Comparsa conclusionale relativa a richiesta risarcimento danni a dentista per errato innesto impianto odontoiatrico

Emanuela Musi

Inquadramento

Con la comparsa conclusionale all'esito di un giudizio di responsabilità instaurato nei confronti del medico libero professionista (nella specie, un dentista) che lo aveva danneggiato nell'innesto di un apparecchio ortodontico, l'attore conclude per l'accoglimento della domanda anche nei confronti della compagnia di assicurazione evocata in giudizio ed, in particolare, per l'affermazione della responsabilità ex art. 1218 c.c. del professionista.

Formula

TRIBUNALE DI ....

R.G. ....GIUDICE ....UDIENZA ....

COMPARSA CONCLUSIONALE

PER

Il Sig. ...., rappresentato e difeso dall'Avv. ....,

-attore-

CONTRO

il Dott. ...., con l'Avv. ....

-convenuto-

Assicurazioni ...., in persona del legale rapp.te p.t., con l'Avv. ....

-convenuta-

FATTO

Con ricorso ex art. 702-bis c.p.c., notificato il ...., il Sig. .... adiva l'Ecc.mo Tribunale per ivi sentire condannare i convenuti al risarcimento di tutti i danni subiti in conseguenza di un intervento odontoiatrico. In punto di fatto esponeva che:

— in data .... si recava presso lo studio odontoiatrico del Dott. ...., ove stipulava formale accordo per l'applicazione di un apparecchio ortodontico;

— in maniera negligente il medico procedeva all'applicazione del suddetto apparecchio senza accorgersi della presenza di preesistenti carie;

— tale ultima circostanza aveva, di fatto, determinato un peggioramento delle condizioni del paziente;

— senza esito rimaneva il tentativo di conciliazione instaurato con ricorso ex art. 696 bis c.p.c. [1];

— nella citata consulenza, veniva accertato che i danni sofferti erano una conseguenza della negligenza del medico-odontoiatra, il quale aveva omesso una “attività che avrebbe dovuto essere compiuta dal sanitario nella situazione prospettata operando con diligenza”;

Pertanto, chiedeva la condanna dei convenuti, in solido, al risarcimento dei danni patrimoniali per essersi dovuto rivolgere ad un altro odontoiatra per il rifacimento della protesi male applicata dal convenuto, che quantificava in complessivi Euro ...., e del danno biologico, come quantificati nel procedimento ex art. 696-bis c.p.c., determinati in complessivi Euro ....

Si costituivano i convenuti, i quali chiedevano rigettarsi la domanda poiché infondata in fatto e diritto. Il giudice, atteso che le difese svolte dalla parti richiedevano un'istruzione non sommaria, fissava l'udienza ex art. 183 c.p.c..

Ascoltati i testi, all'udienza del ...., il Giudice riservava la causa a sentenza, concedendo i termini di legge per il deposito degli atti conclusivi.

Nel riportarsi al ricorso ex art. 696-bis c.p.c. ed a quello introduttivo del procedimento di merito successivo, si insiste per l'accoglimento della domanda per le seguenti ragioni in

DIRITTO

L'art. 7, comma 3, legge n. 24/2017 stabilisce che l'esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell'art. 2043 c.c., salvo che abbia agito nell'adempimento di un'obbligazione contrattuale assunta con il paziente.

In relazione al caso in esame, come risulta dalla documentazione probatoria in atti, tra il ricorrente ed il medico-odontoiatra, veniva sottoscritto formale contratto per l'applicazione di un apparecchio ortodontico. Di tal guisa, la responsabilità del Dott. ....per i danni sofferti dal Sig. ....va qualificata come “contrattuale”.

In particolare, il rapporto che intercorre tra il medico dentista ed il paziente è un contratto a prestazioni corrispettive disciplinato dal combinato disposto di cui agli artt. 2222 e 2229 c.c., in forza dei quali il professionista si obbliga all'erogazione della prestazione sanitaria concordata con il cliente a fronte del pagamento della parcella.

La misura della perizia nell'attività esercitata muta in relazione alla qualifica professionale del debitore ed alla specializzazione nello specifico settore di attività; alla luce di ciò al professionista è richiesta una diligenza particolarmente qualificata, nonché il rispetto degli obblighi di buona fede oggettiva e correttezza, osservando obblighi di informazione e di solidarietà sociale [2].

