Ricorso per cassazione in tema di azione di risarcimento danni disapplicazione delle tabelle di Milano

Andrea Penta
aggiornata da Francesco Agnino

Inquadramento

L'obbligatorietà di applicazione delle tabelle milanesi

Negli ultimi anni nella maggior parte dei tribunali italiani le Tabelle milanesi sono diventate il parametro di riferimento per il calcolo del danno patrimoniale, rappresentando uno strumento razionale, semplice ed elastico in mano agli operatori: avvocati, compagnie assicuratrici, c.t.u. e giudice. Le stesse hanno consentito anche una sufficiente prevedibilità delle decisioni giudiziarie (agevolando le transazioni stragiudiziali) ed una parità di trattamento tra quasi tutti i distretti giudiziari (attenuando l'odioso fenomeno del forum shopping).

In precedenza molti uffici giudiziari avevano ritenuto di adottare importi diversi rispetto a quelli applicati dal tribunale meneghino, in considerazione della “differente realtà socio-economica”. Tuttavia, in attesa della tabella unica nazionale ad opera delle commissioni ministeriali preposte (la cd. Tun) e tenuto conto che il danno biologico, quale valore attinente alla sfera della persona, deve essere quantificato a prescindere dal luogo di residenza del soggetto danneggiato, era, comunque, preferibile applicare le tabelle elaborate dal Tribunale di Milano per l'anno 2008, anche al fine di favorire l'uniformità delle decisioni (in ossequio a quanto suggerito da Cass. n. 748/2000). In tal guisa, del resto, si aderiva alla considerazione espressa, seppure in tema di danno morale parentale, da Cass. n. 15760/2006 secondo cui “non conta che il figlio sia morto a Taormina, nella giurisdizione territoriale di Messina, od a Gallerate nella giurisdizione territoriale di Milano, od a Roma nel quartiere dei Parioli ovvero nella sua periferia. Conta la morte in sé ed una valutazione equa del danno morale, che non discrimina la persona e le vittime primarie o secondarie, né per lo stato sociale, né per il luogo occasionale della morte”.

L'indicato indirizzo ormai predominante ha ora ricevuto un significativo avallo della Suprema Corte la quale, con la pronuncia n. 12408 del 7 giugno 2011, ha sostenuto che, presupponendo la liquidazione del danno non patrimoniale alla persona da lesione all'integrità psico-fisica l'adozione da parte di tutti i giudici di merito di parametri di valutazione uniformi, tali parametri, in difetto di previsioni normative (e, quindi, al di fuori delle lesioni di lieve entità conseguenti alla sola circolazione dei veicoli) vanno individuati in quelli tabellari elaborati presso il tribunale di Milano (sia pure da modularsi - nel senso di aumentarne o ridurne l'entità - a seconda delle circostanze del caso concreto). In definitiva, i valori di riferimento adottati dal tribunale meneghino costituiscono, per la Corte, il valore da ritenersi “equo” (Trib. Massa, 24 giugno 2016, n. 651). Tuttavia, pochi giorni dopo (il 30 giugno 2011) la Cassazione Sez. III ha depositato una nuova sentenza (Cass. n. 14402/2011), con la quale ha sostenuto che le tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione all'integrità psicofisica del Tribunale di Milano costituiscono “valido e necessario criterio di riferimento ai fini della valutazione equitativa ex art. 1226 c.c.”. In definitiva, mentre la prima sentenza tende ad attribuire alle tabelle milanesi il valore della legge in senso sostanziale (a tal punto che il giudice che se ne discostasse incorrerebbe nel difetto di violazione di legge - art. 360, n. 3, c.p.c. -, ancorché motivasse espressamente la sua scelta), la seconda manifesta si una spiccata preferenza per le predette tabelle, ma le impiega quale tecnica di decisione equitativa e non esclude una decisione motivata diversamente.

Sembra essersi allineata alla seconda pronuncia Cass., ord., n. 24748/2011, nel momento in cui ha chiarito che le tabelle applicate dai vari uffici giudiziari costituiscono soltanto un parametro per la liquidazione equitativa, comunque da operarsi con adeguata personalizzazione (cfr., inter ceteros, Cass. n. 4980/2006; Cass. n. 392/2007; Cass. n. 19493/2007), sicché non si ha un diritto soggettivo all'applicazione dell'una o dell'altra. D'altra parte, a ben vedere, questo brusco revirement rispetto alle innovative pronunce del giugno del 2011 era stato già anticipato da Cass. n. 16866/2011, secondo cui il giudice di merito può anche ispirarsi a criteri predeterminati e standardizzati, come il criterio cd. tabellare, desunto dai precedenti degli uffici giudiziari dell'ufficio di merito che provvede alla liquidazione (in tal caso non dovendo motivare in ordine al criterio applicato), mentre, qualora se ne discosti, adottando le tabelle in uso presso altro ufficio giudiziario, è tenuto a dare ragione della diversa scelta.

