Ricorso ex art. 281 undeciesper responsabilità del primario per i danni da taglio cesareo mancato o ritardato

Emanuela Musi
aggiornta da Fernanda Annunziata

Inquadramento

Con il ricorso ex art. 281 undecies i genitori di un bimbo che in conseguenza del parto aveva subito danni agiscono contro la struttura e contro il primario ascrivendo la responsabilità dell'evento dannoso a quest'ultimo ed ai deficit organizzativi del reparto da lui diretto.

Formula

TRIBUNALE DI .... 1

RICORSO ex art. 281 decies c.p.c.23

PER

Il Sig. ...., nato a ...., il ...., C.F. .... 4, e la Sig.ra ...., nata a ...., il ...., C.F. ...., entrambi residenti in ...., via ...., nella qualità di esercenti la potestà genitoriale del minore ...., nato a ...., il ...., C.F. ...., rappresentati e difesi, per mandato in calce/a margine del presente atto, dall'Avv. ...., C.F. ...., presso il cui studio elettivamente domiciliano in ...., via .... Si dichiara di volere ricevere tutte le comunicazioni relative al presente procedimento al fax ...., ovvero all'indirizzo PEC .... 5

CONTRO

— il Dott. ...., nato a ...., il ...., C.F. ...., residente in ...., via ....

— Assicurazioni ...., C.F./P.I. ...., in persona del legale rapp.te p.t., con sede legale in ...., via ....

PREMESSO CHE

— in data ....la Sig.ra ....dava alla luce il piccolo ...., nell'ospedale di ....(documento 1);

— nel corso del parto, i sanitari non rilevarono i dati pelvimetrici della gestante cosicché, non accorgendosi delle relative difficoltà respiratorie, non eseguirono di conseguenza il necessario parto cesareo (documento 2);

— di tal che durante le manovre di espulsione del feto, i sanitari provocarono al neonato la lesione del plesso brachiale (documento 3);

— assistette al parto il medico ...., nel reparto di cui era primario il Dott. ....(documento 4);

— nel caso di specie i danni riportati dal minore sono una conseguenza del “deficit organizzativo” del reparto gestito dal convenuto, consistiti in una carente assegnazione di compiti e mansioni al personale, in una carente diramazione delle istruzioni da seguire e dei compiti da assolvere, in una negligente diramazione di istruzioni con riferimento alla partoriente. Inoltre, il Dott. ...., di fronte alla situazione di urgenza, che non poteva essere adeguatamente affrontata con i mezzi di cui disponeva la sua struttura, aveva l'obbligo di disporre tempestivamente il trasferimento del paziente presso altra struttura;

— con ricorso ex art. 696 bis c.p.c.6 (documento 4) gli istanti adivano l'intestato Tribunale al fine di ottenere la nomina di un CTU che, previo esperimento del tentativo di conciliazione, accertasse la causa dei danni riportati dal minore, il nesso di causalità tra l'evento e la carenza organizzativa del reparto in questione, nonché la quantificazione degli eventuali danni;

— fallito il tentativo di conciliazione il CTU depositava la consulenza medico legale che si produce (documento 5);

— alla luce di tutto quanto sopra esposto appare in modo del tutto manifesto il diritto degli odierni attori ad ottenere il risarcimento dei gravi danni illegittimamente patiti dal loro figlio, conseguenti al deficit organizzativo del reparto ospedaliero ove la Sig.ra ....è stata ricoverata per il relativo parto.

A tal riguardo, in via preliminare è opportuno ricordare che il medico risponde sulla base delle regole della responsabilità extra-contrattuale.

Invero, l'art. 7, comma 3 legge n. 24/2017 stabilisce che l'esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell'art. 2043 c.c.

