Appello in tema di azione di risarcimento danni finalizzato ad ottenere il pagamento ultramassimale per mala gestio impropria

Andrea Penta
aggiornata da Francesco Agnino

Inquadramento

L'inadempimento dell'assicuratore della r.c.a. alle proprie obbligazioni si riconduce a due differenti forme di responsabilità: la prima è quella da colpevole ritardo nei confronti del danneggiato nell'adempimento di un'obbligazione pecuniaria, o c.d. mala gestio impropria, fondata sulla sua costituzione in mora ex art. 22 della l. n. 990 del 1969 (ora ai sensi dell'art. 145 del d.lgs. n. 209 del 2005), non seguita dal dovuto pagamento, per la quale risponde a titolo di rivalutazione (maggior danno ex art. 1224, comma 2, c.c.) ed interessi anche oltre il limite del massimale, senza necessità che il danneggiato formuli specifica domanda, essendo sufficiente la richiesta di integrale risarcimento dei danni; la seconda è quella per c.d. mala gestio propria, nei confronti dell'assicurato, per condotte contrarie agli obblighi di buona fede e correttezza nell'esecuzione del contratto (di assicurazione), che espone l'assicurazione anche oltre il massimale, purchè l'assicurato-danneggiante proponga specifica domanda (Cass. III, n. 3014/2016; Cass. III, n. 15397/2010; Cass. n. 10725/2003, che costituisce probabilmente la sentenza « capostipite » in materia).

La vittima di un incidente stradale propone appello avverso la sentenza di primo grado che ha escluso, in assenza di specifica domanda, la condanna della compagnia assicuratrice del responsabile civile al pagamento ultramassimale per interessi e rivalutazione monetaria.

Formula

CORTE D'APPELLO DI ...

ATTO DI APPELLO 1

Per il Sig. ...., nato a .... il ...., C.F. ... 2, residente in ...., alla via .... n. ...., elettivamente domiciliato in ...., alla via .... n. ...., presso lo studio dell'Avv. ...., C.F...., che lo rappresenta e difende in virtù di procura apposta a margine/in calce del presente atto, con dichiarazione di voler ricevere le comunicazioni al Fax n. .... o all'indirizzo di PEC ... 3,

- APPELLANTE -

CONTRO

Società ...., P.I. n. ...., con sede legale in .... via... n. ...., in persona dell'Amministratore Unico Dott. ...., difesa dall'Avv. ....;

- APPELLATA –

E

Sig. ...., residente in ...., alla via .... n. ....;

- APPELLATO CONTUMACE -

avverso la sentenza n.... emessa in data .... dal Tribunale di ...., Giudice Dott. ...., e pubblicata il ....

PREMESSO CHE

- Con atto di citazione notificato in data ...., il Sig. .... ha convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di .... il Sig. .... e la compagnia assicuratrice della sua autovettura ...., per far dichiarare .... e far condannare gli stessi, in solido, al risarcimento dei danni non patrimoniali subìti nella misura di ...., oltre alle spese del presente giudizio, esponendo che:

1. il giorno ...., alle ore ...., nel territorio del Comune di ...., all'altezza del ...., si era verificato uno scontro frontale tra il veicolo .... da lui condotto e di sua proprietà, ed il veicolo .... condotto da ...., di proprietà di .... ed assicurato contro i rischi della responsabilità civile dalla .... Assicurazioni s.p.a.;

2. in conseguenza del sinistro .... egli aveva riportato danni ...., con una ITT di .... giorni (di cui .... in ospedale e .... a casa allettato), una ITP al 75% di .... giorni ed al 50% di .... giorni ed una invalidità permanente (... 4) del ...%;

3. la responsabilità del sinistro era da ascrivere in via esclusiva a ...., in quanto ....;

4. non avendo il responsabile civile e la sua compagnia assicuratrice riscontrato le sue richieste risarcitorie, pur avendolo la seconda sottoposto a due accurate visite presso lo studio del proprio medico fiduciario, si era visto costretto a ricorrere all'autorità giudiziaria.

