Comparsa di risposta con chiamata in causa del terzo per responsabilità professionale dell'avvocato.

Emanuela Musi

Inquadramento

Con la comparsa di costituzione in un giudizio per responsabilità professionale l'avvocato evocato in giudizio da un cliente chiede di poter chiamare in garanzia la propria compagnia di assicurazione.

Formula

GIUDICE DI PACE DI/TRIBUNALE DI .... [1]

R.G....Giudice....Udienza....

COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA CON CHIAMATA IN CAUSA DEL TERZO [2]

PER

l'Avv. ...., nato a ...., il ...., C.F. .... [3], residente in ...., via ...., rappresentato e difeso, per mandato in calce/a margine del presente atto dall'Avv. ...., C.F. ...., presso il cui studio elettivamente domicilia in ...., via ....

Si dichiara di voler ricevere tutte le comunicazioni relative al presente procedimento al fax ...., ovvero all'indirizzo PEC.... [4],

- convenuto -

CONTRO

il Sig. .... rappresentato e difeso dall'Avv. ....

- attore – 

FATTO

Con atto di citazione notificato il ...., il Sig. .... conveniva in giudizio il comparente per ivi sentirlo condannare, previa declaratoria di risoluzione del contratto di prestazione d'opera per grave inadempimento, al consequenziale risarcimento dei danni che quantificava in Euro .... (documento 1).

In punto di fatto, l'istante specificava che l'Avv. .... che l'aveva patrocinata in una procedura innanzi al Tribunale di ...., Giudice ...., R.G...., finalizzata ad ottenere il risarcimento per danni subiti da incidente stradale, aveva negligentemente lasciato prescrivere il relativo diritto. Invero, con sentenza numero ...., depositata in data ...., il Tribunale di ...., sanciva giudizialmente la prescrizione del suddetto diritto (documento 2).

Precisava poi che senza esito rimaneva la richiesta di risarcimento formulata con raccomandata a/r del .... (documento 3)

Per tali ragioni chiedeva il ristoro dei danni consequenziali patiti.

La convenuta, costituendosi in giudizio con il presente atto, eccepisce e contesta tutto quanto riportato nel ricorso perché infondato, in fatto e in diritto, osservando quanto segue, e dichiarando, in via preliminare, di voler chiamare in causa il terzo sotto indicato ai sensi dell' art. 106 c.p.c.

DIRITTO

1. Tanto premesso al punto che precede, sempre in via preliminare e nonostante l'evidente infondatezza della domanda, si chiede di essere autorizzati alla chiamata in garanzia, ex  art. 106 c.p.c., della compagnia di Assicurazioni .... con la quale l'Avv. .... ha stipulato polizza numero ...., per la copertura dei rischi derivanti dall'espletamento dell'attività professionale (documento 4).

La chiamata in garanzia della compagnia è pertanto finalizzata a far sì che, nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda attorea, la medesima tenga indenne il convenuto del risarcimento del danno da corrispondere [5].

2. Nel merito la domanda così come posta è infondata in fatto e diritto.

Sul punto è bene ricordare che per prevalente orientamento giurisprudenziale in tema di responsabilità professionale dell'Avvocato l'accertamento della colpa non deve comportare tanto un giudizio prognostico sul fondamento della pretesa non azionata e/o azionata erroneamente né un giudizio sulla certezza di un esito vantaggioso per il cliente, quanto un giudizio sulla idoneità della condotta non azionata e/o azionata erroneamente a produrre con una certa probabilità effetti positivi qualora svolta e/o diligentemente eseguita [6].

In buona sostanza, il semplice fatto che il legale si sia macchiato di una responsabilità professionale nei confronti del suo cliente non implica, in automatico, il diritto per quest'ultimo a ottenere il risarcimento. Al contrario il ristoro dei danni scatta solo nelle ipotesi in cui, qualora l'avvocato avesse tenuto un diverso comportamento – corretto e diligente – il suo assistito avrebbe potuto effettivamente ottenere vantaggi concreti. Insomma, bisogna fare una valutazione “astratta”, porsi in una condizione ipotetica, nella quale, eliminando per pura ipotesi l'errore del professionista, si verifichi se il danno si sarebbe comunque prodotto o meno. La responsabilità dell'avvocato può essere riconosciuta infatti solo quando il cliente avrebbe potuto ottenere effettivi vantaggi, se il professionista avesse tenuto un comportamento più diligente [7].

