Ricorso exart. 281 decies c.p.c.per i danni derivati dal negligente operato dell'anestesista

Emanuela Musi
aggiornata da Fernanda Annunziata

Inquadramento

Con il ricorso ex art. 281 decies c.p.c. una paziente richiede il risarcimento dei danni subiti in conseguenza di un intervento chirurgico e causati da negligente operato dell'anestesista che aveva provocato la rottura della trachea.

Formula

TRIBUNALE DI .... 1

RICORSO EX art. 281 decies c.p.c.23

PER

Le Sig.ra ...., nata a ...., il ...., C.F. .... 4, residente in ...., via ...., rappresentata e difesa, per mandato in calce/a margine del presente atto, dall'Avv. ...., C.F. ...., presso il cui studio elettivamente domicilia in ...., via .... Si dichiara di volere ricevere tutte le comunicazioni relative al presente procedimento al fax ...., ovvero all'indirizzo PEC .... 5

CONTRO

il Dott. ...., nato a ...., il ...., C.F. ...., residente in ....,

NONCHÉ

Assicurazioni ...., C.F./P.I. ...., in persona del legale rapp.te p.t., con sede legale in ...., via ....;

PREMESSO CHE

— in data ...., la ricorrente si recava presso l'Ospedale di .... per sottoporsi ad intervento chirurgico per eliminare una patologia di ernia discale L3-L4 intra foraminale destra (documento 1);

— durante l'operazione le veniva praticata dal Dott. ...., anestesista, una intubazione tracheale;

— rientrata in reparto iniziava a lamentare difficoltà respiratorie e rigonfiamento acuto di collo e volto; di conseguenza veniva richiesto dal personale medico RX torace e letto per sospetto enfisema sottocutaneo (documento 2);

— di tal guisa veniva trasferita in neuro rianimazione, ove a seguito di accertamenti appuravano che le complicanze erano state determinate dalla rottura della trachea, conseguente all'anestesia (documento 3); tale rottura, in particolare si era verificata nella porzione anteriore della trachea, interessando, quindi, la parte cartilaginea e non quella membranosa, attraverso lesione longitudinale posta al 5°- 6° livello, quando, invece, al momento dell'ingresso in ospedale, l'esame obiettivo della ricorrente evidenziava un polmone normo espanso e normo espansibile (documento 4);

— con ricorso ex art. 696-bis c.p.c.6 (documento 5) l'istante adiva l'intestato Tribunale al fine di ottenere la nomina di un CTU che, previo esperimento del tentativo di conciliazione, accertasse la causa della rotture della trachea, il nesso di causalità tra l'evento e la condotta tenuta dallo specialista, nonché la quantificazione degli eventuali danni;

— fallito il tentativo di conciliazione il CTU depositava la consulenza medico legale che si produce (documento 8);

— alla luce di tutto quanto sopra esposto appare in modo del tutto manifesto il diritto dell'odierna attrice ad ottenere il risarcimento dei gravi danni illegittimamente patiti a seguito della rottura della trachea a causa della imperizia e/o negligenza del convenuto anestesista.

Come noto, il medico risponde sulla base delle regole della responsabilità extra-contrattuale.

A tal proposito, è bene ricordare in via preliminare che l'art. 7, comma 3 della legge n. 24/2017 stabilisce che l'esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell'art. 2043 c.c.

Inoltre, ai sensi dell'art. 12, comma 1, della medesima disposizione legislativa il soggetto danneggiato ha diritto di agire direttamente, entro i limiti delle somme per le quali è stato stipulato il contratto di assicurazione, nei confronti dell'impresa di assicurazione che presta la copertura assicurativa alle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private. A tal proposito, il convenuto è assicurato per la responsabilità professionale con Assicurazioni ...., C.F./P.I. ...., in persona del legale rapp.te p.t., con sede legale in ...., via ...., con polizza numero ....

Tanto premesso, va rilevato che la diligenza cui è tenuto il professionista, dal combinato disposto di cui agli artt. 1176, comma 2 e 2236 c.c. si desume che la diligenza richiesta è non già quella ordinaria, del buon padre di famiglia, e cioè la diligenza normalmente adeguata in ragione del tipo di attività e alle relative modalità di esecuzione.

Viene, dunque, in rilievo un modello standard di condotta che implica (al di là della veste specifica del professionista) il ricorso ad un adeguato sforzo tecnico, con conseguente impiego di tutte quelle energie e di quei mezzi abitualmente ed obiettivamente necessario, anche solo semplicemente utili, in relazione alla natura dell'attività esercitata; ciò, al duplice fine di soddisfare l'interesse creditorio e di evitare possibili eventi dannosi.

