Comparsa di risposta su copertura del rischio assicurativo; riparto dell'onere della prova nel contratto assicurativo

Maria Carolina De Falco
aggiornato da Alessia Longo

Inquadramento

In materia di contratto assicurativo l'onere della prova che segue le regole ordinarie in tema di riparto nella materia contrattuale - non muta a seconda della tipologia di schema negoziale. Rimane, sempre a carico della parte che intende ottenere l'indennizzo provare il fatto costitutivo della domanda, rimanendo in capo alla compagnia un mero onere di contestazione.

Nel presente atto la società assicuratrice contesta la circostanza che l'attore, allegando l'esistenza di clausole delimitative del rischio, intendesse ribaltare l'onere della prova della riferibilità del rischio ai casi esclusi, richiamando la posizione della giurisprudenza di legittimità prevalente sopra sinteticamente richiamata.

Formula

TRIBUNALE DI .... [1]

COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA

La .... [2] (C.F. ....), con sede legale in .... alla via ...., in persona del legale rapp.te p.t., Sig. ...., nato a .... il ...., residente in .... alla via .... n. ...., rappresentata e difesa dall'Avv. .... (C.F. ....) [3], con domicilio eletto in .... alla via .... n. .... presso lo studio dell'Avv. ...., giusta procura in calce al presente atto e reso su foglio separato, dichiarando di voler ricevere tutte le comunicazioni e gli avvisi di cui agli artt. 133 comma 3, 134 comma 3, 170 comma 4 e 176 comma 2 c.p.c., anche al seguente numero di fax .... [4], ovvero al seguente indirizzo di PEC .... @ .... [5].

-convenuta-

CONTRO

il Sig. ...., nato a .... il .... C.F. .... residente in .... alla via .... n. .... rappresentato e difeso dall'Avv. ....

-attore-

FATTO

Con atto di citazione notificato in data ...., il Sig. .... conveniva in giudizio la ...., al fine di sentirla condannare al pagamento dell'indennizzo dovutogli, in forza di polizza n ...., stipulata in data ...., a copertura del rischio di ....;

A tal fine, esponeva l'attore che in data .... si era verificato il rischio di .... garantito dal contratto di assicurazione stipulato, in quanto ....;

Con il presente atto si costituisce in giudizio la ...., chiedendo il rigetto della domanda, in quanto infondata in fatto e in

DIRITTO

1. Sull'esclusione della garanzia e sull'onere della prova

L'evento di ...., realizzatosi in data ...., a causa di ...., non rientra tra gli eventi garantiti dal contratto di assicurazione n ...., di cui l'istante chiede l'adempimento.

Pertanto la domanda di parte attrice è nel merito infondata e va in quanto tale rigettata.

Ogni qualvolta il convenuto contesta che il rischio assicurato si sia realizzato a causa di un evento escluso dal contratto di assicurazione, spetta all'assicurato dare prova che, diversamente da quanto allegato da parte convenuta, non ricorrono le specifiche cause di esclusione della garanzia assicurativa [6], in applicazione del principio generale per cui ogni qual volta un soggetto agisce per ottenere l'adempimento di un contratto, ai sensi dell'art. 2697 c.c. spetta all'attore dar prova del fatto costitutivo del suo diritto.

Ciò vale anche in caso di contratto di assicurazione, di tal che, realizzatosi il rischio coperto dal contratto, compete all'assicurato dar prova del fatto costitutivo del diritto all'indennizzo assicurativo posto alla base della domanda, cioè dell'evento previsto, del danno subito e del nesso di causalità tra evento e danno.

E ciò a prescindere dalla circostanza che il rischio assicurato sia un rischio determinato positivamente o negativamente, ovvero si tratti di un contratto di assicurazioni che garantisce la realizzazione di un evento contro molteplici rischi.

Giova sul punto preliminarmente osservare che il rischio assicurato può essere determinato tramite due tipologie di clausole contrattuali, c.d. “ clausole di delimitazione del rischio”: una volta ad individuare positivamente i rischi assunti, l'altra volta ad individuare i rischi esclusi, di tal che il rischio assunto sia determinato in negativo.

Si intende, invece, per contratto di assicurazione “all risk”, il contratto che non garantisce l'assicurato contro il verificarsi di uno specifico rischio, ma lo garantisce da molteplici rischi, ad esclusione di alcune ipotesi causali.

Tale distinzione rileva ove si consideri che, in passato, la giurisprudenza ha ritenuto che l'onere della prova si atteggiasse diversamente a seconda che il rischio assunto fosse generico o determinato e, prima ancora, che fosse determinato negativamente o positivamente.

Solo in quest'ultimo caso, infatti, l'onere della prova dell'operatività della polizza graverebbe sull'assicurato, nel senso che è l'assicurato a dover provare che l'evento realizzatosi integra il rischio garantito dal contratto, mentre, in caso di rischio negativamente determinato o in caso di rischio generico, graverebbe sull'assicuratore provare che l'evento si è realizzato a causa di ipotesi non coperte dal contratto.

