Ricorso ex art. 281 undecies c.p.c. per responsabilità del delegato alla venditaInquadramentoCon il ricorso ex art. 281 undecies c.p.c. il creditore procedente di un'esecuzione individuale intraprende un'azione risarcitoria nei confronti del delegato alla vendita (nella specie, un avvocato), chiamato a rispondere in particolare dei danni causati dal comportamento di un suo collaboratore il quale non aveva proceduto ad aprire un conto destinato specificamente alla procedura. FormulaTRIBUNALE DI .... RICORSO ex art. 281 undecies c.p.c. 1 PER Il Sig. ...., nato a ...., il ...., C.F. ...., residente in ...., via ...., rapp.pt. e difeso, per mandato a margine/in calce al presente atto, dall'Avv. ...., C.F. ...., con il quale elett.te domicilia in ...., via .... Si dichiara di voler ricevere tutte le comunicazioni relative al presente procedimento al fax ...., ovvero al seguente indirizzo PEC .... PREMESSO CHE — con provvedimento del ...., l'Avv. .... veniva nominato dal G.E. del Tribunale di .... Custode giudiziario in relazione al procedimento ad R.G.E. .... (doc. 1) avente ad oggetto l'esecuzione forzata sull'immobile sito in ...., via ...., individuato al catasto urbano di ...., foglio ...., particella ...., sub ...., di proprietà del Sig. ...., nato a ...., il ....(doc. 2); — in particolare, la detta procedura esecutiva veniva iniziata da parte dell'attore con atto di pignoramento immobiliare del .... (doc. 3) ed in virtù della sentenza numero ...., depositata il .... e resa dal Tribunale di .... (doc. 4), alla luce della quale risultava creditore nei confronti del Sig. .... della somma complessiva di Euro ....; — successivamente, con provvedimento del G.E. del ...., l'Avv. .... veniva delegato alla vendita del detto immobile; — nel corso dell'udienza del ...., nella quale il G.E. dichiarava esecutivo il piano di riparto delle somme ricavate dalla vendita forzata dell'immobile pignorato, l'Avv. ...., comunicava che gli importi depositati su alcuni libretti aperti presso la banca di ...., filiale di ...., erano stati sottratti alla sua disponibilità da un collaboratore che aveva provveduto ad autodenunciarsi (documento 5). L'Avv. ...., dunque, dichiarava di non essere in condizione di conferire gli importi dovuti al creditore, che andavano quantificati in complessivi Euro ....; — sussiste pertanto in relazione al caso di specie la esclusiva responsabilità del professionista delegato per tutti i danni patiti dall'attore 2. Invero, il professionista delegato delle operazioni di vendita è un ausiliario del giudice ed in tale veste svolge una funzione pubblica finalizzata all'esatta esecuzione della vendita forzata. Nello svolgimento di tale incarico il professionista delegato deve operare con la diligenza qualificata richiesta dalla funzione. Tuttavia, nel caso di specie ciò non è accaduto, in quanto il professionista delegato ha fatto confluire sugli stessi libretti, importi relativi a diverse procedure esecutive creando una iniziale promiscuità che ha reso più difficoltosa e meno trasparente la gestione delle procedure. Inoltre, il professionista ha impedito al suo collaboratore, soggetto estraneo alla procedura, di operare sui libretti. Egli viceversa avrebbe dovuto provvedere personalmente al versamento degli assegni e verificare periodicamente la situazione di ciascuno dei libretti. A tal riguardo, si fa rilevare che l'attività svolta dal professionista delegato per la vendita non richiede una particolare competenza tecnica in ragione della capacità del professionista, la diligenza richiesta deve essere la migliore possibile e il professionista risponde anche per colpa lieve. Né tale colpa è eliminata dal fatto che l'ammanco è stato determinato dal collaboratore, in quanto il notaio ha deciso liberamente di avvalersi del suo ausilio e avrebbe dovuto quantomeno sorvegliarne l'operato. Invero, direttamente responsabile verso i creditori della procedura il professionista che abbia omesso di vigilare sull'operato dei suoi collaboratori, consentendo a questi ultimi di operare su libretti di deposito nominativi a lui intestati per la gestione del denaro afferente alle procedure esecutive, rispondendo anche dei fatti dolosi o colposi di