratore successiva alla stipula del contratto.

È bene chiarire che il beneficiario, anche se erede, acquista il diritto iure proprio e non iure successionis (cfr. Cass. III, n. 6531/2006), tanto che egli può rivolgersi direttamente all'assicuratore per ottenere l'indennità (Cass. III, n. 6062/1998), ovvero nel senso che non si tratta di diritto derivato da quello del contraente (cfr. Cass. sez. lav., n. 15407/2000), e non già nel senso che il diritto del terzo beneficiario sia del tutto svincolato dalle clausole o dalle pattuizioni contenute nel contratto di assicurazione: quale l'eccezione di prescrizione del diritto del terzo all'indennità, di durata annuale dal giorno in cui si è verificato il fatto (cfr. App. Roma II, 2 ottobre 2008; Cass. III, n. 22809/2009).

Da ciò consegue altresì che l'eventuale istituzione di erede per testamento compiuta dal contraente dopo aver designato i propri eredi legittimi quali beneficiari della polizza non rileva né come nuova designazione per attribuzione delle prestazioni assicurative, né come revoca del beneficio ove non risulti una inequivoca volontà in tal senso, operando su piani diversi l'intenzione di disporre mortis causa delle proprie sostanze e l'assegnazione a terzi del diritto contrattuale alla prestazione assicurativa (Cass. sez. I, n.39/2023).

È stato, altresì, puntualizzato anche di recente che «nel contratto di assicurazione per il caso di morte, il beneficiario designato acquista, ai sensi dell'art. 1920, comma 3, c. c., un diritto proprio che trova la sua fonte nel contratto e che non entra a far parte del patrimonio ereditario del soggetto stipulante e non può, quindi, essere oggetto delle sue (eventuali) disposizioni testamentarie né di devoluzione agli eredi secondo le regole della successione legittima; sicché la designazione dei terzi beneficiari del contratto, mediante il riferimento alla categoria degli eredi legittimi o testamentari, non vale ad assoggettare il rapporto alle regole della successione ereditaria, trattandosi di una mera indicazione del criterio per la individuazione dei beneficiari medesimi in funzione della loro astratta appartenenza alla categoria dei successori indicata nel contratto, in modo che qualora i beneficiari siano individuati, come nella specie, negli eredi legittimi, gli stessi sono da identificarsi con coloro che, in linea teorica e con riferimento alla qualità esistente al momento della morte dello stipulante, siano i successibili per legge, indipendentemente dalla loro effettiva chiamata all'eredità» (Cass. II, n. 26606/2016; Cass. III, n. 19210/2015).

Nel contratto di assicurazione sulla vita la designazione generica degli "eredi legittimi" come beneficiari comporta l'inclusione, tra i medesimi, pure degli eredi per rappresentazione ed ha, inoltre, come effetto che, a ciascuno di essi, spettino gli interessi corrispettivi sin dalla morte del de cuius (Cass. sez. III,  n.24951/2023).

Ancora, nell'assicurazione sulla vita, nel caso di morte di uno dei beneficiari, di recente la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni  Unite    n.11421 del 30/04/2021,  dirimendo un contrasto interno alle Sezioni semplici e  confermando la già riportata tesi diffusa nella giurisprudenza di merito secondo cui ,  il diritto all'indennizzo si trasmette ai di lui eredi, e non si accresce agli altri beneficiari (cfr.  Trib. Roma, 2 dicembre 2002 ; ma anche in quella di  legittimità :  cfr. Cass .  Civ. sez. III, n.9948/2021 ), ha chiarito che  “ Allorché uno dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita premuore al  contraente, la prestazione, se il beneficio non sia stato revocato o il contraente non abbia disposto diversamente, deve essere eseguita a favore degli eredi del premorto in proporzione della quota che sarebbe spettata a quest'ultimo ”.

Invero, la designazione generica degli "eredi" come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in una delle forme previste dell'art. 1920, comma 2, c.c., comporta l'acquisto di un diritto proprio ai vantaggi dell'assicurazione da parte di coloro che, al momento della morte del contraente, rivestano tale qualità in forza del titolo della astratta delazione indicata all'assicuratore per individuare i creditori della prestazione.