Per tale orientamento, poiché le ipotesi contrattuali di esclusione della garanzia assicurativa rientrano tra i fatti impeditivi della domanda, secondo il normale riparto ex art. 2697 c.c. l'onere della prova non può che gravare sul soggetto che ha interesse a far valere l'inoperatività della polizza, cioè l'assicuratore.

Tale orientamento, invero, è stato nettamente sconfessato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 1473/1998, la quale ha unificato il riparto dell'onere della prova nel contratto di assicurazione.

Afferma la Corte che qualora venga domandato l'adempimento del contratto di assicurazione non può farsi distinzione, quanto alla distribuzione tra le parti dell'onere della prova, fra le clausole generali e le clausole speciali del contratto e, all'interno di queste ultime, tra clausole di delimitazione positiva e clausole di delimitazione negativa del rischio, dal momento che tutte attengono alla delimitazione del rischio assicurato, che è l'oggetto del contratto.

La circostanza che tali clausole individuano l'oggetto del contratto, implica che l'attore che agisce per ottenerne l'adempimento deve provare tale oggetto, in quanto fatto costitutivo del diritto fatto valere.

È l'assicurato, cioè, che per far valere il diritto all'indennizzo assicurativo deve provare che l'evento in concreto realizzatosi rientra tra i rischi effettivamente coperti dal contratto, in quanto la prova attiene ad un fatto costitutivo del suo diritto.

Non può invece sostenersi, ritiene la Corte, che di tale prova debba darsi carico il convenuto, in quanto la circostanza che l'evento realizzatosi non rientra tra quelli coperti dal contratto non costituisce fatto impeditivo modificativo estintivo della domanda ex art. 2597 c.c., ma solo una eccezione in senso improprio [7].

Nel caso di specie, l'evento si realizzava a causa di .... e quindi di un rischio non rientrante tra quelli coperti dal contratto di assicurazione intercorso tra le parti.

La domanda di parte attrice, pertanto, è infondata e va in quanto tale rigettata.

Tanto premesso e considerato, la ....rappresentata e difesa come in epigrafe, rassegna le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia l'On.le Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza, eccezione, richiesta e conclusione, rigettare la domanda attorea perché infondata in fatto e in diritto, con vittoria di spese e compensi.

IN VIA ISTRUTTORIA

Con ogni più ampia riserva ex art. 183, comma 6 c.p.c. di aggiungere, integrare, modificare, precisare e di formulare istanze anche istruttorie, si offrono in comunicazione i seguenti documenti:

Si offrono in comunicazione, mediante deposito, i seguenti documenti:

1. atto di citazione notificato il ....;

2. contratto di assicurazione stipulato in nome di ....;

PROCURA

Il sottoscritto Sig. .... (C.F. ....), nato a ...., il .... e residente in .... alla via ...., nella qualità di amministratore unico e legale rapp.te della .... (C.F. ....) con sede legale in .... alla via ...., informato ai sensi dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto, con la presente conferisco incarico all'Avv. .... (C.F. ....) a rappresentarmi e difendermi nel giudizio da promuovere dinanzi al Tribunale di .... ivi comprese le fasi esecutive di impugnazione che da questo conseguono, con ogni più ampia facoltà di legge; a tal uopo conferisco, altresì, al nominato procuratore ogni facoltà di legge, comprese quelle di conciliare, incassare, quietanzare, rinunziare e transigere, con promessa di rato e fermo del suo operato; lo autorizzo, infine, al trattamento dei miei dati personali, conformemente alle norme del d.lgs. n. 196/2003 e limitatamente alle finalità connesse all'esecuzione del presente mandato. Eleggo domicilio presso il suo studio in ....alla via ...., n. ....

Luogo e data ....

Sig. ....

È autentica

Firma Avv. ....

[1] In materia assicurativa la competenza per territorio segue i criteri ordinari dettati dagli artt. 18,19,20 e 28 del codice di procedura civile con la concorrenza- salvo diversi accordi tra le parti - del foro del convenuto (sede della persona giuridica), della conclusione del contratto o della esecuzione della prestazione. Nel caso in cui, però, la controversia venga instaurata o sia diretta verso una persona fisica che rivesta la qualità di consumatore, prevale il foro individuato sulla scorta della residenza di quest'ultimo, di natura inderogabile (c.f.r. Cass. III, n. 9922/2010 per cui “Nelle controversie tra consumatore e assicurazione, la competenza è del giudice del luogo in cui il cittadino risiede o ha eletto domicilio nelle controversie. È vessatoria, quindi, la clausola che prevede una diversa località come sede del foro competente, anche se coincidente con uno di quelli individuabili sulla base del funzionamento dei vari criteri di collegamento stabiliti dal codice di procedura civile per le controversie che hanno origine da un contratto”).

[2] Quando attore o convenuto sia “una persona giuridica, un'associazione non riconosciuta o un comitato, la citazione deve contenere la denominazione o la ditta, con l'indicazione dell'organo o ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio”: art. 163, comma 3, n. 2.

[3] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione sopra citata.

[4] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione citata sub nota 2. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla disposizione testè ricordata, «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax .... ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

[5] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. 90/2014 conv., con modif., dalla legge 114/2014. L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla l. n. 114/2014.

