Atto di citazione per restituzione somme versate da polizza “rischio impiego”InquadramentoAl contratto di cessione del quinto dello stipendio sono connesse per espressa previsione normativa polizze assicurative per il cd. rischio impiego e il cd. rischio morte. Nel presente atto di citazione la compagnia assicuratrice, sulla premessa che nel caso di specie era stata stipulata una polizza cd. rischio impiego del tipo “rischio credito” per la quale non è prevista la copertura del lavoratore finanziato, ma solo del soggetto finanziatore, con conseguente conservazione in capo all'assicuratore del diritto di surroga, chiede al finanziato la restituzione delle somme versate al finanziatore al momento della verificazione dell'evento di sinistro. FormulaTRIBUNALE DI .... [1] ATTO DI CITAZIONE Per la ...., C.F. ...., con sede legale in ...., alla via ...., in persona del legale rapp.te p.t., Sig. ...., nato a .... il .... /.... /...., residente in ...., alla via .... n. ...., rappresentata e difesa, come da procura in calce, dall'Avv. .... (C.F. ....) [2], con domicilio eletto in .... alla via .... n. .... [3] presso lo studio dell'Avv. ...., giusta procura in calce al presente atto e reso su foglio separato, dichiarando di voler ricevere tutte le comunicazioni e gli avvisi di cui agli artt. 133 comma 3, 134 comma 3, 170 comma 4 e 176 comma 2 c.p.c., anche al seguente numero di fax .... [4], ovvero al seguente indirizzo di PEC: .... @ .... [5]. PREMESSO CHE: [6] 1. In data .... il Sig. .... e la società finanziaria .... stipulavano un contratto di finanziamento ex d.P.R. n. 180/1950 per una somma di ...., da rimborsarsi direttamente con la cessione del quinto dello stipendio e quindi con rate mensili di ...., per un periodo complessivo di ....mesi; 2. In data .... il Sig. .... e la compagnia assicurativa .... s.p.a. stipulavano, come previsto dal punto .... del contratto di finanziamento, il contratto di assicurazione n. ...., contro i rischi di morte e di perdita del lavoro del sig. ....e con pagamento di indennizzo a beneficio della società finanziaria; 3. In data ...., il Sig. .... veniva licenziato e la istante provvedeva, come da polizza “rischio credito” n .... intercorsa tra le parti, a corrispondere alla società finanziaria .... la somma di euro ...., corrispondente al totale delle rate non ancora pagate per la restituzione del prestito, meno gli interessi non ancora maturati; 4. In data .... il Sig. .... trovava nuovo impiego presso la .... e la compagnia assicurativa ...., con lettera raccomandata del ...., gli richiedeva il pagamento della somma di ...., corrispondente a quanto dalla medesima versato a saldo del debito nei confronti della società finanziaria ....; 5. in assenza di riscontro l'istante, in data ...., a mezzo del procuratore costituito, depositava presso l'Organismo di mediazione territorialmente competente l'istanza di mediazione, ma il tentativo di conciliazione non andava a buon fine, contestando il sig. ....l'inesistenza di alcun diritto di rivalsa dell'odierna esponente; DIRITTO I prestiti tramite cessione del quinto dello stipendio disciplinati dal d.P.R. n. 180/1950 includono normalmente, nel proprio contratto, anche le polizze contro il rischio morte e contro il “rischio perdita di impiego” che tutelano la famiglia del richiedente, rispettivamente dalla morte o dalla perdita del lavoro del medesimo. Le polizze rischio perdita di impiego diffuse nella prassi bancaria sono sostanzialmente di due tipologie: “la polizza rischio credito” e la “polizza perdite pecuniarie”. Si tratta di due polizze obbligatorie ex art. 54 d.P.R. n. 180/1950, che garantiscono l'istituto erogante dall'impossibilità di riscuotere il proprio credito in caso di cessazione involontaria e ingiustificata del rapporto di lavoro, ovvero di riduzione dello stipendio. Attesa l'identità di ratio, le due polizze si differenziano per la diversa operatività della copertura assicurativa, in