Orbene, in relazione al caso in esame, deve riconoscersi e ribadirsi la esistenza del nesso causale certo tra l'intubazione/estubazione oro tracheale operata dal convenuto e la rottura della trachea, così come chiaramente si evince dalla consulenza ex art. 696 bis c.p.c.

Invero, la rottura della trachea è una complicanza propria delle manovre di intubazione/estubazione quale la paziente fu sottoposta.

Più in particolare, così come riferito dal CTU, seppur si è in presenza di una complicanza codificata e nota, il suo verificarsi non rientra di fatto nella cosiddetta alea terapeutica, ma può essere funzione - così come è da ritenersi nel caso di specie - di un comportamento inadempiente.

Dunque, può ritenersi accertato che l'evento, sub specie di una rottura della porzione anteriore della trachea, fu causato senza dubbio da un comportamento inadempiente del convenuto, consistente in “un atto commissivo incongruo”.

A tal proposito, va ricordato in tema di responsabilità professionale medica, che la prevedibilità e prevedibilità, vanno determinate in concreto, tenendo presenti tutte le circostanze in cui il soggetto si trova ad operare, in base al parametro relativistico dell'agente modello delle specializzazioni ed il livello di conoscenze raggiunto; di tal guisa deve ritenersi la responsabilità del medico quando l'errore professionale trovi origine nel difetto di quel minimo di abilità e perizia tecnica nell'uso dei mezzi manuali o strumentali d'indagine o di terapia che il medico deve essere sicuro di poter adoperare correttamente.

Deve, pertanto, ritenersi l'esistenza della responsabilità medica del Dott. ...., a titolo di colpa professionale.

Il danno biologico va determinato, secondo quanto stabilito dalla consulenza in sede di procedimento ex art. 696 bis c.p.c., in complessivi euro ....

Per i motivi sovraesposti, l'istante come sopra rappresentata, difesa e domiciliata,

CHIEDE 7

che codesto Ill.mo Tribunale voglia fissare, ai sensi dell'art. 281 undecies, comma 2, c.p.c. con decreto l'udienza di comparizione delle parti, assegnando il termine per la costituzione dei convenuti che deve avvenire non oltre 10 giorni prima dell'udienza, con l'avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui all'art. 281 undecies, commi 3-4 c.p.c. e che, in difetto di costituzione, si procederà in loro contumacia, per sentir accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, provvedere come appresso:

— accertare e dichiarare la esclusiva responsabilità ex art. 2043 c.c. delle convenute in ordine a tutti i danni biologici sofferti in conseguenza della rottura della trachea e per l'effetto condannarli in via solidale al risarcimento nella misura di Euro ...., ovvero nella diversa somma, minore e/o maggiore, che il Giudice dovesse ritenere, oltre interessi e rivalutazione come per legge.

Con vittoria di spese, diritti ed onorari ed attribuzione.

IN VIA ISTRUTTORIA

Si allegano i documenti 1), 2), 3), 4) e 5) indicati nella narrativa del presente atto, riservandosi di produrne altri con le memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., la concessione dei cui termini sin da ora viene richiesta.

Ai sensi dell'art. 14 del d.P.R. n. 115/2002 si dichiara che il valore del presente procedimento, secondo le norme del codice di procedura civile, è pari ad Euro ....ed è assoggettato a contributo unificato pari ad Euro ....

Luogo e data ....

Firma ....

PROCURA

[1] [1] In tema di competenza per territorio, ai fini della determinazione dei fori facoltativi alternativamente previsti dall'art. 20 c.p.c. (forum contractus e forum destinatae solutionis), va intesa come 'obbligazione dedotta in giudizio' l'obbligazione nascente dal controverso contratto, sia che di essa si chieda l'adempimento o l'accertamento, quale petitum della domanda giudiziale, sia che di essa venga prospettato l'inadempimento come causa petendi della domanda, mirante a conseguire, per effetto dell'inadempimento stesso, la risoluzione contrattuale ed il risarcimento dei danni. Parimenti, nell'ipotesi di sola richiesta di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, per la determinazione del foro competente deve farsi riferimento non già al luogo ove si è verificato l'inadempimento, ma a quello in cui si sarebbe dovuta eseguire la prestazione rimasta inadempiuta o non esattamente adempiuta, della quale il risarcimento è sostitutivo (vale a dire, quella originaria e primaria rimasta inadempiuta, non quella derivata e sostitutiva), e ciò anche quando il convenuto contesti in radice l'esistenza della obbligazione stessa. Pertanto, per giudice del luogo dove è sorta l'obbligazione non deve intendersi quello del luogo in cui, verificandosi il danno, è sorto il relativo diritto al risarcimento. Il foro stabilito dall'art. 20 c.p.c., per le cause relative a diritti di obbligazione concorre con i fori generali di cui agli art. 18 e 19 c.p.c. e l'attore può liberamente scegliere di adire uno dei due fori generali, oppure il foro facoltativo dell'art. 20 c.p.c. La norma - infatti - stabilisce che per le cause relative a diritti di obbligazione (tra le quali rientrano anche le obbligazioni scaturenti da responsabilità extracontrattuale) è anche competente il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi la obbligazione. In particolare, in tema di obbligazioni nascenti da fatto illecito, l'azione di risarcimento sorge nel luogo in cui l'agente ha posto in essere l'azione produttiva del danno (forum commissi delicti) e in relazione a tale luogo deve essere determinata la competenza territoriale ex art. 20 c.p.c. (Cass. II, n. 13223/2014).