In tema di onere della prova, la giurisprudenza di legittimità inoltre è oramai consolidata attorno al principio per cui comunque spetta al cliente l'onere di provare, tanto la difettosa ed inadeguata prestazione professionale, quanto l'esistenza del danno e del relativo nesso causale tra quest'ultimo e la negligente condotta.

Orbene in relazione al caso in esame al momento del conferimento dell'incarico da parte dell'attuale istante, il suo diritto al risarcimento del danno derivante dal sinistro stradale del .... risultava già prescritto, come chiaramente si evince dal prospetto informativo fatto sottoscrivere dall'Avv. .... al suo cliente.

Al tal proposito, secondo la giurisprudenza l'avvocato ha pur sempre il dovere di informare il cliente circa l'esistenza di una causa di prescrizione; spetta poi a quest'ultimo, e non all'avvocato, decidere se adire ugualmente il giudice, sperando magari che la controparte si dimentichi di sollevare l'eccezione di prescrizione, oppure sperando che la questione di prescrizione, se opinabile o sollevata dalla controparte, venga risolta in senso a lui favorevole.

Tutto ciò premesso il convenuto, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato, rassegna le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia l'Ecc.mo Tribunale adito, rigettata ogni avversa istanza, domanda ed eccezione, così provvedere:

- in via preliminare, fissarsi ai sensi dell' art. 269 c.p.c., altra udienza per consentire la chiamata in garanzia del terzo, compagnia Assicurativa .... in persona del legale rapp.te p.t., con sede legale in ...., via ....;

- nel merito rigettare la domanda attore perché priva di ogni fondamento sia in fatto che in diritto;

- nel merito ed in via subordinata, nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda attrice, dichiarare il terzo chiamato in causa, tenuto a rimanere indenne il convenuto del risarcimento del danno da corrispondere.

Con vittoria di spese ed onorari ed attribuzione in favore del procuratore antistatario.

IN VIA ISTRUTTORIA

Si chiede di essere ammessi alla prova contraria sulle circostanze di fatto ex adverso articolate con gli stessi testi indicati da controparte e con i seguenti propri testi: 1) Sig. .... residente in ....; 2) Sig. .... residente in ....

Si allegano i documenti 1), 2), 3), 4) e 5) indicati nella narrativa del presente atto, riservandosi di produrne altri con le memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., la concessione dei cui termini sin da ora viene richiesta.

Luogo e data

Firma Avv. ....

PROCURA

[1] Sulla non applicabilità del foro esclusivo del consumatore, v. Cass. III, n. 23892/2006 secondo cui “al fine dell'applicazione della disciplina di cui agli artt. 1469 bis e segg. cod. civ. relativa ai contratti del consumatore, deve essere considerato "consumatore" la persona fisica che, pur svolgendo attività imprenditoriale o professionale, conclude un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all'esercizio di dette attività, mentre deve essere considerato "professionista" tanto la persona fisica quanto quella giuridica, sia pubblica che privata, che, invece, utilizza il contratto nel quadro della sua attività imprenditoriale o professionale. Perché ricorra la figura del "professionista" non è necessario che il contratto sia posto in essere nell'esercizio dell'attività propria dell'impresa o della professione, essendo sufficiente, viceversa, che venga stipulato per uno scopo connesso all'esercizio dell'attività imprenditoriale o professionale” .

[2] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., dalla l. n. 111/2011).

[3] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv. con modif. dalla l. n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. dalla l. n. 24/2010. A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla l. n. 114/2014.

[4] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3 bis, d.P.R. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla l. n. 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

[5] Secondo prevalente giurisprudenza la chiamata in causa, ad opera dell'avvocato convenuto, della compagnia assicurativa, si fonda su titolo diverso rispetto all'azione di responsabilità professionale, in quanto riferita alla stipula di polizza assicurativa, per cui si configura una ipotesi di garanzia impropria. In tali circostanze (garanzia impropria) - ovvero nel caso in cui colui che sia stato convenuto in giudizio dall'attore intende essere rilevato dal garante di quanto sia eventualmente condannato a pagare - l'azione principale e quella di garanzia sono fondate su due titoli diversi, con la conseguenza che le due cause sono distinte e scindibili (Cass. III, n. 297/2015).