quanto nel caso di polizza perdite pecuniarie la copertura assicurativa opera sia in favore del lavoratore assicurato, sia in favore della società finanziaria; mentre nel caso di polizza rischio credito, l'unica beneficiaria del contratto di assicurazione è la società finanziaria. Ne deriva che, nel primo caso, se il lavoratore perde il lavoro, la compagnia di assicurazione provvede mensilmente al pagamento delle rate dovute alla società finanziaria, fino al suo eventuale riallocamento. Quando il lavoratore trova nuovo impiego, il pagamento dei ratei è nuovamente a carico del lavoratore, senza che l'assicurazione potrà rivalersi sul medesimo per il pagamento delle rate scadute. Diversamente, se il lavoratore stipula una polizza rischio credito e perde il lavoro, l'assicurazione provvede a saldare il debito da questi assunto verso la società finanziaria, pagando le rate mancanti in una unica soluzione, ma conservando, al contempo, la facoltà di rivalersi sul contraente. L'assicurazione, pertanto, nel momento in cui il richiedente trova nuovo impiego, ben può richiedere al medesimo la totalità della somma versata a titolo di indennizzo alla società finanziaria erogante il prestito. Ne deriva che, nel caso di specie, essendo intercorsa tra le parti una polizza a “rischio credito” e, avendo l'istante provveduto all'adempimento dell'obbligazione a suo carico gravante in forza del contratto assicurativo n. ...., corrispondente al pagamento delle rate dovute dal sig. .... alla società finanziaria .... in ragione del prestito erogatogli, la .... ha diritto di surrogarsi ex art. 1916 c.c. nei diritti della finanziaria nei confronti del soggetto finanziato. Pertanto, la ....ha diritto ad ottenere la restituzione della somma di ....; Tutto ciò premesso la ...., come in epigrafe rappresentata, difesa e domiciliata CITA Il sig. ...., C.F. ...., residente in ...., via .... n. ...., a comparire innanzi al Tribunale di < .... >, nell'udienza del < .... >, ora di rito, dinanzi al Giudice Istruttore che sarà designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., con l'invito a costituirsi nel termine di almeno venti giorni prima della suddetta udienza ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c., con l'avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui agli artt. 167 e 38 c.p.c. e che, in difetto di costituzione, si procederà in sua contumacia, per sentir accogliere le seguenti CONCLUSIONI Voglia il Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, condannare il sig. .... al pagamento della somma di ...., corrisposto dall'istante a titolo di indennizzo in favore della società ....; Con vittoria di spese, competenze e onorari del giudizio. Con sentenza provvisoriamente esecutiva ex lege. IN VIA ISTRUTTORIA Chiede ammettersi prova testimoniale sui seguenti capitoli di prova e per i testi a fianco di ciascuno indicati: 1) «Vero che il Sig. ...., dal ....lavora presso ....» - Sig. .... 2) «Vero che ....» - Sig. .... 3) «Vero che ....» - Sig. .... Si allegano: 1. contratto di finanziamento n. ...._ 2. contratto di polizza n. .... 3. verbale negativo di mediazione 4. bonifico n. ....della compagnia assicuratrice in favore della finanziaria; Ai sensi dell'art. 14, co. 2, d.P.R. n. 115/2002 si dichiara che il valore del presente procedimento è di Euro .... Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA ALLE LITI Il sottoscritto Sig. .... (C.F.: .... ), nato a ...., il .... e residente in .... alla via ...., nella qualità di amministratore unico e legale rapp.te della .... (C.F. ....) con sede legale in .... alla Via ...., informato ai sensi dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto, con la presente conferisco incarico all'Avv. .... (C.F.: .... ) a rappresentarmi e difendermi nel giudizio da promuovere dinanzi al Tribunale di .... ivi comprese le fasi esecutive di impugnazione che da questo conseguono, con ogni più ampia facoltà di legge; a