costoro; 3 — ne consegue il diritto dell'attore ad ottenere il risarcimento nella misura di Euro ...., pari all'importo dovuto dal professionista incaricato alla procedura esecutiva; — il ricorso alla procedura di cui all'art. 702-bis c.p.c. è conseguente alla mancanza di disponibilità del professionista delegato e della sua assicurazione a farsi carico delle conseguenze dell'accaduto, e ciò al fine di conseguire nel più breve tempo possibile un titolo esecutivo e, nel contempo, assumere le iniziative necessarie ad evitare gli effetti negativi della scelta del professionista di rendersi impossidente; — con racc. a/r del ...., il Sig. ...., stante la evidente ed esclusiva responsabilità dell'Avv. ...., inviava lettera di messa in mora al professionista al fine di ottenere il relativo risarcimento del danno, senza tuttavia avere alcun riscontro (documento). Tutto ciò premesso, il Sig. ...., come sopra rapp.to, difeso e dom.to, CHIEDE che l'Ill.mo Tribunale di ...., in composizione monocratica voglia, ai sensi dell'art. 702-bis, comma 3 c.p.c. fissare con decreto l'udienza di comparizione delle parti assegnando all'Avv. ...., nato a ...., il ...., C.F. ...., residente in ...., via ...., un termine per la sua costituzione, ED INVITA l'Avv. ...., nato a ...., il ...., C.F. ...., residente in ...., via ...., a costituirsi nel predetto termine ai sensi e nelle forme stabilite dal c.p.c. art. 281 undecies, comma 3, ed a comparire all'udienza che sarà fissata, dinanzi al giudice designato ai sensi del c.p.c. art. 281 undecies, comma 2, con l'avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui agli artt. 38 e art. 281 undecies, commi 3 e 4, c.p.c. per sentir accogliere le seguenti conclusioni: — accertare e dichiarare la responsabilità dell'Avv. ....per i fatti sopra descritti e per l'effetto: — condannare l'Avv. .... al risarcimento in favore del Sig. .... della somma di Euro ...., oltre interessi e rivalutazione; Condannare, altresì, il convenuto al pagamento dei diritti e degli onorari del presente giudizio oltre ad IVA e CPA come per legge. IN VIA ISTRUTTORIA (indicazione dei mezzi istruttori di cui si intende valere) (Esempio) Si allegano i documenti 1), 2), 3), 4) e 5) indicati nella narrativa del presente atto. Ai sensi del d.P.R. n. 115/2002 e successive modificazioni, si dichiara che il valore del presente procedimento è pari ad Euro .... e, pertanto, all'atto di iscrizione a ruolo della causa, viene versato un contributo unificato pari ad Euro .... Luogo e data .... Firma dell'Avv. .... PROCURA [1] [1] Il procedimento sommario di cognizione, introdotto con la legge di riforma n. 69/2009, trova applicazione nelle ipotesi in cui la questione sia tale da poter essere decisa in maniera sommaria, non presentando punti controversi complessi e che necessitano di un'istruzione probatoria tipica del processo ordinario di cognizione. Tuttavia, è bene precisare che la decisione sommaria attiene solo ed esclusivamente alla celerità che caratterizza tale procedimento, poiché il giudizio è in realtà un processo a cognizione piena in ragione del fatto che svolge in ogni caso la funzione di accertare definitivamente chi ha ragione e chi ha torto tra le parti, diversamente dagli altri procedimenti sommari. Dall'analisi del presente articolo si evince che la competenza appartiene esclusivamente al tribunale in composizione monocratica escludendosi qualsiasi competenza del collegio o del giudice di pace, che la forma della domanda con la quale si introduce il giudizio è quella del ricorso e che si tratta di un istituto alternativo al processo ordinario di cognizione. Nel ricorso, modellato sulla falsa riga dell'atto di citazione, è necessario che vengano indicati in maniera completa tutti gli elementi utili affinché il giudice possa avere già una chiara contezza della questione. [2] [2] Il Tribunale di Avellino, con la sentenza del 5 febbraio 2016, configura la responsabilità del custode e del delegato alla vendita come contrattuale e la estende anche ai casi di colpa lieve. Tale sentenza (confermata anche da due ordinanze della Cass. n. 11/2012 e Cass. n. 30786/2011) si fonda sull'inquadramento della figura del delegato quale sostituto