[6] Il tema della ripartizione dell'onere della prova in relazione al contratto di assicurazione è ormai tradizionalmente risolto dalla storica sentenza n. 1473/1998 della Corte di Cassazione che detta un principio generale applicabile in quanto tale a tutti i rami assicurativi e, all'interno di questi, sia all'assicurazione contro i rischi determinati, sia quella contro la totalità dei rischi (cosiddetta assicurazione all risks).

[7] La circostanza che l'evento non sia dipeso da rischio assicurato dal contratto è una mera contestazione della mancanza di prova del fatto costitutivo della domanda, con la conseguenza che l'assicuratore non assume su di sé alcun onere probatorio, che resta immutato a carico dell'attore il quale è tenuto a dimostrare il fatto costitutivo della domanda in tutta la sua estensione (Cass., n. 1473/1998; Cass. III, n. 6108/2006).

Commento

Premessa

Come è noto, in materia di responsabilità contrattuale il meccanismo di ripartizione dell'onere della prova ai sensi all'art. 2697 c.c. (in conformità a criteri di ragionevolezza per identità di situazioni probatorie, di riferibilità in concreto dell'onere probatorio alla sfera di azione dei singoli soggetti e di distinzione strutturale tra responsabilità contrattuale e da fatto illecito) è identico, sia che il creditore agisca per l'adempimento dell'obbligazione, sia che domandi il risarcimento per l'inadempimento contrattuale, e in entrambi i casi il creditore dovrà provare i fatti costitutivi della pretesa, cioè l'esistenza della fonte negoziale o legale del credito e, se previsto, il termine di scadenza, e non anche l'inadempimento, mentre il debitore dovrà eccepire e dimostrare il fatto estintivo dell'adempimento.

Va, allora, verificato come tale meccanismo si applichi propriamente al contratto di assicurazione.

A tal proposito il commento in parola va considerato come integrazione delle singole formule del Capitolo V nelle quali è stato approfondito singolarmente il profilo dell'onere della prova con riguardo ai singoli istituti.

Riparto dell'onere della prova. Fondamento

Passando al riparto degli oneri probatori relativi ai fatti costitutivi, modificativi ed estintivi del diritto all'indennizzo, in tema di contratto di assicurazione “Il fatto costitutivo del diritto dell'assicurato all'indennità, nell'assicurazione contro i danni, o alla garanzia, nell'assicurazione per la responsabilità civile, consiste in un danno verificatosi in dipendenza di un rischio assicurato e nell'ambito spaziale e temporale in cui la garanzia opera ed è quindi sul soggetto che invoca la garanzia che incombe l'onere di dimostrare che si è verificato un evento coperto dalla garanzia assicurativa e che esso abbia causato il danno di cui si reclama il ristoro o di cui si chiede la copertura ai fini della responsabilità civile” (App. Roma, III, 10 gennaio 2012, n. 87, ma sul punto vedi anche Trib. Monza, I, 19 ottobre 2016, n. 2671; Trib. Nocera Inferiore, II, 10 agosto 2012 “Nel giudizio introdotto dall'assicurato nei confronti della compagnia assicurativa con cui allega l'inadempimento della convenuta rispetto all'obbligo previsto dalla polizza di corrispondere l'indennizzo in caso di sinistro, l'effettivo avveramento del rischio oggetto del contratto costituisce fatto costitutivo della domanda, il cui onere probatorio grava sull'assicurato ai sensi dell'art. 2697 c.c.).

Precipitato di tale assunto, è che è onere dell'assicurato provare che il danno è compreso nei limiti stabiliti nel contratto di assicurazione (App. Genova, 11 giugno 2007); così di recente Cass. III, n. 7749/2020 per cui La circostanza che l'evento dannoso rientri tra i cosiddetti 'rischi inclusi' è fatto costitutivo della pretesa risarcitoria e, come tale, va provata dall'assicurato ).

In aderenza alla uniforme impostazione della Suprema Corte di Cassazione la pronuncia citata - solo una delle tante in materia - consente di puntualizzare che è onere dell'assicurato dimostrare il fatto costitutivo del diritto all'indennizzo, e ciò non trova eccezioni anche con riferimento alla previsione di ipotesi eccettuative ovvero quando siano previsti in polizza dei limiti all'obbligo dell'assicuratore di rivalere l'assicurato (tra le altre, Cass., n. 1790/1998; cfr. infra in tema di assicurazione della r.c., da Cass., n. 4426/1997, secondo la quale, poiché il fatto costitutivo del diritto dell'assicurato all'indennizzo consiste in un danno verificatosi in dipendenza di un rischio assicurato e nell'ambito spaziale e temporale in cui la garanzia opera, è su di lui che incombe, ai sensi dell'art. 2697 c.c., l'onere di dimostrare che si è verificato un evento coperto dalla garanzia assicurativa e che esso ha causato il danno di cui si richiede il ristoro o di cui si chiede la copertura ai fini della responsabilità civile).