In relazione al caso in esame, sussiste la responsabilità del Dott. ...., quale primario del reparto di ostetricia, in quanto, come già rilevato, i danni riportati dal minore sono una conseguenza diretta ed immediata del “deficit organizzativo” della struttura da lui diretta; inoltre, lo stesso convenuto, di fronte alla situazione di urgenza, che non poteva essere adeguatamente affrontata con i mezzi di cui disponeva la sua struttura, aveva l'obbligo di disporre tempestivamente il trasferimento del paziente presso altra struttura. A tal riguardo, la giurisprudenza ha precisato che il primario risponde dei deficit organizzativi del reparto a lui affidato, quando - così come nel caso di specie - questi siano consistiti in una carente assegnazione di compiti e mansioni al personale, in una carente diramazione delle istruzioni da seguire e dei compiti da assolvere, in una negligente diramazione di istruzioni con riferimento al singolo degente. Invero, il primario ospedaliero deve avere una puntuale conoscenza delle situazioni cliniche che riguardano tutti i degenti, a prescindere dalle modalità di acquisizione di tale conoscenza (con visita diretta o interpello degli altri operatori sanitari), ed è, perciò obbligato ad assumere informazioni precise sulle iniziative intraprese dagli altri medici cui il paziente sia stato affidato, indipendentemente dalla responsabilità degli stessi, tanto al fine di vigilare sulla esatta impostazione ed esecuzione delle terapie, di prevenire errori e di adottare tempestivamente i provvedimenti richiesti da eventuali emergenze 7.

In relazione al caso di specie il convenuto ha omesso di porre in essere tutto quanto testé evidenziato. Inoltre, al cospetto di un paziente le cui condizioni non potevano essere adeguatamente gestite nella struttura ospedaliera in cui si trovava, non si è attivato per disporne l'immediato trasferimento in altra struttura.

È evidente pertanto che la patologia riportata dal minore sia dipesa da un lato dall'accertato deficit organizzativo del reparto e dall'altro lato dalla circostanza che nessuno si preoccupò di predisporre il relativo trasferimento.

Ai sensi dell'art. 12, comma 1, della medesima disposizione legislativa il soggetto danneggiato ha diritto di agire direttamente, entro i limiti delle somme per le quali è stato stipulato il contratto di assicurazione, nei confronti dell'impresa di assicurazione che presta la copertura assicurativa alle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private. A tal proposito, il convenuto è assicurato per la responsabilità professionale con Assicurazioni ...., C.F./P.I. ...., in persona del legale rapp.te p.t., con sede legale in ...., via ...., con polizza numero ....

Il danno biologico va determinato, secondo quanto stabilito dalla consulenza in sede di procedimento ex art. 696 bis c.p.c., in complessivi Euro ....

Per i motivi sovraesposti, gli istanti come sopra rappresentati, difesi e domiciliati,

CHIEDONO 8

che codesto Ill.mo Tribunale voglia fissare, ai sensi dell'art. 281 undecies, comma 2, c.p.c., con decreto l'udienza di comparizione delle parti, assegnando il termine per la costituzione dei convenuti che deve avvenire non oltre 10 giorni prima dell'udienza, con l'avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui all' art. 281 undecies, commi 3-4, c.p.c. e che, in difetto di costituzione, si procederà in loro contumacia, per sentir accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, provvedere come appresso:

— accertare e dichiarare la esclusiva responsabilità ex art. 2043 c.c. delle convenute in ordine a tutti i danni biologici sofferti dal minore in conseguenza del parto e per l'effetto condannarli in via solidale al risarcimento nella misura di euro ...., ovvero nella diversa somma, minore e/o maggiore, che il Giudice dovesse ritenere, oltre interessi e rivalutazione come per legge.

Con vittoria di spese, diritti ed onorari ed attribuzione.

IN VIA ISTRUTTORIA

Si allegano i documenti 1), 2), 3), 4) e 5) indicati nella narrativa del presente atto, riservandosi di produrne altri con le memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., la concessione dei cui termini sin da ora viene richiesta.

Ai sensi dell'art. 14 del d.P.R. n. 115/2002 si dichiara che il valore del presente procedimento, secondo le norme del codice di procedura civile, è pari ad Euro ....ed è assoggettato a contributo unificato pari ad Euro ....

Luogo e data ....

Firma ....