[6] Cass. III, n. 2638/2013.

[7] Cass. III, n. 297/2015.

Commento

Nozione.

Il contratto di assicurazione della responsabilità civile professionale ha ad oggetto la copertura assicurativa dell'attività del prestatore d'opera, attività per sua natura contraddistinta da un apporto imprescindibile di nozioni specialistiche, tecniche ed opera creativa del singolo.

Con la stipula di una polizza di assicurazione della responsabilità civile professionale, un soggetto deputato a far fronte alle conseguenze economiche di eventi pregiudizievoli (la compagnia di assicurazione) viene coinvolto ai fini di una migliore e più proficua gestione della propria attività da parte del professionista, con l'obiettivo di liberare il patrimonio dell'assicurato dai possibili esiti infausti dipendenti dall'obbligazione risarcitoria, eventualmente nascente da fatti illeciti commessi dal medesimo (v., in particolare, Cass. I, n. 7971/1993,).

Il contratto in esame appartiene alla più ampia categoria dei cd. “contratti aleatori”, nei quali l'entità e l'esistenza della prestazione (in questo caso, quella di natura indennitaria dell'assicuratore) è collegata ad un elemento non sicuro (l'eventuale commissione ad opera del professionista di fatti illeciti causativi di danni), e nel quale, pertanto, il rischio contrattuale è più ampio ed assume rilevanza causale.

In tal modo, il contratto di assicurazione della responsabilità civile del professionista, già al momento della sua conclusione, ricomprende l'alea tra i propri elementi essenziali, in quanto in ragione delle clausole pattuite dai contraenti si presenta incerto per una di esse (il professionista assicurato) il vantaggio economico (art. 1469 c.c.).

L'oggetto dell'assicurazione.

In dettaglio, nei contratti di assicurazione della responsabilità civile professionale, l'alea connessa al manifestarsi della responsabilità civile dell'assicurato per i danni arrecati nello svolgimento della propria attività professionale è strettamente dipendente dalla tipologia di attività dedotta nel contratto medesimo, in quanto l'incidenza dei sinistri è mutevole in relazione al campo in cui l'assicurato opera. Ne deriva che, a seconda della natura dell'attività professionale assicurata, muteranno il contenuto delle clausole e le condizioni economiche che le parti, in particolare la compagnia assicurativa (c.d. contraente forte), riterranno di dover inserire nel contratto.

L'ambito del rischio assicurato dipende, poi, dall'individuazione, nel contratto di assicurazione, delle attività, della natura delle azioni od omissioni o, più genericamente, dei fatti colposi imputabili all'assicurato e pregiudizievoli per i terzi per cui sia prevista la copertura assicurativa, nonché dalla determinazione delle categorie di terzi verso cui l'assicurato possa risultare obbligato a risarcire il danno. Infatti, l'attività presa in considerazione nel contratto assicurativo può essere fonte di danno non soltanto nei confronti di coloro con cui l'assicurato abbia stipulato il contratto d'opera professionale, ma anche nei confronti di terzi non legati da alcun rapporto negoziale né col danneggiato, né col danneggiante: ne consegue che la responsabilità contemplata nel contratto assicurativo può essere contrattuale e/o extracontrattuale.

Il rischio assicurato è destinato a concretizzarsi allorché all'assicurato, a seguito del realizzarsi del sinistro, sia rivolta la richiesta di risarcimento ad opera del terzo danneggiato e la domanda sia riconosciuta fondata: l'obbligo della compagnia assicurativa sorge, dunque, quando l'assicurato sia dichiarato responsabile per i danni cagionati a persone o a cose per fatti colposi da lui commessi nell'esercizio della propria attività dedotta nel contratto di assicurazione e, pertanto, sia obbligato al relativo risarcimento danni. L'accertamento della responsabilità del soggetto assicurato può prescindere dall'esistenza di un titolo giudiziale, potendo derivare anche da un riconoscimento stragiudiziale, manifestato anche per comportamento concludente, mediante il pagamento delle somme richieste a titolo di risarcimento danni dal danneggiato (per ulteriori approfondimenti v. formula su assicurazione della responsabilità civile ex art. 1917 c.c.).