È a darsi atto, peraltro, che la Cass. III, n. 12397/2016 (in ciò preceduta, tra le altre, da Cass. III, n. 4447/2014), ha nuovamente affermato che il riferimento a tabelle diverse da quelle elaborate dal Tribunale di Milano, comportante una liquidazione di entità inferiore a quella risultante dall'applicazione di queste ultime, può essere fatta valere in sede di legittimità, come vizio di violazione di legge. Ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale, i parametri delle tabelle di Milano sono da prendersi a riferimento da parte del giudice di merito quale criterio di riscontro e verifica della liquidazione di inferiore ammontare cui sia diversamente pervenuto, essendo incongrua la motivazione che non dia conto delle ragioni della preferenza assegnata ad una quantificazione che, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, risulti sproporzionata (nel caso di specie, di molto inferiore) rispetto a quella cui l'adozione dei parametri suddetti consenta di pervenire (Cass. III, n. 2167/2016; Cass. III, n. 10263/2015).

Per quanto le tabelle milanesi siano da considerare come parametro ai fini della valutazione equitativa del danno biologico, se il giudice del merito applica altre tabelle, l'eventuale differenza nella liquidazione del danno può essere richiesta in sede di legittimità con l'invocazione della violazione di legge solo se la stessa questione è stata posta già nel giudizio di merito (Cass. III, n. 6225/2016; per Cass. III, 126/2016, in grado di appello il ricorrente deve essersi specificamente doluto della mancata liquidazione del danno in base ai valori delle tabelle milanesi) e se le dette tabelle milanesi sono state allegate nel detto giudizio di merito (Cass. III, n. 8045/2016). Peraltro, per Cass. III, n. 22604/2013, non è ammissibile il motivo di censura alla decisione della Corte di merito che abbia adottato, nella liquidazione del danno alla persona, un metodo tabellare diverso da quello elaborato dal tribunale di Milano, quando non venga richiesta espressamente la loro applicazione e quando non venga indicato lo scostamento economico con quella adottata.

Cass. n. 12408/2011, ha precisato che è comunque onere della parte che invoca le tabelle milanesi produrle in giudizio, poiché per queste non vale il principio iura novit curia. In particolare, non basta far generico riferimento alle tabelle milanesi se queste non sono poi depositate nel fascicolo; e la Corte non può fare ricorso al notorio o procedere alla loro ricerca su sua iniziativa. Per i giudici di legittimità, infatti, “non soddisfa l'onere di autosufficienza ex art. 366, comma 1, n. 6) c.p.c. il ricorso per cassazione che si limiti a riportare le somme di denaro pretese dal ricorrente a titolo risarcitorio in forza delle citate tabelle, senza fare specifica indicazione delle stesse tra i documenti posti a fondamento del ricorso” (in particolare, omettendo di indicarle specificamente tra i documenti ex art. 369, comma 2, c.p.c., e di individuare l'atto con il quale siano state prodotte nel giudizio di merito ed il luogo del processo in cui risultino reperibili; così Cass. III, n. 12288/2016). Non condivide, dunque, la Corte la prospettazione secondo cui le dette tabelle costituiscono 'prassi e consuetudini', e quindi, in quanto fonti del diritto, non dovrebbero essere allegate.

Trattandosi di debito di valore, nella liquidazione debbono essere utilizzate le Tabelle vigenti al momento dell'emissione della sentenza, e ciò anche da parte del giudice d'appello.

È stato altresì precisato che, qualora dopo la deliberazione della decisione e prima della sua pubblicazione, sia intervenuta una variazione delle tabelle milanesi, deve escludersi che l'organo deliberante abbia l'obbligo di riconvocarsi e di procedere ad una nuova operazione di liquidazione del danno in base alle nuove tabelle, la cui modifica non integra uno jus superveniens né in via diretta (come fonti di norme di diritto) né in quanto possano assumere rilievo, ai sensi dell'art. 1226 c.c., come parametri doverosi per la valutazione equitativa del danno non patrimoniale alla persona (Cass. III, n. 9367/2016).

La vittima di un incidente stradale propone ricorso per cassazione avverso la sentenza d'appello che, nonostante la specifica censura sollevata sul punto e l'avvenuto deposito delle tabelle del Tribunale di Milano, ha ritenuto, con motivazione apodittica, di applicare, nella quantificazione del danno non patrimoniale, le differenti tabelle in uso nel distretto.

Formula

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

RICORSO PER CASSAZIONE [1]

avverso la sentenza n. .... emessa dal ....di .... in data ....e notificata in data .... oppure, se la sentenza non è stata notificata, pubblicata in data....

proposto dal Sig. ...., C.F. .... [2], residente in ...., alla via .... n. ....elettivamente domiciliato in ...., alla via ....n. ...., presso lo studio dell'Avv. ...., C.F. .... che lo rappresenta e difende per procura ...., e che dichiara di voler ricevere le comunicazioni da parte della Cancelleria al numero telefax .... o al seguente indirizzo di posta elettronica certificata [3]: ....,

CONTRO

........, residente in ...., alla via ....n. ....;

E

Soc. ...., in persona del legale rappresentante p.t., con sede in ...., alla via ....n. ....;

* * *

1. Il Sig. ...., con atto di citazione notificato il ...., convenne in giudizio innanzi al .... di .... il Sig. .... e la compagnia assicuratrice ...., chiedendo il risarcimento dei danni subiti in un incidente stradale verificatosi nel mentre egli viaggiava, in qualità di trasportato, a bordo del veicolo .... condotto da ...., il quale aveva perso il controllo del mezzo, finendo contro un albero e causando all'attore gravissime lesioni.

