Memoria ex art. 183 c.p.c. per eccepire la mancata conoscenza del rischio salute da parte dell'assicuratore per dichiarazioni inesatte o reticentiInquadramentoL'obbligo reciproco di trasparenza nell'ambito del contratto di assicurazione determina in capo all'assicurato la necessità che egli, al momento della stipula del contratto, illustri alla controparte contrattuale tutte le circostanze che incidono sul rischio su di essa gravante con la conclusione dell'accordo. La sanzione alla reticenza e o alla inesattezza delle informazioni è l'annullamento del contratto. Nel presente atto la compagnia, che ha agito in giudizio contro l'assicurato proprio per l'annullamento del contratto per non avere l'assicurato dichiarato nell'ambito di una polizza “rischio salute” il proprio pregresso stato morboso, nel primo termine concesso dal Giudice ai sensi dell'art. 183 comma 6 c.p.c. contrasta le eccezioni di conoscenza della situazione di salute dell'assicurato da parte del procacciatore d'affari della compagnia e di difetto di colpa grave, formulate dal convenuto nella comparsa di risposta. FormulaTRIBUNALE CIVILE DI .... SEZIONE .... - GIUDICE DOTT. .... R.G.N. ..../ ....- UDIENZA DEL ..../..../ .... MEMORIA EX ART. 183, COMMA 4, N. 1 C.P.C. Per la società ...., (C.F./ P.I. ....), in persona del legale rappresentante p.t. .... (C.F. .... ) con l'Avv. ....(C.F. ....) -attore- CONTRO Sig. ....(C.F. ....), con l'Avv. ....(C.F. ....) -convenuto- PREMESSO CHE 1. Con atto di citazione notificato in data .... la Compagnia assicuratrice .... s.p.a. conveniva in giudizio il Sig. ...., al fine di ottenere l'annullamento ex art. 1892 c.c. del contratto di assicurazione n. .... con questi stipulato in data ....ed avente ad oggetto la copertura del “rischio salute” del medesimo; 2. A tal fine, esponeva l'attore che il Sig. .... incorreva in dichiarazioni reticenti, in quanto, al momento della stipulazione della polizza n. ...., aveva omesso di dichiarare una pregressa patologia, benché il formulario predisposto dall'assicuratore richiedesse espressamente di evidenziare la sussistenza di pregressi stati morbosi; 3. Con comparsa di costituzione e risposta depositata il ...., si costituiva in giudizio il Sig. ...., chiedendo il rigetto della domanda attorea in quanto infondata in fatto e in diritto; 4. Ed in particolare, esponeva il Sig. ...., che l'odierna istante non avrebbe potuto giovarsi del disposto dell'art. 1892 c.c., in quanto le circostanze che egli aveva taciuto al momento della stipulazione erano note al Sig. ...., procacciatore di affari presso la stessa ...., con la conseguenza che difetterebbe sia il requisito della rilevanza ai fini della stipulazione dell'informazione omessa, sia quello del dolo o della colpa grave dell'assicurato; 5. All'udienza del ...., il Giudice concedeva i termini ex art. 183, 6 comma, c.p.c. e rinviava all'udienza del .... per l'ammissione dei mezzi istruttori; 6. In questa sede la Compagnia ...., nel riportarsi integralmente a quanto già esposto, dedotto, eccepito e prodotto nel proprio atto introduttivo, intende replicare alle eccezioni formulate dalla controparte e precisare quanto segue: DIRITTO 1. Sull'eccezione di conoscenza dell'assicuratore Ai sensi dell'art. 1892 c.c. l'assicuratore ha la facoltà di procedere all'annullamento del contratto di assicurazione, ogni qual volta emerge che in sede di stipulazione del contratto l'assicurato abbia taciuto o mentito su circostanze di particolare importanza che, ove conosciute, avrebbero indotto l'assicuratore a non stipulare il contratto ovvero stipularlo a condizioni diverse. Secondo costante giurisprudenza di legittimità, affinché la compagnia assicuratrice possa esperire l'azione di annullamento ex art. 1892 c.c. si richiede “il simultaneo concorso di tre elementi essenziali: a) una dichiarazione inesatta o una reticenza dell'assicurato; b) l'influenza di tale dichiarazione o reticenza ai fini della reale rappresentazione del rischio; c) che la reticenza o la dichiarazione inesatta siano frutto del dolo o colpa grave dell'assicurato” [1]. In particolare, quanto al secondo requisito, giova precisare che la reticenza o la falsa dichiarazione è rilevante ai sensi dell'art. 1892 c.c. se l'assicuratore, conoscendo il dato reale, non avrebbe stipulato il contratto o lo avrebbe stipulato a condizioni differenti. Nel caso di specie, a dire del Sig. ...., difetterebbe la seconda delle condizioni richieste dalla giurisprudenza