[2] [2] Premesso che la nuova disciplina normativa sulla responsabilità sanitaria ha previsto che dopo l'espletamento dell'ATP le cause di merito debbano essere introdotte con il rito sommario di cognizione, si potrebbe sensatamente ritenere che, instaurando ai fini della procedibilità della domanda il procedimento di mediazione, allora non vi sia più l'obbligo di introduzione della lite nelle forme del rito sommario (ben potendo optare l'attore per il rito ordinario di cognizione). Ed effettivamente, il legislatore ha previsto il ricorso al rito sommario di cognizione dopo l'ATP in quanto l'atto istruttorio fondamentale è stato già effettuato. E che il necessario impiego della procedura di cui agli art. 281 decies c.p.c. ss. c.p.c. sia da limitare al solo caso dell'ATP (e non della mediazione), lo si ricava pure dal fatto che l'art. 8, comma 3, del nuovo testo normativo prevede che il ricorso exart. 281 undecies c.p.c. debba essere depositato entro il termine di 90 giorni dal deposito della relazione medica o dalla scadenza del termine perentorio di 6 mesi per l'ultimazione dell'ATP (e ciò a pena di perdita di efficacia della domanda). Tra le materie per le quali è prevista la mediazione obbligatoria vi è, infatti, anche il risarcimento del danno derivante da responsabilità medica. È stata inserita, con la l. n. 98/2013, accanto alla “responsabilità medica” (ossia, tecnicamente, quella afferente il rapporto medico-paziente) anche la “responsabilità sanitaria” (vale a dire, quella della struttura sanitaria indipendente dalle responsabilità del personale medico, come nel caso di insufficienza delle apparecchiature). Il previo accertamento tecnico preventivo a fini conciliativi costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziaria, in alternativa al procedimento di mediazione di cui al d.lgs. n. 28/2010. Per munire di procedibilità la sua domanda l'attore potrà, quindi, scegliere tra ATP e mediazione.

[3] [3] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., dalla l. n. 111/2011).

[4] [4] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv. con modif. dalla l. n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. dalla legge 24/2010. A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla l. n. 114/2014.

[5] [5] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla l. n. 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

[6] [6] Cfr. art. 8, comma 1 l. n. 24/2017.

[7] [7] Cfr. art. 8, comma 3 l. n. 24/2017.

Commento

Premessa

La figura professionale dell'anestesista-rianimatore si inserisce nell'ambito del rapporto di lavoro dipendente della struttura pubblica o privata oppure quale libero esercente l'attività medica: quanto alle relative competenze, egli si occupa, in particolare, del trattamento anestesiologico dei pazienti che debbano sottoporsi ad operazione chirurgica o diagnostica, della rianimazione dei pazienti in coma o le cui funzioni vitali siano compromesse, intervenendo in tutti i casi di arresto cardiocircolatorio e di alterazione grave della funzione cardiaca, respiratoria, neurologica e metabolica. Lo specialista rianimatore interviene, altresì, nella gestione dei pazienti poli-traumatizzati o sottoposti ad interventi importanti quali i trapianti d'organo, gli interventi di chirurgia vascolare, neurochirurgia e cardiochirurgia, oltre alla somministrazione della terapia antalgica. La varietà dei compiti assolti dall'anestesista-rianimatore è comunque riconducibile ad alcune caratteristiche ricorrenti, che consentono di valutarne l'operato secondo i parametri della colpa medica.

Rapporti tra chirurgo ed anestesista: evoluzione

Inizialmente, si riconosceva sempre al capo equipe primo operatore il ruolo di dominus assoluto dell'equipe e il chirurgo rispondeva sempre, proprio in qualità di capo equipe, dell'operato anche dell'anestesista, ma non vigeva reciprocità e, di conseguenza, l'anestesista non rispondeva del fatto del chirurgo.

Nel corso degli anni, la giurisprudenza ha reso autonoma la responsabilità del chirurgo rispetto a quella dell'anestesista sulla base del principio dell'affidamento (v. formula sulla responsabilità del medico in equipe) e della considerazione che l'anestesista è titolare di un sapere specialistico non appartenente al chirurgo.

