Ricorso ex art. 281 decies c.p.c. per risarcimento del danno causato da errato dosaggio del farmaco da parte dell'infermiereInquadramentoCon il ricorso ex art. 281 decies c.p.c. i parenti di una donna deceduta in seguito ad un'iniezione praticatale da un'infermiera con un dosaggio diverso da quello prescritto chiedono il risarcimento del danno da lesione del rapporto parentale nei confronti della infermiera e dell'azienda ospedaliera dalla quale dipendeva, in solido con la relativa compagnia di assicurazione. FormulaTRIBUNALE DI .... 1 RICORSO EX ART. 281 UNDECIES c.p.c.23 PER Il Sig. .... nato a ...., il ...., C.F. .... 4, e la Sig.ra .... nata a...., il ...., C.F. ...., entrambe residenti in ...., via ...., in qualità di eredi della Sig.ra .... nata a ...., il ...., C.F. ...., deceduta in ...., il ...., rappresentati e difesi, per mandato in calce/a margine del presente atto, dall'Avv. ...., C.F. ...., presso il cui studio elettivamente domicilia in ...., via.... Si dichiara di volere ricevere tutte le comunicazioni relative al presente procedimento al fax ...., ovvero all'indirizzo PEC .... 5 CONTRO l'Azienda Ospedaliera di ...., C.F./P.I. ...., in persona del legale rapp.te p.t., con sede legale in ...., via .... NONCHE' la Sig.ra .... nata a ...., il ...., C.F. ...., residente in ...., via...., NONCHE' Assicurazioni .... C.F./P.I. ...., in persona del legale rapp.te p.t., con sede legale in ...., via ....; PREMESSO CHE - in data .... la Sig.ra .... era colta da ictus cerebrale ed era trasportata d'urgenza presso il Presidio Ospedaliero di ...., ove le venivano praticate le cure del caso (documento 1); - la stessa veniva sottoposta ad intervento chirurgico per diminuire la massa emorragica (documento 2); - a seguito dell'intervento, la Sig.ra .... veniva trasferita in sala rianimazione e sottoposta a controllo (documento 3); - nella notte tra il giorno .... ed il giorno .... la Sig.ra .... a seguito ed a causa di un'iniezione di cloruro di potassio praticatagli dall'infermiera .... decedeva (documento 4). In particolare, quest'ultima provvedeva a iniettare la soluzione di cloruro di potassio senza averla preventivamente diluita, in tal modo disattendendo le prescrizioni contenute nella cartella medica (documento 5); - con ricorso ex art. 696 bis c.p.c.6 (documento 7) l'istante adiva l'intestato Tribunale al fine di ottenere la nomina di un C.T.U. che, previo esperimento del tentativo di conciliazione, accertasse la causa della morte nonché il nesso di causalità tra l'evento e la condotta tenuta dall'infermiera, nonché la quantificazione degli eventuali danni (documento 6); - fallito il tentativo di conciliazione il CTU depositava la consulenza medico legale che si produce (documento 7); - alla luce di tutto quanto sopra esposto appare in modo del tutto manifesto il diritto degli odierni attori ad ottenere il risarcimento dei danni illegittimamente patiti a seguito del decesso del loro dante causa in seguito alla iniezione di cloruro di sodio praticata dalla convenuta .... A tal proposito, in via preliminare vale la pena ricordare che ai sensi dell' art. 7, comma 1 l. n. 24/2017, la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell'adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell'opera di esercenti la professione sanitaria, an-che se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c., delle loro condotte dolose o colpose. Il comma 3 invece stabilisce che l'esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell'art. 2043 c.c.. In relazione al caso de quo deve in limine presumersi che colui – come l'infermiere – il quale è abilitato ad operare in un settore professionale di qualsivoglia genere sia portatore delle relative conoscenze tecniche ed onerato del possesso delle medesime, indipendentemente dalla risalenza o meno nel tempo della sua attività. Pertanto, così come evidenziato dal CTU nel procedimento ex art. 696 bis c.p.c., doveva appartenere al bagaglio professionale