In altre parole, se nel contratto di assicurazione si stabilisce entro quali limiti l'assicuratore è tenuto a rivalere l'assicurato dal danno prodotto dal sinistro, l'assicurato ha l'onere di provare che il danno è compreso in quei limiti, così che legittimamente l'assicuratore possa richiedere, prima di procedere al pagamento della somma dovuta, che l'assicurato provi la verificazione del sinistro, l'entità del danno, ed anche che il sinistro rientra nei limiti del rischio assicurato.

Tale impostazione, però, non risulta unanime

In dottrina, infatti, talvolta emerge una differente impostazione, secondo cui mentre l'assicurato, per ottenere il pagamento dell'indennità, deve provare che il sinistro si è verificato nei limiti spaziali e temporali previsti dal contratto, spetterebbe all'assicuratore, per esimersi dall'obbligo di indennizzo, dimostrare che l'evento causativo di danno rientra tra i sinistri esclusi o che fu provocato con dolo o colpa grave.

Considerato, infatti, che imporre al cliente di fornire la prova che il danno non rientra tra i casi esclusi dalle singole clausole significa addossare al contraente l'onere di provare circostanze negative (si pensi al caso in cui il contraente debba provare l'insorgenza della patologia successivamente alla decorrenza della garanzia o l'assenza di sintomatologia prima della conclusione del contratto; o ancora al caso in cui venga richiesta la prova della non ricorrenza delle cause di esclusione rappresentate dal dolo o colpa grave dell'assicurato o di suoi dipendenti o di dolo di terzi), altra parte della giurisprudenza di legittimità ha chiarito maggiormente aderendo all'assunto generale in materia contrattuale sopra richiamato (Cass. S.U., n. 13533/2001), che mentre l'assicurato deve provare soltanto la fonte negoziale del suo diritto, limitandosi ad allegare l'inadempimento della controparte (l'assicuratore), sarà quest'ultimo a dover dimostrare l'esistenza del fatto impeditivo-estintivo dell'altrui pretesa.

Secondo la differente impostazione, dunque, mentre l'assicurato, per ottenere il pagamento dell'indennità, deve provare appunto che il danno si è verificato nei limiti spaziali e temporali contrattualmente previsti, spetterebbe però all'assicuratore, al fine di esimersi dall'obbligo indennitario, dimostrare che l'evento produttivo di danno rientri tra i sinistri esclusi.

Sul punto si è di recente pronunciata la giurisprudenza la quale, in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile auto, ha statuito che il danneggiato che proponga l'azione diretta contro l'assicuratore, ai sensi dell'art. 18 della l. n. 990 del 1969, di fronte all'eccezione della compagnia di mancanza della copertura assicurativa, ha l'onere di provare, anche a mezzo di testimoni, essendo egli terzo rispetto al contratto assicurativo, che tale danno si è verificato nel periodo di copertura assicurativa; atteso, peraltro, che, in caso di mancato pagamento alla scadenza del premio successivo al primo, l'assicurazione resta sospesa dalle ore ventiquattro del quindicesimo giorno successivo ad essa, il sinistro accaduto nel periodo di sospensione è irrisarcibile dall'assicuratore, stante la mancanza della copertura assicurativa al momento del verificarsi del sinistro, senza che abbia rilevanza il pagamento del premio successivamente effettuato. In sintesi dunque,  se il danneggiato propone l'azione diretta contro l'assicuratore deve provare che tale danno si è verificato nel periodo di copertura assicurativa (Cass. III,  n.10335/2023).

In particolare: l'onere della prova in materia di clausole delimitative del rischio.

Merita di essere approfondita la tematica del riparto dell'onere della prova con riguardo alle circostanze di esclusione dell'operatività della garanzia.

Come è noto, la determinazione del rischio assicurato è la risultante, da un lato, della descrizione dell'evento e delle circostanze che devono accompagnarlo (a questo proposito si parla di rischi inclusi, ad esempio, furto con scasso) e, dall'altro, dell'indicazione delle circostanze la cui presenza esclude la garanzia assicurativa (si tratta dei cosiddetti rischi esclusi).

Si tratta, infatti, di delimitazioni che attengono o alla causa dell'evento o alla natura delle conseguenze che ne sono derivate, anche diversamente denominate “condizioni di assicurabilità”.

Di tale tenore, ad esempio in materia di assicurazione contro il furto, sono le pattuizioni che subordinino la prestazione della garanzia assicurativa all'adozione di speciali misure di sicurezza.

Secondo la giurisprudenza più consolidata, (cfr. Cass. III, n. 2636/1998) l'onere della prova dell'adozione dei dispositivi di sicurezza condizionanti l'efficacia della garanzia (appunto, le condizioni di assicurabilità) grava, in ogni caso, sull'assicurato (cfr. nella giurisprudenza di merito, Trib. Bari, 13 settembre 2006, per cui “Le clausole di un contratto di assicurazione contro il furto subordinanti la garanzia assicurativa all'adozione di speciali dispositivi di sicurezza o all'osservanza di oneri diversi non introducono limiti alla responsabilità dell'assicuratore ma individuano e circoscrivono il rischio, cioè l'oggetto del contratto (rischio assicurato)”.