Dunque, l a designazione generica degli "eredi" come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in difetto di una inequivoca volontà del contraente in senso diverso, non comporta la ripartizione dell'indennizzo tra gli aventi diritto secondo le proporzioni della successione ereditaria, spettando a ciascuno dei creditori, in forza della  eadem  causa  obligandi, una quota uguale dell'indennizzo assicurativo.

Quanto alla capacità richiesta per la sua stipula, poiché, essa priva il patrimonio del contraente del credito futuro di indennizzo, se, pertanto, la designazione del beneficiario sia compiuta da persona in stato di incapacità naturale, il pregiudizio per il patrimonio di questa è in re ipsa ed il negozio di designazione annullabile, salvo che nel caso specifico possa ritenersi il suddetto pregiudizio non grave (Cass. III, n. 7683/2015; in caso di donazione indiretta, è applicabile l'art. 775 c.c., e se compiuta da incapace naturale è annullabile a prescindere dal pregiudizio che quest'ultimo possa averne risentito: cfr. Cass. III, n. 7683/2015).

La designazione può essere revocata (art. 1921) o il beneficiario essere dichiarato decaduto (art. 1922 c.c.).

In caso di premorte del terzo allo stipulante, l'attribuzione del diritto iure proprio al beneficiario per effetto della designazione giustifica l'applicabilità all'assicurazione sulla vita del comma 2 dell'art. 1412 c.c., secondo il quale «la prestazione deve essere eseguita a favore degli eredi del terzo se questi premuore allo stipulante, purché il beneficio non sia stato revocato o lo stipulante non abbia disposto diversamente», con conseguente trasmissibilità agli eredi del terzo premorto della titolarità dei vantaggi dell'assicurazione (Cass. sez. III,  n.11101/2023).

Per la validità della revoca si richiedono le medesime forme con le quali può essere effettuata la designazione a norma dell'art. 1920 c.c., ovvero con successiva comunicazione scritta o a mezzo di successiva disposizione testamentaria incompatibile (ad esempio in favore di altra persona: cfr. Trib. Palermo 22 gennaio 2003).

Le revoca non è più possibile se il beneficiario una volta che si sia verificato l'evento ha dichiarato di volerne profittare o se il contraente abbia rinunciato per iscritto al potere di revoca.

Quanto alla decadenza da beneficio, essa è riservata all'ipotesi - anche di designazione irrevocabile - di attentato da parte del beneficiario alla vita dell'assicurato, ovvero al caso in cui questi si mostri indegno della fiducia, della riconoscenza e della benevolenza del contraente, facendo venir meno così l'alea, caratteristica essenziale del contratto.

Se, poi, la designazione del terzo beneficiario sia da qualificarsi quale donazione indiretta (Cass. III, n. 3263/2016; Cass. III, n. 7683/2015), essa è soggetta alle ipotesi di revoca previste dall'art. 800 c.c.

Obblighi informativi

Aspetto determinante dell'istituto in commento è la valutazione della condotta del contraente nella descrizione delle condizioni di salute proprie e/o del terzo cui il rischio è connesso, nonché, dall'altro canto, l'obbligo di trasparenza e di chiarezza informativa gravante sull'assicuratore.

Invero, se in generale l'assicuratore (come il proprio intermediario o promotore) ha il dovere primario - ai sensi degli artt. 1175,1337 e 1375 c.c. - di fornire al contraente una informazione esaustiva, chiara e completa sul contenuto del contratto, oltre quello di proporgli polizze assicurative realmente utili alle sue esigenze, integrando la violazione di tali doveri una condotta negligente ex art. 1176, secondo comma, c.c. (Cass. III, n. 8412/2015), tale obbligo, nei contratti di durata qual è l'assicurazione sulla vita, impone all'assicuratore il dovere di tenere informato il contraente sui costi che sta applicando per la riscossione dei premi e per la gestione della polizza, sino allo spirare del termine di efficacia di essa.

Dal versante del contraente/assicurato, si configura la mala fede dell'assicurato che omette di fornire informazioni sul proprio stato di salute, rispondendo nel questionario assicurativo negativamente circa l'esistenza di stati morbosi o di patologie in atto. L'avente causa dell'assicurato deceduto non può, pertanto, ottenere il pagamento del capitale rivalutato della polizza di assicurazione (cfr. Cass. III, n. 27578/2011).