della Sig.ra .... all'esito di un percorso formativo che comprendeva 30 ore di farmacologia e 140+190 ore di tecniche infermieristiche, la conoscenza della portata letale di una iniezione di cloruro di potassio non diluito. Inoltre, è bene ricordare che a mente dell' art. 2 d.P.R. n. 225/1974 (recante il mansionario generale dell'infermiere), tra le attribuzioni dell'infermiere professionale rientra "la somministrazione dei farmaci prescritti", e che il D.M. 14 settembre 1994 n. 739, art. 1, comma 3, lett. d), (recante il regolamento sull'individuazione della figura e del relativo professionale dell'infermiere), stabilisce che l'infermiere garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche. E' evidente quindi che l'infermiera non può considerarsi "mero esecutore materiale delle prescrizioni impartite dal personale medico", possedendo una professionalità e competenza tale da attribuirle una possibilità di delibazione in modo tale da poter adeguare l'esecuzione materiale ai protocolli medici ed ai regolamenti vigenti. Pertanto, sarebbe stato sufficiente in relazione al caso di specie, aggiungere una maggiore attenzione nell'eseguire una prescrizione medica e rendere in tal modo l'iniezione innocua e corretta. Il danno da perdita parentale, inteso come vuoto costituito dal non potere più godere della presenza e del rapporto con chi è venuto meno e perciò nell'irrimediabile distruzione di un sistema di vita basato sull'affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità dei rapporti tra moglie e marito, tra madre e figlio, tra fratello e fratello, nel non poter più fare ciò che per anni si è fatto, nonché nell'alterazione che una scomparsa del genere inevitabilmente produce anche nelle relazioni tra i superstiti, va quantificato in complessivi Euro ...., come da CTU che si allega. L'art. 12 della citata disposizione normativa statuisce che il soggetto danneggiato ha diritto di agire direttamente, entro i limiti delle somme per le quali e' stato stipulato il contratto di assicurazione, nei confronti dell'impresa di assicurazione che presta la copertura assicurativa alle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private. Per i motivi sovraesposti, risultando accertato che il danno subito dai ricorrenti è imputabili ai convenuti, gli istanti come sopra rappresentati, difesi e domiciliati, CHIEDONO 7 che codesto Ill.mo Tribunale voglia fissare, ai sensi dell'art. 281-undecies, comma 2 c.p.c., con decreto l'udienza di comparizione delle parti, assegnando il termine per la costituzione dei convenuti che deve avvenire non oltre 10 giorni prima dell'udienza, con l'avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui all' art. 281-undecies, commi 2 e 3 c.p.c.e che, in difetto di costituzione, si procederà in loro contumacia, per sentir accogliere le seguenti CONCLUSIONI Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, provvedere come appresso: - accertare e dichiarare la esclusiva responsabilità exartt. 1218,1228 e 2043 c.c. delle convenute in ordine al decesso della loro dante causa in virtù della iniezione di cloruro di sodio effettuata per mano dell'infermiera .... e per l'effetto condannarli in via solidale al risarcimento del danno da perdita parentale, quantificato in complessivi Euro ...., ovvero nella diversa somma, minore e/o maggiore ritenuta dal Giudice, con interessi e rivalutazione, come per legge. Con vittoria di spese, diritti ed onorari ed attribuzione. IN VIA ISTRUTTORIA Si allegano i documenti 1), 2), 3), 4) e 5) indicati nella narrativa del presente atto, riservandosi di produrne altri con le memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., la concessione dei cui termini sin da ora viene richiesta. Ai sensi dell'art. 14 del d.P.R. n. 115/2002 si dichiara che il valore del presente procedimento, secondo le norme del codice di procedura civile, è pari ad Euro .... ed è assoggettato a contributo unificato pari ad Euro .... Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA [1] [1] In tema di competenza per territorio, ai fini della determinazione dei fori facoltativi alternativamente previsti dall'art. 20 c.p.c. (forum contractus e forum destinatae solutionis), va intesa come 'obbligazione dedotta in giudizio' l'obbligazione nascente dal controverso contratto, sia che di essa si chieda l'adempimento o l'accertamento, quale petitum della domanda giudiziale, sia che di essa venga prospettato l'inadempimento come causa petendi della domanda, mirante a conseguire, per effetto dell'inadempimento stesso, la risoluzione contrattuale ed il risarcimento dei danni. Parimenti, nell'ipotesi di sola richiesta di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, per la determinazione del foro competente deve farsi riferimento non già al luogo ove si è verificato l'inadempimento, ma a quello in cui si sarebbe dovuta eseguire la prestazione rimasta inadempiuta o non esattamente adempiuta, della quale il risarcimento è sostitutivo (vale a dire, quella originaria e primaria rimasta inadempiuta, non quella derivata e sostitutiva), e ciò anche quando il convenuto contesti in radice l'esistenza della obbligazione stessa. Pertanto, per giudice del luogo dove è sorta l'obbligazione non deve intendersi quello del luogo in cui, verificandosi il danno, è sorto il relativo diritto al risarcimento. Il foro stabilito dall'art. 20 c.p.c., per le cause relative a diritti di obbligazione concorre con i fori generali di cui agli art. 18 e 19 c.p.c. e l'attore può liberamente scegliere di adire uno dei due fori generali, oppure il foro facoltativo dell'art. 20 c.p.c. La norma - infatti - stabilisce che per le cause relative a diritti di obbligazione (tra le quali rientrano anche le obbligazioni scaturenti da responsabilità extracontrattuale) è anche competente il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi la obbligazione. In particolare, in tema di obbligazioni nascenti da fatto illecito, l'azione di risarcimento sorge nel luogo in cui l'agente ha posto in essere l'azione produttiva del danno (forum commissi delicti) e in relazione a tale luogo deve essere determinata la competenza territoriale ex art. 20 c.p.c. (Cass. II, n. 13223/2014). [2] [2] Premesso che la nuova disciplina normativa sulla responsabilità sanitaria ha previsto che dopo l'espletamento dell'ATP le cause di merito debbano essere introdotte con il rito sommario di cognizione, si potrebbe sensatamente ritenere che, instaurando ai fini della procedibilità della domanda il procedimento di mediazione, allora non vi sia più l'obbligo di introduzione della lite ai sensi dell'art. 281-undecies (ben potendo optare l'attore per il rito ordinario di cognizione). Ed effettivamente, il legislatore ha previsto il ricorso al rito sommario di cognizione dopo l'ATP in quanto l'atto istruttorio fondamentale è stato già effettuato. E che il necessario impiego della procedura di cui agli artt. 281 decies ss. c.p.c. sia da limitare al solo caso dell'ATP (e non della mediazione), lo si ricava pure dal fatto che l'art. 8, comma 3, del nuovo testo normativo prevede che il ricorso ex art. 281-undecies c.p.c.(debba essere depositato entro il termine di 90 giorni dal deposito della relazione medica o dalla scadenza del termine perentorio di 6 mesi per l'ultimazione dell'ATP (e ciò a pena di perdita di efficacia della domanda). Tra le materie per le quali è prevista la mediazione obbligatoria vi è, infatti, anche il risarcimento del danno derivante da responsabilità medica. E' stata inserita, con la l. n. 98/2013, accanto alla “responsabilità medica” (ossia, tecnicamente, quella afferente il rapporto medico-paziente) anche la “responsabilità sanitaria” (vale a dire, quella della struttura sanitaria indipendente dalle responsabilità del personale medico, come nel caso di insufficienza delle apparecchiature). Il previo accertamento tecnico preventivo a fini conciliativi costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziaria, in alternativa al procedimento di mediazione di cui al d.lgs. n. 28/2010. Per munire di procedibilità la sua domanda l'attore potrà, quindi, scegliere tra ATP e mediazione. [3] [3] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., dalla l. n. 111/2011). [4] [4] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv. con modif. dalla l. n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. dalla l. n. 24/2010. A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla legge 114/2014. [5] [5] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla l. n. 