Pari discorso per le clausole di determinazione del premio che, come noto, assume rilievo al fine di stabilire il limite massimo dell'obbligazione dell'assicuratore e se il detto equilibrio sinallagmatico possa dirsi in concreto rispettato. Ne consegue che, qualora, in virtù di specifiche clausole delimitative dell'oggetto del contratto a favore dell'assicuratore, la responsabilità di quest'ultimo sia eliminata o ridotta senza una corrispondente modifica del premio, occorre verificare se il piano di distribuzione dei rischi soddisfi il requisito della causa in concreto o se vi sia uno squilibrio significativo tra i diritti e gli obblighi delle parti che, difettando l'assunzione di un rischio in capo all'assicuratore, determina il venire meno dell'interesse per l'assicurato alla stipulazione del contratto, così da rendere privo di giustificazione lo spostamento patrimoniale posto a suo carico e, quindi, sanzionabili, per difetto originario o sopravvenuto di causa, le menzionate clausole delimitative dell'oggetto negoziale (Cass.  III,  n.14595/2020).

Come visto, infatti, in via generale, in tema di ripartizione dell'onere probatorio circa la ricomprensione dell'evento tra i rischi oggetto della copertura assicurativa, la giurisprudenza è pressoché costante nel porlo a carico dell'assicurato.

Tale impostazione discende, come è noto, dal fatto che la Suprema Corte - almeno per la posizione dominante - ritiene che la ricomprensione dell'evento nel rischio assicurato, quale fatto costitutivo del diritto dell'assicurato, debba essere da questi provata, in adempimento dei principi generali sull'onere della prova (così anche da ultimo Cass. Civ. sez. III, n.9205/2021 per cui “In tema di assicurazione, qualora l'assicuratore, convenuto per l'adempimento del contratto, alleghi l'esclusione della garanzia, come delimitata alla luce dei criteri normativi di interpretazione del contratto, risolvendosi detta allegazione non nella proposizione di un'eccezione in senso proprio, ma nella mera contestazione della mancanza di prova del fatto costitutivo della domanda, egli non assume riguardo all'oggetto della copertura assicurativa alcun onere probatorio, che resta, perciò, immutato a carico dell'attore, costituendo essa una eccezione in senso lato”...

Correlativamente, si ritiene che l'assicuratore, nel momento in cui allega l'esclusione dell'evento verificatosi dai rischi garantiti, non proponga una eccezione in senso proprio, bensì una mera difesa, con la conseguenza che non solleva l'assicurato dall'onere probatorio che incombe su di lui (in tal senso di recente, Cass. III, n. 6108/2006; Cass. III, n. 16831/2003; Cass. III, n. 1473/1998e ciò salvo che la norma non abbia avuto una particolare evidenza nel contratto ( cfr. Cass. III, n.15598/2019L'art. 166 d.lgs. n. 209/2005 pone, in materia assicurativa, l'obbligo generale di “leggibilità” delle clausole contrattuali, sicché, in caso di clausola di limitazione della garanzia, non costituente altresì ipotesi di limitazione della responsabilità ex art. 1341, comma 2, c.c., ma inserita in condizioni generali di contratto, l'adempimento della previsione sottrae il predisponente dall'onere di provare l'effettiva conoscenza o conoscibilità della clausola da parte dell'aderente; al contrario, la mancata “marcatura in evidenza”, comporterà per il predisponente l'onere di dimostrare l'effettiva conoscenza o conoscibilità da parte dell'aderente della clausola secondo la ordinaria diligenza.

Espressione di tale orientamento, è l'impostazione della giurisprudenza di merito, per cui “Qualora l'assicuratore della responsabilità civile convenuto per l'adempimento del contratto alleghi l'esclusione della garanzia assicurativa, non propone un'eccezione in senso proprio, risolvendosi detta allegazione nella mera contestazione della mancanza di prova del fatto costitutivo della domanda. Di talché, quest'ultimo non assume alcun onere probatorio, che resta immutato a carico dell'attore, il quale è tenuto a dimostrare il fatto costitutivo della domanda in tutta la sua estensione” (Trib. Bari, 8 giugno 2012).

L'assunto è stato specificamente affermato anche in materia di responsabilità civile (v. Cass. III, n. 5791/2014); sebbene la giurisprudenza di legittimità anche di recente abbia condiviso l'assunto per cui “il beneficiario di un contratto di assicurazioni, qualora chieda il pagamento dell'indennizzo, deve provare il fatto costitutivo della domanda e tale onere sussiste anche in relazione a quanto previsto nella clausola limitativa del rischio assicurato” (cfr. Cass. III, n. 24617/2015) come supra riferito, però, l'impostazione è oggetto di una profonda rivisitazione alla luce dei principi generali in materia di onere della prova in materia contrattuale da parte della dottrina.