In particolare, «l'assicuratore il quale, prima della stipula di un'assicurazione sulla vita, sottoponga al contraente un questionario anamnestico per la valutazione del rischio, non ha alcun onere di indicare analiticamente tutti gli stati morbosi che ritiene influenti sul rischio, ma è sufficiente che ponga all'assicurato la generica richiesta di dichiarare ogni stato morboso in atto al momento della stipula o ne raggruppi le specie per tipologie (nella specie: patologie metaboliche) né tale formulazione del questionario può essere interpretata come disinteresse dell'assicuratore alla conoscenza di malattie non espressamente indicate. Ne consegue che, per escludere la reticenza di cui agli art. 1892 e 1893 c.c., non può essere dall'assicurato sottaciuta l'esistenza di una patologia preesistente come il diabete anche se non singolarmente indicata nel questionario anamnestico» (Cass. III, n. 27578/2011; Cass. III, n. 13604/2011).

Divieto di assoggettamento dell'indennità alle azioni esecutive e cautelari. Il caso delle polizze unit linked o index linked. Rinvio alla formula dedicata

In virtù dell'art. 1923 c.c. le somme dovute dall'assicuratore in virtù del contratto di assicurazione sulla vita al contraente o al beneficiario non sono passibili né di azione esecutiva, né cautelare, e la ratio è rinvenibile nella natura previdenziale dell'istituto.

Il divieto non viene meno per effetto dell'inizio di una procedura concorsuale.

Invero, «in tema di contratto di assicurazione sulla vita, alla dichiarazione di fallimento del beneficiario non consegue lo scioglimento del contratto, né il curatore - al pari di quanto previsto per le «somme dovute», di regola già impignorabili secondo l'art. 1923 c.c. - può agire contro il terzo assicuratore per ottenere il valore di riscatto della relativa polizza stipulata dal fallito quand'era in bonis, non rientrando tale cespite tra i beni compresi nell'attivo fallimentare ai sensi dell'art. 46, comma 1, n. 5, l. fall., considerata la funzione previdenziale riconoscibile al predetto contratto, non circoscritta alle sole somme corrisposte a titolo di indennizzo o risarcimento» (Cass. S.U., n. 8271/2008).

La dichiarazione di fallimento non determina, poi, lo scioglimento del contratto di assicurazione sulla vita, che rimane efficace tra le parti con l'unica eccezione che il fallito non può più corrispondere i premi dal momento in cui è dichiarato il proprio fallimento.

In tal caso il curatore potrà solo agire in revocatoria al fine di acquisire alla massa fallimentare i premi pagati, ma non è legittimato a chiedere lo scioglimento del contratto al fine di acquisire il valore di riscatto della polizza (App. Napoli, 22 settembre 2008).

Fa eccezione a tale disposizione il sequestro preventivo penale (cfr. Cass. pen. VI, n. 18736/2014; Cass. pen. VI n. 12838/2011) visto che il divieto ivi prescritto attiene esclusivamente alla definizione della garanzia patrimoniale a fronte della responsabilità civile e non riguarda la disciplina della responsabilità penale.

Il divieto di azione esecutiva e cautelare previsto dall'art. 1923 c.c. non si applica alle polizze sulla vita “index linked” (Trib. Parma I, 10 agosto 2010, n. 1107: cfr. rinvio alla formula sulla Polizza unit e index linked ed altri prodotti assicurativo-finanziari) (ma sul punto si rinvia più nel dettaglio alla formula dedicata alle Polizze unit e index linked).

Mancato pagamento del premio

L'art. 1924, comma 2° in materia di contratto di assicurazione sulla vita, prevede che se il contraente non paga il premio relativo al primo anno l'assicuratore può agire per l'esecuzione del contratto nel termine di sei mesi dal giorno in cui il premio è scaduto. La norma si applica anche se il premio è ripartito in più rate, fermo restando il disposto dei primi due commi dell'articolo 1901. In tal caso il termine decorre dalla scadenza delle singole rate. Se il contraente non paga i premi successivi nel termine di tolleranza indicato nella polizza o, in mancanza, nel termine di venti giorni dalla scadenza, il contratto è risolto di diritto, e i premi pagati restano acquisiti all'assicuratore, salvo che sussistano le condizioni per il riscatto dell'assicurazione o per la riduzione della somma assicurata.