per l'operatività del rimedio in parola, in quanto la propria pregressa patologia era già nota alla compagnia assicuratrice, per il tramite del Sig. ...., procacciatore di affari impiegato presso la ...., dal quale era stato contattato al fine della stipulazione del contratto. Ciò dimostrerebbe l'irrilevanza della sua reticenza, in quanto pur conoscendo il dato reale l'assicuratore ha comunque stipulato il contratto di assicurazione. Del resto, secondo le argomentazioni difensive di parte convenuta, proprio la circostanza che il Sig. .... fosse a conoscenza del suo pregresso stato di salute, ha indotto il Sig. .... a confidare legittimamente nella conoscenza di tali circostanze anche da parte dell'assicuratore, di tal che l'art. 1892 c.c. sarebbe inapplicabile anche per difetto dell'ulteriore requisito del dolo o della colpa grave dell'assicurato [2]. Sul punto, deve osservarsi che “la conoscenza da parte dell'impresa assicuratrice della reticenza dell'assicurato o dell'inesattezza delle sue dichiarazioni, rilevante ai fini dell'annullamento del contratto di assicurazione, non può essere confusa con quelle dei soggetti che non hanno il potere di rappresentarla, il cui stato soggettivo è irrilevante ai sensi dell'art. 1391 c.c. Tale disposizione, infatti, attribuisce valore nei confronti del dominus del negozio allo stato soggettivo del rappresentante, ma non anche allo stato soggettivo di chi abbia svolto una qualunque attività nel suo interesse, quali il procacciatore di affare o l'agente privo di rappresentanza” [3] Il Sig. ...., che ha contattato il Sig. ...., per indurlo alla stipulazione del contratto di assicurazione n. .... ha agito in qualità di procacciatore di affari e cioè di soggetto privo di rappresentanza della compagnia .... Non può pertanto ritenersi che, per il solo fatto che il Sig. .... fosse a conoscenza del reale stato di salute di ...., anche l'odierna istante fosse a conoscenza di tale circostanza e quindi avesse consapevolmente concluso il contratto in questione. Pertanto, attesa la rilevanza dell'omessa informazione, l'eccezione è infondata e la domanda attorea va accolta. 2. Sull'eccezione di insussistenza dell'elemento soggettivo Anche la seconda eccezione di carenza di dolo o colpa grave dell'assicurato è infondata. Parte convenuta sostiene che la conoscenza del proprio pregresso stato morboso da parte del Sig. ...., procacciatore di affari impiegato presso la ...., escluderebbe l'elemento soggettivo necessario all'esperibilità del rimedio ex art. 1892 c.c., in quanto il Sig. .... aveva giustamente confidato nella conoscenza delle medesime circostanze anche da parte della compagnia .... Alla luce di dette coordinate deve evidenziarsi, diversamente da quanto sostenuto dall'avversa difesa, che il Sig. ...., al momento della stipula della polizza assicurativa, versava in dolo o comunque in colpa grave. Ed invero, poiché l'informazione omessa verteva su una pregressa malattia di cui il Sig. .... ha patito i sintomi, è del tutto inverosimile che il Sig. ....non fosse consapevole della circostanza taciuta all'assicuratore. Ed inoltre, neppure può escludersi la sussistenza della colpa grave, atteso che, poiché il questionario predisposto dall'assicurazione conteneva espressamente il quesito sui pregressi strati morbosi, la rilevanza della informazione omessa non poteva che essere più evidente. Tutto ciò premesso la ...., in persona del legale rappresentante p.t. ...., come sopra rappresentata e difesa, insiste per l'accoglimento delle seguenti CONCLUSIONI Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, accogliere la domanda di annullamento del contratto di assicurazione n. .... Con vittoria di spesi e compensi, oltre il rimborso forfettario per spese generali oltre IVA e CPA come per legge. IN VIA ISTRUTTORIA con ogni più ampia riserva ex art. 183, comma 6, nn. 2 e 3, di aggiungere, integrare, modificare, precisare e di formulare istanze anche istruttorie, in aggiunta a quanto già dedotto chiede ammettersi prova testimoniale sui seguenti capitoli: 1) «Vero che il Sig. ....dal .... al ....aveva sofferto di ....» - Sig. .... 