PROCURA

[1] [1] In tema di competenza per territorio, ai fini della determinazione dei fori facoltativi alternativamente previsti dall'art. 20 c.p.c. (forum contractus e forum destinatae solutionis), va intesa come 'obbligazione dedotta in giudizio' l'obbligazione nascente dal controverso contratto, sia che di essa si chieda l'adempimento o l'accertamento, quale petitum della domanda giudiziale, sia che di essa venga prospettato l'inadempimento come causa petendi della domanda, mirante a conseguire, per effetto dell'inadempimento stesso, la risoluzione contrattuale ed il risarcimento dei danni. Parimenti, nell'ipotesi di sola richiesta di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, per la determinazione del foro competente deve farsi riferimento non già al luogo ove si è verificato l'inadempimento, ma a quello in cui si sarebbe dovuta eseguire la prestazione rimasta inadempiuta o non esattamente adempiuta, della quale il risarcimento è sostitutivo (vale a dire, quella originaria e primaria rimasta inadempiuta, non quella derivata e sostitutiva), e ciò anche quando il convenuto contesti in radice l'esistenza della obbligazione stessa. Pertanto, per giudice del luogo dove è sorta l'obbligazione non deve intendersi quello del luogo in cui, verificandosi il danno, è sorto il relativo diritto al risarcimento. Il foro stabilito dall'art. 20 c.p.c., per le cause relative a diritti di obbligazione concorre con i fori generali di cui agli art. 18 e 19 c.p.c. e l'attore può liberamente scegliere di adire uno dei due fori generali, oppure il foro facoltativo dell'art. 20 c.p.c. La norma - infatti - stabilisce che per le cause relative a diritti di obbligazione (tra le quali rientrano anche le obbligazioni scaturenti da responsabilità extracontrattuale) è anche competente il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi la obbligazione. In particolare, in tema di obbligazioni nascenti da fatto illecito, l'azione di risarcimento sorge nel luogo in cui l'agente ha posto in essere l'azione produttiva del danno (forum commissi delicti) e in relazione a tale luogo deve essere determinata la competenza territoriale ex art. 20 c.p.c. (Cass. II, n. 13223/2014).

[2] [2] Premesso che la nuova disciplina normativa sulla responsabilità sanitaria ha previsto che dopo l'espletamento dell'ATP le cause di merito debbano essere introdotte con il rito sommario di cognizione, si potrebbe sensatamente ritenere che, instaurando ai fini della procedibilità della domanda il procedimento di mediazione, allora non vi sia più l'obbligo di introduzione della lite nelle forme del rito sommario (ben potendo optare l'attore per il rito ordinario di cognizione). Ed effettivamente, il legislatore ha previsto il ricorso al rito sommario di cognizione dopo l'ATP in quanto l'atto istruttorio fondamentale è stato già effettuato. E che il necessario impiego della procedura di cui all'art. 281 deciesss. c.p.c. sia da limitare al solo caso dell'ATP (e non della mediazione), lo si ricava pure dal fatto che l'art. 8, comma 3, del nuovo testo normativo prevede che il ricorso ex art. 281 undecies c.p.c. debba essere depositato entro il termine di 90 giorni dal deposito della relazione medica o dalla scadenza del termine perentorio di 6 mesi per l'ultimazione dell'ATP (e ciò a pena di perdita di efficacia della domanda). Tra le materie per le quali è prevista la mediazione obbligatoria vi è, infatti, anche il risarcimento del danno derivante da responsabilità medica. È stata inserita, con la l. n. 98/2013, accanto alla “responsabilità medica” (ossia, tecnicamente, quella afferente il rapporto medico-paziente) anche la “responsabilità sanitaria” (vale a dire, quella della struttura sanitaria indipendente dalle responsabilità del personale medico, come nel caso di insufficienza delle apparecchiature). Il previo accertamento tecnico preventivo a fini conciliativi costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziaria, in alternativa al procedimento di mediazione di cui al d.lgs. n. 28/2010. Per munire di procedibilità la sua domanda l'attore potrà, quindi, scegliere tra ATP e mediazione.

[3] [3] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., dalla l. n. 111/2011).

[4] [4] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv. con modif. dalla l. n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. dalla l. n. 24/2010. A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla l. n. 114/2014.

[5] [5] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla l. n. 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

[6] [6] Cfr. art. 8, comma 1, l. n. 24/2017.

[7] [7] Cass. III, n. 22338/2014.

[8] [8] Cfr. art. 8, comma 3 legge 8 marzo 2017, n. 24.