processuale e non quale ausiliario del giudice. Tesi opposta ravvisa la sussistenza di una responsabilità di natura extracontrattuale (art. 2043 c.c.), sia nei confronti del debitore, sia nei confronti dei creditori nei casi in cui l'inosservanza dei 30 doveri inerenti la custodia (conservazione e buona amministrazione dei beni pignorati) provochi un danno ai beni staggiti che comporti la diminuzione della garanzia patrimoniale dei creditori, compromettendone la possibilità satisfattoria sul ricavato della vendita (Cass., n. 4635/1997). [3] [3] Trib. Avellino, 5 febbraio 2016. CommentoLa responsabilità risarcitoria del custode La custodia giudiziale, riguardando la gestione di beni, comporta inevitabilmente il sorgere di obbligazioni, di natura negoziale - cioè, contratte dal custode per l'esercizio delle sue attività - o derivanti dai beni gestiti (obbligazioni risarcitorie o tributarie). Il custode è, in particolare, civilmente responsabile per i danni arrecati all'aggiudicatario del bene pignorato o al debitore cui l'immobile sia stato restituito o, più in generale, alle parti del processo di esecuzione qualora, nell'espletamento dell'incarico, non abbia osservato gli obblighi e i divieti impostigli dalla legge o dal giudice o, comunque, la diligenza del buon padre di famiglia (parametro indicato espressamente dall'art. 67, comma 2, c.p.c.). Si tratta del medesimo canone di diligenza ordinariamente richiesto per l'adempimento delle obbligazioni (art. 1176, comma 1, c.c.), che ben si attaglia al caso in cui il custode sia quello ex lege (cioè, il debitore), ma non, invece, all'ipotesi in cui il custode sia un professionista, prescelto proprio in ragione della sua specifica competenza ed esperienza, dovendosi reputare, in tal caso, più calzante il richiamo alla diligenza di cui al secondo comma dell'art. 1176 c.c. L'ausiliario risponde dei pregiudizi arrecati, per dolo o colpa, ai terzi (in genere) nell'esecuzione dei compiti affidatigli. Secondo la giurisprudenza, nemmeno l'autorizzazione del giudice o l'esecuzione di specifiche direttive giudiziali costituisce valido motivo di esonero da responsabilità (v. sul punto Cass. sez. lav., n. 10252/2002, ove si precisa che «il custode di beni sottoposti a sequestro giudiziario - in quanto esponente e rappresentante, in particolare nei confronti dei terzi, di un patrimonio separato costituente centro di imputazione di rapporti giuridici attivi e passivi - risponde direttamente nei riguardi dei terzi stessi degli atti compiuti in siffatta veste, quand'anche in esecuzione di provvedimenti del giudice ai sensi dell'art. 676 c.p.c.»: nondimeno, il rigore di detta impostazione, secondo la dottrina, va mitigato in ragione della diretta vigilanza e dei poteri di ingerenza ascrivibili al G.E. rispetto al custode giudiziario (poteri, oggi, estesi dall'art. 560, comma 5, c.p.c. a tutti i compiti di amministrazione e gestione). Secondo alcuni autori, la responsabilità del custode sarebbe contrattuale nei confronti delle parti del processo ed extracontrattuale verso i terzi; altra opinione è nel senso di ritenere configurabile sempre una fattispecie di responsabilità aquiliana in ragione della circostanza che l'onere di provare che il custode abbia male adempiuto ai suoi doveri di conservazione e gestione spetta al terzo che abbia instaurato il giudizio risarcitorio. Diverse le ipotesi in cui può ravvisarsi una responsabilità del custode: si pensi ad es. ai compiti di cui all'art. 560 comma 5 c.p.c., in forza dei quali il custode è tenuto nei confronti dell'aggiudicatario, oltre che a consegnare il bene nello stato in cui si trovava al momento dell'aggiudicazione (rectius, dell'offerta irrevocabile di acquisto), a garantirgli la completa liberazione dell'immobile, conseguendone che la mancata o tardiva esecuzione di tale incarico potrebbe giustificare una pretesa risarcitoria da parte dell'acquirente. Il custode deve, altresì, adoperarsi affinché i potenziali offerenti esaminino il bene in vendita cosicché il venir meno a tale “dovere” potrebbe astrattamente costituire fonte di responsabilità (v. sul punto Trib. Catania 24 febbraio 2005; Trib. Palermo, 15 novembre 2000 secondo cui «il custode ha l'obbligo