Si costituì la sola Società di assicurazioni, chiedendo il rigetto della domanda, mentre ....rimase contumace.

All'esito dell'istruttoria, il Tribunale accolse la domanda, dichiarò che l'incidente era da ricondurre a responsabilità esclusiva di .... e condannò i convenuti, in solido, al risarcimento dei danni liquidati nella misura di Euro ...., oltre interessi e con il carico delle spese di giudizio.

2. La pronuncia venne appellata dal ....in via principale e dalla Società ....in via incidentale.

La Corte d'appello di ...., con sentenza del ...., in parziale accoglimento dell'appello principale, ha condannato .... e la società di assicurazione al pagamento dell'ulteriore somma di Euro .... a titolo di danno morale, nonché al rimborso della somma di .... per spese di consulenza tecnica di parte; in parziale accoglimento dell'appello incidentale, dato atto del versamento, da parte della società di assicurazione, della somma di Euro ...., ha disposto che dalle somme da versare a .... fosse detratta quella ora indicata; ha confermato, nel resto, la pronuncia di primo grado ed ha condannato il .... e la società .... al pagamento delle ulteriori spese del grado.

2.1. Ha osservato la Corte territoriale che, quanto alla liquidazione del danno biologico, era da respingere il motivo di appello col quale ci si doleva della mancata applicazione delle tabelle milanesi; non vi erano ragioni, infatti, per le quali il Tribunale avrebbe dovuto disattendere le tabelle in uso presso gli Uffici giudiziari della Capitale, tanto più che la somma riconosciuta a quel titolo - pari ad Euro .... - era conforme alle tabelle romane, tenendo conto dell'età del danneggiato e della percentuale di invalidità accertata.

2.2. Quanto al danno estetico, la Corte ha pure rigettato il motivo di appello, rilevando che....

2.3. Ha, invece, ritenuto la Corte di merito di dover incrementare la liquidazione del danno morale, in considerazione di ...., ed ha riconosciuto un aumento di Euro....

2.4. È stato poi respinto il motivo di appello volto ad ottenere la liquidazione del danno patrimoniale. Ha rilevato la Corte che....

2.5. In relazione alla richiesta di ulteriori somme a titolo di danno esistenziale e danno alla vita di relazione, la Corte d'appello ha osservato che....

IN DIRITTO

Il presente ricorso è fondato sui seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,1226,1227 e 2056 c.c., oltre ad omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in ordine alla liquidazione del danno biologico ed all'invalidità permanente.

L'avvenuta applicazione, nella liquidazione del danno, delle tabelle elaborate dal Tribunale di Roma, in luogo di quelle milanesi, è stata motivata dalla Corte d'appello in modo apodittico [4], atteso che....

In ogni caso, la detta erronea applicazione ha determinato per il danneggiato un'evidente diminuzione risarcitoria priva di giustificazione.

Si osserva, invero, che, applicando correttamente le tabelle ambrosiane del ...., il danno biologico sarebbe stato liquidato nella somma di Euro ...., anziché in quella di Euro .... in concreto riconosciuta. Quanto all'invalidità temporanea, essa sarebbe stata determinata in Euro .... al giorno (per un totale di Euro .... quanto all'invalidità assoluta e di Euro .... per quella parziale), laddove è stata liquidata dalla corte territoriale nel minor importo di Euro....

Questa Suprema Corte, con la nota sentenza 7 giugno 2011, n. 12408, ha stabilito che le tabelle adottate dal Tribunale di Milano per la liquidazione del danno biologico garantiscono un'uniformità di trattamento su tutto il territorio nazionale e sono, pertanto, da assumere come parametro ai fini della valutazione equitativa di tale voce di danno.

La questione è stata già tempestivamente sollevata [5], con dovizia di argomenti, con l'atto di appello [6].

Inoltre, le tabelle di cui si invoca l'applicazione sono state immediatamente depositate in allegato all'atto di appello.

2) violazione dell'art. ....in quanto ....;

3) violazione dell'art. ....in quanto ....;

Il ricorso è altresì fondato sui seguenti atti processuali e sui seguenti documenti ....che si allegano.

Tutto ciò premesso, nell'interesse del Sig. ....si

CONCLUDE

affinché la Suprema Corte di Cassazione voglia cassare la sentenza impugnata, rinviando la causa, anche ai fini delle spese processuali relative al presente ed ai precedenti gradi di giudizio, alla Corte di Appello di ...., affinché proceda ad una nuova liquidazione delle voci di danno già riconosciute sulla base delle tabelle di Milano del....

Si depositano i seguenti documenti:

1) copia autentica della sentenza impugnata;

2) richiesta di trasmissione alla Corte di Cassazione del fascicolo d'ufficio;

3) tabelle del Tribunale di Milano pubblicate il .... [7];

4)....

Si depositano, inoltre, quattro copie in carta libera del presente ricorso e della predetta sentenza.

Ai fini del versamento del contributo unificato per le spese di giustizia dichiara che il valore della causa è di Euro....

Luogo e data ....