L'interpretazione delle clausole di un contratto di assicurazione in ordine alla portata ed all'estensione del rischio assicurato rientra tra i compiti del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se rispettosa dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed assistita da una congrua motivazione (in tal senso, cfr. Cass. III, n. 3468/2007, , ove la Corte ha confermato la sentenza di merito secondo la quale l'attività di curatore fallimentare, svolta normalmente anche se non esclusivamente da avvocati e costituente un'attività professionale remunerata secondo una tariffa, e non una carica o un ufficio, rientrava nella copertura offerta dalla garanzia assicurativa della quale il professionista era dotato, volta a coprire i danni da questi involontariamente arrecati a terzi nell'esercizio dell'attività professionale di avvocato).

Ne deriva che l'oggetto dell'assicurazione professionale va definitivo sulla scorta del tipo di attività svolta dal professionista assicurato e dedotta in contratto. Alla stregua di tale principio, la giurisprudenza ha affermato che, qualora il curatore fallimentare, commercialista, sia responsabile, di un danno ingiusto cagionato nell'espletamento della sua attività di ausiliare di giustizia, l'assicuratore della responsabilità civile per la sua attività professionale deve tenerlo indenne (salvo che il rischio sia espressamente escluso dal contratto); invero, l'attività di curatore fallimentare rientra tra le possibili attività professionali specificamente previste per i commercialisti dalla legge, in quanto il professionista intellettuale non esaurisce la sua attività professionale nell'ambito tratteggiato dalle disposizioni codicistiche (artt. 2227 – 2230, c.c.) relative al contratto di prestazione d'opera intellettuale, ma continua a restare un professionista privato anche quando nell'ambito di tale attività espleti un incarico giudiziario (curatore fallimentare, consulente tecnico d'ufficio, ecc.), in relazione al quale svolga pubblici poteri (Cass. III, n. 12872/2015).

La delimitazione temporale del rischio. La clausola loss occurance e la clausola claims made. Cenni e rinvio.

In riferimento alla delimitazione temporale del rischio assicurato, le polizze contrattuali individuano due sistemi.

Il primo è quello c.d. del loss occurance (insorgenza del danno), ove rileva la realizzazione, nel mondo fenomenico, dell'atto o fatto che è causa del danno nella sfera giuridica altrui; l'altro è quello c.d. del claims made (richiesta fatta), in cui assume rilievo, non l'atto o fatto accaduto, ma la formulazione della richiesta di risarcimento del terzo danneggiato.

Nel sistema claims made, l'assicurazione è prestata, quindi, non già per i danni materialmente causati ed emersi nel periodo per il quale è stata stipulata la relativa polizza, ma per i pregiudizi in relazione ai quali la richiesta risarcitoria è presentata, per la prima volta, durante il periodo di efficacia del contratto.

I sistemi in oggetto, ai fini della relativa copertura del rischio assicurato, attribuiscono rilevanza a due eventi diversi: il primo al fatto causativo del danno, mentre il secondo alla manifestazione della volontà di trovare ristoro patrimoniale.

Nell'ambito del contratto di assicurazione della responsabilità civile, nella variante loss occurance, la condotta da cui è scaturito il pregiudizio può collocarsi anche a distanza di tempo dal momento dell'insorgenza del danno medesimo, salvo l'operare della prescrizione del diritto al risarcimento danni.

Con riguardo alla clausola claims made, è possibile, distinguere la c.d. claims made pura, da quella cd. mista: in quest'ultima, a differenza della prima, la copertura assicurativa opera limitatamente a richieste di risarcimento per fatti accaduti, sì prima della sottoscrizione della polizza ma, non oltre un certo limite temporale antecedente al periodo di efficacia dell'assicurazione. Per approfondimenti in ordine alla validità e vessatorietà della clausola claims made nel contratto di assicurazione si veda la formula ad hoc.

In particolare, la clausola claims made nel contratto di assicurazione professionale.