2) «Vero che ....era consapevole della gravità della malattia» - Sig. .... Si allegano: 1. contratto di collaborazione del promotore d'affari; 2. formulario compilato dal Sig. .... Luogo e data .... Firma Avv. .... [1] Infra alios, Cass. III, n. 2148/2001. [2] Sul punto, la prevalente giurisprudenza di legittimità ritiene che, affinché vi sia dolo dell'assicurato non è necessario che lo stesso ponga in essere artifici o mezzi fraudolenti al fine di addivenire alla stipulazione della polizza assicurativa, ma è sufficiente la sua coscienza e volontà di rendere una dichiarazione inesatta o reticente. Inoltre, ai fini della sussistenza della colpa grave è necessario che l'assicurato abbia consapevolezza dell'importanza dell'informazione (infra alios, Cass. III, n. 16406/2010). [3] Cfr. Cass. III, n. 2501/2008. CommentoPremessa L'esatta individuazione della intensità del rischio da assicurare sta alla base del funzionamento stesso dell'impresa assicurativa (analisi attuariali delle masse di rischi assunti), ma tale determinazione può essere efficace solo a mezzo della cooperazione dell'assicurando, che è chiamato ad esprimere in sede di conclusione del contratto tutte le circostanze che potrebbero influire sulla volontà dell'assicuratore di concludere il contratto e di stabilirne le condizioni ed i limiti. Di qui la fissazione negli artt. 1892,1893 e 1894 c.c. di un vero e proprio obbligo di informazione completa ed esatta e di cooperazione in capo all'assicurando, il cui pieno rispetto condiziona la efficacia del contratto stesso. Dichiarazioni inesatte o reticenti Le due ipotesi codicistiche (artt. 1892,1893 c.c.) appena menzionate presentano quale elemento in comune le “dichiarazioni inesatte” e le “reticenze”, che sul piano strettamente causale vengono del tutto equiparate. Premesso che l'obbligo di comunicazione in fase di formazione del contratto riguarda solo le circostanze note al contraente - e quelle che gli dovrebbero essere note utilizzando l'ordinaria diligenza - e rilevanti nella determinazione del rischio (cfr. Cass. I, n. 1881/1973; Cass. III, n. 23742/2009; Trib. Roma del 20 febbraio 2009), va precisato che è ritenuto reticente colui che, pur conoscendo o avendo dovuto conoscere un fatto rilevante sulla valutazione del rischio da parte dell'assicuratore, ometta di riferirlo al contraente (cfr. Cass. III, n. 14069/2010). Di recente la Suprema Corte di Cassazione sui rapporti tra conoscenza delle circostanze influenti sulla conclusione del contratto e tempistica della stessa ha chiarito che “In caso di dichiarazioni inesatte o di reticenze dell'assicurato che siano rilevanti ai fini della manifestazione del consenso al contratto da parte dell'assicuratore, questi ha la possibilità di chiedere l'annullamento del contratto se tale reticenza venga scoperta prima che il sinistro si verifichi, oppure di rifiutare il pagamento dell'indennizzo, anche lasciando in vita il contratto, se la reticenza venga scoperta dopo il sinistro, ovvero prima del sinistro, ma quando quest'ultimo si verifichi entro tre mesi. Dunque, non solo per configurarsi la reticenza o la falsa informazione l'assicurato deve - o doveva - conoscere il dato oggettivo che ha omesso all'assicuratore, ma anche la rilevanza causale che tale omissione abbia comportato nella determinazione a contrarre dell'assicuratore”( Cass. Civ. sez. III, n.11905/20). La reticenza o la falsa comunicazione sono rilevanti se, conosciuto il dato reale, l'assicuratore non avrebbe inteso stipulare il contratto o avrebbe dato il suo consenso a condizioni differenti. Nell'ambito dello sviluppo del contratto assicurativo, il momento in cui si esplica solitamente l'obbligo di serietà nell'informazione a cura dell'assicurato (che è soggetto al principio di correttezza e buona fede ex art. 1337 c.c.) è quello della compilazione del questionario (o formulario) predisposto dall'assicuratore ed allegato alla proposta (art. 1887 c.c.). Invero, la predisposizione di un questionario da parte dell'assicuratore evidenzia l'intenzione di annettere parti di particolare importanza a determinati requisiti o circostanze, richiamando l'attenzione del contraente a fornire risposte complete e veritiere sui relativi quesiti, perciò dovendo tale intenzione essere valutata dal giudice del merito in sede di indagine sul carattere determinante di dette inesattezze e/o reticenze per la formazione del contratto (cfr. Cass. III, n. 4682/1999; Cass. III, n. 10086/2009). Il difetto di completezza del questionario o «la mancata inclusione fra i quesiti così formulati, di determinati profili di fatto, evidenzia un atteggiamento di indifferenza dell'assicuratore medesimo, nel senso di estraneità dei profili stessi all'ambito del proprio interesse di conoscenza, valutabile al fine