Firma Avv. ....

PROCURA ALLE LITI

(RELAZIONE DI NOTIFICAZIONE PREVISTA PER LA NOTIFICA DELLE IMPUGNAZIONI)

Il presente modello di ricorso in Cassazione è corrispondente al modello predisposto da lla Corte Suprema di Cassazione, dalla Procura Generale della Corte di Cassazione, dall'Avvocatura Generale dello Stato e dal Consiglio Nazionale Forense che il 1° marzo 2023 hanno sottoscritto un nuovo “ Protocollo d'intesa  sul processo civile in Cassazione", fornendo indicazioni sulle regole di redazione e sul nuovo schema di ricorso in Cassazione. Il ricorso deve strutturarsi nei seguenti paragrafi: --a) sentenza impugnata, estremi del provvedimento impugnato (Autorità giudiziaria che lo ha emesso, codice ufficio, Sezione, numero del provvedimento, data della decisione, data della pubblicazione, data della notifica se notificato); --b) codice materia correlato al codice-oggetto del giudizio di merito (ad eccezione del giudizio tributario), secondo le disposizioni riportate sul sito della Corte di cassazione ed allegate al presente protocollo (v., All. n. I), al fine della corretta assegnazione del ricorso alla Sezione tabellarmente competente; --c) valore della controversia, specificazione del valore della controversia ai fini della determinazione del contributo unificato; d) parole chiave, massimo 10 ( dieci) parole, che descrivano sinteticamente la materia oggetto del giudizio; --e) sintesi dei motivi del ricorso (in non più di alcune righe per ciascuno di essi e contrassegnandoli numericamente), mediante la specifica indicazione, per ciascun motivo, delle norme di legge che la parte ricorrente ritenga siano state violate dal provvedimento impugnato e delle questioni trattate. Nella sintesi dovrà essere indicato per ciascun motivo anche il numero della pagina ove inizia lo svolgimento delle relative argomentazioni a sostegno nel prosieguo del ricorso, eventualmente inserendo il link di invio diretto alla pagina di riferimento; --f) svolgimento del processo, esposizione, di regola, in massimo 5 pagine, del fatto processuale in modo funzionale alla chiara percepibilità delle ragioni poste a fondamento delle censure sviluppate nella parte motiva; --g) motivi di impugnazione, argomenti a sostegno delle censure già sinteticamente indicate nella parte denominata “sintesi dei motivi”. L'esposizione deve rispondere al criterio di specificità e di concentrazione dei motivi e deve essere contenuta, di regola, nel limite massimo di 30 pagine. Per ciascuno dei motivi devono essere indicati gli atti processuali, i documenti, i contratti o gli accordi collettivi sui quali il motivo si fonda, illustrandone il contenuto rilevante (eventualmente inserendo apposito link); --h) conclusioni, provvedimento richiesto (ad esempio: cassazione con rinvio, cassazione senza rinvio con decisione di merito, ecc.).

Sono state dettate disposizione in tema di: documenti da depositare ai sensi dell'art. 369, secondo comma, n. 4, c.p.c. Atti e/o documenti espressamente indicati in relazione a ciascun motivo, elencati secondo un ordine numerico progressivo .I relativi file vanno denominati utilizzando la stessa nomenclatura e numerazione utilizzate nell'elenco caratteri. Per facilitare la lettura, si raccomanda di utilizzare caratteri di tipo corrente e di dimensioni di almeno 12 pt nel testo, con interlinea 1,5 e margini orizzontali e verticali di almeno cm. 2,5; regole di redazione dei controricorsi e ricorsi incidentali.  Tutte le indicazioni relative al ricorso, comprese quelle sulle misure dimensionali e i caratteri, si estendono, per quanto compatibili, ai controricorsi.

In particolare, per quanto attiene alla sintesi dei motivi, sarà opportuna una sintesi degli argomenti difensivi correlati ai singoli motivi di ricorso (“contromotivi”). Analogamente, sarà opportuno indicare, in relazione a ciascun motivo del ricorso avversario, gli eventuali atti, documenti o contratti collettivi su cui si fonda la difesa. Qualora il controricorso contenga anche un ricorso incidentale, si applicano integralmente le previsioni dettate per i ricorsi; di memorie illustrative. Le memorie non devono superare, di regola, le 15 pagine, con l'osservanza delle raccomandazioni sull'uso dei caratteri previsti per i ricorsi.

Sono stati anche forniti chiarimenti sulla presentazione del ricorso in Cassazione. Il mancato rispetto dei limiti dimensionali e delle ulteriori indicazioni sin qui previste non comporta l'inammissibilità o l'improcedibilità del ricorso (e degli altri atti difensivi or ora citati), salvo che ciò non sia espressamente previsto dalla legge. Nel caso che per la loro particolare complessità le questioni da trattare non appaiano ragionevolmente comprimibili negli spazi dimensionali indicati, dovranno essere esposte specificamente, nell'ambito del medesimo ricorso (o atto difensivo), le ragioni per le quali sia risultato necessario scrivere di più. La presentazione di un ricorso incidentale, nel contesto del controricorso, costituisce di per sé ragione giustificatrice di un ragionevole superamento dei limiti dimensionali fissati. L'eventuale riscontrata e motivata infondatezza delle motivazioni addotte per il superamento dei limiti dimensionali indicati, pur non comportando inammissibilità del ricorso (o atto difensivo), può essere valutata ai fini della liquidazione delle spese. Dai limiti dimensionali sono esclusi: a) l'intestazione; b) l'indicazione delle parti processuali, del provvedimento impugnato, dell'oggetto del giudizio, del valore della controversia, della sintesi dei motivi e delle conclusioni; c) l'elenco degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali si fonda il ricorso; d) la procura in calce; e) la relazione di notificazione. L'uso di particolari tecniche di redazione degli atti (in particolare, quando consentano la ricerca testuale all'interno dell'atto e dei documenti allegati, nonché la navigazione all'interno dell'atto), tali da agevolarne la consultazione e la fruizione al magistrato e alle altre parti del processo, comporta l‘aumento del compenso professionale, ai sensi dell'art. 4, comma 1-bis, del d.m. 10 marzo 2014, n. 55.  In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il C.F., oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., dalla l. 15 luglio 2011, n. 111).

[2] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv. con modif. dalla legge n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. 193/2009 conv. con modif. dalla legge n. 24/2010.

[3] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. 90/2014 conv., con modif., dalla legge n. 114/2014.

L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla legge 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

[4] Ormai le figure della “mancanza assoluta della motivazione sotto l'aspetto materiale e grafico”, della “motivazione apparente”, del “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e della “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” circoscrivono l'ambito in cui è consentito il sindacato di legittimità dopo la riforma dell'art. 360 primo comma n. 5 c.p.c. operata dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134. A tal fine deve essere dedotto l'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo) e, dunque, la parte ricorrente ha l'onere di indicare il “fatto storico” il cui esame sia stato omesso, il “dato” (testuale o extratestuale) da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti, nonché la sua “decisività”, fermo restando che l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. S.U., n. 8053/2014).

[5] Qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata (ovvero questioni implicanti un accertamento di fatto o non trattato nella sentenza impugnata), il ricorso deve (a pena di inammissibilità) non solo allegare l'avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto (principio di autosufficienza del ricorso). I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d'inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d'ufficio (Cass. n. 7981/2007; Cass. n. 16632/2010). In quest'ottica, il ricorrente ha l'onere di riportare, a pena d'inammissibilità, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta in primo e secondo grado (Cass. n. 9765/2005; Cass. n. 12025/2000). Nel giudizio di cassazione, infatti, è preclusa alle parti la prospettazione di nuovi questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito (Cass. n. 19164/2007; Cass. n. 17041/2013).

[6] Occorre indicare con precisione il punto dell'atto di appello nel quale la questione è stata sviluppata e trascriverne, in osservanza del principio di autosufficienza, almeno i passaggi salienti.

[7] Non soddisfa l'onere di autosufficienza ex art. 366, comma 1, n. 6) c.p.c. il ricorso per cassazione che si limiti a riportare le somme di denaro pretese dal ricorrente a titolo risarcitorio in forza delle citate tabelle, senza fare specifica indicazione delle stesse tra i documenti posti a fondamento del ricorso (in particolare, omettendo di indicarle specificamente tra i documenti ex art. 369, comma 2, c.p.c., e di individuare l'atto con il quale siano state prodotte nel giudizio di merito ed il luogo del processo in cui risultino reperibili; così Cass. III, n. 12288/2016).

Commento

L'ambito di applicazione delle tabelle milanesi

In tema di risarcimento del danno derivante da circolazione stradale è, invece, reputata tendenzialmente (Trib. Ravenna, 9 aprile 2016, n. 434) erronea l'applicazione della tabella del tribunale di Milano quando si tratta di una lesione micro permanente. In tal caso si avrebbe, infatti, violazione e disapplicazione dell'art. 139 d.lgs. 7 settembre 2005 n. 209 il quale, diversamente, prevede, per la liquidazione del danno biologico da lesioni di lieve entità (sotto i 9 punti), specifici criteri di calcolo e di valore sia quanto all'invalidità permanente che all'inabilità totale e parziale, norma da applicarsi obbligatoriamente per i sinistri stradali avvenuti successivamente alla sua entrata in vigore (1 gennaio 2006). Solo la liquidazione del danno biologico conseguente a sinistro stradale verificatosi in epoca antecedente all'entrata in vigore del cod. ass. si effettua in base alle tabelle elaborate dal tribunale di Milano (Trib. Napoli, II, 11 febbraio 2016, n. 1838). Di contro, in sede di liquidazione di danni non derivanti da sinistri stradali, deve escludersi la possibilità di applicare analogicamente l'art. 139 cod. ass., poiché tale norma, nello stabilire i criteri di liquidazione dei danni biologici derivanti da sinistri stradali, costituisce una previsione di natura eccezionale (Trib. Grosseto, 11 giugno 2015, n. 638; Trib. Ravenna, 9 aprile 2016, n. 434; contra, Trib. Torino, IV, 16 ottobre 2014, n. 8105, in un caso di danno alla persona cagionato da cose in custodia). Per Cass. sez. lav., n. 13982/2015, in tema di danno biologico è precluso il ricorso in via analogica al criterio di liquidazione del danno non patrimoniale da micropermanente derivante dalla circolazione di veicoli a motore e natanti ovvero mediante il rinvio al decreto emanato annualmente dal Ministro delle attività produttive, mentre è congruo il riferimento ai valori inclusi nella tabella elaborata, ai fini della liquidazione del danno alla persona, dal Tribunale di Milano.