di compiere tutto ciò che è necessario alla conservazione delle cose tanto nella loro materialità quanto nel loro status giuridico-economico, e di provvedere, se i beni si trovano in luogo diverso da quello in cui egli si trova, ad accertarsi che le cose non siano sottratte soppresse, distratte, disperse o deteriorate. Il custode che non esegue l'incarico assunto può essere condannato dal giudice ad una pena pecuniaria, ed è tenuto al risarcimento dei danni cagionati alle parti, se non esercita la custodia da buon padre di famiglia»). La cosa sottoposta a custodia giudiziale può cagionare danni a terzi, estranei al procedimento di origine della custodia (si pensi all'ipotesi in cui l'immobile sottoposto a pignoramento o a sequestro giudiziario rovini, in tutto o in parte, arrecando danni alle proprietà finitime o a persone che si trovavano al suo interno o nelle vicinanze). Nel corso della procedura, il custode giudiziario è titolare di una posizione di custodia ai sensi dell'art. 2051 c.c. e, dunque, può essere chiamato a rispondere verso i terzi che risultino danneggiati dai beni gestiti: tuttavia, appare evidente che, al fine di riconoscere una responsabilità extracontrattuale del custode giudiziario, ai sensi dell'art. 2051 c.c., non potrà bastare la nomina formale dello stesso, dovendo sussistere la concreta possibilità di adempiere ai propri obblighi (anche sotto il profilo delle risorse disponibili per l'esercizio dei poteri di amministrazione e gestione del bene). È bene evidenziare che, fino alla esecuzione dell'ordine di liberazione, sussisterà un concorso tra i poteri del custode e del debitore, cosicché una parte dei doveri di custodia, in particolare quelli che attengono alla conservazione materiale dell'immobile, continuerà a far capo all'occupante, sul quale incombe il divieto di compiere atti che pregiudichino l'integrità del cespite staggito. Peraltro, dovendosi escludere, in assenza di una relazione materiale con il bene, l'esistenza di una responsabilità oggettiva, non sarà comunque identificabile una condotta esigibile da parte dell'ausiliario in relazione a comportamenti posti in essere dal debitore: invero, sino a quando l'esecutato rimane nella detenzione dell'immobile, non è concretamente realizzabile alcuna condotta del custode idonea a evitare tali danneggiamenti (in tal senso Cass. n. 16231/2005), potendosi eventualmente pretendere unicamente una pronta rilevazione degli stessi al fine di consentire di adottare gli opportuni rimedi. Quando, invece, l'immobile sia già stato liberato, il custode ha il dovere di porre in essere le precauzioni e i mezzi al fine di evitare danneggiamenti; potrebbe essere opportuna, in taluni casi, la sostituzione delle serrature o anche la predisposizione di dispositivi di allarme per immobili isolati. Tuttavia, qualora il custode abbia adottato mezzi adeguati (con valutazione effettuata ex ante in riferimento alle condizioni percepibili) ad evitare intrusioni e/o danneggiamenti, non sembra possa ravvisarsi alcuna responsabilità in capo all'ausiliario. Una eventuale carenza strutturale dell'edificio, tale da cagionare danno risarcibile ex art. 2051 c.c. (ad esempio, una situazione di intrinseca pericolosità dell'impianto elettrico), potrà essere imputata al custode giudiziario - eventualmente in concorso con il proprietario occupante, che non abbia perso la sua disponibilità sulla cosa (vedi formule su danno cagionato da cosa in custodia). Ed infatti la responsabilità per i danni cagionati dalle cose in custodia, di cui all'art. 2051 c.c., può risalire a più soggetti, ai quali la custodia stessa faccia capo a pari titolo, o anche per titoli diversi, che però importino tutti l'attuale esistenza o la permanenza di poteri di uso, di gestione, di ingerenza sulle cose di cui si tratta, quando il mancato o il cattivo esercizio di quei poteri, abbia determinato, o concorso a determinare, l'evento dannoso (v. così Cass., n. 11229/2008). È, in ogni caso, escluso che al custode giudiziario possa estendersi la speciale disciplina dettata per la responsabilità civile dei magistrati e degli «estranei che partecipano all'esercizio della funzione giudiziaria»; infatti, l'art. 1, comma 