Il Tribunale di ...., con sentenza n. .... del ...., ha accolto in parte la sua domanda, condannando .... al pagamento, in suo favore, della somma complessiva di euro .... a titolo di risarcimento del danno da sinistro stradale, e, in solido, la compagnia di assicurazioni .... fino all'importo di euro ...., corrispondente al massimale di legge all'epoca del sinistro. In particolare, il giudice di prime cure, con riferimento al superamento del massimale, ha così motivato: "...sottolineato come non risulti formulata una specifica domanda finalizzata ad accertare comportamenti dilatori della società assicuratrice e ad ottenere il riconoscimento del superamento del massimale ...".

La sentenza è ingiusta per i seguenti:

MOTIVI

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, l'assicuratore, a seguito della richiesta del danneggiato formulata ai sensi dell'art. 148 del d.lgs. n. 209 del 2005, è direttamente obbligato ad adempiere nei suoi confronti il debito d'indennizzo derivante dal contratto di assicurazione.

Una volta scaduto il termine di sessanta (nel caso di soli danni alle cose)/60 (nel caso di danni anche alla persona) giorni da detta norma previsto, l'assicuratore è in mora verso il danneggiato, qualora sia stato posto nella condizione di determinarsi in ordine all'an ed al quantum della responsabilità del suo assicurato.

In tal caso l'obbligazione verso il danneggiato dell'assicuratore può superare i limiti del massimale (per mala gestio cosiddetta impropria) a titolo di responsabilità per l'inadempimento di un'obbligazione pecuniaria e, quindi, senza necessità di prova del danno quanto agli interessi maturati sul massimale per il tempo della mora ed al saggio degli interessi legali, ed oltre questo livello in presenza di allegazione e prova (anche tramite presunzioni) di un danno maggiore.

Inoltre, per ottenere la corresponsione degli interessi e rivalutazione oltre il limite del massimale, non è necessario che il danneggiato proponga già in primo grado, nell'ambito dell'azione diretta, anche una domanda di responsabilità dell'assicuratore per colpevole ritardo, ma è sufficiente che egli, dopo aver dato atto di aver costituito in mora l'assicuratore, richieda anche gli interessi ed il maggior danno da svalutazione ex art. 1224 c.c., ovvero formuli la domanda di integrale risarcimento del danno, che è comprensiva sia della somma rappresentata dal massimale di polizza, sia delle altre somme che al massimale possono essere aggiunte per interessi moratori, rivalutazione e spese (per questi concetti, cfr. soprattutto Cass. n. 17768/2005, nonché Cass. n. 10725/2003).

A tal punto che, allorquando la sentenza di primo grado liquidi una somma che, essendo inferiore al massimale, non pone il problema del suo superamento, il danneggiato stesso, in sede di impugnazione, non ha l'onere di specificamente impugnare il mancato riconoscimento della responsabilità dell'assicuratore per mala gestio, essendo sufficiente che egli impugni la sentenza stessa per conseguire l'integrale risarcimento del danno perché il giudice d'appello, ricorrendone i presupposti, emetta condanna dell'assicuratore por il pagamento di interessi, rivalutazione e spese (queste ultime se provate), anche oltre i limiti del massimale.

E' stato, inoltre, spiegato che l'omissione, da parte del danneggiato, di una esplicita istanza di risarcimento del danno dovuto alla mora dell'assicuratore non può essere ritenuta abdicativa del diritto alla corresponsione di interessi e rivalutazione, essendo in contrasto con il suo interesse ad ottenere l'integrale risarcimento (Cass. n. 17768/2005, cit.). E ciò, diversamente dalla mala gestio propria, la quale, sostanziandosi nella domanda dell'assicurato di essere tenuto indenne anche oltre il massimale di polizza, deve essere espressamente formulata, non potendo ritenersi implicita nella chiamata in causa dell'assicuratore da parte dell'assicurato nel corso del giudizio introdotto dal terzo danneggiato (Cass. n. 10036/2004).

Dai principi sopra affermati discende che erroneamente la sentenza impugnata ha contenuto la domanda a carico dell'assicuratore nei limiti del massimale, sul presupposto che il danneggiato non avesse formulato una specifica domanda (cfr., in tal senso, Cass. III, n. 17460/2006), laddove, ricorrendone i presupposti, avrebbe dovuto provvedere contro la compagnia per interessi, rivalutazione e spese (queste ultime, in quanto, provate; cfr. docc. nn. .... allegati al fascicolo di primo grado), anche oltre i limiti del massimale.