Ai fatti di malasanità avvenuti prima dell'entrata in vigore della l. n. 189/2012 (c.d. legge Balduzzi), ai fini della liquidazione del danno biologico, si devono continuare ad applicare le tabelle in uso presso il Tribunale di Milano poiché la nuova normativa, non prevedendo una disciplina transitoria, non consente di derogare all'art. 11 disp. prel. al codice civile e al principio di irretroattività (Trib. Rimini 3 giugno 2015).

E' chiaro che, nel momento in cui si aderisce alla linea di pensiero (allo stato prevalente; cfr., di recente, Cass. n. 9950/2017) contraria all'applicazione analogica dell'art. 139 CdA al di fuori del suo campo elettivo (incidentistica stradale e responsabilità medica), per i postumi di lieve entità non connessi alla circolazione stradale e neppure inerenti alla responsabilità sanitaria varranno i criteri indicati nella Tabella milanese.

In continuità con un orientamento già consolidato nella giurisprudenza di legittimità, la medesima pronuncia ha ribadito che il danno alla salute, temporaneo o permanente, in assenza di criteri legali, va liquidato in base alle cosiddette tabelle diffuse del tribunale di Milano, salvo che il caso concreto presenti specificità, che il giudice ha l'onere di rilevare, accertare ed esporre in motivazione, tali da consigliare o imporre lo scostamento dai valori standard.

Dal canto suo, Cass. III, n. 27562/2017, ha chiarito che l'omessa o erronea applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano può essere fatta valere, in sede di legittimità, come violazione dell'art. 1226 c.c., costituendo le stesse parametro di conformità per la valutazione equitativa del danno, mentre il mancato esame di un fatto specializzante idoneo a giustificare lo scostamento da dette tabelle deve essere denunciato ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.. La medesima pronuncia, peraltro, ha precisato che la denuncia in sede di legittimità della violazione delle dette tabelle ovvero dell'omesso esame di un fatto specializzante è ammessa esclusivamente ove nel giudizio di merito la parte abbia prodotto tali tabelle (o, almeno, ne abbia allegato il contenuto) e posto la questione dell'applicazione dei relativi parametri.

Ancora più nitida è in tal senso Cass. III, n. 11754/2018, secondo cui, nella liquidazione del danno non patrimoniale, in difetto di diverse previsioni normative e salvo che ricorrano circostanze affatto peculiari, devono trovare applicazione i parametri tabellari elaborati presso il Tribunale di Milano successivamente all'esito delle pronunzie delle Sezioni Unite del 2008, in quanto determinano il valore finale del punto utile al calcolo del danno biologico da invalidità permanente tenendo conto di tutte le componenti non patrimoniali, compresa quella già qualificata in termini di "danno morale" la quale, nei sistemi tabellari precedenti veniva invece liquidata separatamente, mentre nella versione tabellare successiva all'anno 2011 viene inclusa nel punto base, così da operare non sulla percentuale di invalidità, bensì con aumento equitativo della corrispondente quantificazione. Tuttavia il giudice, in presenza di specifiche circostanze di fatto, che valgano a superare le conseguenze ordinarie già previste e compensate nella liquidazione forfettaria assicurata dalle previsioni tabellari, può procedere alla personalizzazione del danno entro le percentuali massime di aumento previste nelle stesse tabelle, dando adeguatamente conto nella motivazione della sussistenza di peculiari ragioni di apprezzamento meritevoli di tradursi in una differente (più ricca, e dunque, individualizzata) considerazione in termini monetari. Nella specie, in relazione ad un'ipotesi di danno iatrogeno, la S.C. ha ritenuto meritevoli di valorizzazione, ai fini della personalizzazione del danno non patrimoniale, aspetti legati alle dinamiche emotive della vita relazionale ed interiore del soggetto leso, in quanto connotati da obiettive e riconoscibili ragioni di apprezzamento.  

I parametri delle "Tabelle" predisposte dal Tribunale di Milano sono da prendersi a riferimento da parte del giudice di merito ai fini della liquidazione del predetto danno ovvero quale criterio di riscontro e verifica della liquidazione diversa alla quale si sia pervenuti. Ne consegue l'incongruità della motivazione che non dia conto delle ragioni della preferenza assegnata ad una quantificazione che, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, risulti sproporzionata rispetto a quella cui l'adozione dei parametri tratti dalle "Tabelle" di Milano consenta di pervenire. In applicazione di tale principio, Cass. III, n. 17018/2018, ha cassato la sentenza della Corte territoriale che aveva ritenuto congruo l'importo liquidato dal giudice di primo grado, a titolo di risarcimento del danno biologico, in forza di una non motivata applicazione di una tabella diversa da quella predisposta dal tribunale di Milano, peraltro con riferimento a parametri non aggiornati alla data della decisione.