Più in particolare, nel contratto d'opera la prestazione di colui che si è obbligato a compiere l'opera non è un'obbligazione di mezzi, essendo, invece, di risultato, in quanto l'obbligo non comprende solo lo svolgimento di un'attività lavorativa, ma anche la produzione del risultato utile promesso, sicché essa non può ritenersi adempiuta quando risulti che il prestatore d'opera non raggiunge il risultato pattuito.

In relazione al caso di specie, va evidenziato che, secondo il perito nominato dal Tribunale, la mancata cura dei denti cariati ha comportato un peggioramento della condizione del paziente, che era evitabile con l'adozione delle cure previste dalla buona pratica medica. In particolare, la cura delle carie costituisce per i dentisti un'attività che deve essere compiuta obbligatoriamente operando con diligenza.

Invero, secondo la comune esperienza il dentista è obbligato non solo ad osservare le regole d'arte nell'esecuzione del lavoro e delle cure di propria competenza, ma anche a verificare che la situazione preesistente al suo intervento, ovvero l'igiene orale e la salubrità del cavo orale (compreso il lavoro eseguito da un precedente collega), sia idonea e confacente all'attività da eseguire.

In merito, poi, alle voci del danno da risarcire va detto che nel caso di contratto d'opera professionale i danni conseguenti alla prestazione dannosa comprendono oltre ai danni all'integrità psico-fisica anche gli esborsi per i corrispettivi dovuti ad altri professionisti in ragione della difformità di esecuzione dell'opera professionale rispetto alle regole della materia e in considerazione dell'inutilità dell'opera.

Tutto ciò premesso, l'istante, come sopra, nel riportarsi ai propri atti di causa

CONCLUDE

affinché l'Ill.mo Tribunale adito, accertata e dichiarata la esclusiva responsabilità del professionista ex art. 1218 c.c., voglia condannarlo, in solido con la compagnia sua garante, al risarcimento delle seguenti voci di danno:

— Euro ...., a titolo di danno biologico, Euro ...., a titolo di danno patrimoniale, ovvero nella diversa somma, minore e/o maggiore, che il Giudice riterrà, oltre interessi e rivalutazione, come per legge.

Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa ed attribuzione.

Luogo e data ....

Firma ....

[1] Ai sensi dell'art. 8, comma 1 l. n. 24/2017: “chi intende esercitare un'azione innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità' sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell'articolo 696-bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente”.

[2] Cass. III, n. 16993/2015.

Commento

Natura della responsabilità

La libertà nella scelta del medico da parte del paziente e la conclusione inequivocabile di un accordo tra i due, che comporta l'espletamento da parte del primo di una prestazione professionale, rappresentano gli elementi essenziali per la qualificazione, in termini contrattuali, della responsabilità del medico - libero professionista. In particolare, il paziente si rivolge al libero professionista per ottenere una prestazione d'opera dietro il versamento di un corrispettivo: siamo, dunque, al cospetto di un contratto d'opera professionale regolato dagli artt. 2230 e ss. c.c. Il sinallagma contrattuale tra esecuzione della prestazione e versamento del corrispettivo è confermato da Trib. Roma 30 novembre 2004 laddove si afferma che “il paziente non è tenuto a versare al medico libero professionista il corrispettivo pattuito e, se versato, ha diritto a pretenderne la restituzione, quando l'intervento sia stato eseguito in modo imperito”.

Le implicazioni dell'inquadramento della responsabilità del medico libero professionista nell'ambito contrattuale ed, in particolare, in quello del contratto d'opera professionale sono molteplici, sia sotto il profilo della distribuzione dell'onere della prova, sia sotto quello della persistente valenza della distinzione tra obbligazione di mezzi ed obbligazione di risultato (v. per approfondimenti formula su obbligazioni di mezzi ed obbligazioni di risultato), sia, da ultimo, in ordine all'applicazione del limite della responsabilità di cui all'art. 2236 c.c.

In linea generale, il medico libero professionista nell'adempimento della sua obbligazione, deve osservare l'obbligo di diligenza che, in applicazione del principio contenuto nell'art. 1176 comma 2, deve adeguarsi alla natura dell'attività esercitata, conseguendone che lo stesso risponderà anche per colpa lieve. Componente essenziale del contenuto obbligatorio del contratto stipulato tra paziente e medico libero professionista è, senz'altro, l'obbligo di informazione, che si configura in modo differente a seconda della specifica attività svolta dal medico (con particolare riferimento all'obbligo informativo del chirurgo estetico v. formula su consenso informato).