La clausola claims made rappresenta, oggi, il sistema prevalente, se non esclusivo, in materia di assicurazione della responsabilità civile professionale, laddove l'assicurazione medesima interviene a coprire quei danni la cui richiesta di risarcimento venga presentata, per la prima volta, durante il periodo di efficacia del contratto, indipendentemente dal loro verificarsi in data anteriore alla conclusione del negozio assicurativo.

Conseguenza di tale strumento convenzionale è che, con la scadenza del contratto, termina la copertura assicurativa, per cui il periodo di efficacia della copertura assicurativa coincide con lo spazio di tempo tra la stipula del contratto e la sua scadenza.

Il sistema claims made spiega la sua massima funzionalità con riguardo ai danni cd. tardivi o lungolatenti, ovverosia quei pregiudizi destinati a manifestarsi o prodursi solo a distanza di tempo dal verificarsi dell'evento dannoso. In tale prospettiva, viene adoperata la nozione di “fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione”, onde limitare temporalmente la possibile distanza tra il momento dell'attivazione della copertura assicurativa ed il realizzarsi dell'evento pregiudizievole.

Nell'ambito della assicurazione della responsabilità professionale non pare sussistano difficoltà in ordine alla collocazione cronologica dei fatti ad origine di conseguenze pregiudizievoli. Ad es. non è complicato individuare il momento in cui l'avvocato abbia omesso di porre in essere un adempimento processuale, facendo incorrere la parte assistita nella relativa decadenza, in cui il commercialista abbia omesso di presentare una dichiarazione fiscale o l'abbia presentata con forma o contenuti non corretti, in cui il medico abbia eseguito un errato intervento terapeutico o eseguito un'errata diagnosi; etc. Evidentemente, nei casi esposti i comportamenti commissivi od omissivi del professionista, che hanno recato pregiudizio nella sfera giuridica altrui, si percepiscono immediatamente come puntualmente collocati nel tempo. La collocazione cronologica degli eventi, che siano stati fonte di conseguenze pregiudizievoli per il danneggiato, assume precipuo rilievo nella variante mista o spuria della clausola claims made in cui sia previsto, come sopra ricordato, che la copertura valga in ordine a richieste di risarcimento danni spiegate durante la vigenza del contratto assicurativo per fatti accaduti durante la stessa o anche precedentemente, ma entro un limitato numero di anni a ritroso.

L'Assicurazione della responsabilità civile dell'Avvocato.

Con particolare riferimento alla copertura assicurativa per sinistri derivanti dallo svolgimento della professione forense, il primo riferimento normativo lo si rinviene nell'art. 12, l. n. 247/2012 (Legge Professionale), il quale sancisce l'obbligatorietà per gli Avvocati di stipulare, autonomamente o anche per il tramite di convenzioni sottoscritte dal CNF, da ordini territoriali, associazioni ed enti previdenziali forensi, polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall'esercizio della professione, indicando gli eventi che devono costituire oggetto di assicurazione (commi 1 e 2, V. infra).

Tale obbligo trova il suo corollario nel dovere del professionista di rendere noti al cliente, al momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della propria polizza assicurativa (art. 12, comma 1, ultimo periodo, l. n. 247/2012).

La previsione rinviene la sua giustificazione nel perseguimento di fini di tutela del pubblico dei fruitori dei servizi professionali, mediante la costituzione di un meccanismo di salvaguardia che possa garantire al soggetto leso il risarcimento dei danni subiti, in ipotesi di incapienza del professionista.

L'obbligo di assicurarsi per i rischi derivanti dallo svolgimento della professione forense deve intendersi operante per tutti gli avvocati, sia del libero foro che dipendenti pubblici, dal momento che anche questi ultimi sono iscritti all'Albo e, pertanto, soggetti ai doveri imposti dalla Legge Professionale, dunque anche a quelli inerenti l'assicurazione professionale.

L'obbligatorietà della polizza è, del resto, un argomento fondamentale nello spirito di riforma della disciplina professionale, e a suo sostegno e per far comprendere immediatamente la perentorietà dei doveri e l'importanza del nuovo istituto, è stato fatto obbligo all'Avvocato, oltre che di rendere noti al cliente gli estremi della propria polizza, anche di comunicare i medesimi, ed ogni loro variazione, al Consiglio dell'Ordine di appartenenza (art. 12, comma 3, l. n. 247/2012).