tal uopo conferisco, altresì, al nominato procuratore ogni facoltà di legge, comprese quelle di conciliare, incassare, quietanzare, rinunziare e transigere, con promessa di rato e fermo del suo operato; lo autorizzo, infine, al trattamento dei miei dati personali, conformemente alle norme del d.lgs. n. 196/2003 e limitatamente alle finalità connesse all'esecuzione del presente mandato. Eleggo domicilio presso il suo studio in .... alla Via ...., n. .... Luogo e data .... Firma .... La firma è autografa Firma Avv. .... [1] In materia assicurativa la competenza per territorio segue i criteri ordinari dettati dagli artt. 18, 19, 20 e 28 del codice di procedura civile con la concorrenza- salvo diversi accordi tra le parti - del foro del convenuto (sede della persona giuridica), della conclusione del contratto o della esecuzione della prestazione. Nel caso in cui, però, la controversia venga instaurata o sia diretta verso una persona fisica che rivesta la qualità di consumatore, prevale il foro individuato sulla scorta della residenza di quest'ultimo, di natura inderogabile (C.F.r. Cass. III, n. 9922/2010 per cui «Nelle controversie tra consumatore e assicurazione, la competenza è del giudice del luogo in cui il cittadino risiede o ha eletto domicilio nelle controversie. È vessatoria, quindi, la clausola che prevede una diversa località come sede del foro competente, anche se coincidente con uno di quelli individuabili sulla base del funzionamento dei vari criteri di collegamento stabiliti dal codice di procedura civile per le controversie che hanno origine da un contratto»). [2] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. [3] L'elezione di domicilio nel Comune in cui ha sede il Tribunale adito è obbligatoria: essa individua il luogo legale ove effettuare le comunicazioni e notificazioni inerenti al processo: artt. 165 e 170 c.p.c. [4] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla disposizione testè ricordata, «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà». [5] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla legge n. 114/2014. L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla legge 114/2014. [6] L'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragione della domanda dell'attore rappresenta un elemento essenziale della citazione. L'indicazione della causa petendi, e cioè del titolo della domanda, è richiesto dall'art. 163 comma 3, n. 4 c.p.c. Tuttavia solo la mancanza dell'indicazione dei fatti posti a fondamento della domanda produce la nullità della citazione a norma dell'art. 164, comma 4, c.p.c. CommentoPremessa. La cessione del quinto dello stipendio Il finanziamento contro cessione del quinto è stato disciplinato per la prima volta dal d.P.R. n. 180/ 1950 e dal successivo Regolamento n. 895 del 1950. Esso consiste è un prestito personale non finalizzato, il cui utilizzo non è cioè vincolato a determinate finalità e quindi non rivolto all'acquisto di specifici beni o servizi. Il finanziamento può avere una durata massima di 120 mesi; per la restituzione dell'importo finanziato, il soggetto finanziatore in sostanza riceve dal lavoratore il diritto a richiedere direttamente al datore di lavoro una quota dello stipendio. Le operazioni di cessione del quinto, erano in origine previste solo per i dipendenti pubblici e statali, attualmente invece possono richiederle anche i dipendenti di aziende private e i pensionati. Quale meccanismo di funzionamento la cessione del quinto dello stipendio comporta che, di norma, il datore di lavoro o l'Ente previdenziale sia tenuto al versamento diretto al finanziatore della somma ceduta, realizzando così l'ammortamento (restituzione) del prestito. Il finanziatore è cautelato dall'obbligo del datore di lavoro o Ente previdenziale di trasferire direttamente a lui il pagamento suddetto. Il finanziatore è, poi, protetto dal rischio di perdita del posto di lavoro o dal rischio di decesso del finanziato