La norma in parola, non essendo contenuta nell'elencazione dell'art. 1932 c.c. è derogabile, per cui «è valida - e non richiede una specifica approvazione per iscritto - la clausola derogativa di polizza che regoli gli effetti del mancato pagamento dei premi in conformità dei principi generali di cui all'art. 1901 c.c.» (Cass. I, n. 1883/1977).

Se, dunque, le parti abbiano previsto la possibilità di riattivazione automatica del rapporto, entro sei mesi dalla scadenza del premio non pagato, verso pagamento dei premi arretrati e degli interessi legali, ovvero la possibilità di riattivazione dopo i sei mesi entro i due anni dall'indicata scadenza, subordinatamente all'accertamento da parte dell'assicuratore del buono stato di salute dell'assicurato, la risoluzione di diritto opera solo allo spirare di quest'ultimo termine, mentre con la riattivazione non si determina il sorgere di un nuovo contratto, ma riprende a spiegare effetti lo stesso rapporto che, in seguito all'omesso pagamento del premio, era venuto a trovarsi in una situazione di quiescenza (cfr. Cass. I, n. 8558/1994).

La giurisprudenza di legittimità, poi, in ordine alla applicabilità dell'art. 1924 c.c. alle assicurazioni contro gli infortuni ha affermato che «Le disposizioni dell'art. 1901 c.c., in quanto contenute in un articolo collocato tra le disposizioni generali sulle assicurazioni, sono applicabili, oltre che alle assicurazioni contro i danni, anche alle assicurazioni sugli infortuni o invalidità poiché alle predette assicurazioni non è riferibile l'eccezione prevista nell'ultima parte dell'ultimo comma della norma, che esclude le assicurazioni sulla vita dall'ambito di applicazione delle precedenti disposizioni della norma medesima, né è applicabile la norma dell'art. 1924 c.c. disegnata sulla specificità della struttura e della funzione dell'assicurazione sulla vita, avente di regola finalità di risparmio e di capitalizzazione. Peraltro, entrambe le norme - quella dell'art. 1901 e quella dell'art. 1924 c.c. - si riferiscono soltanto agli effetti dell'inadempimento dell'obbligazione di pagamento del premio nascente da contratto già concluso ed efficace, non alla decorrenza pattizia dell'efficacia del contratto o delle obbligazioni che da esso derivano, che rimane affidata all'autonomia negoziale delle parti» (Cass. III, n. 12353/2006).

Il riscatto e riduzione della polizza

Per riscatto si intende il diritto che spetta all'assicurato di risolvere in ogni momento il contratto di assicurazione, ottenendo dall'assicuratore il pagamento il controvalore della polizza, onde evitare che quest'ultimo se ne avvantaggi indebitamente.

Corrisponde, naturalmente, in capo all'assicuratore un obbligo informativo periodico e costante.

Con riguardo a contratto di assicurazione sulla vita, la dichiarazione di riscatto da parte dell'assicurato produce i suoi effetti dal momento in cui perviene all'assicuratore trattandosi di dichiarazione ricettizia, ma il dichiarante (purché in regola con il pagamento dei premi) può anche implicitamente differire gli effetti del riscatto al momento della cessazione della copertura assicurativa, atteso che la regolamentazione pattizia di deroga all'art. 1924 c.c. deve essere sempre ispirata al principio contenuto nell'art. 1901 dello stesso codice, il quale presuppone la persistenza del rapporto di corrispettività tra pagamento del premio ed assunzione del rischio da parte dell'assicuratore (cfr. Cass. I, n. 401/1988).

Mentre, poi, il riscatto determina il venir meno dell'obbligo assicurativo, con la riduzione (ulteriore facoltà dell'assicurato), il rapporto prosegue con la modifica in peius della somma assicurata, in modo tale che l'assicuratore sia liberato dal pagamento degli ulteriori premi.