Quanto alla limitazione di responsabilità di cui all'art. 2236 c.c., con riferimento al medico essa opera solo quando gli atti che egli deve compiere trascendano la prestazione professionale media (v. Cass. III, n. 583/2005 secondo cui Il prestatore d'opera, nella specie professione sanitaria, che versa in colpa per un'errata scelta tecnica, che all'origine si poneva come di semplice soluzione, non può poi più avvalersi della delimitazione della propria responsabilità per solo dolo o colpa grave, ai sensi dell'art. 2236 c.c., per gli eventuali problemi tecnico-professionali di speciale difficoltà).

In ordine all'onere della prova, allorché la responsabilità medica venga invocata a titolo contrattuale, cioè sul presupposto che fra il paziente ed il medico e/o la struttura sanitaria sia intercorso un rapporto contrattuale, la distribuzione, “inter partes”, dell'onere probatorio riguardo al nesso causale deve tenere conto della circostanza che la responsabilità è invocata in forza di un rapporto obbligatorio corrente fra le parti ed è dunque finalizzata a far valere un inadempimento oggettivo. Ne consegue che, per il paziente/danneggiato, l'onere probatorio in ordine alla ricorrenza del nesso di causalità materiale - quando l'impegno curativo sia stato assunto senza particolari limitazioni circa la sua funzionalizzazione a risolvere il problema che egli presentava - si sostanzia nella prova che l'esecuzione della prestazione si è inserita nella serie causale che ha condotto all'evento di danno, rappresentato o dalla persistenza della patologia per cui era stata richiesta la prestazione, o dal suo aggravamento, fino ad esiti finali costituiti dall'insorgenza di una nuova patologia o dal decesso del paziente (in tal senso cfr. Cass. III, n. 20904/2013).

Fattispecie di responsabilità: casistica

1. Libero professionista e struttura sanitaria.

Allorché il medico libero professionista svolga la propria attività presso una casa di cura privata in modo che il rapporto di esecuzione d'opera non sia del tutto occasionale, sussiste la responsabilità solidale della casa di cura sia a titolo contrattuale che extracontrattuale per i danni provocati al paziente dal medico, insorgendo tra il medico preposto e la struttura ove lo stesso opera un vincolo di dipendenza, sorveglianza e vigilanza (Trib. Napoli, 13 febbraio 1997). Il medico, sebbene non dipendente della casa di cura, viene visto, in altri termini, come un ausiliario necessario dell'ente (cfr. Cass. III, n. 13066/2004).

Viceversa, non sussiste responsabilità solidale della struttura sanitaria privata per errore nell'esecuzione della prestazione medica, allorché il paziente si sia rivolto unicamente al professionista, il quale, per adempiere alla propria obbligazione, si avvalga di una struttura sanitaria da lui direttamente individuata e scelta, di cui non fa stabilmente parte ed alla quale si appoggi esclusivamente per la locazione della sala operatoria o il noleggio delle attrezzature sanitarie (Trib. Vigevano 9 maggio 2013; afferma il Tribunale, “quando il contratto per l'esecuzione dell'intervento sia concluso direttamente con il professionista e sia stato costui, in autonomia, a contattare la struttura sanitaria cui appoggiarsi per l'esecuzione dell'obbligazione, quest'ultima sarà unicamente responsabile delle prestazioni accessorie concordate con il paziente con distinta negoziazione (personale infermieristico, sala operatoria, strumenti necessari, medicinali, etc.), mentre è esclusa la responsabilità per l'operato del medico ex art. 1228 c.c. È appena il caso di evidenziare, rinviando per ulteriori approfondimenti alla formula su responsabilità della struttura sanitaria, che l'orientamento su citato è strettamente correlato a quello che afferma l'autonomia tra i due contratti (quello medico - paziente e quello casa di cura - paziente); autonomia che risulta ancora più evidente quando il medico che presti la sua opera professionale non sia un dipendente ovvero un collaboratore della struttura, bensì operi quale libero professionista; in tal caso, le diverse sfere di responsabilità appaiono più nettamente tracciate, in relazione al contenuto dei distinti titoli contrattuali che legano il paziente al sanitario da un lato ed alla struttura ospedaliera dall'altro. Viceversa, la tesi seguita da ultimo dalle S.U. del 2008 (n. 577 citata), pare non distinguere affatto i due rapporti contrattuali tanto da ritenere irrilevante, ai fini dell'accertamento della responsabilità della struttura, se il paziente si sia rivolto direttamente ad una struttura sanitaria pubblica o convenzionata, oppure ad una struttura privata, ovvero se sia rivolto direttamente alla struttura ovvero al medico di fiducia che ha effettuato l'intervento in sede privata, laddove afferma, senza distinguo, che in tutti i predetti casi è, comunque, ipotizzabile la responsabilità dell'ente.