attraverso una prelazione sul trattamento di fine lavoro (TFR - retribuzione differita) e da una polizza assicurativa obbligatoria (cfr. Trib. Monza I, 18 giugno 2019 per cui “ In tema di cessione del quinto dello stipendio, ai sensi dell'art. 54 dPR n. 180/1950, le operazioni di finanziamento con cessioni di quote dello stipendio devono avere la garanzia dell'assicurazione sulla vita e contro i rischi di impiego od altre malleverie che ne assicurino il ricupero nei casi in cui per cessazione o riduzione di stipendio o salario o per liquidazione di un trattamento di quiescenza insufficiente non sia, possibile la continuazione dell'ammortamento o il ricupero del residuo credito). La cessione può coesistere con altri prestiti aventi simili modalità di rimborso, come, ad esempio, la delegazione di pagamento; in questa eventualità, l'importo massimo erogabile è ulteriormente estendibile e la somma delle rate può raggiungere una quota dello stipendio/pensione pari a due/quinti (cioè il 40%). Quest'ultimo finanziamento si rende solitamente necessario quando è già in corso un finanziamento con debito residuo molto elevato oppure quando si ha bisogno di una somma particolarmente alta, che non potrebbe essere ottenuta con la sola cessione. La concessione delle delegazioni non è ammessa tuttavia da tutte le amministrazioni pubbliche/private. Ai sensi del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 52, comma 2, come modificato dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35, art. 13-bis convertito con modificazioni dalla l. 14 maggio 2005, n. 80, alla cessione del trattamento di fine rapporto dei lavoratori pubblici e privati non si applica il limite del quinto (Cass. lav., n. 3913/2020). Polizze “rischio vita” e “rischio impiego” La cessione del quinto come anticipato è assistita da garanzie, alcune delle quali imposte dalla legge. Tra queste si annoverano come detto: 1) la trattenuta diretta dell'importo mensile della rata dallo stipendio del dipendente ed il conseguente versamento dal datore di lavoro al finanziatore; 2) la stipula obbligatoria di una polizza assicurativa da parte del lavoratore per il rischio vita e/o rischio impiego che tutela il finanziatore nel caso di morte o di perdita del lavoro; 3) il privilegio del finanziatore sul TFR per i dipendenti privati. Il costo delle coperture e degli oneri accessori previsti grava sul lavoratore. Così l'art. 54 d.P.R. n. 180/1950 per cui «Le cessioni di quote di stipendio o di salario consentite a norma del presente titolo devono avere la garanzia della assicurazione sulla vita e contro i rischi di impiego od altre malleverie che ne assicurino il ricupero nei casi in cui, per cessazione o riduzione di stipendio o salario o per liquidazione di un trattamento di quiescenza insufficiente, non sia possibile la continuazione dell'ammortamento o il recupero del residuo credito. Non è consentito prestare garanzia in favore del cedente mediante cessione, da parte di altro impiegato o salariato di pubblica amministrazione, di una quota del proprio stipendio o salario. Gli istituti autorizzati a concedere prestiti ai sensi del presente titolo non possono assumere in proprio i rischi di morte o di impiego dei cedenti, ad eccezione dell'Istituto Nazionale delle Assicurazioni e delle società di assicurazione». A marzo del 2009 l'Isvap ha emanato il Regolamento (n. 29/2009) sulla classificazione dei rischi all'interno dei rami di assicurazione ed in particolare, riguardo alla cessione del quinto dello stipendio, sono state riconosciute due tipologie di coperture assicurative: rischio vita e rischio impiego. Quanto, poi, alle polizze rischio vita a supporto della cessione del quinto dello stipendio il Regolamento IVASS n. 35/2010 e il Decreto Crescita bis del 2012 hanno individuato diversi tipi di polizza atte a fungere da tutela del finanziato/lavoratore per i casi di premorienza rispetto all'estinzione del finanziamento: a) Polizze vita miste: questo tipo di polizze prevedono la liquidazione di un capitale al beneficiario/finanziatore sia in caso di morte dell'assicurato che in caso di vita dello stesso; nel caso in cui, alla scadenza del contratto, l'assicurato fosse in vita, il capitale previsto può essere versato da parte della compagnia assicurativa o in un'unica soluzione o come rendita vitalizia. b) Polizze vita caso Vita: questo tipo di polizze sono caratterizzate dal fatto che alla loro scadenza viene versato al beneficiario un capitale o una pensione integrativa. In questo caso l'assicurazione non prevede alcuna copertura in caso di morte dell'assicurato, ma se ciò dovesse accadere nel corso di validità della polizza, agli eredi del defunto verrà erogato il cumulo dei premi versati fino al decesso dell'assicurato, rivalutato a seconda del rendimento ottenuto grazie alla gestione del patrimonio operata da parte della compagnia assicurativa. c) Polizze Vita Caso Morte: questo tipo di polizze assicurano la liquidazione di un capitale al beneficiario indicato in polizza in caso di morte dell'assicurato e pertanto non prevedono alcun versamento da parte della Compagnia nel caso in cui, alla scadenza del contratto, l'assicurato sia in vita. Quanto, alle polizze rischio impiego, esse appartengono in generale al ramo perdite pecuniarie, cioè a quella tipologia di polizze stipulate dal debitore (cliente) per tutelarsi dalla impossibilità di adempiere all'obbligo di pagamento a causa della perdita d'impiego, o al ramo credito, che tutela l'ente finanziatore dal rischio del mancato pagamento da parte del debitore. Nello specifico assumono due diverse forme: 1) la polizza “rischio credito”, in cui l'unica beneficiaria del contratto di assicurazione è la finanziaria, tanto che in caso di perdita involontaria dell'impiego, l'assicurazione provvederà a coprire la finanziaria, pagandole le rate mancanti, con facoltà però di agire in rivalsa chiedendo l'intero importo al lavoratore. Il suo costo viene sostenuto direttamente dalla Banca erogante. Non compare quindi come voce distinta nel contratto di prestito ma viene incluso nella voce Commissioni bancarie oppure nel TAN (Tasso Nominale Annuo) del prestito; 2) la polizza “ramo perdite pecuniarie” nelle quali anche il lavoratore è coperto dal rischio di perdita del posto di lavoro, in quanto in esse la compagnia di assicurazione si impegna al pagamento delle rate dovute alla finanziaria dal lavoratore fino al suo eventuale ricollocamento in servizio e non potrà pretendere per tale periodo alcunché a titolo di surroga (con l'unica eccezione di 3 rate nel caso la perdita del posto di lavoro sia stata causata da dimissioni volontarie del lavoratore). Il suo costo viene formalmente pagato dal cliente al momento dell'erogazione del prestito e compare quindi come voce a sé stante nel contratto di finanziamento. A monte di quest'ultima operazione è ravvisabile lo schema tipico dell'assicurazione «per conto», disciplinato dall'art. 1891 c.c., visto che il cliente-mutuatario, all'atto di sottoscrivere il finanziamento, semplicemente aderisce alla convenzione già stipulata (per conto di chi spetta) dalla banca-mutuante e presta, fra le altre cose, il consenso indispensabile a quest'ultima, ex art. 1891, comma 2, c.c., per poter esercitare i diritti derivanti dalla polizza (per i contenuti minimi cfr. dal Regolamento ISVAP 3 maggio 2012, n. 40. La surroga nella normativa più recente Quanto al diritto di surrogazione dell'assicuratore con riguardo alle polizze rischio impiego sulle rate di prestito versate sia per il caso di cessazione temporanea che permanente del rapporto di lavoro, la corretta lettura dell'art. 14 del Regolamento Isvap n. 29 del 2009 («In deroga a quanto previsto all'art. 4, comma 2, è classificato nel ramo 14. Credito, nell'ambito dei rischi “perdite patrimoniali derivanti da insolvenze”, il contratto stipulato da un ente finanziatore autorizzato ad operare, ai sensi di legge, nel settore dei finanziamenti garantiti mediante cessione del quinto dello stipendio in qualità di contraente/assicurato per garantirsi dal rischio di mancato adempimento dell'obbligazione di pagamento da parte del soggetto debitore finanziato. Il contratto deve prevedere il pagamento del premio a carico dell'ente finanziatore e può prevedere la surrogazione dell'assicuratore nei diritti e nei privilegi vantati dall'ente nei confronti del debitore inadempiente. 