dell'esclusione a carico dell'assicurato che li abbia taciuti di un comportamento reticente, secondo gli art. 1892 e 1893 c.c. (nel caso di specie, la S.C. ha considerato nè illogica nè incongrua la motivazione del giudice di merito, il quale, argomentando dalla prassi comune delle compagnie di assicurazione di richiedere all'assicurato specifiche e dettagliate informazioni in apposito questionario, ha ritenuto in assenza nella parte stampata della proposta e di ogni altra richiesta anche informale, che l'assicuratore avesse nel caso dimostrato indifferenza rispetto a particolari circostanze, delle quali lo stesso assicuratore non aveva saputo dimostrare la potenziale influenza contraria alla determinazione del suo consenso)» (cfr. Cass. III, n. 17840/2003; Cass. I, n. 11206/1990), tanto che la formulazione eccessivamente ampia e generica del formulario indurrà il contraente a risposte poco dettagliate e renderà più difficoltosa la prova - incombente sull'assicuratore - del fatto generatore della facoltà di annullamento o recesso. In particolare, «In tema di contratto di assicurazione che copra le spese per ricoveri da malattia, l'inesattezza delle dichiarazioni o le reticenze cui fanno riferimento gli art. 1892 e 1893 c.c. non necessariamente presuppongono la consapevolezza da parte del contraente di essere affetto dalla specifica malattia che abbia poi dato luogo al sinistro, ma possono essere integrate da qualsiasi circostanza sintomatica del suo stato di salute che l'assicuratore abbia considerato potenzialmente rilevante ai fini della valutazione del rischio, domandandone di esserne informato dal contraente tramite la compilazione di un questionario. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, in base a motivazione carente ed incongrua, aveva ritenuto irrilevanti le reticenze dell'assicurata in ordine alla specificazione, in apposito questionario, degli accertamenti diagnostici effettuati in epoca appena precedente alla stipula della polizza, indicati soltanto come “esami di routine”, permettendo di valutare il contesto patologico che aveva dato luogo a detti accertamenti e conferendo, invece, improprio rilievo alla circostanza che gli stessi esami avevano poi avuto esito negativo)» (cfr. Cass. III, n. 14069/2010). Invece, in tema di polizza vita, “Per valutare la correttezza del comportamento assunto dall'assicurato in rapporto agli obblighi informativi cui era tenuto nello stipulare la polizza "vita", il giudice deve porre la sua attenzione sugli elementi denotanti le condizioni di salute, presenti al tempo della sottoscrizione della polizza, già noti o conoscibili da parte dell'assicurato in base a un criterio di ordinaria di diligenza, senza tener conto di quanto accaduto ex post se non in termini di ulteriore elemento di riscontro circa il collegamento logico -temporale con lo stato pregresso di salute” (Cass. III, n. 24563/2018). Viene da sé che, in mancanza di violazione del predetto obbligo, l'errata valutazione del rischio ricade tutta sull'assicuratore. Dolo e colpa Elemento distintivo, invece, delle due fattispecie in commento, e che incide sulle diverse possibilità di prosecuzione del rapporto, è la volontarietà della condotta omissiva e/o inesatta nell'obbligo di informazione. Invero, mentre solo ove si configuri in quest'ultima il dolo o la colpa grave, sarà facoltà dell'assicuratore di procedere all'annullamento del contratto (art. 1892 c.c.), in caso di assenza di colpa o colpa lieve, l'assicuratore avrà - secondo i limiti di cui infra - solo il rimedio del recesso (art. 1893 c.c.). Diventa, allora, determinante il confine tra i diversi modi di atteggiarsi della condotta dell'assicurando sotto il profilo dell'approccio soggettivo ad essa sotteso. Recentemente la Cass. è tornata sul tema dell' annullamento del contratto di assicurazione ex art. 1892 c.c.: l'elemento soggettivo della colpa grave, presupponendo la coscienza dell'inesattezza o della reticenza della dichiarazione e la consapevolezza dell'importanza dell'informazione, inesatta o mancata, rispetto alla conclusione del contratto e alle sue condizioni, va accertato non già tramite una verifica "ex post" della prevedibilità della verificazione del sinistro da parte dell'assicurato, bensì mediante un giudizio di prognosi postuma, da compiersi "ex ante" al momento della stipulazione del contratto. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva escluso la colpa dell'assicurato unicamente in virtù del lasso temporale di sette mesi intercorso tra la richiesta di risarcimento da parte del terzo danneggiato e la proposizione della domanda giudiziaria, omettendo di indagare se, al momento della sottoscrizione della polizza, il "sinistro" fosse prevedibile, alla stregua delle dichiarazioni fornite nel questionario e in relazione al tempo trascorso prima della ricezione del reclamo, nonché al contenuto di quest'ultimo). (Cass. III, n. 20997/2023). È opinione comune, in primis, che la disciplina in commento sostituisca quella generale dell'errore e del dolo (art. 1427 e ss. c.c.), che restano applicabili ai vizi del consenso dell'assicurato e, per l'assicuratore, alle ipotesi di errore su elementi del contratto differenti dalla valutazione del rischio. Pertanto, per ravvisarsi il dolo della fattispecie descritta dall'art. 1892 c.c., non sono, richieste condotte dell'assicurato tali da porre in essere artifici o altri mezzi fraudolenti, non essendo applicabile la disciplina generale dell'errore e del dolo: «Deriva da quanto precede, pertanto, che, quanto al dolo, è sufficiente - al fine dell'annullamento del contratto - la coscienza e volontà di rendere una dichiarazione inesatta o reticente» (cfr. Cass. III, n. 29894/2008; Cass. III, n. 3165/2003; Cass. III, n. 4682/1999; Cass. III, n. 2185/1999; Cass. III, n. 11206/1990; Cass. III, n. 8352/1987). Si ha, invece, colpa grave in caso di considerevole negligenza per la quale il contraente, sia pure non intenzionalmente, omette di dichiarare circostanze rilevanti per la conclusione del contratto o rende sul punto dichiarazioni inesatte, sì da non consentire all'assicuratore di valutare correttamente il rischio; mentre, si ha colpa lieve (tale da consentire l'applicazione della diversa fattispecie dell'art. 1893 c.c.), quando la fonte della condotta contestata è la trascuranza scusabile, un errore di valutazione, il difetto di perizia o il difetto di istruzione. Non può negarsi che stretto è il collegamento tra l'onere dell'assicuratore di ben chiarire i profili di cui intende essere edotto e l'obbligo informativo dell'assicurato, da esaminarsi sotto il profilo della volontarietà o meno dell'omissione o della incompletezza dell'informazione. Invero, con riguardo all'ipotesi di annullamento del contratto di assicurazione, prevista dall'art. 1892 c.c., «la configurabilità del dolo o della colpa grave del contraente implica che il dichiarante non solo fosse (o dovesse essere) a conoscenza delle circostanze taciute o inesattamente espresse, ma che fosse (o dovesse essere), inoltre, consapevole del loro valore determinante sul consenso dell'altra parte. A tal fine, per delimitare l'estensione del suddetto obbligo dell'assicurando, l'assicuratore, in ossequio alle regole di correttezza, è tenuto a apprestare un quadro di riferimento delle circostanze che intende conoscere, tale da ridurre congruamente gli spazi di indeterminatezza circa i fatti, riguardanti persone o cose, alla conoscenza dei quali abbia interesse, con la conseguenza, in mancanza, che gli eventuali dubbi sulla rilevanza delle circostanze non (o inesattamente) dichiarate, ovvero sulla relativa colpevolezza, restano a carico dell'assicuratore, che vi ha dato causa. (Nella specie, con riferimento ad un contratto di assicurazione contro i danni da incendio stipulato con una società di persone, la S.C. ha confermato sul punto la decisione impugnata, che aveva ritenuto che la mancata inclusione da parte dell'assicuratore di quesiti riguardanti precedenti incendi subiti dai soci singolarmente, nell'esercizio di proprie attività imprenditoriali, doveva interpretarsi come sintomo di indifferenza della compagnia assicuratrice nei confronti delle vicende personali dei singoli soci, e, a maggior ragione, dei loro congiunti, per cui andava esclusa la ricorrenza del dolo o della colpa grave dell'assicurato, per avere quest'ultimo taciuto un precedente incendio occorso all'impresa di cui era titolare la moglie di un socio)» (cfr. Cass. I, n. 11206/1990; cfr. da ultimo in materia di assicurazione da invalidità permanente Cass. III, n. 13399/2018 per cui Il contratto di assicurazione è annullabile per reticenza o dichiarazioni inesatte ex art. 1892 c.c. quando l'assicurato abbia con coscienza e volontà omesso di riferire all'assicuratore, nonostante gli sia stata rivolta apposita domanda, circostanze suscettibili di esercitare una effettiva influenza sul rischio assicurato, non essendo