Diversamente, non sussiste l'onere, per l'assicurato vittima di un sinistro stradale di identificazione del responsabile quale condizione diproponibilità dell'azione di risarcimento del danno nei confronti dell'impresa individuata dal Fondo di garanzia per le Vittime della Strada ai sensi dell'art. 19 l.n. 990/1969 (applicabile ratione temporis). Allo stesso modo non costituisce condizione di proponibilità la presentazione di una denuncia o di una querela contro ignoti. Ai fini dell'accertamento della dinamica dell'incidente rilevano piuttosto le circostanze obiettive e non l'esperimento o meno di un tentativo di identificazione dell'autore del fatto (Cass. VI, 12 luglio 2022, n. 21983).

Diversamente, non sussiste l'onere, per l'assicurato vittima di un sinistro stradale di identificazione del responsabile quale condizione di proponibilità dell'azione di risarcimento del danno nei confronti dell'impresa individuata dal Fondo di garanzia per le Vittime della Strada ai sensi dell'art. 19 l.n. 990/1969 (applicabile ratione temporis). Allo stesso modo non costituisce condizione di proponibilità la presentazione di una denuncia o di una querela contro ignoti. Ai fini dell'accertamento della dinamica dell'incidente rilevano piuttosto le circostanze obiettive e non l'esperimento o meno di un tentativo di identificazione dell'autore del fatto (Cass. civ., sez. VI, 12 luglio 2022, n. 21983).

Sempre in tale ambito applicazione concreta degli assunti ora indicati è quella per cui “Nel contratto di assicurazione contro i danni la clausola con la quale si pattuisce che l'assicurato sia indennizzato mediante la riparazione in forma specifica del danno occorsogli in conseguenza di un sinistro stradale (nella specie, mediante riparazione del veicolo presso carrozzeria autorizzata) non è da considerarsi clausola limitativa della responsabilità agli effetti dell'art. 1341 c.c., ma delimitativa dell'oggetto del contratto, in quanto non limita le conseguenze della colpa o dell'inadempimento e non esclude, ma specifica, il rischio garantito, stabilendo i limiti entro i quali l'assicuratore è tenuto a rivalere l'assicurato” (Cass. III, n. 11757/2018).

Onere della prova nella responsabilità civile. Il valore della confessione dell'assicurato

Se è principio generale che, in tema di assicurazione della responsabilità civile, l'esistenza del danno e la responsabilità dell'assicurato devono essere dedotti e provati da quest'ultimo, il quale ha l'onere di fornire all'assicuratore tutti gli elementi necessari ai relativi accertamenti, al pari di quanto avviene negli altri tipi di assicurazione contro i danni, vi è contrasto in ordine al valore probatorio della confessione dell'assicurato.

Secondo, infatti, una parte della giurisprudenza, la confessione stragiudiziale resa dall'assicurato al danneggiato non vincola l'assicuratore della responsabilità civile, e quindi non può essere posta a fondamento di una sentenza di condanna di quest'ultimo nei confronti del danneggiato (Cass. I, n. 6857/2000; Cass. I, n. 3276/1997; per la giurisprudenza di merito, nello stesso senso, cfr. Giud. pace Taranto 27 giugno 1997; Trib. Roma 13 settembre 1995; App. Genova 18 febbraio 1995; Trib. Lucca 24 febbraio 1990; Trib. Pisa 31 ottobre 1990; Trib. Genova 9 novembre 1990; Trib. Genova 30 aprile 1981; App. Roma 30 giugno 1964).

Di contro, secondo una diversa impostazione è correttamente motivata la sentenza di merito la quale, accertata sulla base di una confessione stragiudiziale la responsabilità professionale dell'avvocato nei confronti del proprio cliente, condanni l'assicuratore del professionista a tenerlo indenne del risarcimento dovuto al danneggiato (Cass. III, n. 6429/2009; cfr. Cass. I, n. 3785/2000).

Secondo tale diversa opinione, la domanda di garanzia proposta dal danneggiante nei confronti della propria compagnia di assicurazione, nella sussistenza del rapporto di garanzia, deve essere accolta per il solo fatto che il primo sia stato ritenuto responsabile del sinistro e condannato al relativo risarcimento, essendo irrilevante la circostanza che la responsabilità sia stata affermata sulla base della confessione resa dal danneggiante, e ciò in quanto il rapporto tra danneggiato ed assicurato è del tutto scisso ed autonomo rispetto a quello tra assicurato ed assicuratore.

Quest'ultima si presta doverosamente ad alcune critiche che mutuano il loro fondamento proprio dalle affermazioni fin qui sostenute in materia di onere della prova.

In primis, l'autonomia dei rapporti non incide in alcun modo sui criteri di riparto dell'onere della prova nel contratto di assicurazione: se - come visto - è onere dell'assicurato provare che si sia verificato un sinistro, in tutto corrispondente alle previsioni di polizza e nell'ambito spaziale e temporale in cui la garanzia opera, e che, dunque, si è verificato un rischio coperto dalla garanzia assicurativa e che esso ha causato il danno di cui reclama il ristoro (cfr. Cass. n. 17/1987; Cass. n. 12190/1998; Cass., n. 7533/1991), non basterebbe a fornire tale prova la dichiarazione dell'interessato.