Per rendere ancor più pregnanti i doveri assicurativi dell'Avvocato, l'art. 12 in parola, al suo comma 4, espressamente sancisce che la mancata osservanza delle disposizioni in esso previste costituisce illecito disciplinare, dunque non solo di quelle riguardanti l'obbligo della sottoscrizione del contratto di assicurazione, ma anche quelle inerenti il dovere del professionista di comunicarne gli estremi sia al cliente che al Consiglio dell'Ordine di appartenenza, con ogni successiva variazione contrattuale.

Inoltre, l'art. 21, l. n. 247/2012 subordina la permanenza dell'iscrizione all'Albo all'esercizio della professione in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente, salve le eccezioni previste, sancendo che le modalità di svolgimento dell'attività professionale siano disciplinate da apposito regolamento (comma 1), con la specificazione che la mancanza dell'effettività, continuatività, abitualità e prevalenza dell'esercizio professionale comporta, se non sussistono giustificati motivi, la cancellazione dall'Albo (comma 4). In tale ottica, il Decreto del Ministero di Giustizia 25 febbraio 2016, n. 47, adottato in attuazione dell'articolo da ultimo citato, ha espressamente indicato, tra le condizioni fondamentali per il perdurare dell'iscrizione all'Albo del professionista forense, l'aver in corso una polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall'esercizio della professione ai sensi dell'art. 12, comma 1, l. n. 247/2012 (art. 2, comma 2, lett. f), d.m. 25 febbraio 2016, n. 47).

Segue. L'oggetto dell'assicurazione, le condizioni ed i massimali minimi di polizza.

Con riguardo all'oggetto dell'assicurazione de qua, il comma 1 dell'art. 12, l. n. 247/2012, lo individua nella responsabilità civile derivante dall'esercizio della professione, compresa quella per la custodia di documenti, somme di denaro, titoli e valori ricevuti in deposito dai clienti.

In tale ottica, il d.m. 22 settembre 2016 introduce previsioni di dettaglio in proposito, prevedendo che l'assicurazione deve coprire la responsabilità civile dell'Avvocato per tutti i danni che dovesse colposamente causare a terzi nello svolgimento della professione (art. 1, comma 1), specificando, altresì, che la polizza all'uopo stipulata deve prevedere il ristoro di qualsiasi tipo di danno, sia esso patrimoniale, non patrimoniale, indiretto, permanente, temporaneo, futuro (art. 1, comma 2).

Sempre in riferimento all'oggetto dell'assicurazione che l'Avvocato deve obbligatoriamente stipulare, il comma 6, dell'art. 1, d.m. 22 settembre 2016 chiarisce che per attività professionale deve intendersi: quella di rappresentanza e difesa di fronte all'autorità giudiziaria e agli arbitri, gli atti preordinati, connessi o consequenziali a tale attività, l'attività di natura stragiudiziale, tra cui la consulenza e l'assistenza ai clienti, la redazione di pareri e/o contratti e l'opera svolta in seno ai procedimenti di mediazione o di negoziazione assistita.

Mancano, tuttavia, previsioni sull'obbligo di assicurare i rischi derivanti dallo svolgimento di quelle attività che l'Avvocato comunque è chiamato a svolgere (ad es., arbitro, curatore fallimentare ed ereditario, custode giudiziario, professionista delegato alla vendita nelle procedure esecutive immobiliari). Invero, a tal riguardo, il d.m. in oggetto ha previsto, in ogni caso, la facoltà delle parti di estendere la copertura assicurativa ad ogni altra attività al cui svolgimento l'Avvocato sia abilitato (art. 1, comma 7), con una previsione di natura elastica, tale da adattarsi ai diversi problemi che l'esercizio della professione forense può, via via, presentare in termini di responsabilità civile verso i clienti e verso i terzi.