In termini ancor più generali, Cass. III, n. 1553/2019, ha affermato che le tabelle milanesi di liquidazione del danno non patrimoniale si sostanziano in regole integratrici del concetto di equità, atte quindi a circoscrivere la discrezionalità dell'organo giudicante, sicchè costituiscono un criterio guida e non una normativa di diritto.

Di recente, dopo un periodo in cui sembrava che fossero state relegate in secondo piano, la Suprema Corte ha censurato come illegittima l'applicazione immotivata delle tabelle di Roma in luogo di quelle di Milano, affermando che, in materia di danno non patrimoniale, i parametri delle "Tabelle" predisposte dal Tribunale di Milano sono da prendersi a riferimento da parte del giudice di merito ai fini della liquidazione del predetto danno ovvero quale criterio di riscontro e verifica della liquidazione diversa alla quale si sia  pervenuti. Ne consegue l'incongruità della motivazione che non dia conto delle ragioni della preferenza assegnata  ad  una quantificazione che, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, risulti sproporzionata rispetto a quella cui l'adozione dei parametri tratti dalle "Tabelle" di Milano consenta di pervenire. A stabilirlo è stata Cass. n. 38077/2021 .

L'impiego, per la liquidazione equitativa del danno da diffamazione a mezzo stampa, dei criteri della "tabella di Milano" impone al giudice di dar conto, nella motivazione, dell'effettivo riscontro degli elementi di fatto riferibili a detta tabella, ai fini della riconduzione della fattispecie concreta ad una delle fasce di gravità ivi contemplate. In applicazione di tale principio, Cass. n. 18217/2023 ha cassato la sentenza di merito che aveva apoditticamente ricondotto la diffamazione alla categoria di quelle di tenue gravità, omettendo, da un lato, qualsivoglia riferimento ai relativi parametri tabellari e, dall'altro, la considerazione di alcune circostanze di fatto, acquisite al giudizio, che si ponevano palesemente in contrasto con i suddetti parametri.

Le criticità delle tabelle milanesi (cenni)

Una parte della giurisprudenza di merito non condivide il nuovo percorso intrapreso dal Tribunale di Milano (cfr. le nuove tabelle adottate il 25 giugno 2009) a seguito delle sentenze delle Sezioni Unite dell'11 novembre 2008 e continua a far riferimento ai valori espressi nelle segnalate tabelle per l'anno 2008. Invero, il tribunale meneghino parte dal presupposto secondo cui il danno morale (inteso come sofferenza soggettiva) costituisce necessariamente una componente del danno biologico, in quanto qualsiasi lesione della salute implicherebbe inevitabilmente una sofferenza fisica o psichica (per una più approfondita analisi si rimanda all'apposita formula dedicata al danno morale). Sulla base di tale principio prevede due indici monetari: l'uno comprendente gli aspetti anatomo-funzionali, relazionali e di sofferenza soggettiva medi (o standard, in quanto frequentemente ricorrenti sia quanto agli aspetti anatomo-funzionali, sia quanto agli aspetti relazionali, sia quanto agli aspetti di sofferenza soggettiva); l'altro che include una percentuale di aumento dei predetti valori medi da utilizzarsi (al fine di consentire una adeguata personalizzazione complessiva della liquidazione) laddove il caso concreto presenti peculiarità che vengano allegate e provate dal danneggiato (si pensi, quanto al primo aspetto, ad un lavoratore soggetto a maggior sforzo fisico senza conseguenze patrimoniali o alla lesione al dito del pianista dilettante; chi ha subito la lesione dei tendini della caviglia avrà, ad esempio, qualche difficoltà nella deambulazione e una modesta sofferenza per tutta la vita). Il principale rilievo che si muove è che Cass. S.U., n. 26972/2008, aveva semmai evidenziato che i patemi d'animo e la mera sofferenza psichica interiore sono “normalmente” assorbiti in caso di liquidazione del danno biologico, avente tendenzialmente portata omnicomprensiva. Invece, le nuove tabelle:

I. individuano, in primis, un nuovo valore del cd. punto, relativo alla sola componente di danno non patrimoniale anatomo-funzionale, ovvero il cd. danno biologico permanente;

II. individuano un aumento per la componente del danno non patrimoniale relativa alla sofferenza soggettiva, di una percentuale ponderata:

1. lesioni dall'1% al 9%: aumento fisso del 25%;