In secondo luogo, tale automatismo si pone in contrasto con la decisione sella Suprema Corte del 23 novembre 1998 n. 11861, con la quale aveva affermato che le ammissioni concordi rese dal danneggiato e dal danneggiante in merito alla ricostruzione del fatto illecito, mentre vincolano gli stessi, e anche, per il principio dispositivo che domina l'ordinamento processualcivilistico, il giudice, quanto all'esistenza del fatto stesso, non producono alcun effetto vincolante nei confronti dell'assicuratore.

La stessa si pone in contrasto anche con affermazione resa in ambito affine di contrario tenore dalla Suprema Corte a Sezioni Unite, che nel diverso sistema dell'assicurazione obbligatoria della r.c.a. hanno escluso che la confessione resa dall'assicurato nel giudizio promosso contro di lui dal danneggiato possa essere utilizzata ai fini dell'accoglimento della domanda (diretta) del danneggiato stesso nei confronti dell'assicuratore (Cass. S.U., n. 10311/2006).

Infine, la posizione in parola consente irrazionalmente di affermare che la confessione dell'assicurato nuoce all'assicuratore se resa in un processo al quale quest'ultimo non ha partecipato, mentre non gli nuoce se resa in un processo al quale anche l'assicuratore ha partecipato.

Prova scritta del contratto. Integrazione

Ad integrazione della formula sulla Polizza assicurativa: contratto, forma, durata, polizza all'ordine ed al portatore, merita evidenza il recentissimo assunto per cui “In tema di contratti assicurativi poliennali non recedibili dal contraente prima del quinquennio, il principio di correttezza e trasparenza di cui all'art. 183 d.lgs. n. 209/2005, da un lato, e l'obbligo di prova scritta del contratto di assicurazione ex art. 1888 c.c. dall'altro, pongono a carico della compagnia assicuratrice l'onere di indicare nella polizza, in modo chiaro ed esplicito, la riduzione del premio applicata rispetto ad analoga polizza di durata annuale. In difetto, il contraente potrà recedere prima del quinquennio, nulla valendo l'apposizione in calce alla polizza di generiche dichiarazioni dell'assicurato in merito alla consapevolezza della poliennalità del contratto e dell'avvenuta applicazione di una riduzione del premio” (Trib. Ancona II, 19 gennaio 2017, n. 95).

Anche, poi, la modifica delle clausole contrattuali necessita della prova scritta al pari della polizza (Cass. III, n. 18891/2007).

Assicurazione contro gli infortuni. Integrazione

In applicazione dei principi suddetti ed ad integrazione della formula sull'Assicurazione contro gli infortuni, deve rammentarsi che “Nel contratto di assicurazione, l'avverarsi del rischio come descritto nella polizza è il fatto costitutivo del diritto dell'assicurato all'indennizzo, mentre la sussistenza di una circostanza di fatto idonea a sussumere il rischio tra quelli esclusi dalla polizza è fatto impeditivo di quel diritto. Ne consegue che, ove un'assicurazione contro gli infortuni mortali preveda che il diritto all'indennizzo spetti nel caso di infortunio causato da sinistro stradale, mentre resti esclusa se la morte sia conseguenza di condizioni fisiche anormali della vittima, i beneficiari avranno l'onere di provare il nesso di causa tra sinistro e morte, mentre l'assicuratore avrà l'onere di provare la preesistenza di condizioni fisiche anormali” (Cass. III, n. 4234/2012; Cass. III, n. 6548/2013).

Onere della prova nella denuncia di sinistro. Integrazione

Ad integrazione della formula sull'avviso di sinistro, si puntualizza che “La disposizione di cui all'art. 1913 c.c. che, al comma 1, prevede a carico dell'assicurato l'obbligo di effettuare la denuncia del sinistro all'assicuratore entro tre giorni dal fatto o dalla conoscenza che egli ne abbia avuto deve essere letta unitamente a quella di cui all'art. 1915 c.c., che sancisce la perdita del diritto all'indennità solo per il caso in cui l'inadempimento dell'assicurato all'obbligo di avviso sia doloso, mentre, se l'omissione è colposa, l'assicuratore ha diritto a ridurre l'indennità in ragione del pregiudizio sofferto. Il dolo deve essere provato dall'assicuratore, così come il danno subito per effetto dell'omissione colposa, in applicazione del generale criterio di ripartizione dell'onere probatorio di cui all'art. 2697 c.c.; Trib. Roma IX, 27 ottobre 2009, n. 22004).

Il massimale. Riparto dell'onere della prova. Integrazione

Con riguardo allo specifico profilo del riparto dell'onere della prova in materia di massimale assicurativo, la posizione della giurisprudenza di legittimità e di merito è pressocché conforme.

L'allegazione dell'assicuratore della r.c. auto circa la limitazione della propria obbligazione indennitaria al massimale pattuito concerne un fatto impeditivo dell'accoglimento della domanda nell'importo richiesto dal danneggiato; sicché l'onere della prova del massimale incombe sull'assicuratore e deve essere soddisfatto ex art. 1888 c.c., trattandosi di una delle parti contraenti, mediante la produzione del documento contrattuale (Cass. III, n. 26537/2007).