Cambiamento della professione dell'assicurato

Se l'intera normativa sulle assicurazioni mira a garantire l'equilibrio fin ab origine nel rapporto tra premi versati e rischi in carico all'assicuratore, la disposizione dell'art. 1926 c.c. è espressione della volontà del legislatore di preservare tale equilibrio anche durante il rapporto.

In particolare esso assicura che il mutamento della professione dell'assicurato, che nella gran parte dei casi condiziona l'alea del contratto di assicurazione sulla vita, aumentandone o diminuendo il grado di rischio assunto dall'assicuratore, si rifletta sulla sopravvivenza del contratto o sulle sue condizioni.

L'art. 1926 c.c. precisa, allora, che i cambiamenti di professione o di attività non facciano cessare gli effetti del contratto qualora non aggravano il rischio in modo tale che, se il nuovo stato di cose fosse esistito al tempo del contratto, l'assicuratore non avrebbe consentito l'assicurazione.

Ove si tratti, invece, di mutamento che se esistito fin ab origine, avrebbe determinato il pagamento di un premio superiore, e si verifichi l'evento dannoso, il pagamento dell'indennizzo è ridotto in proporzione al minor premio convenuto rispetto a quello che sarebbe stato preteso fin dall'inizio.

Alla comunicazione dell'assicurato corrisponde l'obbligo dell'assicuratore di riferire se intende sciogliere il contratto o mantenerlo riducendo la somma assicurata o elevando il premio.

In questo secondo caso (mantenimento del contratto a condizioni diverse) spetta, poi, all'assicurato dichiarare se intende confermare la volontà di proseguire il contratto a condizioni diverse.

Se ciò non avvenga (la proposta dell'assicuratore non viene accettata dall'assicurato), il contratto è risolto fermo restando il diritto dell'assicuratore di trattenere i premi versati, nonché il diritto dell'assicurato al riscatto.

Le comunicazioni in parola possono essere anche effettuate a mezzo di raccomandata.

La norma indicata non è derogabile se non in favore dell'assicurato (art. 1932 c.c.) e non può trovare applicazione nell'assicurazione volontaria contro gli infortuni tutte le volte che il rischio coperto non riguardi una qualunque generica attività lavorativa e professionale, bensì quella specifica, espletata dall'assicurato all'atto della sottoscrizione della polizza: in tal caso, infatti, se l'infortunio si realizza di una diversa attività lavorativa, non si tratta di una mera variazione quantitativa del rischio assicurato, che possa legittimare l'eventuale recesso dell'assicuratore dal rapporto assicurativo per aggravamento del rischio ma della realizzazione di un rischio ontologicamente diverso rispetto a quello assicurato cfr. Cass. I, n. 6205/1979).

Suicidio dell'assicurato

Tale previsione è stata introdotta, a superamento del principio di inassicurabilità delle condotte volontarie di cui all'art. 1900 c.c., in ragione del fatto che il naturale istinto di autoconservazione dovrebbe prevalere nettamente sulla volontà di far trarre ad altri vantaggi dall'assicurazione attraverso la propria morte intenzionalmente provocata.

La norma prevede che l'obbligo dell'assicuratore di pagamento dell'indennizzo viene meno in caso di suicidio dell'assicurato entro i due anni dalla stipula della polizza.

La norma trova la sua ratio nella volontà di favorire l'assicuratore che, altrimenti, sarebbe esposto al rischio che il sorgere dell'obbligo dipenda dalla scelta volontaria dell'assicurato.

Il secondo comma prevede un'altra ipotesi di deroga della indennizzabilità del rischio morte in caso di suicidio e riguarda il caso in cui, essendo intervenuta la sospensione del contratto per mancato pagamento dei premi, non sono decorsi ancora due anni dal giorno in cui la sospensione è cessata.

Ne discende che, salva diversa pattuizione tra le parti (possibile non essendo inclusa la norma nell'elencazione dell'art. 1932 c.c.: cfr. Cass. I, n. 7556/1991), il suicidio dell'assicurato che intervenga nei due anni successivi alla stipulazione dell'assicurazione, o alla ripresa del rapporto assicurativo dopo la sospensione, è equiparato al caso fortuito ed obbliga l'assicuratore ad adempiere la sua obbligazione.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario