Atto di appello avverso risarcimento danni a persona deceduta per cause indipendenti dal fatto lesivoInquadramentoAvverso una sentenza di primo grado che ha liquidato il danno spettante iure hereditatis ai congiunti a titolo di invalidità temporanea e permanente per le lesioni subìte dal de cuius, il danneggiante propone appello, lamentando che il giudice di prime cure non aveva preso in considerazione, nella liquidazione, che il danneggiato fosse deceduto per cause indipendenti dal fatto lesivo. FormulaCORTE D'APPELLO DI ... ATTO DI APPELLO 1 Per A.S.L. ...., P.I. ...., con sede legale in .... via... n. ...., in persona dell'Amministratore Unico Dott. ...., elettivamente domiciliati in ...., alla via .... n. ...., presso lo studio dell'Avv. ...., C.F. ...., che li rappresenta e difende in virtù di procura apposta a margine/in calce del presente atto, con dichiarazione di voler ricevere le comunicazioni al fax .... o all'indirizzo di PEC. ... 2, - APPELLANTE - CONTRO il Sig. ...., nato a .... il ...., C.F. ... 3, la Sig.ra .... nata a .... il ...., C.F. ...., e il Sig. ...., nato a .... il ...., C.F. ...., rappresentati e difesi dall'Avv. ....; - APPELLATI – avverso la sentenza n.... emessa in data .... dal Tribunale di ...., Giudice Dott. ...., e pubblicata il .... PREMESSO CHE - Con atto di citazione notificato in data ...., i Sig.ri ...., .... e ...., rispettivamente, moglie e figli della vittima, hanno convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di .... la A.S.L. di ...., per ottenere la condanna della stessa al risarcimento dei danni non patrimoniali loro spettanti nella misura di ...., oltre alle spese del presente giudizio, esponendo che: in conseguenza del tardivo trattamento di un ... 4, determinatosi in esito ad un intervento chirurgico per tumore benigno al .... praticatogli dai medici dell'Azienda convenuta, il loro congiunto (all'epoca dei fatti, di anni 75), rispettivamente, marito e padre degli attori, aveva maturato il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale per l'invalidità temporanea e permanente (in ragione del 60%); a seguito dell'intervenuto decesso del congiunto, per cause indipendenti dall'illecito ascritto ai sanitari della ASL, il predetto diritto spettava loro iure hereditatis; essi avevano altresì diritto al pagamento dell'ulteriore somma di Euro .... in favore della .... e di Euro .... per ciascuno in favore di .... e .... a titolo risarcimento del danno morale iure proprio per la ridotta speranza di sopravvivenza del loro congiunto. - Con sentenza n. ..../... depositata in data ...., il Tribunale di ...., accogliendo per quanto ritenuto di ragione la domanda di risarcimento danni proposta da .... e da .... e ...., nella loro qualità di congiunti (coniuge e figli), nonchè eredi di ...., nei confronti della Azienda Ospedaliera Universitaria di ...., condannava quest'ultima al pagamento della somma di Euro .... a titolo di invalidità temporanea e permanente. La sentenza è ingiusta per i seguenti: MOTIVI Rappresenta circostanza incontestata e, comunque, documentalmente provata (cfr. certificato di morte in atti) che .... è deceduto ancor prima della instaurazione del presente giudizio per causa (...) indipendente dalla responsabilità di tipo sanitario contestata alla deducente. Orbene, quando la durata della vita futura cessa di essere un valore ancorato alla probabilità statica e diventa un dato noto per essere il danneggiato deceduto per circostanze autonome dall'evento lesivo, la liquidazione del danno biologico, essendo lo stesso costituito dalle ripercussioni negative all'integrità-psicofisica, va parametrata alla durata effettiva della stessa. Invero, qualora, al momento della liquidazione del danno biologico, la persona offesa sia deceduta per una causa non ricollegabile alla menomazione risentita in conseguenza dell'illecito, alla valutazione probabilistica connessa con l'ipotetica durata della vita del soggetto danneggiato va sostituita quella del concreto pregiudizio effettivamente prodottosi, cosicchè l'ammontare del danno biologico che gli eredi del defunto richiedono iure successionis va calcolato non con riferimento alla durata probabile della vita del defunto, ma alla sua durata effettiva (cfr., ex multis, Cass., n. 23053/2009). Pertanto, la liquidazione della voce di danno riconosciuta dal Tribunale agli odierni appellati iure hereditatis - e, cioè, il danno non patrimoniale da inabilità temporanea e permanente da lesioni invalidanti – sarebbe dovuta avvenire tenendo conto che, una volta che era intervenuta la morte del soggetto danneggiato, l'incidenza della menomazione permanente sull'esplicazione della sua personalità andava risarcita non già con calcolo probabilistico sull'aspettativa di vita residua, bensì sull'effettiva durata della vita successiva. Tanto premesso, i Sig.ri ...., .... e ...., come sopra rappresentati e difesi, CITANO I Sig.ri ...., .... e ...., elettivamente domiciliati presso l'Avv. ...., C.F. ...., con studio in ...., alla via .... n. ...., a voler comparire dinanzi a codesta Eccellentissima Corte d'Appello…all'udienza del…., ore e locali soliti, Sezione e Consigliere Relatore designandi, con l'invito a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell'udienza indicata, ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c. e a comparire all'udienza indicata innanzi al Collegio o al Consigliere Relatore nominati, con l'avvertimento
CONCLUSIONI Voglia la Corte d'Appello adita, disattesa ogni contraria istanza, in riforma della sentenza n. .... del Tribunale di ...., ridurre l'importo del risarcimento per il quale l'appellante è stata condannata in primo grado. Con vittoria di spese e compensi del doppio grado di giudizio. Si allegano i seguenti documenti. 1) Sentenza n. ....; 2) ....; Si dichiara che il valore della causa è di Euro .... Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA [1] [1] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., dalla l. n. 111/2011). [2] [2] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla l. n. 114/2014. L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla l. n. 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà». [3] [3] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv. con modif. dalla l. n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. dalla l. n. 24/2010. [4] [4] Indicare la patologia dalla quale era affetta la vittima. CommentoNell'ipotesi in cui la persona rimasta danneggiata muoia prima della liquidazione del risarcimento, per causa non ricollegabile alla menomazione risentita in occasione dell'illecito, la determinazione del danno biologico che gli eredi del defunto richiedano iure successionis e non iure proprio va effettuata non con riferimento alla durata probabile della vita futura del soggetto, ma alla sua durata effettiva (Cass., n. 3561/1998; Cass., n. 489/1999; Cass., n. 10980/2001; Cass., n. 14767/2003; Cass. III, n. 679/2016), in quanto la durata della vita, in questo caso, non costituisce più un dato presunto, ma un dato reale (con la conseguenza che il giudice deve tener conto non della vita media futura presumibile della vittima, ma della vita effettivamente vissuta). Ovviamente, da un lato, occorre altresì tener conto del fatto che nei primi tempi il patema d'animo è più intenso rispetto ai periodi successivi (Cass. III, n. 2297/2011) e, dall'altro, non può escludersi che dalla morte possano derivare (per il tempo a venire e purché sia eziologicamente legata alle lesioni) danni (anche morali) dei prossimi congiunti ovvero di persone a lui legate da particolari vincoli affettivi (ma mai, in nessun caso, diritti a favore del defunto stesso, i quali pertanto non si riveleranno neppure trasmissibili iure haereditario; Cass. III, n. 14767/2003). Tuttavia, ai fini del risarcimento del danno da fatto illecito, il danno non patrimoniale deve considerarsi verificato nel momento stesso in cui l'evento dannoso si realizza; ne consegue che la liquidazione del danno deve effettuarsi nel momento dell'evento, mentre non incidono su di essa fatti e avvenimenti successivi, quale la morte del soggetto leso (Cass., n. 10980/2001). In particolare, Cass., n. 29191/2008 (conf. Cass. III, n. 339/2016), ha chiarito che ciò incide sulla valutazione del danno biologico futuro (di regola rapportato alla presumibile permanenza in vita del danneggiato) e, quindi, la riduzione opera sulla determinazione non del danno biologico statico (consolidamento dei postumi al tempo della vita e riconoscimento dell'invalidità), ma solo del danno biologico globale (danno alla salute ed eventuale personalizzazione). Pertanto, il danneggiato, in forza del consolidato orientamento della Cassazione, acquisisce (e quindi trasferisce agli eredi) il diritto al risarcimento del danno biologico da inabilità temporanea − per quanto assoluta − quale effettiva menomazione dell'integrità psicofisica subita dal soggetto per il periodo di tempo tra il verificarsi delle lesioni ed il sopraggiungere della morte, per il solo tempo di permanenza in vita, e non già in relazione ad un periodo di tempo pari alle sue speranze di vita per il caso di mancata morte a causa delle lesioni (così Cass., n. 9620/2003; Cass., n. 7632/2003; in senso contrario, ma isolato, ha ritenuto che la valutazione della entità del danno vada commisurata alla speranza di vita futura, e quindi alla durata della vita media, restando priva di rilievo la durata effettiva della vita, Cass., n. 8204/2003). Ai prossimi congiunti di una persona che abbia subito, a causa di un fatto illecito, lesioni personali, può spettare anche il risarcimento del danno non patrimoniale, il quale è presuntivo, essendo sufficiente il legame di parentela per presumere l'afflittività, e non essendo invece necessaria la convivenza tra vittima principale e secondaria. Il pregiudizio subito dal nascituro per la lesione di un congiunto, in difetto dell'attualità del rapporto, è un danno futuro soltanto eventuale, e come tale non risarcibile. Per la liquidazione del danno da lesione del rapporto parentale si deve fare applicazione a tabelle che prevedano specificamente idonee modalità di quantificazione del danno, come le tabelle predisposte dal Tribunale di Roma (Cass. n. 13540/2023). Cass. III, n. 25157/2018, ha chiarito che, in ipotesi di morte del danneggiato per cause indipendenti dal fatto illecito subito, il principio secondo il quale il danno non patrimoniale trasmissibile iure successionis va parametrato alla durata effettiva della vita del danneggiato, e non a quella probabile, assume rilievo solo nel caso in cui il decesso sia avvenuto in età precoce rispetto all'ordinaria aspettativa di vita, atteso che, nel caso opposto, il punto-base di riferimento per la liquidazione del danno tiene già conto delle ridottissime aspettative di vita del danneggiato, sicchè nessuna ulteriore riduzione deve essere applicata in considerazione dell'intervenuto decesso (nella specie sopraggiunto in corso di causa, all'età di 96 anni). Dal canto suo, Cass. III, n. 4551/2019, ha ribadito che, nel liquidare il danno biologico, occorre fare riferimento non già alla durata probabile della vita, ma alla durata effettiva della vita (conf. Cass. IIII, n. 23739/2011). Cass. III, n. 4551/2019, ha precisato che, qualora, al momento della liquidazione del danno biologico, la persona offesa sia deceduta per una causa non ricollegabile alla menomazione risentita in conseguenza dell'illecito, alla valutazione probabilistica connessa con l'ipotetica durata della vita del soggetto danneggiato va sostituita quella del concreto pregiudizio effettivamente prodottosi, cosicchè l'ammontare del danno biologico che gli eredi del defunto richiedono iure successionis va calcolato non con riferimento alla durata probabile della vita del defunto, ma alla sua durata effettiva, pur tenendo conto del fatto che nei primi tempi il patema d'animo è più intenso rispetto ai periodi successivi. Invero, secondo quanto già più volte ribadito dalla Suprema Corte, ai fini della liquidazione del danno alla salute, l'età in tanto assume rilevanza in quanto col suo crescere diminuisce l'aspettativa di vita, sicchè è progressivamente inferiore il tempo per il quale il soggetto leso subirà le conseguenze non patrimoniali della lesione della sua integrità psicofisica. Per Trib. Milano, XII, 3 maggio 2016, n. 5527, nel caso in cui il soggetto che ha subito un danno biologico in occasione di un incidente stradale deceda per altra causa, deve essergli riconosciuto l'integrale risarcimento del danno non patrimoniale, con una decurtazione di natura equitativa che tenga conto del tempo trascorso tra il sinistro e la morte; tale riduzione deve essere tanto meno incisiva quanto più, trascorrendo il tempo dalla data del sinistro, appare ragionevole ipotizzare “la definitività della posta risarcitoria”. In particolare, l'estensore, tenuto conto che l'incidente si è verificato nel 2007; che la morte è avvenuta nel 2013; che è ingiustificabile, anche ai sensi dell'art. 1175 c.c., che a distanza di sei anni il de cuius non avesse ancora ricevuto il giusto risarcimento del danno, ha ritenuto che la sola riduzione plausibile dovesse essere contenuta nel 10% dell'importo risarcitorio. Per liquidare tale danno il giudice può scegliere il criterio più opportuno, purché ne dia adeguata motivazione (Cass., n. 5332/2003). In quest'ultima pronuncia si sottolinea che, se il giudice ha adottato il criterio tabellare, per la liquidazione del danno biologico, dovrà procedere ad una riduzione del valore del punto percentuale di invalidità, adeguandolo da quello fissato in astratto in corrispondenza dell'età anagrafica e, quindi, della probabilità di vita, a quello che in concreto dovrà essere corrisposto. In quest'ottica, Trib. Milano 10 settembre 2011 ha sostenuto che, laddove il danneggiato, al momento del sinistro, abbia già superato la media statistica di aspettativa di vita e si verifichi il suo decesso in corso di giudizio (per causa diversa dal sinistro), la liquidazione del danno biologico non può che essere effettuata in via equitativa, dovendosi tenere conto, in simili casi, non più del criterio (inversamente proporzionale) dell'età del danneggiato in relazione all'aspettativa di vita, ma della durata effettiva del periodo in cui la vittima ha subìto la menomazione. Il giudice ha evidenziato che, ai fini della suddetta liquidazione, l'età in tanto assume rilevanza in quanto con il suo crescere diminuisce l'aspettativa di vita, sicché è progressivamente inferiore il tempo per il quale il soggetto leso subirà le conseguenze non patrimoniali della lesione della sua integrità psicofisica. Ed è per questa ragione che (nel caso concreto) le tabelle milanesi prima e la tabella normativa poi (exl. n. 57/2001 e art. 139 cod.ass.) hanno previsto che il danno diminuisce nella misura dello 0,5% con il crescere dell'età della vittima primaria. In un caso in cui la danneggiata, dopo l'incidente, era rimasta in vita per altri sei anni decedendo nel corso del giudizio il tribunale non ha ritenuto di poter liquidare il danno con una somma calcolata - tenendo conto del valore tabellato alla data dell'infortunio, in proporzione al periodo di tempo intercorso fino al momento del decesso - in considerazione dell'aspettativa media di vita (in Italia stimata pari a circa 79 anni e mezzo per l'uomo e ad 84 anni e mezzo per la donna), atteso che la vittima, al momento dell'incidente, aveva già superato tale media statistica; la valutazione del danno è stata effettuata in via equitativa, tenendosi conto della durata effettiva in cui la vittima aveva subito la menomazione, pari, nella specie, a sei anni (v., sul punto, Cass., n. 12408/2011). In particolare, il giudice ha proposto di adottare un criterio diverso (in via alternativa o correttiva) rispetto a quello tradizionalmente seguito e correlato al calcolo proporzionale all'aspettativa di vita, suggerendo, in tutti i casi in cui il decesso si verifichi in corso di giudizio per causa differente dal sinistro, la liquidazione in via equitativa di una somma ricompresa nel range fra un minimo di Euro 15.000,00 ed un massimo di Euro 22.500,00 per ciascun anno di danno permanente del bene salute nella misura del 100%. Nella fattispecie concreta, con una invalidità permanente al 50% di anni sei, il danno risarcibile è risultato rientrare nel range compreso tra Euro 45.000,00 ed Euro 67.500,00. Giudice di pace Marsala, 13 marzo 1997, ha riconosciuto agli eredi della vittima il danno alla salute da invalidità temporanea per i primi 60 giorni dalla data del sinistro, e quella permanente nella misura del 5% per i successivi 51 giorni, fino alla data della morte, da liquidarsi in via equitativa. Parimenti, ove la prognosi di speranza di vita per il danneggiato sia accertata sulla base di conoscenze scientifiche (ad esempio, tramite consulenza tecnica), il giudice deve tener conto della gravità particolare della lesione, che abbia inciso anche sulla capacità recuperatoria o stabilizzatrice della salute, procedendo ad una adeguata e prudente maggiorazione (Cass., n. 16525/2003). In termini estremamente sintetici, i metodi applicati dalla giurisprudenza per calcolare il danno in questa particolare fattispecie sono tre: 1) metodo romano: secondo il Tribunale di Roma, il danno da risarcire è rappresentato dalla sommatoria della percentuale di risarcimento del danno acquisita immediatamente per effetto della lesione con l'importo ottenuto sulla base della sopravvivenza concreta rispetto a quella statistica, stimata sulla base del rapporto tra vita media e vita concreta dopo la lesione, salva la possibilità di interventi di personalizzazione; 2) equità pura: si tiene conto del massimo previsto dalla tabella che rappresenta il risarcimento calcolato per un soggetto che convive con la menomazione per tutta la vita, ma poi il giudice, compiendo una valutazione caso per caso, opera delle decurtazioni ritenute congrue; 3) metodo matematico: poiché le tabelle milanesi calcolano il quantum risarcitorio presupponendo che il danneggiato viva per tutti gli anni previsti dalle statistiche sanitarie – circa 80 anni per gli uomini e 85 per le donne –, con una semplice equazione il giudice potrà calcolare a quanto corrisponde l'importo risarcitorio per gli effettivi anni di vita vissuta. Va sottolineato che l'Osservatorio milanese, dopo aver considerato che il pregiudizio sofferto è maggiore nei primi due anni dall'evento che ha causato la menomazione dell'integrità psicofisica, ha ritenuto di valorizzare questa circostanza incrementando il risarcimento medio annuo nella misura del 100% per il primo anno e del 50% per il secondo, con possibilità di eseguire una personalizzazione che tenga anche in conto il fattore anagrafico della vittima. Per completezza, va evidenziato che la clausola che prevede l'intrasmissibilità agli eredi del diritto all'indennizzo per invalidità permanente, nel caso in cui l'assicurato sia morto per causa indipendente dall'infortunio e prima che gli sia stata liquidata l'indennità, è inefficace, se non specificamente sottoscritta, in quanto vessatoria, determinando l'illegittima limitazione della responsabilità dell'impresa assicurativa (che risulta esentata dall'adempimento della propria obbligazione per il verificarsi di circostanze non afferenti al rischio-oggetto del contratto; Cass. III, n. 395/2007). Le nuove tabelle del Tribunale di Milano. Il Tribunale milanese, dopo aver analizzato i seguenti metodi risarcitori: - il criterio secondo cui il quantum risarcitorio deve corrispondere all'intero valore tabellare di riferimento; - il criterio equitativo puro; - il criterio matematico puro, che individua il quantum risarcitorio attraverso l'operazione algebrica della preventiva divisione del dato tabellare di riferimento per l'aspettativa di vita e la successiva moltiplicazione del dato ottenuto per gli anni di vita effettiva; - il “criterio romano”, che si caratterizza per una forte liquidazione del danno già nel primo anno successivo alla lesione (dal 30 al 50% del danno complessivamente previsto nella tabella); ha proposto un nuovo sistema risarcitorio che superasse la suddivisione in fasce di età e si ancorasse al concetto di risarcimento medio annuo, calcolato come il rapporto tra risarcimento medio corrisposto per ogni percentuale invalidante e l'aspettativa di vita media di un soggetto ideale di età compresa tra 1 e 100 anni (che corrispondono agli estremi anagrafici presi in considerazione dalla Tabella di Milano). L'aspettativa di vita media (35 anni), infatti, è la vita potenziale di un soggetto di età compresa tra 1 e 100 anni.
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