necessaria anche la consapevolezza di essere affetto dalla specifica malattia che abbia poi dato luogo al sinistro). Nella materia delle assicurazioni sulla vita (ma analoga affermazione può essere fatta per l'assicurazione contro gli infortuni- cui la disciplina in parola è pacificamente applicabile: cfr. Cass. n. 10292/2001 - con riguardo ai pregressi infortuni), «in presenza di sintomi ambigui e non specifici, stante la genericità degli stessi, non integra affatto dolosa reticenza né comportamento gravemente colposo il fatto che l'assicurato non abbia, al momento della stipula della polizza vita, dichiarato la esistenza di quei sintomi a cui i medici hanno dato rilievo aspecifico e tranquillizzante, qualora questi sintomi, aggravatisi, risultino, attraverso successive indagini strumentali o di altra natura, premonitori di una vera e propria malattia, che, data la sua insidiosità, può essere acclarata solo con specifico esame, secondo la valutazione della situazione che il paziente presenta (nella specie, secondo la compagnia, l'assicurato avrebbe taciuto, al momento della stipula della polizza vita, di essere portatore di una grave patologia, che in poco tempo ne avrebbe cagionato la morte; a detta della Corte, però, l'assicurato ebbe certezza della patologia solo con la diagnosi definitiva avvenuta a distanza di oltre 9 mesi da quando stipulò la polizza vita)» (cfr. Cass. III, n. 13604/2011). Dunque, anche per la giurisprudenza di merito, non versa in stato di dolo o colpa grave il contraente di una polizza assicurativa che abbia omesso di riferire una pregressa patologia, qualora non sia stato ragionevolmente edotto della rilevanza delle sue risposte da parte dei sanitari, o cui sintomi non erano univoci ai fini della sua conoscibilità (Trib. Prato 7 giugno 2011). Diversamente, però, nel caso in cui il questionario richieda espressamente al contraente un obbligo di informazione costante relativamente alle sue condizioni di salute, e con riguardo alle modificazioni che dovessero intervenire. Di recente, infatti, è stato affermato -parzialmente in senso contrario - che «In tema di contratto di assicurazione, la reticenza dell'assicurato è causa di annullamento negoziale quando si verifichino cumulativamente tre condizioni: a) che la dichiarazione sia inesatta o reticente; b) che la dichiarazione sia stata resa con dolo o con colpa grave; c) che la reticenza sia stata determinante nella formazione del consenso dell'assicuratore. L'inesattezza o la reticenza cui fa riferimento l'art. 1892 c.c. non necessariamente presuppone la consapevolezza, da parte del contraente, di essere affetto dalla specifica malattia che ha dato luogo al sinistro, ma possono essere integrate da qualsiasi circostanza sintomatica del suo stato di salute che l'assicuratore abbia considerato potenzialmente rilevante ai fini della valutazione del rischio, domandandone di esserne informato dal contraente tramite la compilazione di un questionario» (cfr. Cass., n. 16284/2015). Anche la giurisprudenza di merito appare sulla stessa linea, laddove ha di recente affermato che «Sussiste la coscienza del valore determinante delle dichiarazioni false o reticenti sul consenso dell'altra parte nei casi in cui l'assicuratore abbia espressamente indicato, nell'apposito questionario, la essenzialità exartt. 1892 e 1893 c.c. della conoscenza della notizia circa pregressi sinistri della stessa natura subiti dall'assicurato, ovvero, di avere in corso altre polizze a copertura del medesimo rischio, in tal modo richiamando la specifica attenzione dell'assicurato sul punto» (cfr. Trib. Bologna 20 giugno 2012). Distinzione tra rimedi. Profili sostanziali e processuali A seconda che si profili l'ipotesi del dolo (o della colpa grave) o dell'assenza di colpa (o della colpa lieve), diversi sono i rimedi codicistici messi a disposizione dell'assicuratore. Nel primo caso, l'assicuratore ha a disposizione il rimedio dell'annullamento del contratto sia in via principale (domanda giudiziale autonoma) che sub specie di eccezione da formularsi in giudizio. Pervero, l'ipotesi di annullamento previsto dall'art. 1892 c.c. non costituisce un'applicazione generale della disciplina sull'errore, ma dà luogo ad un autonomo rimedio, sia per il fondamento normativo - che va individuato nella violazione dell'obbligo precontrattuale di descrizione del rischio oggetto del negozio - e sia per gli elementi che ne compongono la fattispecie e per le