Di particolare rilievo si pone, poi, la previsione dell'obbligatorietà della garanzia in relazione alla responsabilità civile derivante da fatti di collaboratori, praticanti, dipendenti e sostituti processuali e ciò anche in caso di attività dolosa da parte di costoro (art. 1, comma. 8, d.m. 22 settembre 2016). La norma costituisce diretta applicazione dei principi codicistici in materia di risarcimento danni da responsabilità contrattuale (art. 1228) ed extracontrattuale (art. 2049), per i quali il debitore risponde anche dei danni commessi da soggetti di cui si avvale nello svolgimento della propria attività e, in ipotesi siffatte, la previsione regolamentare in oggetto si preoccupa di garantire il patrimonio dell'Avvocato, anche in caso di sinistri cagionati da condotte non del professionista, ma di collaboratori e/o dipendenti del medesimo, in tal modo apprestando, altresì, una tutela più ampia possibile per i soggetti danneggiati da attività professionali comunque riferibili all'Avvocato, sia pur non direttamente poste in essere dal medesimo.

Sempre in un ottica di maggior garantismo, sia per l'assicurato che per i terzi danneggiati, il comma 3 dell'art. 1, d.m. 22 settembre 2016, sancisce che l'assicurazione deve coprire la responsabilità dell'Avvocato anche per colpa grave, in tal modo uniformandosi alle previsioni di cui all'art. 1900, c.c., che esclude l'indennizzo assicurativo per i sinistri cagionati da dolo o colpa grave, salvo deroga per l'ipotesi di colpa grave, nonché alla disposizione di cui all'art. 1917, comma 1, c.c., che, proprio in tema di assicurazione della responsabilità civile, esclude l'obbligazione indennitaria dell'assicuratore per il caso di danni derivanti da fatti dolosi.

Con riferimento ai soggetti tutelati dalla copertura assicurativa dell'Avvocato, il d.m. 22 settembre 2016 prevede che l'assicurazione deve coprire la responsabilità per i pregiudizi causati, oltre ai clienti, anche a terzi (art. 1, comma 4), in considerazione del fatto che il legale con la propria attività, sia processuale sia extragiudiziale, può porre a rischio l'incolumità patrimoniale di soggetti estranei al mandato, arrecando loro pregiudizi a carattere patrimoniale e non patrimoniale.

Particolarmente importante è la previsione secondo la quale, in caso di responsabilità solidale dell'Avvocato con colleghi o altri soggetti, l'assicurazione deve prevedere la garanzia patrimoniale in relazione all'intero debito, salvo il regresso nei confronti dei condebitori solidali (art. 1, comma 10, d.m. 22 settembre 2016), con ciò evitando le limitazioni al risarcimento danni date dalla quota di responsabilità dell'assicurato, con riflessi positivi sia per l'Avvocato assicurato, che in tal modo evita azioni dirette sul proprio patrimonio personale per la parte non coperta da assicurazione, sia per il danneggiato, che si trova difronte un unico interlocutore con cui trattare per il risarcimento ed evita il rischio di incapienza patrimoniale dei soggetti responsabili per la quota di danno non rientrante nella polizza.

Il d.m. 22 settembre 2016 individua una serie di massimali destinati ad operare in base alla fascia reddituale e, dunque, di rischio dell'avvocato, determinati proprio collegando le fasce di rischio alla capacità reddituale del professionista.

Circa il corrispettivo dell'assicuratore gravante sul professionista (il premio), viene data facoltà alle parti di inserire nel contratto di assicurazione apposite clausole di adeguamento del premio, nel caso di incremento del fatturato a contratto in corso (art. 3, comma 3, d.m. 22 settembre 2016). Da tale previsione si desume che la determinazione del premio, come quella dei massimali di polizza, viene, nella logica del d.m. in commento, strettamente collegata al dato reddituale dell'Avvocato, dunque all'elemento della variazione del rischio professionale, in base alla variazione del fatturato.

Ulteriore previsione normativa di favore, sia per l'assicurato, ma anche per i soggetti danneggiati - in un ottica di garantismo per i terzi che vengano a contatto con l'attività professionale forense che, come visto, pervade l'intero impianto normativo in tema di assicurazione obbligatoria dell'Avvocato – è quella contenuta nell'art. 3, comma 2 d.m. 22 settembre 2016, per la quale in presenza di franchigie e scoperti, l'assicuratore deve comunque ristorare il terzo per l'intero, ferma la facolta' di recuperare l'importo della franchigia o dello scoperto dall'assicurato. Tale ultima previsione funge da stimolo per il professionista a che tenga comportamenti volti a prevenire il prodursi di sinistri, soprattutto quelli di minore importanza, in modo da non gravare l'assicuratore di molti oneri e costi superflui.