2. È classificato nel ramo 16. Perdite pecuniarie di vario genere, nell'ambito dei “rischi relativi all'occupazione”, il contratto stipulato dal debitore/assicurato per garantirsi dall'impossibilità di adempiere all'obbligazione di pagamento a favore dell'ente finanziatore a causa della perdita dell'impiego, con conseguente cessazione dell'erogazione dello stipendio»), è quella per cui il diritto di surroga o di rivalsa dell'assicuratore è ammessolo solo per quelle polizze in cui il premio assicurativo è versato dall'intermediario/finanziatore (argomenta da art. 14, comma 2, del regolamento: cfr. ABF Napoli decisione del n. 829 del 30 luglio 2010; ABF decisione n. 2726 del 5 maggio 2014), rendendo così più labile la differenza dopo il 2009 tra polizze “rischio credito” e “polizze rischio perdite pecuniarie”. Conseguenze in tema di ripetibilità in caso di estinzione anticipata e calcolo del tasso usura. Effetti sul TFR Passando ad ulteriori aspetti fonte di controversie tra lavoratore assicurato, intermediario finanziatore e le compagnie assicuratrici in tale ambito, in primo luogo, per l'ipotesi di estinzione anticipata del rapporto va innanzitutto chiarito che «La compagnia di assicurazioni che, in forza di polizza a garanzia di credito, abbia corrisposto all'istituto bancario l'importo dovuto a titolo di estinzione anticipata del contratto di prestito, per non aver il debitore principale adempiuto alla restituzione del prestito contratto, è surrogata legalmente ai sensi degli artt. 1203 e 1916 c.c. nei diritti della banca nei confronti del debitore» (Trib. Savona, 8 marzo 2012). Quanto all'inclusione delle spese di assicurazione del rischio impiego nel calcolo del tasso usura, la giurisprudenza di merito e di legittimità sono ormai su posizioni concordi nel ritenere che «secondo il chiaro tenore letterale dell'art. 644 comma 3 c.p., sono rilevanti, ai fini della determinazione del tasso soglia di cui alla normativa sull'usura, tutti gli oneri che l'utente sopporti in connessione con l'uso del credito. Tra tali oneri rientra anche il costo della polizza assicurativa a garanzia del rischio morte, invalidità e perdita di impiego del mutuatario obbligatoria ex art. 54 d.P.R. n. 180/1950 per ottenere un prestito con cessione del quinto dello stipendio» (Trib. Bari II, 14 dicembre 2015; Trib. Busto Arsizio, 12 marzo 2013; anche se non mancano voci in dissenso: cfr. «Non è conforme alla ratio dell'art. 644 c.p. includere nel calcolo del tasso effettivo globale medio (T.E.G.M.) anche le spese per le assicurazioni poste a carico del debitore, non per scelta o imposizione del creditore, bensì per volontà legislativa (di cui al d.P.R. n. 180 del 1950), del resto sia l'art. 644, comma 4, c.p. che l'art. 2, comma 2, l. 108/96 escludono la possibilità di includere nel calcolo del T.E.G.M. le imposte o tasse, e cioè tutti quei costi imposti dalla legge» Trib. Lecce, 16 novembre 2007). Sulla restituzione (pro quota) degli oneri (commissioni e spese assicurative) già corrisposti dal beneficiario, invece, sono già intervenute più volte sia l'IVASS che la Banca d'Italia (da ultimo si segnala la circolare prot. n. 0106596/15 del 26 agosto 2015), invitando gli intermediari finanziari ad adeguarsi agli orientamenti emersi dalle pronunce dell'ABF (cfr. rinvio alla Formula sull'Assicurazione connesse a mutui). Con riguardo, poi, al rapporto tra cessione del quinto dello stipendio e trattamento