Tanto premesso, il Sig. ...., come sopra rappresentato e difeso,

CITA

La società ...., P.I. n. ...., in persona dell'Amministratore Unico Dott. ...., elettivamente domiciliato presso l'Avv. ...., C.F. ...., con studio in .... via .... n. ...., ed il Sig. ...., contumace in primo grado, a voler comparire dinanzi a codesta Eccellentissima Corte d'Appello…all'udienza del…., ore e locali soliti, Sezione e Consigliere Relatore designandi, con l'invito a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell'udienza indicata, ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c. e a comparire all'udienza indicata innanzi al Collegio o al Consigliere Relatore nominati, con l'avvertimento

  • che la costituzione oltre il suddetto termine implica tutte le decadenze di legge tra cui quelle di cui agli artt. 38,167,168,343 e 345 c.p.c.,
  • che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale fatta eccezione per i casi previsti dall'articolo 86 o da leggi speciali e
  • che la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato;

ciò al fine di ivi sentir accogliere, anche nella loro contumacia, le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia la Corte d'Appello adita, disattesa ogni contraria istanza, in riforma della sentenza n. .... del Tribunale di ...., condannare la compagnia assicuratrice al pagamento ultramassimale per interessi, rivalutazione e spese.

Con vittoria di spese e compensi del doppio grado di giudizio.

Si allegano i seguenti documenti.

1) Sentenza n. ....;

2) ....;

Si dichiara che il valore della causa è di Euro ....

Luogo e data......

Firma Avv........

(PROCURA ALLE LITI, SE NON APPOSTA A MARGINE)

[1] [1] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., dalla l. 15 luglio 2011, n. 111).

[2] [2] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. 98/2011, conv. con modif. dalla legge 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. 193/2009 conv. con modif. dalla legge 24/2010.

[3] [3] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. 90/2014 conv., con modif., dalla legge 114/2014.

L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. 90/2014, conv. con modif., dalla legge 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

[4] [4] Indicare la patologia dalla quale la vittima è rimasta affetta, se del caso richiamando la cartella clinica.

Commento

Il regime giuridico delle due tipologie di mala gestio

Va premesso che il massimale non è elemento essenziale del contratto di assicurazione, il quale può essere validamente stipulato senza la relativa pattuizione, e neppure costituisce fatto generatore del credito assicurato, configurandosi piuttosto come elemento limitativo dell'obbligo dell'assicuratore, sicché grava su quest'ultimo l'onere di allegare e provare, nel rispetto delle preclusioni processuali, l'esistenza e la misura del massimale nonché la erosione dello stesso per effetto della liquidazione di precedenti sinistri (Cass. III, n. 27913/2021).

Occorre evidenziare che, qualora l'assicurato/danneggiante chieda, sulla base del rapporto contrattuale esistente con il proprio assicuratore, di essere sollevato degli eventuali effetti pregiudizievoli che possano derivare dal comportamento illegittimo della assicurazione per il pagamento delle somme liquidate a titolo di risarcimento del danno nell'ambito del massimale e di quelle che potrebbero eccedere tale limite a titolo di interessi e di svalutazione monetaria (id est, di essere tenuto indenne anche al di là del massimale di polizza, per interessi e rivalutazione monetaria), la domanda manca della necessaria specificità affinché possa intendersi espressamente proposta come invocazione della responsabilità ultramassimale dell'assicuratore (Cass. III, n. 15917/2014).

La relativa domanda, come anticipato, sostanziandosi nella richiesta dell'assicurato di essere tenuto indenne anche oltre il massimale di polizza, deve essere espressamente formulata, non potendo neppure ritenersi implicita nella chiamata in causa dell'assicuratore da parte dell'assicurato nel giudizio introdotto dal terzo danneggiato.