Commento

Premessa

La tematica delle responsabilità da posizione o status nell'ambito delle strutture sanitarie ha subito e subisce una profonda trasformazione in conseguenza della modifica della organizzazione ospedaliera, in origine fondata su base gerarchica, al vertice della quale si collocava il primario quale figura apicale. Dal '99 ad oggi con la riforma sanitaria ter, l'organizzazione del lavoro in ambito ospedaliero è radicalmente mutata, in particolare a seguito dell'introduzione di un ruolo dirigenziale unico che ha determinato la scomparsa della figura del primario e l'entrata in scena del dirigente di struttura complessa. Nondimeno, accade tuttora che in sede giudiziale debba farsi applicazione, ratione temporis, della vecchia normativa ovvero della giurisprudenza elaborata sulla scorta della stessa.

Premesso che il novello assetto organizzativo delle divisioni ospedaliere è espressione dell'esigenza di valorizzare al massimo le autonomie tecnico-professionali dei singoli medici nell'ambito di una cooperazione in chiave orizzontale, occorre interrogarsi sui poteri che la legge attribuisce ai dirigenti di struttura complessa per verificare se l'attribuzione di funzioni programmatiche e di indirizzo sanitario (preventivo, diagnostico, terapeutico e riabilitativo) da esercitarsi attraverso l'emanazione di direttive al personale della struttura (ex art. 15 d.lgs. n. 502/1992 nell'ultima versione modificata dal d.lgs. n. 229/1999) sia ancora possibile predicare un controllo capillare sull'operato dei medici ovvero debba superarsi la figura tradizionale della cd. responsabilità di posizione in favore di un ampliamento dell'entità della responsabilità organizzativa.

Responsabilità del primario

In base all'art. 7 d.P.R. n. 128/1969 (oggi abrogato dall'art. 4 d.lgs. n. 502/99), al primario competeva la vigilanza sull'attività e sulla disciplina del personale sanitario, tecnico, sanitario ausiliario ed esecutivo assegnato alla sua divisione; inoltre, il primario, essendo responsabile dei malati ricoverati nella sua divisione, aveva il potere di definire i criteri diagnostici o terapeutici che dovevano essere seguiti dagli aiuti e dagli assistenti, di praticare direttamente sui malati gli interventi diagnostici e curativi che ritenesse di non affidare ai suoi collaboratori, di formulare la diagnosi definitiva, provvedere a che le degenze non si prolungassero oltre il tempo strettamente necessario agli accertamenti diagnostici ed alle cure e disporre la dimissione degli infermi; era, da ultimo, responsabile della regolare compilazione delle cartelle cliniche, dei registri nosologici, e della loro conservazione, fino alla consegna all'archivio centrale. Proprio quei poteri di indirizzo e verifica sulle prestazioni di diagnosi e di cura sono stati posti alla base del riconoscimento di responsabilità in capo al primario che non fosse in servizio al momento del fatto causativo del danno al paziente ricoverato nel suo reparto: si configurava, cioè, una responsabilità da posizione ogni qualvolta il primario avesse omesso di esercitare quella vigilanza che, da sola, avrebbe consentito di superare o prevenire i gravi errori commessi dai medici di reparto: cfr. ad es. Cass. III, n. 24144/2010 ove la colpa del primario viene individuata nel non aver emanato ex ante direttive di comportamento specifiche e nel non aver vigilato sull'attività dei propri subordinati anche assumendo specifiche informazioni su ogni paziente e controllando la congruità delle terapie praticate; nonché Cass. III, n. 13979/2005 che afferma la responsabilità del primario (in solido con l'ASL) per violazione degli obblighi di cui all'art. 7 d.P.R. n. 128/1969; in entrambi i casi esaminati dalla Corte il primario era legittimamente assente dal reparto ed il contributo causale della sua condotta all'accadimento dannoso viene ricercato sul piano della causalità ipotetica, ovverosia tramite l'individuazione di quella condotta che, se dallo stesso posta in essere, avrebbe potuto influire sul decorso causale dei danni. La colpa viene a collocarsi, come parte della dottrina ha avuto modo di affermare, a cavallo tra una responsabilità professionale (per omessa vigilanza sull'attività dei propri subordinati) ed una responsabilità gestionale (per omessa adozione delle linee programmatiche e di indirizzo per il personale sanitario). Nell'ottica della valorizzazione della responsabilità cd. gestionale v. anche Cass. III, n. 22338/2014 secondo cui “il primario ospedaliero risponde del danno derivato da una inadeguatezza della struttura sanitaria da lui diretta ove non dimostri di aver adempiuto a tutti gli obblighi che gli impone l'art. 7 del d.P.R. n. 128/1969, (applicabile ratione temporis), tra i quali rientra quello di informazione sulle condizioni dei malati e di predisposizione di adeguate istruzioni al personale per le emergenze”.