Efficacia nel tempo della garanzia.

Il comma 1 dell'art. 2, d.m. del 22 settembre 2016, indica che l'assicurazione deve avere, anche a favore degli eredi, un'efficacia retroattiva illimitata ed un ultrattività almeno decennale per gli Avvocati che cessano l'attività nel periodo di vigenza della polizza.

La disposizione è ispirata all'esigenza di evitare vuoti di tutela anche in relazione a quei fatti che, pur accaduti prima della stipula della polizza, vengano denunciati in un tempo successivo, nonché per quegli ulteriori eventi lesivi che magari insorgono durante la vigenza contrattuale, ma che vengono denunciati dal terzo danneggiato in un periodo posteriore alla scadenza della polizza ed in cui il professionista assicurato non eserciti più.

Il comma in oggetto, con tutta evidenza, è stato formulato tenendo presente il meccanismo operativo delle cd. clausole claims made, di gran lunga le più adoperate nella prassi contrattualistica della responsabilità civile professionale, all'uopo prevedendo una serie di correttivi per evitare buchi nella copertura assicurativa, dovuti proprio all'operare di siffatte clausole.

Infatti, come riportato in precedenza, nel modello contrattuale del cd. claims made ciò che rileva, ai fini della copertura assicurativa, non è la condotta causativa del danno, bensì la relativa richiesta risarcitoria, che deve avvenire durante il rapporto assicurativo, sia pur riferita ad eventi lesivi sorti in epoca anteriore al contratto di assicurazione. Con l'ovvio corollario che la copertura assicurativa non può operare per quelle richieste risarcitorie avanzate dopo la scadenza della polizza, ancorché riguardanti condotte realizzate in costanza di rapporto assicurativo, in quanto relative a clausole che, ormai, hanno cessato di avere effetto tra le parti. Inoltre, nella ipotesi di cd. claims made mista, l'assicurazione copre anche gli eventi a ritroso nel tempo, ma solo entro un dato arco temporale dalla conclusione del contratto.

Orbene, l'art. 2, comma 1 in oggetto, al fine di evitare delle lacune nella tutela dell'assicurato, nonché nelle garanzie apprestate ai terzi eventualmente danneggiati, ha previsto, nel caso dell'assicurazione per la responsabilità civile professionale dell'Avvocato, innanzitutto, l'obbligo per l'assicurazione di prevedere una retroattività illimitata nel tempo, cosicché possano trovare ristoro tutti quei pregiudizi originati da comportamenti lesivi, sconosciuti al contraente, realizzati anche prima della sottoscrizione della polizza assicurativa, senza alcuna limitazione temporale al riguardo, con ciò sposando il sistema della cd. “claims made pura”.

Inoltre, il comma in esame, al fine di garantire una copertura pro-futuro anche per le richieste risarcitorie avanzate in data successiva alla vigenza della polizza, ha sancito l'ulteriore obbligo per l'assicurazione dell'Avvocato di prevedere una ultrattività almeno decennale per quei professionisti che cessino la propria attività durante la copertura contrattuale, evitando in tal modo che i terzi eventualmente danneggiati abbiano a subire un vuoto di tutela, anche in considerazione del venir meno per i legali dell'obbligo di rinnovare l'assicurazione, non esercitando più.

Sempre in tema di efficacia temporale della garanzia assicurativa, il comma 2 dell'art. 2, d.m. 22 settembre 2016, recita che l'assicurazione deve contenere clausole che escludano espressamente il diritto di recesso dell'assicuratore dal contratto a seguito della denuncia di un sinistro o del suo risarcimento, nel periodo di efficacia contrattuale o in quello di ultrattività. L'esclusione in oggetto assume particolare rilievo nel sistema delle clausole claims made, nelle quali può apparire problematico, in caso di successione di polizze, individuare quella operante per il caso concreto, soprattutto ove l'evento si avveri perdurante un contratto e la relativa richiesta di danni si origini perdurante una polizza successiva.

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