Si segnala, altresì, Cass. pen. IV, n. 9037/1996 secondo la quale “il libero professionista che sia chiamato o si rechi ad operare in una qualunque struttura sanitaria, a prescindere da ogni rapporto di inquadramento o di altro rapporto privatistico liberamente contratto, diventa automaticamente parte integrante della stessa, per il fine e il tempo connessi alla specifica attività prestata, e ha l'obbligo di conoscere e di osservare le disposizioni impartite dalla direzione sanitaria della struttura medesima, specie se si tratta di quelle afferenti al settore nel quale egli opera” (Nella fattispecie, un sanitario, riconosciuto responsabile del reato di omicidio colposo in pregiudizio di una donna alla quale aveva prestato assistenza nel parto, aveva dedotto che, come convenzionato esterno, non fosse vincolato al rispetto del regolamento interno alla clinica privata, secondo cui, in caso di allontanamento da questa prima di un certo tempo, era obbligatorio delegare ad altri la vigilanza sulla paziente).

Giova, da ultimo, segnalare che, nell'impianto della l. n. 24/2017, la struttura privata risponderà ex artt. 1218 e 1228 c.c. anche nei casi in cui il medico vi presti la propria opera solo occasionalmente: conferma, in tal senso, deriverebbe dal combinato disposto dell'art. 9 comma 6 ultimo capoverso con l'art. 10, comma 2 (la casa di cura sarà sì obbligata in solido, ma avrà rivalsa contro il professionista senza che, in tali casi, si applichi il limite quantitativo di cui all'art. 9 (v. per approfondimenti formula su responsabilità della struttura sanitaria).

2. Libero professionista - medico convenzionato

In base all'orientamento sinora prevalente (nella giurisprudenza penale), in ordine ai danni arrecati dal medico convenzionato a un paziente, deve escludersi che possa esserne chiamata a rispondere, quale responsabile civile, la ASL. Una responsabilità della ASL, infatti, non può ravvisarsi in base agli art. 1218 e 2043 c.c., atteso che la prestazione sanitaria è fornita direttamente dal medico, che è unico debitore del “servizio sanitario”, con esclusione di qualunque relazione fra l'azienda sanitaria e il paziente; né la responsabilità della ASL può essere ipotizzata invocando il disposto degli artt. 1228 e 2049 c.c., giacché non ricorre né un rapporto di immedesimazione organica né di ausiliarietà fra l'azienda sanitaria e il medico convenzionato, che va considerato alla stregua di un libero professionista del tutto autonomo, scelto dal paziente in piena libertà. Del resto, la ASL, in concreto, non esercita alcun potere di vigilanza, controllo e direzione sul medico convenzionato, il quale è del tutto libero sia nella predisposizione dell'organizzazione che mette a disposizione del paziente, sia nella scelta delle cure da praticare (in tal senso tra le molte v. Cass. pen. IV, n. 36502/2008). In altre parole, non trovano applicazione nei confronti dell'ASL gli artt. 1228 e 2049 c.c. che pongono a carico del datore la responsabilità per i danni cagionati dai suoi dipendenti con dolo o colpa, non potendosi sostenere che il fatto del sanitario convenzionato con il SSN sia in qualche modo riferibile all'ASL o che, in ogni caso, venga in essere un contatto sociale tra quest'ultima ed il paziente, con conseguente insorgenza di un rapporto obbligatorio (Cass. pen., n. 36502/2008 cit.: nella fattispecie, la Corte ha annullato senza rinvio limitatamente alle statuizioni civili la sentenza che aveva condannato la ASL, in qualità di responsabile civile, al risarcimento dei danni in conseguenza della ritenuta responsabilità penale di un medico convenzionato condannato per il reato di omicidio colposo; nello stesso senso v. Cass. pen. IV, n. 34460/2003, ove in particolare si evidenzia che in ordine all'ipotesi del rapporto tra il medico generico convenzionato e l'Azienda Sanitaria Locale di appartenenza, deve ritenersi che tale rapporto non possa qualificarsi come di pubblico impiego ai fini dell'applicazione dell'art. 2049 c.c., in ragione del fatto che l'ASL non può interferire con l'autonomia dell'attività del medico, non figurando, quindi, come proponente coinvolto nell'ambito di responsabilità cui si riferisce il disposto codicistico).