sue conseguenze. Queste ultime divergono radicalmente dalla comune figura dell'errore/vizio (per la più ampia portata dell'errore essenziale e per la rilevanza dell'errore incidentale), tanto che per la configurazione ed ammissibilità del rimedio non sono utilizzabili i criteri dell'essenzialità dell'errore ai fini della ravvisabilità del vizio del consenso (cfr. Cass., n. 3751/1978). La norma prevede al comma 2 un onere di denuncia dell'assicuratore (volontà di avvalersi della facoltà di annullare il contratto) sottoposto ad un termine di decadenza (di mesi tre) e non rilevabile d'ufficio (Cass. III, n. 2815/1999) dal giudice, al fine di impedire che questi continui a percepire i premi, con facoltà di esimersi dal pagamento dell'indennizzo solo in caso di richiesta e verificazione del sinistro. La denuncia è necessaria affinché l'assicuratore possa liberarsi dagli obblighi assunti, solo qualora il sinistro si verifichi dopo che l'assicuratore stesso è venuto a conoscenza dell'inesattezza o della reticenza delle dichiarazioni e nel caso di assicurazione del rischio cd. continuato (cfr. Cass. III, n. 11/2010 per cui «In tema di assicurazione, a norma dell'art. 1892, commi 2 e 3, c.c., se l'assicuratore viene a conoscenza di dichiarazioni inesatte dell'assicurato - ascrivibili a sua dolosa preordinazione o a grave errore di valutazione e tali da influire sulla valutazione del rischio - solo a seguito del verificarsi dell'evento oggetto di assicurazione, egli può limitarsi a rifiutare il pagamento dell'indennità, eccependo la violazione di un onere cha la legge pone a carico dell'assicurato; nel caso in cui, invece, l'assicurazione abbia ad oggetto un rischio continuato, l'assicuratore, venuto a conoscenza della colpevole reticenza dell'assicurato, ha l'onere di rendere noto, nel termine di tre mesi indicato dall'art. 1892, comma 2, c.c., se intenda impugnare o meno il contratto, e ciò allo scopo di evitare il pagamento dell'indennità per i rischi futuri»). Se, invece, il sinistro si verifichi prima che sia decorso il termine, ed ancor più nel caso in cui il sinistro si verifichi prima che l'assicuratore sia venuto a conoscenza dell'inesattezza o reticenza della dichiarazione, è sufficiente per la compagnia di assicurazioni, al fine di sottrarsi al pagamento dell'indennità, che la medesima invochi, anche mediante eccezione, la violazione dell'obbligo posto a carico dell'assicurato (cfr. Cass. III, n. 2815/1999; Cass. III, n. 16406/2010; Trib. Bari del 16 gennaio 2014). Quanto, poi, al riparto dell'onere della prova, mentre incombe sull'assicuratore quello relativo alla rilevanza delle dichiarazioni omesse o false sulla conclusione del contratto ed ad agli altri elementi dell'azione (cfr. Cass. III, n. 23504/2004), incombe sull'assicurato la dimostrazione che, l'assicuratore, pure in presenza dei suddetti elementi, conoscesse la reale situazione del bene assicurato e l'effettiva entità del rischio cui esso fosse sottoposto (Cass., n. 15939/2000). In ogni caso, «La conoscenza da parte dell'impresa assicuratrice della reticenza dell'assicurato o dell'inesattezza delle sue dichiarazioni, rilevante ai fini dell'annullamento del contratto di assicurazione, non può essere confusa con quella dei soggetti che non hanno il potere di rappresentarla, il cui stato soggettivo è irrilevante ai sensi dell'art. 1391 c.c. Peraltro non può escludersi che, anche in assenza del potere rappresentativo (come nel caso di espletamento della relativa attività da parte di procacciatore d'affari o agente privo di rappresentanza), possa verificarsi un trasferimento di conoscenze acquisite in relazione al rischio assicurato dall'incaricato alla compagnia di assicurazioni, sua mandante, ma, ai fini del recesso, è necessario che tale trasmissione di conoscenze sia concretamente provata dall'assicurato, anche mediante presunzioni» (cfr. Cass. III, n. 25001/2008). Le falsità e reticenze di cui all'art. 1892 c.c. producono l'annullamento del contratto (o la perdita del diritto all'indennizzo, se scoperte dall'assicuratore dopo l'avveramento del rischio) non quando la circostanza taciuta abbia provocato l'evento avverso, ma anche allorché al momento della stipula la falsità appariva astrattamente idonea ad aumentare la relativa probabilità (Cass. III, n. 12831/2014). Infine, la disciplina della trattenuta dei premi relativi ai periodi esauriti (comma 3 dell'art. 1892 c.c.), a quello in corso ed a quello per il primo