In molteplici pronunce, la S.C. ha inteso conferire piena operatività al principio dell'affidamento nei rapporti intercorrenti tra medici e anestesisti, ritenendo che sia l'una che l'altra figura debbano vedersi assoggettati alla sola disciplina tipica e specifica della propria leges artis, ben potendo ognuno fare assegnamento nella correttezza di condotta dell'altro, a meno che, a causa del collegamento funzionale e ambientale tra medico e anestesista, specie quando entrambi operino in un medesimo ambito spazio-temporale, uno dei due partecipanti all'attività di equipe accerti evenienze di fatto che possano rendere presumibile il discostamento dell'altro dagli standards di diligenza e perizia (v. sul punto Cass. pen. IV, n. 10454/2010).

Questo orientamento è stato, anche di recente, affinato dalla S.C.: il riferimento è a Cass. pen. IV, n. 33329/2015 ove si è precisato che, quando l'anestesista opera scelte connesse al suo ruolo di medico specialista della propria branca, risponde personalmente delle scelte operate; quando, invece, propone interventi il cui sapere rientra in un contesto di comune cognizione di altri medici, riaffiora il ruolo di “capo-equipe del chirurgo primo operatore”, il quale a “fronte del rifiuto di attenersi alle direttive impartite” dall'anestesista “ben potrà sospendere l'attività” o, “allontanare l'anestesista”.

Con particolare attenzione al rapporto anestesista - chirurgo viene evidenziato che l'anestesista rianimatore è portatore di conoscenze specialistiche ed assume la connessa responsabilità in relazione alle fasi di qualificata complessità nell'ambito dell'atto operatorio. Diverso discorso va fatto, invece, per ciò che attiene a scelte e determinazioni che rientrano nel comune sapere di un accorto terapeuta; nonché per quanto riguarda ambiti interdisciplinari, nei quali è coinvolta la concorrente competenza di diverse figure

.

L'affidamento non può essere inteso in senso assoluto, ma è sempre temperato dalla ricorrenza di evenienze di fatto in cui l'errore medico, o comunque la discrasia fra la sua condotta e gli standard di riferimento, sia palese, e renda pertanto esigibile l'intervento correttivo di altro medico, ancorché non specialista nel medesimo ambito, che operi in posizione coordinata (v. in tal senso Cass. III, n. 2334/2011). Il principio di affidamento è, invece, destinato a tornare operativo nelle attività in cui la competenza del medico anestesista esprime il proprio specifico ed esclusivo sapere disciplinare.

Fattispecie di responsabilità. Casistica

La S.C. ha stabilito che, nel corso di un'operazione chirurgica di parto cesareo svolto da un'equipe medica, composta dal medico primario ginecologo, dal suo aiuto, dagli assistenti e dall'anestesista, incombe su quest'ultimo il dovere di riscontro della situazione di insensibilità del paziente, nonché delle sue reazioni e della sicurezza sul piano cardio-circolatorio, ma non anche quello di palesare altre competenze in ordine all'esecuzione dell'intervento medesimo, né tantomeno di verificarne il corretto adempimento. Sulla base di tale presupposto i giudici di legittimità, utilizzando il criterio della suddivisione dei ruoli e delle specifiche funzioni tra medici e anestesisti, hanno ritenuto non sussistente la responsabilità dell'anestesista per il conseguente evento lesivo derivato alla paziente in seguito all'intervento chirurgico eseguito - nella specie, era stata dimenticata una garza nell'addome della paziente - in quanto unicamente addebitabile alla condotta negligente del medico chirurgo, non esistendo alcun dovere vicendevole di ispezione e verifica (cfr. Cass. pen. IV, 26 maggio 2004).

Il medico anestesista è tenuto ad adempiere una serie di mansioni che rientrano nel suo preciso ambito di competenza, tra le quali la trasfusione di sangue al paziente; ne deriva che quando l'anestesista si avvalga di un collaboratore in funzione di ausiliario, sicché sia costui che materialmente effettua la sostituzione di un precedente flacone esauritosi con altro pieno di sangue nuovo da trasfondere, sussiste per l'anestesista l'obbligo di assicurarsi prima che l'operazione trasfusionale riprenda con l'immissione di ulteriore liquido ematico e che il tipo di sangue sia esattamente quello che è destinato al paziente (Cass. pen. IV, 16 novembre 1990)

Risponde anche per colpa lieve ai sensi dell'art. 1176 comma 2 c.c. l'anestesista che, nel corso di un intervento operatorio, abbia causato al paziente lesioni con conseguenze temporanee e permanenti configurandosi il settore anestesiologico come branca ad alta specializzazione che comporta prestazioni autonome (Trib. Roma, 19 ottobre 1989).

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