Tale impostazione sembra essere stata capovolta da Cass. III, n. 6243/2015 (per cui v. formula su responsabilità dell'ASL per il fatto del medico di base).

3. Responsabilità dell'odontoiatra.

Tra le varie specializzazioni mediche, particolare rilievo assume quella del medico dentista o odontoiatra, le cui obbligazioni secondo la dottrina prevalente devono considerarsi, per la particolarità dell'attività svolta, di risultato e non di mezzi. Sussiste la responsabilità professionale dell'odontoiatra per i danni causati dall'inesatto adempimento di interventi relativi all'installazione di protesi, salvo che lo stesso non fornisca prova contraria, rispetto alle allegazioni del paziente, sulla sussistenza del rapporto professionale e del danno provocato, nonché, al fine della limitazione della responsabilità, ai casi di dolo o colpa grave, della particolare difficoltà della prestazione (Trib. Foggia, 20 settembre 2011).

In ordine all'onere probatorio, la giurisprudenza afferma come lo sforzo del paziente-attore non possa spingersi oltre la deduzione di qualificate inadempienze (agli obblighi contrattuali assunti dal medico) idonee a porsi come causa o concausa del danno, restando a carico del sanitario-convenuto l'onere di dimostrare o che nessun rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia può essergli mosso, o che, pur essendovi stato un suo inesatto adempimento, questo non abbia avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno (Cass. III, n. 15993/2011). Altresì, sussiste la colpa professionale del dentista, per negligenza, imperizia ed omissione di cautele e di cure, che, a seguito di prestazioni routinarie, consistenti nella realizzazione di protesi rimovibili, mantiene per diverso tempo (nella specie, oltre diciotto mesi) nella bocca del paziente, le protesi eseguite con caratteri di provvisorietà e fissate con cementi provvisori che, in difetto di manutenzione e controlli e cure, determinano irritazioni e disturbi (a seguito dell'insorgere della sofferenza delle mucose circostanti e delle successive consequenziali complicanze; v. così Cass. III, n. 10668/2008).

Il libero professionista nella novella legislativa: cenni e rinvio

Rinviando alla formula su responsabilità medica contrattuale o extracontrattuale - responsabilità extracontrattuale dalla legge Balduzzi alla legge Gelli, è qui il caso di evidenziare che il comma 4 dell'art. 7 della l. n. 24/2017, nello stabilire che il danno conseguente all'attività della struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, e dell'esercente la professione sanitaria è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli artt. 138 e 139 del codice delle assicurazioni, si riferisce a qualsiasi danno e, dunque, anche a quello cagionato dal medico libero professionista (ben vero, il riferimento agli artt. 138 e 139 codice assicurazioni, che era già contenuto nella legge Balduzzi, appare “claudicante” dal momento che la prima delle due disposizioni, quella dedicata alle lesioni di non lieve entità, non ha ancora trovato attuazione).

Giova segnalare che, da ultimo, la legge 4 agosto 2017, n. 124 ha modificato le norme di cui agli artt. 138 e 139 del codice delle assicurazioni: in particolare, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della salute, con il Ministro del lavoro e delle poli-tiche sociali e con il Ministro della giustizia, dovrà essere predisposta, mediante decreto del Presidente della Repubblica, la tabella unica delle lesioni cd. macropermanenti che si applicherà ai sinistri e agli eventi verificatisi successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo de-creto del Presidente della Repubblica. Inoltre, con riguardo alle lesioni di lieve entità sono stati modificati i valori dei punti percentuali nonché prevista l'onnicomprensività del danno non patrimoniale ulteriore di cui al quinto comma dell'art. 139.

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