2. lesioni dal 10 al 34%: aumento dal 26% al 50%

3. lesioni dal 35% al 100%, aumento fisso del 50%

III. individuano, infine, una percentuale massima di aumento da utilizzarsi in via di cd. personalizzazione.

In tal guisa ragionando, tuttavia, si viene di fatto (questa è la critica) a comprimere nella figura di danno che si vuole compensare una serie di aspetti soggettivi che già attengono alla personalizzazione del danno stesso e che vengono, quindi, dati per scontati (nel senso che oramai da anni le tabelle di Milano, avendo integrato il punto tabellare del danno biologico aggiungendo una quota percentuale di cd. “personalizzazione”, non regolano più solamente il danno biologico, ma il danno non patrimoniale nel suo insieme, Trib. Monza II, 18 agosto 2016, n. 2269). Tanto è vero che si esorta il giudice, anche in assenza di specifiche e ulteriori allegazioni e prove (avuto riguardo alle conseguenze anatomo-funzionali, relazionali e di sofferenza soggettiva normalmente conseguenti ad una determinata lesione dell'integrità psico-fisica), a liquidare il danno non patrimoniale, in relazione al grado percentuale di menomazione e all'età, nei valori “medi” riportati nella Tabella. Viceversa, entro il range di «aumento personalizzato» previsto in Tabella, muta radicalmente il ruolo che dovrà essere assunto dai protagonisti del processo, atteso che il giudice procederà ad una «adeguata “personalizzazione” complessiva della liquidazione solo laddove (cfr. Cass. III, n. 20925/2016) il caso concreto presenti peculiarità (sotto forma di «particolari condizioni soggettive del danneggiato» e, quindi, di particolari pregiudizi relazionali ed esistenziali patiti dalla vittima) che vengano allegate e provate (anche in via presuntiva) dal danneggiato (sia quanto agli aspetti anatomo-funzionali che quanto agli aspetti di sofferenza soggettiva).

In definitiva, sembrerebbe inficiata proprio la funzione personalizzante che la Suprema Corte ha voluto dare con la svolta di novembre. Le tabelle predisposte dallo stesso tribunale nel 2008 si limitano, invece, ad indicare un unico indice monetario di base che comprende la sola compromissione funzionale tipica (e, in quanto tale, sempre presente) della lesione (pari al vecchio valore del semplice danno biologico statico), lasciando ogni contesto di personalizzazione e di analisi della sofferenza soggettiva al giudice.

Adottando, invece, le tabelle del 2008, è possibile valorizzare, in sede di personalizzazione, fattori che attengano a specifici e comprovati diritti lesi, come la sofferenza soggettiva e la compromissione di interessi relazionali, familiari o sociali. Mentre, infatti, l'aumento generalizzato è in contrasto con il principio della personalizzazione (che presuppone una prova sul punto), quest'ultima deve essere effettuata senza automatismi, caso per caso. In quest'ottica, Trib. Lucca 5 gennaio 2009 sostiene che la liquidazione del danno morale in modo automatico trascura la necessità che l'attore alleghi e dimostri le circostanze concrete da cui dipendono esistenza, intensità e persistenza del patema d'animo.

In linea con i meno recenti interventi della Suprema Corte (Cass. n. 8827/2003 e Cass. n. 8828/2003), la tabella indicata (destinata a disciplinare il danno biologico al di fuori dei casi di sinistri stradali con micro permanenti e di responsabilità sanitaria) è finalizzata a risarcire il solo aspetto statico-funzionale della lesione all'integrità psico-fisica (comprensivo dell'incidenza sulle attività quotidiane comuni a tutti: lavarsi, vestirsi, camminare, leggere, andare al cinema, ecc.), laddove ogni aspetto dinamico e relazionale deve essere trasferito (in presenza dei relativi presupposti) nell'ambito della personalizzazione del danno (se del caso, in tal guisa riconoscendo tutela a quelle forme essenziali di estrinsecazione della persona, la cui lesione va provata adeguatamente, alle quali la Costituzione offre protezione primaria).

In questo solco sembra essersi inserita Cass. III, n. 7766/2016, la quale ha confermato la pronuncia di merito che, nel liquidare il danno non patrimoniale patito da una persona ferita in occasione di un incidente stradale, si era discostata dai parametri indicati nelle tabelle milanesi, evidenziando come la peculiarità e l'eccezionalità del caso concreto imponessero un'adeguata personalizzazione del risarcimento (nella specie, era particolarmente significativo il pregiudizio estetico, anche in ragione dell'età del danneggiato) e dando rilievo alle due voci del danno dinamico/redazionale e della sofferenza morale.

Per Cass. n. 19922/2023, in tema di risarcimento del danno alla persona, ai fini della liquidazione del danno morale, ontologicamente diverso dal danno biologico, ben possono essere utilizzate le Tabelle milanesi, nelle versioni successive al 2008, laddove comprendono nell'indicazione dell'importo complessivo del danno anche una quota diretta a risarcire il danno morale, secondo il criterio logico-presuntivo di proporzionalità diretta tra gravità della lesione e insorgere di una sofferenza soggettiva, a condizione che nel caso concreto tale liquidazione sia giustificata da un corretto assolvimento dell'onere di allegazione e prova e senza riconoscere ulteriori importi, altrimenti incorrendosi in una duplicazione risarcitoria.

Secondo Cass. ord. n. 23149/2019, in caso di mancata applicazione da parte del giudice di prime cure delle Tabelle di Milano, l'appellante deve provare il suo interesse ad impugnare, allegando il calcolo del maggior importo risarcitorio che sarebbe conseguito a suo favore dalla relativa adozione. In particolare, l'appellante deve allegare il calcolo del maggior importo risarcitorio che sarebbe conseguito a suo favore in caso di adozione -da parte del primo giudice - delle tabelle in uso al Tribunale di Milano; né a tal fine può essere ritenuto sufficiente la mera produzione in giudizio delle dette tabelle milanesi o la "notorietà" del fatto che le tabelle medesime "garantiscano una maggiore liquidazione in termini monetari".

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