Responsabilità del dirigente di struttura complessa

La nuova normativa in materia di dirigenza sanitaria (d.lgs. n. 229/1999 e successive modifiche) ha profondamente innovato la struttura delle organizzazioni sanitarie, puntando sull'unicità del ruolo dirigenziale, eliminando l'articolazione in livelli ed individuando differenti profili professionali ai fini della suddivisione del lavoro: alla figura del dirigente di struttura complessa vengono riconosciute primariamente funzioni di organizzazione della struttura da espletarsi sia su di un piano di programmazione ed indirizzo dell'attività sanitaria unitariamente considerata (tramite l'adozione di direttive indirizzate a tutto il personale) sia su quello di intervento immediato tramite l'adozione di decisioni necessarie in relazione al corretto espletamento del servizio ed all'adeguatezza degli interventi, il tutto in aggiunta alle funzioni derivanti dalle specifiche competenze professionali. Si configura pertanto una responsabilità di direzione, da un lato ampliata quanto ai profili relativi ad una efficace ed efficiente organizzazione e gestione delle risorse dall'altro ridotta in ragione dell'autonomia tecnico professionale riconosciuta in capo ai singoli medici/dirigenti. Il dirigente di struttura complessa non ha più il potere/dovere di verifica sulle prestazioni di diagnosi e cura quanto piuttosto quello di adottare decisioni di tipo organizzativo e programmatico, a fronte della piena autonomia nella diagnosi e cura riconosciuta al singolo medico: il potere di vigilanza sull'attività dei medici subordinati appartenente al primario è destinato a cedere il passo ad un controllo da esercitarsi sui fattori di organizzazione e su quelle situazioni che, per gravità del caso o per complessità della storia clinica del paziente, richiedano l'intervento di chi, avendo incarichi di direzione, abbia maturato sul campo un'esperienza professionale che interagisca con quella dei singoli medici, all'insegna del confronto tra esperienza e competenze diverse. Per affermare la responsabilità del dirigente di struttura complessa occorrerà dunque verificare se abbia preventivamente fornito le informazioni necessarie di carattere programmatico per un efficiente svolgimento dell'attività sanitaria, se abbia svolto un controllo sulla situazione generale del proprio reparto (sia tramite l'assunzione delle informazioni necessarie per i casi di routine, sia intervenendo direttamente allorché la gravità o complessità del caso richieda il suo intervento per assicurare al paziente la miglior assistenza medica offerta dalla struttura ove lo stesso è ricoverato per ricevere la prestazione).

Vale segnalare che, pur se facendo applicazione della vecchia normativa (operante ratione temporis), la S.C. ha tenuto conto del cambiamento prodotto dalla novella legislativa laddove ha avuto modo di affermare che il primario risponde dei deficit organizzativi del reparto a lui affidato, quando questi siano consistiti in una carente assegnazione di compiti e mansioni al personale, in una carente diramazione delle istruzioni da seguire e dei compiti da assolvere, in una negligente diramazione di istruzioni con riferimento al singolo degente. Si è sottolineato, in particolare, che il primario ospedaliero deve avere “puntuale conoscenza delle situazioni cliniche che riguardano tutti i degenti, a prescindere dalle modalità di acquisizione di tale conoscenza (con visita diretta o interpello degli altri operatori sanitari), ed è, perciò obbligato ad assumere informazioni precise sulle iniziative intraprese dagli altri medici cui il paziente sia stato affidato, indipendentemente dalla responsabilità degli stessi, tanto al fine di vigilare sulla esatta impostazione ed esecuzione delle terapie, di prevenire errori e di adottare tempestivamente i provvedimenti richiesti da eventuali emergenze” (così v. Cass. III, n. 24144/2010 cit., nonché Cass. III, n. 4058/2005).

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