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà». [6] [6] Cfr. art. 8 comma 1 l. n. 24/2017 [7] [7] Cfr. art. 8, comma 3, l. n. 24/2017. CommentoPremessa Le competenze professionali del personale paramedico sono tali da attribuire allo stesso un compito cautelare essenziale nella salvaguardia della salute del degente, atteso che lo stesso è onerato di vigilare sul decorso post-operatorio, anche al fine di consentire, se del caso, l'intervento del medico. Per quanto concerne prettamente l'infermiere, il ruolo meramente ausiliario rispetto a quello, apicale, del medico in virtù dell'evoluzione giurisprudenziale e del progressivo abbandono dell'organizzazione gerarchica all'interno delle strutture sanitarie, è stato via via sostituito da una figura professionale tutt'altro che ancillare e servente l'attività medico-chirurgica. La costruzione dogmatica dello statuto della responsabilità civile infermieristica lo si deve anche alla giurisprudenza penale, che ha, in primis, contribuito all'affermazione in capo alla professione de qua di una vera e propria posizione di garanzia dell'incolumità del degente. La giurisprudenza civile e penale in punto di responsabilità dell'infermiere. In ambito civilistico, la responsabilità paramedica è stata anzitutto ravvisata nei non pochi precedenti sulle errate manovre compiute sui degenti, se foriere di lesioni: ad. es. in merito allo spostamento da parte del personale infermieristico del paziente dal tavolo operatorio alla barella, e poi al letto di degenza, la S.C. ha affermato la responsabilità in capo alla casa di cura avente titolo nell'illecito commesso dal detto personale, e da quest'ultimo esteso ex art. 2049 c.c. alla prima (v. Cass. III, n. 632/2000). Della incidenza sulla responsabilità dell'attività di posizionamento dell'ammalato sul tavolo operatorio, si è altresì occupata la Cassazione penale in un datato pronunciato, distinguendo la fase pre-operatoria, a cura e responsabilità dell'anestesista, da quella operatoria, a direzione del chirurgo, al quale ultimo non è ascrivibile l'esito dannoso: «il posizionamento del paziente sul letto operatorio costituisce per l'infermiere professionale attività ausiliaria o di assistenza al medico, di talché detta attività deve essere sempre svolta sotto il controllo del sanitario, e più precisamente, sotto il controllo del medico anestesista, il quale è presente in pre-sala e deve vigilare sul regolare posizionamento del paziente nel momento stesso in cui questo avviene. Solo in sala operatoria il chirurgo può verificare se il posizionamento corrisponda alle esigenze operatorie effettuando un controllo che trova – tuttavia – il limite oggettivo nella già avvenuta copertura del paziente» (v. Cass. pen. IV, n. 7082/1983) . Quanto, poi, alla responsabilità da omessa vigilanza in capo al paramedico dei soggetti minus habentes, a prescindere dal carattere volontario e/o obbligatorio del trattamento sanitario in concreto praticato all'internato, la S.C. afferma che ricorre comunque l'obbligo di sorveglianza da parte del medico e del personale sanitario, basato sulla stessa diagnosi dei sanitari, sulle precise prescrizioni affidate al personale infermieristico e sulla loro mancata osservanza, derivandone che viola l'obbligo contrattualmente assunto di vigilanza e di assistenza, oltre il principio del neminem laedere, la casa di cura per malattie nervose che non