anno di polizza pluriennale, si giustifica con la funzione di neutralizzazione dei rischi individuali dell'impresa assicurativa. Il quarto comma, che prevede che l'annullamento possa essere parziale e, dunque, non riguardare i soggetti che non abbiano tenuto la condotta reticente, costituisce applicazione dell'art. 1419 c.c. L'art. 1893 c.c., invece, in caso di dichiarazioni false o reticenti riguardanti fatti rilevanti per la conclusione del contratto di assicurazioni rese senza colpa (grave) prevede la facoltà dell'assicuratore di recedere dal contratto, con gli effetti dell'art. 1373 c.c. Anche in questo caso, per l'esercizio della facoltà, l'assicuratore ha l'onere della denuncia delle inesattezze entro tre mesi a pena di decadenza, con diritto a trattenere i premi già percepiti. Il recesso di cui all'art. 1893 c.c., pur non necessitando di formule sacramentali, deve tuttavia essere espresso in forma chiara, esplicita e non equivoca (cfr. Trib. Torino 07 maggio 97). Agli effetti del secondo comma della norma in commento, spetta all'assicuratore l'onere della prova relativamente al premio che andrebbe applicato se avesse conosciuto la reale portata del rischio e che la norma individua in una somma ridotta in proporzione della differenza tra premio convenuto e quello che sarebbe stato diversamente applicato. Nel caso di mancata comunicazione di circostanze rilevanti ai fini della stipulazione del contratto di assicurazione, per essere state dichiarate a persona diversa dall'assicuratore, ma erroneamente ritenuta rappresentante di quest'ultimo, occorre accertare se l'errore dell'assicurato in ordine al difetto di poteri di rappresentanza del destinatario dipenda da colpa grave ovvero da colpa lieve, onde farne derivare l'annullabilità del contratto di assicurazione (art. 1892 c.c.), ovvero la semplice facoltà di recesso dell'assicuratore (art. 1893 c.c.). Sia l'art. 1892 c.c. che l'art. 1893 c.c. sono norme menzionate espressamente nell'art. 1932 c.c.: ne consegue che non è ammissibile una convenzione che, in ordine al periodo di comunicazione del recesso o dell'annullamento, o alle altre modalità di esercizio di tale facoltà, risulti sfavorevole all'assicurato. Conferme ed eccezioni: Assicurazione in nome o per conto di terzi e riassicurazione Dall'esame della normativa codicistica (art. 1894 c.c.), emerge che le norme in oggetto hanno efficacia anche nel caso in cui si tratti di assicurazione in nome altrui - in virtù di rappresentanza - ovvero in conto di terzi, facendo riferimento, sia lo stato di conoscenza che l'elemento soggettivo qualificante la fattispecie, al soggetto beneficiario della polizza. Dunque, è su quest'ultimo - ove sia in grado di accedere alle informazioni rilevanti per la stipula del contratto - su cui incombe un obbligo di comunicazione analogo a quello del contraente, rinvenendosi la ratio della norma nell'obiettivo di evitare frodi o anche comportamenti che, sia pure tenuti in buona fede, potrebbero alterare ab origine il rapporto con l'assicuratore. Ciò consente in siffatti casi, secondo la dottrina prevalente, di affermare che il contraente ed il beneficiario rispondano secondo le due diverse fattispecie fin qui esaminate, ovvero il contraente ai sensi dell'art. 1893 c.c. per aver comunicato un'inesattezza senza colpa grave, e il beneficiario ai sensi dell'art. 1892 c.c., ove fin ab origine fosse a conoscenza della circostanza rilevante ai fini della valutazione del rischio. Diversamente, i rimedi previsti dai menzionati articoli non si applicano alle ipotesi di assicurazione fideiussoria (Trib. Lanciano 6 dicembre 2006) e di riassicurazione. In particolare, con riguardo a quest'ultima ipotesi, (cfr. Trib. Roma 30 maggio 2005) si ritiene che, nel caso in cui il contratto venga stipulato con l'intermediazione di un broker, e sia relativo al rapporto assicurativo avente ad oggetto una polizza contro il rischio di invalidità permanente da malattia, la falsa rappresentazione al riassicuratore della reale attività lavorativa svolta dall'assicurato non fa, comunque, venire meno in capo al riassicuratore stesso l'obbligo di rimborsare la quota di rischio riassicurata, nel caso in cui si verifichi l'evento coperto dalla polizza. In tal caso non si applicano gli artt. 1892 c.c. e 1893 c.c. in tema di giusta causa di annullamento del contratto poiché le dichiarazioni inesatte non provengono dal contraente (l'assicurato), bensì dal broker ovvero da un terzo. |