1, l. n. 117/1988, non riguarda tutti gli ausiliari ma soltanto coloro che, pur non appartenendo all'ordine giudiziario, svolgono nei casi previsti dalla legge funzioni proprie del magistrato giudicante o requirente. La responsabilità del delegato alla vendita La riforma del 2005 (il riferimento è al d.l. n. 35/2005, conv. con mod. nella l. n. 80/2005) ha consentito al giudice dell'esecuzione di avvalersi ai fini dell'espletamento delle operazioni di vendita di notai, avvocati o commercialisti (iscritti in un elenco formato dal Presidente del Tribunale, sulla scorta delle segnalazioni dei tre rispettivi ordini). Il professionista delegato deve adempiere all'incarico conferitogli con la diligenza propria della professione cui egli appartiene, deve rispettare la legge ed è chiamato a rispondere civilmente delle conseguenze dannose della propria condotta nei confronti dei creditori. L'art. 591-bis comma 2 c.p.c. definisce l'ambito oggettivo della delega. Nulla il codice dispone in merito alla qualificazione giuridica del delegato. Secondo parte della dottrina egli è un ausiliario del giudice, mentre, seconda altra opinione, è un suo sostituto: il rapporto del delegato con il giudice non ha carattere meramente accessorio, collaterale e occasionale; egli è designato dal giudice affinché svolga attività che, di norma, competono a quest'ultimo e, quindi, in sua sostituzione (conseguendone anche l'assunzione della qualifica di pubblico ufficiale ai sensi dell'art. 357 c.p.) Controverso è il regime della responsabilità civile, penale e contabile del professionista delegato per la vendita. Con particolare riferimento alla responsabilità civile si discute se essa si configuri in termini di responsabilità extracontrattuale ai sensi dell'art. 2043 c.c., oppure in termini di responsabilità contrattuale. A favore della natura contrattuale della responsabilità, infatti, si è sostenuto che il professionista delegato, pur essendo un pubblico ufficiale, resta un soggetto privato che svolge un'attività professionale ai sensi degli artt. 2229 e ss. c.c. Pertanto la delega potrebbe dar vita ad un rapporto analogo a quello che nasce dal contratto d'opera professionale. sul punto si segnala l'ordinanza del Tribunale di Avellino del 17 ottobre 2012 dove si afferma che «il notaio delegato delle operazioni di vendita è un ausiliario del giudice ed in tale veste svolge una funzione pubblica finalizzata all'esatta esecuzione della vendita forzata. Nello svolgimento di tale incarico il notaio delegato deve operare con la diligenza qualificata richiesta dalla funzione ai sensi dell'art.1176 c.c.»: la menzionata pronuncia si segnala per aver affrontato anche la problematica della responsabilità del delegato per il fatto del suo ausiliario (nella specie un collaboratore, soggetto estraneo alla procedura, che aveva operato sui libretti intestati al delegato). Risulta, in linea generale, configurabile una responsabilità del delegato per l'illegittimità degli atti di procedura da lui posti in essere. Nella giurisprudenza di legittimità, si segnala la recente Cass. III, n. 2511/2016 secondo la quale «la differenza tra il prezzo di aggiudicazione a conclusione di un'asta, successivamente dichiarata nulla per essere stato fissato il prezzo base con provvedimento illegittimo, e quello corrisposto in misura maggiore, all'esito di nuova vendita disposta con prezzo base corretto, non integra un danno ingiusto risarcibile, neppure nei confronti del notaio delegato ex art. 591-bis c.p.c., perché l'illegittimità del primo di tali prezzi esclude l'ingiustizia del maggior esborso dovuto dall'aggiudicatario, che non ha diritto a fruire delle conseguenze, a sé favorevoli, di un illegittimo erroneo provvedimento di fissazione del prezzo» (in applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso l'ingiustizia del danno lamentato da una parte che, ad una prima aggiudicazione, il cui prezzo base era stato erroneamente ribassato sul presupposto di un precedente esperimento, in realtà mai espletato, era poi risultata nuovamente aggiudicataria, ma per un prezzo più elevato, all'esito della successiva asta, esperita dopo l'intervenuta declaratoria di nullità della prima vendita). |