In materia, poi, specificamente di responsabilità civile obbligatoria derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, con riferimento ai limiti del relativo massimale, in ordine al rapporto tra assicurato e assicuratore, “la sussistenza e l'entità del massimale medesimo, sia pure nel rispetto dei limiti minimi di legge, dipende dalla libera volontà negoziale delle parti; sicché, quando l'assicurato chieda di essere garantito, nei confronti del danneggiato, dall'assicuratore, è quest'ultimo che ha l'onere di provare, mediante esibizione della polizza, i fatti posti a fondamento della sua eccezione (art. 2697 c.c.), ossia che il massimale pattuito tra le parti del contratto di assicurazione all'epoca del sinistro è inferiore rispetto a quello enunciato dall'assicurato” (Cass. III, n. 17459/2006; Cass. III, n. 16541/2012; in senso conforme cfr. Cass. III, n. 21057/2009).

Non è chi non veda, però, che tale unanime posizione della giurisprudenza risulta in aperto contrasto con quanto affermato in materia di onere della prova tra assicurato e ed assicuratore sulle clausole delimitative del rischio, ove l'assicurato non può limitarsi ad allegare l'esistenza di un contratto di assicurazione ma deve provarne contenuto e limiti, dovendo questi essere qualificati come fatti costitutivi del proprio diritto alla prestazione contrattuale.

Quanto, invece all'onere della prova del terzo danneggiato in materia di assicurazione della responsabilità civile r.c.a., mentre, “ove sorga controversia circa l'ammontare del massimale assicurativo previsto dalla legge per il veicolo condotto dal responsabile, è onere del danneggiato, e non dell'assicuratore, dimostrare a quale categoria appartenesse il veicolo suddetto, mentre - una volta fornita tale prova - il massimale minimo deve presumersi noto al giudice in virtù del principio jura novit curia”(cfr. Cass. III, n. 21057/2009), laddove, poi, le parti abbiano concordato. un massimale più alto di quello legale (cfr. rinvio alla formula sul Massimale), il terzo danneggiato potrà pretendere il risarcimento dall'assicuratore nei limiti non del massimale di legge, ma del più elevato massimale di polizza (come si desume implicitamente, ma inequivocabilmente, dalla chiara lettera dell'art. 144, comma 2, del codice delle assicurazioni, ove si afferma che «Per l'intero massimale di polizza l'impresa di assicurazione non può opporre al danneggiato eccezioni derivanti dal contratto, né clausole che prevedano l'eventuale contributo dell'assicurato al risarcimento del danno»).

Sul punto, infatti, è stato condivisibilmente affermato che “Nella controversia tra l'assicuratore della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli ed il terzo danneggiato, l'onere di provare la misura del massimale assicurato grava sul primo; tale prova, tuttavia, può essere data sia attraverso la produzione in giudizio della polizza, sia attraverso l'esibizione di altri documenti, dai quali sia desumibile il contenuto del contratto” (Cass. III, n. 16541/2012).

Mala gestio . Integrazione

Ad integrazione di quanto affermato nella formula sulla Responsabilità per mala gestio propria ed impropria per quanto precipuamente afferisce al riparto dell'onere della prova per la mala gestio cd. propria, «Nel giudizio di responsabilità per mala gestio propria, trattandosi di responsabilità per colpa, l'onere della prova va ripartito secondo i principi informatori della materia. Sicché graverà sull'assicurato l'onere di allegare i fatti posti a fondamento dell'asserita mala gestio dell'assicuratore e delle sue conseguenze nella vicenda risarcitoria» (Cass. III, n. 22317/2007).

Spetta, quindi, all'assicurato allegare il fatto oggettivo dell'inadempimento da parte dell'assicuratore rispetto all'obbligo di diligenza e di garanzia assunto contrattualmente nonché il danno subito, mentre incombe sull'assicuratore, per andare esente da responsabilità, dimostrare, ai sensi dell'art. 1218 c.c., la non imputabilità dell'inadempimento (in questo senso si veda Cass. I, n. 4156/1999; Cass. I, n. 3353/1997 e ciò in ossequio al principio inizialmente invocato affermato da Cass. S.U., n. 13533/2001 in base alla quale, anzi, non spetterebbe all'assicurato fornire la dimostrazione della precisa condotta negligente imputata al proprio assicuratore, ma soltanto allegare l'inadempimento).

Onere della prova in materia di prescrizione. Integrazione

Ad integrazione della formula relativa alla Prescrizione dei diritti derivanti dal contratto di assicurazione, merita di essere rammentato che di recente è stato affermato che «In tema di assicurazione contro gli infortuni, da cui derivino postumi di invalidità di carattere permanente, il termine di prescrizione del diritto all'indennizzo decorre, ex art. 2952, comma 2, c.c., dal verificarsi dell'evento lesivo previsto dalla polizza e, dunque, dal momento in cui emerga lo stato di invalidità permanente coperto dalla stessa, sicché l'assicuratore che intenda opporre la prescrizione del diritto fatto valere dall'assicurato ha l'onere di provare non già la data di verificazione del sinistro, ma quella in cui si è manifestato lo stato di invalidità conseguente allo stesso» (Cass. III, n. 14420/2016).

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