La violazione del principio di buona fede e correttezza, da parte dell'assicuratore, nella mala gestio cd. propria, di regola, si traduce nel colpevole ritardo nell'adempimento della propria prestazione pecuniaria nei confronti del danneggiato che abbia richiesto il danno mediante l'azione diretta attribuitagli dalla legge, ad esempio rifiutandosi di accogliere le sue richieste di pagare al danneggiato in presenza di convenienti proposte di composizione bonaria della controversia o di elementi sufficientemente chiari circa la misura della responsabilità e del danno cagionato dall'assicurato. Si tratta di una domanda che, trovando il proprio fatto costitutivo nell'accertamento di una condotta violativa della buona fede nell'adempimento di un'obbligazione e correttezza nell'esecuzione del contratto (secondo il principio contenuto risultante dagli artt. 1175 e 1375 c.c.), non può ritenersi implicitamente formulata nell'ambito della generica richiesta di essere tenuto indenne dalla propria controparte contrattuale.

In tema di assicurazione per la responsabilità civile, se il credito del danneggiato risultava eccedere il massimale già al momento del sinistro, il danno da "mala gestio" cd. propria deve essere liquidato attraverso la corresponsione di una somma pari agli interessi legali sul detto massimale, salva la prova di un pregiudizio maggiore ai sensi dell'art. 1224, comma 2, c.c. (Cass. III, n. 29027/2021). Già in precedenza la S.C. (Cass. VI, Ord. n. 9666/2018) aveva affermato che, in tema di inadempimento dell'assicuratore della responsabilità civile, all'obbligo di tenere indenne il proprio assicurato dalle pretese del terzo (c.d. "mala gestio" propria), non sussiste alcuna conseguenza pregiudizievole qualora il massimale resti capiente nonostante il ritardato adempimento; se, invece, il massimale è divenuto incapiente al momento del pagamento, l'assicurato può pretendere dall'assicuratore una copertura integrale, senza riguardo alcuno al limite del massimale; tuttavia, allorché il credito del danneggiato già al momento del sinistro risultava eccedere il massimale, il danno da "mala gestio" deve essere liquidato, attraverso la corresponsione di una somma pari agli interessi legali sul massimale, salva la prova di un pregiudizio maggiore ai sensi dell'art. 1224, comma 2, c.c.

La domanda di mala gestio impropria è quella che il danneggiato da sinistro stradale formula nei confronti dell'assicuratore danneggiante, allorché richieda la condanna di quest'ultimo all'integrale risarcimento del danno, e che gli consente di ottenere la condanna dell'assicuratore anche al pagamento ultramassimale, sempre per interessi e rivalutazione, a titolo di responsabilità per inadempimento di un'obbligazione pecuniaria. Tale diversa natura, rispetto alla mala gestio propria, produce il riflesso processuale in base al quale il terzo danneggiato non ha l'onere di formulare la relativa domanda, in quanto, una volta scaduto il termine entro il quale l'assicuratore, ai sensi di legge, è tenuto a formulare congrua offerta (sempre che, ovviamente, sia stato posto, come pure prevede la vigente disciplina in tema di assicurazione obbligatoria della r.c. auto, in condizione di determinarsi in ordine all'an ed al quantum della pretesa del danneggiato), l'assicuratore stesso è in mora. È, cioè, sufficiente che egli, dopo aver dato atto di aver costituito in mora l'assicuratore, richieda anche gli interessi ed il maggior danno da svalutazione ex art. 1224 c.c., ovvero formuli la domanda di integrale risarcimento del danno, che è comprensiva sia della somma rappresentata dal massimale di polizza, sia delle altre somme che al massimale possono essere aggiunte per interessi moratori, rivalutazione e spese (Cass. III, n. 15028/2008). Non è, quindi, neppure necessario che il danneggiato, nell'ambito dell'azione diretta, richieda "genericamente" gli interessi ed il maggior danno da svalutazione.

Ne consegue che, allorquando la sentenza di primo grado liquidi una somma che, essendo inferiore al massimale, non pone il problema del suo superamento, il danneggiato stesso, in sede di impugnazione, non ha l'onere di impugnare specificamente il mancato riconoscimento della responsabilità dell'assicuratore per mala gestio, essendo sufficiente che egli impugni la sentenza stessa per conseguire l'integrale risarcimento del danno perché il giudice d'appello, ricorrendone i presupposti, emetta condanna dell'assicuratore per il pagamento di interessi, rivalutazione e spese - queste ultime se provate - anche oltre i limiti del massimale (Cass. III, n. 17460/2006; Cass. n. 15397/2010, cit.). Inoltre, trova applicazione la disciplina prevista dal codice civile in materia di responsabilità da inadempimento delle obbligazioni pecuniarie, conseguente alla mora dell'assicuratore-debitore, da cui deriva che: a) non vi è necessità di prova del danno quanto agli interessi maturati sul massimale per il tempo della mora; b) la prova del maggior danno, sub specie di rivalutazione monetaria ex art. 1224 c.c., ben può essere fornita mediante presunzioni.