riesca ad impedire al malato schizofrenico di nuocere a se stesso, dovendosi ritenere ampiamente prevedibile il comportamento irrazionale del ricoverato (v., in particolare, Cass. III, n. 11038/1997). Viene, altresì, affermata in capo al personale specializzato la responsabilità per il caso di sottrazione di neonato dal reparto di puericultura, dovuta a scarsa presenza ivi delle infermiere vigilatrici d'infanzia ed ad assenza di idonei serramenti, essendo inclusa tra le obbligazioni proprie del contratto di spedalità la protezione delle persone di minorata o nulla autotutela che ne siano destinatarie. Di recente v. Cass. III, n. 19658/2014 secondo cui “l'accettazione di un degente presso una struttura ospedaliera comporta l'assunzione di una prestazione strumentale e accessoria - rispetto a quella principale di somministrazione delle cure mediche, necessarie a fronteggiare la patologia del ricoverato - avente ad oggetto la salvaguardia della sua incolumità fisica e patrimoniale, quantomeno dalle forme più gravi di aggressione”. Giova segnalare che, in ambito penalistico, viene affermata la sussistenza in capo all'infermiere di una posizione di garanzia, segnatamente di protezione, che, se derivata, trova nella delega, ovvero nell'ordine, impartitigli dal personale medico, il suo mezzo legittimo di trasmissione (v. tra le molte Cass. pen., n. 9638/2000 «gli operatori di una struttura sanitaria, medici e paramedici, sono tutti ex lege portatori di una posizione di garanzia, espressione dell'obbligo di solidarietà costituzionalmente imposto ex artt. 2 e 32 Cost. , nei confronti dei pazienti, la cui salute devono tutelare contro qualsivoglia pericolo che ne minacci l'integrità; l'obbligo di protezione perdura per l'intero tempo del turno di lavoro e, laddove si tratti di un compito facilmente eseguibile nel giro di pochi secondi, non è delegabile ad altri”). Ne deriva, ad es., che nell'ambito di un pronto soccorso l'infermiere, cui sia stato impartito un ordine o che, prestando la propria opera, in un certo momento, in una determinata unità operativa, venga a sapere che il dirigente dell'unità ha impartito un determinato ordine dalla cui esecuzione dipende l'intervento di un sanitario a favore di un paziente, assume, per quanto riguarda l'esecuzione di quell'ordine e, quindi, le conseguenze che la non esecuzione o la non tempestiva esecuzione di quell'ordine possono determinare, la posizione di protezione, che non può essere legittimamente trasferita ad altri quando l'ordine sia tale da non richiedere più di qualche secondo per poter essere eseguito. Sempre nell'ambito della fattispecie della delega, la giurisprudenza penale è chiara nell'affermazione di colpevolezza per abuso d'ufficio in capo al primario che deleghi a personale infermieristico un intervento chirurgico non urgente: l'«abuso» è identificato nel fatto di porre la sala operatoria ed il personale addetto a disposizione di un paziente non avente diritto all'intervento, (Cass. pen., n. 8188/1992). Ancora, a contrassegnare l'importanza della posizione protettiva rimessa al paramedico, è stato ritenuto responsabile di omicidio colposo il medico che si sia allontanato dal paziente per lungo tempo, astenendosi altresì dall'affidarlo al primo (Cass. pen., n. 3229/2009). Quanto alla casistica sulle omissioni pre e post-operatorie, va evidenziato come esse tocchino in modo solo collaterale la posizione penale dell'infermiere, atteso il suo ruolo vicario nella chiusura dell'intervento (si veda, al riguardo, la formula sulla responsabilità del medico in equipe). Differentemente a dirsi per gli esiti dannosi o pericolosi connessi all'anestesia (per cui v. la formula su responsabilità dell'anestesista), competendo agli infermieri, per statuto normativo, la preparazione, il controllo e la sorveglianza delle relative apparecchiature, come attesta un pronunciato reso nella vigenza del cd. mansionario di cui al d.P.R n. 225/1974 (Cass. pen., n. 10868/1983). |