di fine rapporto, l'articolo 43 del d.P.R. n. 180/1950 stabilisce che, se il dipendente o il salariato va in pensione prima della conclusione della cessione, il pagamento della quota è esteso di diritto alla pensione stessa o a qualsiasi altro assegno continuativo equivalente versato dall'amministrazione da cui il lavoratore dipendeva oppure da istituti previdenziali o assicurativi ai quali ha scelto di aderire, nel rispetto delle leggi generali e speciali, di regolamenti organici o di contratto. La somma trattenuta non può essere maggiore di un quinto del valore complessivo della pensione o dell'assegno continuativo. Se la cessazione del servizio dà diritto a una somma una tantum, a titolo di indennità o di capitale assicurato, versata dall'amministrazione da cui il lavoratore dipendeva oppure da istituti previdenziali o assicurativi, tale somma è trattenuta fino a che l'importo residuo dovuto non è saldato. Se la trattenuta di cui sopra salda il debito anticipatamente, il debitore gode degli sconti previsti dall'art. 38 norma cit. L'impiego di specifiche clausole volte a garantire alla società finanziaria di recuperare il proprio credito consentendo al datore di lavoro, in caso di inadempimento o cessazione del rapporto di lavoro, di trattenere e versare il TFR in suo favore, in sede giudiziale viene spesso messo in discussione e tacciato come abusivo ed illegittimo, nel tentativo di ottenere dal debitore lo svincolo del TFR, tanto che la giurisprudenza si è spesso interrogata sulla natura e sulla legittimità delle clausole suddette, nonché sulla possibilità per il lavoratore di cedere liberamente dette somme. La risposta è stata fornita dalla Suprema Cassazione nel lontano 2003 laddove con la sentenza n. 4930/2003 è stato affermato che «Qualora il lavoratore abbia ceduto, a garanzia di un finanziamento ricevuto, il proprio futuro credito per trattamento di fine rapporto, va escluso che la cessione integri un'ipotesi di frode alla legge, consistente nella violazione del divieto del patto commissorio relativo al credito suddetto, essendo legittima cessione del credito anche a fine di garanzia e non essendo estensibile in via analogica, oltre le alienazioni di diritti reali e la costituzione di ipoteca e di pegni anche di crediti, la disciplina di cui all'art. 2744 c.c., costituente norma di natura eccezionale». D'altronde, i divieti previsti dall'art. 1260 c.c. costituendo eccezione alla regola generale della libera cedibilità dei crediti, non possono, a norma dell'art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale, essere applicati oltre i casi espressamente contemplati (v. con riferimento al credito alimentare ex art. 447 c.c.; Cass. I, n. 10362/1997). Con la decisione del 26 maggio 2015 il Tribunale di Teramo ha ribadito il principio, affermando che, posto che il TFR è liberamente cedibile dal lavoratore e che lo stesso può espressamente autorizzare a trattenere, in caso di cessazione di rapporto di lavoro (cessazione avvenuta in data 30 giugno 2013), su qualunque somma spettantegli l'importo delle rate non ancora pagate fino all'integrale saldo del debito, deve ritenersi legittimo il rifiuto del datore di lavoro di versare l'intero TFR, come richiesto nel ricorso per decreto ingiuntivo, essendo invece tenuto a trattenere tale credito del lavoratore sino alla concorrenza del debito di quest'ultimo verso l'intermediario/finanziatore. Ragion per cui, se nel regolamento negoziale le parti hanno previsto che il TFR possa essere trattenuto a garanzia del credito, il rifiuto di versarne il relativo importo al lavoratore che ne faccia richiesta deve ritenersi legittimo. Quanto poi alle polizze a tutela della premorienza del lavoratore, la polizza vita salda l'intero debito senza compensarsi sul TFR. Competenza arbitrale delle controversie Tra le controversie di pertinenza dell'Arbitrato Bancario Finanziario vi sono anche quelle concernenti il contratto di cessione