Pertanto, l'eventuale ipotesi di cosiddetta mala gestio (impropria) relativa ai rapporti assicuratore-danneggiato è fondata solo sulla costituzione in mora, non richiede la formulazione della relativa domanda in modo espresso (potendosi la stessa ritenere necessariamente ricompresa nella richiesta di condanna dell'assicuratore stesso all'integrale risarcimento del danno) e determina la responsabilità dell'assicuratore per ingiustificato ritardo (o colpevole inerzia) nei confronti del danneggiato. Diversamente opinando, si finirebbe per attribuire all'omessa qualificazione degli interessi richiesti come interessi moratori sul massimale, conseguenti al colpevole ritardo nell'adempimento, un inaccettabile effetto abdicativo rispetto alla corresponsione degli interessi stessi, risultato palesemente in contrasto con il diritto del danneggiato di conseguire comunque l'integrale risarcimento del danno e, con esso, la somma più elevata possibile, seppur sempre nei limiti dell'effettivo danno sofferto (Cass. n. 10725/2003).

In tema di inadempimento dell'assicuratore della responsabilità civile, all'obbligo di tenere indenne il proprio assicurato dalle pretese del terzo (c.d. mala gestio propria), non sussiste alcuna conseguenza pregiudizievole, qualora il massimale resti capiente nonostante il ritardato adempimento; se, invece, il massimale è divenuto incapiente al momento del pagamento, l'assicurato può pretendere dall'assicuratore una copertura integrale, senza riguardo alcuno al limite del massimale; tuttavia, allorché il credito del danneggiato già al momento del sinistro risultava eccedere il massimale, il danno da mala gestio deve essere liquidato, attraverso la corresponsione di una somma pari agli interessi legali sul massimale, salva la prova di un pregiudizio maggiore ai sensi dell'art. 1224, comma 2, c.c. (Cass. VI, n. 9666/2018).

Non può considerarsi come momento rilevante, per stabilire se il pagamento sia avvenuto in ritardo, quello della verificazione del sinistro, poiché il diritto all'indennizzo presuppone che, verificatosi il sinistro, l'assicurato formuli la propria richiesta (Trib. Milano VII, 22 settembre 2009, n. 11146). 

Affinché possa configurarsi una responsabilità che superi i limiti del massimale per mala gestio dell'assicuratore della responsabilità civile, non è necessario che questi ometta il pagamento dell'indennizzo quando il debito dell'assicurato verso il terzo danneggiato sia stato accertato e quantificato con sentenza passata in giudicato ovvero per effetto di accordo negoziale, ma è sufficiente che vi sia stato l'omesso pagamento nonostante la responsabilità dell'assicurato e l'ammontare del danno fossero determinabili dall'assicuratore alla stregua dell'ordinaria diligenza e del principio di buona fede (Cass. III, n. 25091/2017).

Gli orientamenti giurisprudenziali precedenti

Per quanto la dicotomia su esposta si basi su un orientamento ormai divenuto, negli ultimi anni, quasi unanime (nello stesso senso si sono infatti pronunciate Cass. n. 20058/2008, Cass. n. 18851/2008, Cass. n. 14480/2008; Cass. n. 22883/2007, Cass. n. 2304/2007, Cass. n. 17460/2006; Cass. n. 1315/2006, Cass. n. 20356/2005, Cass. n. 17768/2005, Cass. n. 15213/2005, Cass. n. 19930/2004, Cass. n. 14248/2004), in precedenza la Suprema Corte per lungo tempo era stata di contrario avviso, ritenendo che la domanda di condanna dell'assicuratore oltre il massimale, per mala gestio, dovesse essere sempre e comunque espressamente formulata, perché la responsabilità ultramassimale è fondata su autonomo titolo (la colpevole inerzia dell'assicuratore), che va espressamente dedotto dal danneggiato, e non può mai ritenersi in re ipsa (Cass. n. 1873/2006; Cass. n. 12311/2005; Cass. n. 10817/2004; Cass. n. 11007/2003; Cass. n. 477/2003; Cass. n. 585/2001; Cass. n. 592/1999; Cass. n. 4677/1998; Cass. n. 133/1998; Cass. n. 5076/1997; Cass. n. 5560/1996; Cass. n. 11329/1994; Cass. n. 338/1991). Ciò in quanto tale domanda si fondava su un titolo diverso rispetto a quello dedotto con la proposizione dell'azione diretta, avente ad oggetto soltanto il pagamento del debito risarcitorio dell'assicurato/responsabile del danno.

Tale orientamento, di conseguenza, escludeva che la domanda di condanna dell'assicuratore al pagamento dell'indennizzo in misura superiore al massimale, per colpevole mala gestio, potesse ritenersi implicitamente contenuta nella richiesta di un risarcimento in misura superiore al massimale, e ciò anche quando il processo di merito avesse avuto lunga durata, in quanto « costituisce [...] onere dell'attore prospettare un atteggiamento ingiustificatamente dilatorio dell'assicuratore del danneggiante assicurato nel corrispondergli il dovuto (entro i limiti del massimale), non valendo la durata del processo a costituire in sè stessa sintomo di colpevole ritardo nell'adempimento » (Cass. n. 1688/1997). Una delle più rilevanti conseguenze di questa impostazione era che, qualora in primo grado la condanna fosse stata contenuta dal giudice nei limiti del massimale e, a seguito di impugnazione da parte del danneggiato, la somma a lui spettante a titolo di risarcimento fosse stata aumentata, il giudice di appello avrebbe potuto pronunciare condanna dell'assicuratore appellato, anche oltre il massimale, solo ove fosse stata proposta dal danneggiato apposita domanda fin dalle conclusioni dell'atto introduttivo del primo giudizio, dovendo, al contrario, limitare la condanna dell'assicuratore (e non anche dell'assicurato) al massimale di polizza.

Da ultimo, è a darsi atto di un orientamento intermedio, secondo cui il danneggiato può conseguire rivalutazione monetaria ed interessi sull'importo dovuto a titolo di risarcimento, anche oltre il massimale previsto in polizza, in tutti i casi in cui formuli una specifica domanda volta al riconoscimento delle relative voci, senza che sia anche necessario specificare che la corresponsione di dette voci debba avvenire anche oltre il massimale (in questo senso Cass. n. 1315/2006; Cass. n. 15213/2005).

La stima del danno da mala gestio

Secondo la giurisprudenza, occorre distinguere tre ipotesi:

a) che, nonostante la mala gestio ed il ritardato adempimento, il massimale resti capiente. In tal caso si applicheranno le regole sulla mora nelle obbligazioni di valore e l'assicuratore potrà andare incontro unicamente alle sanzioni amministrative previste dall'art. 315 cod. ass.;

b) che il massimale, capiente all'epoca dell'illecito, sia divenuto incapiente al momento del pagamento, vuoi per effetto del deprezzamento del denaro, vuoi per effetto della variazione dei criteri di liquidazione del danno. In tal caso l'assicurato, se l'assicuratore avesse tempestivamente indennizzato il terzo, nulla avrebbe dovuto corrispondere e sarebbe rimasto indenne dalle conseguenze civili del proprio illecito; di conseguenza, nel caso di mala gestio, potrà pretendere dall'assicuratore il risarcimento integrale, senza riguardo alcuno al limite del massimale, giacchè l'assicuratore dovrà in tale ipotesi risarcire non il fatto dell'assicurato (per il quale vige il limite del massimale), ma il fatto proprio (e cioè il pregiudizio patito dall'assicurato e derivato dal colposo ritardo nell'adempimento);

c) che il massimale già all'epoca del sinistro fosse incapiente. In tal caso, quand'anche l'assicuratore avesse tempestivamente pagato l'indennizzo, l'assicurato non avrebbe mai potuto ottenere una copertura integrale; in tale evenienza, se l'assicuratore incorre in mala gestio, egli sarà tenuto a pagare all'assicurato gli interessi legali (ed eventualmente il maggior danno, ex art. 1224, co. 2, c.c.), sul massimale.

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