del quinto dello stipendio, e dei connessi contratti assicurativi. L'articolo 128-bis del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (T.U.), introdotto dalla legge 28 dicembre 2005, n. 262, invero, del quadro delle iniziative promosse dall'Unione europea in materia di sistemi alternativi di risoluzione delle controversie, impone agli intermediari bancari e finanziari di aderire a sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con i clienti e rimette a una delibera del CICR, su proposta della Banca d'Italia, la definizione dei criteri di svolgimento delle procedure e di composizione dell'organo decidente, in modo da assicurarne l'imparzialità e la rappresentatività dei soggetti interessati; le procedure devono garantire la rapidità, l'economicità della soluzione delle controversie e l'effettività della tutela, senza pregiudicare per il cliente il ricorso a ogni altro mezzo di tutela previsto dall'ordinamento. La delibera del CICR n. 275 del 29 luglio 2008 ha dettato la disciplina dei nuovi sistemi stragiudiziali, delineandone il campo di applicazione, la struttura, le regole fondamentali di svolgimento della procedura. Il sistema di risoluzione stragiudiziale disciplinato dalle presenti disposizioni è denominato “Arbitro Bancario Finanziario” o “ABF”. Esso ha lo scopo di dirimere in modo semplice, rapido ed efficace le controversie tra i clienti e gli intermediari. L'ABF svolge in autonomia le proprie funzioni, delle quali ha la piena ed esclusiva titolarità Ai sensi del paragrafo 4, sezione I, delle “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari”, infatti: «All'Arbitro Bancario Finanziario possono essere sottoposte controversie relative a operazioni e servizi bancari e finanziari. Sono escluse le controversie attinenti ai servizi e alle attività di investimento e alle altre fattispecie non assoggettate al titolo VI del T.U. ai sensi dell'articolo 23, comma 4, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. All'ABF possono essere sottoposte tutte le controversie aventi ad oggetto l'accertamento di diritti, obblighi e facoltà, indipendentemente dal valore del rapporto al quale si riferiscono. Se la richiesta del ricorrente ha ad oggetto la corresponsione di una somma di denaro a qualunque titolo, la controversia rientra nella cognizione dell'ABF a condizione che l'importo richiesto non sia superiore a 100.000 euro. Sono escluse dalla cognizione dell'organo decidente le richieste di risarcimento dei danni che non siano conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento o della violazione dell'intermediario; sono parimenti escluse le questioni relative a beni materiali o a servizi diversi da quelli bancari e finanziari oggetto del contratto tra il cliente e l'intermediario ovvero di contratti ad esso collegati (ad esempio, quelle riguardanti eventuali vizi del bene concesso in leasing o fornito mediante operazioni di credito al consumo; quelle relative alle forniture connesse a crediti commerciali ceduti nell'ambito di operazioni di factoring). Non possono essere sottoposte all'ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009. Non possono essere inoltre proposti ricorsi inerenti a controversie già sottoposte all'autorità giudiziaria, salvo i ricorsi proposti entro il termine fissato dal giudice ai sensi dell'art. 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28. Anche in questi casi, resta fermo l'ambito della cognizione dell'ABF definito dalle presenti disposizioni. L'ABF non può conoscere controversie per le quali sia pendente un procedimento di esecuzione forzata o di ingiunzione. Non possono altresì essere proposti ricorsi inerenti a controversie rimesse a decisione arbitrale ovvero per le quali sia pendente un tentativo di conciliazione o di mediazione ai sensi di norme di legge (ad esempio, decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28) promosso dal ricorrente o al quale questi abbia aderito». |