Atto di citazione di risarcimento danni per negligenza del commercialistainquadramentoCon l'atto di citazione il cliente di un commercialista chiede il risarcimento dei danni patrimoniali subìti in conseguenza della negligenza con la quale il professionista ha espletato l'incarico di tenuta della contabilità conferitogli. FormulaATTO DI CITAZIONE 3 Sig. ...., nata a ...., il ...., (C.F. 4 n. ....,) Sig. ...., nata a .... il .... (C.F. n. .... ), e sig. ...., nata a .... il .... (C.F. n. ....), residenti tutte in ...., alla via .... n. ...., ed elettivamente domiciliate in ...., alla via .... n. ...., presso lo studio dell'Avv. .... (C.F. .... - fax .... - PEC .... 5 ), che le rappresenta e difende, in forza di procura speciale in calce (oppure a margine) del presente atto; PREMESSO CHE — Dall'anno .... all'anno .... aveva dato incarico al Dott. .... di curare la sua contabilità, di redigere le periodiche dichiarazioni dei redditi e di svolgere tutte le attività prodromiche e consequenziali; — per l'anno .... la contabilità aziendale, rilevata dal nuovo professionista Dott. ...., era stata trovata in estremo disordine, atteso che ....; — nel corso dell'anno .... gli sono pervenute n. .... cartelle esattoriali che gli irrogavano le sanzioni pecuniarie, rispettivamente, di Euro ...., per le seguenti irregolarità: ....; — è da imputarsi al convenuto commercialista la responsabilità dell'emissione nei suoi confronti delle riportate cartelle esattoriali, in quanto ....; — in relazione alle indicate cartelle ha dovuto effettuare un esborso complessivamente ammontante ad Euro ....; — si è altresì dovuto rivolgere ad un nuovo commercialista per l'anno fiscale ...., sopportando un costo di Euro ....; — in data .... è stato esperito con esito negativo il procedimento di negoziazione assistita di cui all'art. 3 del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito in l. 10 novembre 2014, n. 162, come risulta dalla diffida inviata in data .... con raccomandata a.r. n. ...., in cui l'attore ha espressamente invitato la controparte a stipulare una convenzione di negoziazione con le seguenti modalità .... 6; — tale invito non è stato seguito da adesione (oppure) è stato seguito da rifiuto entro trenta giorni dalla sua ricezione (oppure) è decorso il periodo di tempo di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), del d.l. n. 132/2014, cit., come risulta da .... Tutto ciò premesso, i Sigg. ...., come sopra rappresentati e difesi, CITA il Sig. ...., residente in ...., alla via .... n. .... (C.F. ....), a comparire innanzi il Tribunale ordinario di ...., Sezione e Giudice Istruttore a designarsi ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., all'udienza del .... , ora di rito, con invito alla parte convenuta a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'articolo 166 e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'articolo 168-bis, AVVERTE la convenuta che:
per ivi sentire accogliere le seguenti: CONCLUSIONI Voglia il Giudice di Pace o l'Ill.mo Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza, deduzione o eccezione: condannare, previo accertamento del suo inadempimento, il convenuto al rimborso degli importi versati per estinguere le cartelle prodotte ed a titolo di compenso spettante al nuovo commercialista, e così per una somma complessiva di Euro ....oltre interessi e rivalutazione monetaria; con vittoria di spese e compensi professionali di avvocato, oltre IVA e CPA, come per legge. Si deduce prova per testi sui seguenti capitoli: 1) Vero che ....; 2) .... Si indicano quali testimoni i Sigg.ri .... Si depositano i seguenti documenti: 1) ....; 2) ....; 3) ....; 4) ....; 5) ....; 6) .... Si riserva di produrre altri documenti e di articolare ulteriori mezzi istruttori con le memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., la concessione dei cui termini sin da ora viene richiesta. Ai sensi dell'art. 14 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 («Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia»), si dichiara che il valore del presente procedimento è pari a Euro .... e, pertanto, il contributo unificato è dovuto nella misura di Euro .... Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA SPECIALE (se non apposta a margine) [1] La competenza per valore spetta al Giudice di Pace ove la somma richiesta sia inferiore ad euro venticinquemila e la relativa domanda si propone con ricorso chiedendo la fissazione, ai sensi dell'art. 2814 undecies comma 2 c.p.c., con decreto emesso entro cinque giorni dalla designazione del Giudice, l'udienza di comparizione delle parti, con concessione del termine per la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione di udienza e assegnazione del termine per la costituzione dei convenuti che dovrà avvenire non oltre dieci giorni prima dell'udienza, con avvertimento che la mancata costituzione o la costituzione oltre i termini comporterà le decadenze di cui agli artt. 38,167 e 281 undecies, comma 3 e 4 c.p.c., che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'articolo 86 o da leggi speciali, e che esso convenuto, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, che in caso di mancata costituzione si procederà in sua legittima e dichiaranda contumacia. Per quanto riguarda il foro, nel caso in cui chi si è rivolto al commercialista non sia un professionista, si applicherà l'art. 66-bis d.lgs. 21 febbraio 2014, n. 21, che ha modificato l'art. 63 del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, secondo cui «la competenza territoriale inderogabile è del giudice del luogo di residenza o di domicilio del consumatore, se ubicati nel territorio dello Stato». [2] [2] In tema di competenza per territorio, ai fini della determinazione dei fori facoltativi alternativamente previsti dall'art. 20 c.p.c. (forum contractus e forum destinatae solutionis), va intesa come “obbligazione dedotta in giudizio” l'obbligazione nascente dal controverso contratto, sia che di essa si chieda l'adempimento o l'accertamento, quale petitum della domanda giudiziale, sia che di essa venga prospettato l'inadempimento come causa petendi della domanda, mirante a conseguire, per effetto dell'inadempimento stesso, la risoluzione contrattuale ed il risarcimento dei danni. Parimenti, nell'ipotesi di sola richiesta di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, per la determinazione del foro competente deve farsi riferimento non già al luogo ove si è verificato l'inadempimento, ma a quello in cui si sarebbe dovuta eseguire la prestazione rimasta inadempiuta o non esattamente adempiuta, della quale il risarcimento è sostitutivo (vale a dire, quella originaria e primaria rimasta inadempiuta, non quella derivata e sostitutiva), e ciò anche quando il convenuto contesti in radice l'esistenza della obbligazione stessa. Pertanto, per giudice del luogo dove è sorta l'obbligazione non deve intendersi quello del luogo in cui, verificandosi il danno, è sorto il relativo diritto al risarcimento. Quanto al foro del consumatore (che determina una competenza territoriale esclusiva del giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo), va ricordato che, ai sensi dell'art. 3 lett. a) d.lgs. n. 206/2005 consumatore è la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Peraltro la stessa persona fisica che svolga attività imprenditoriale o professionale potrà essere considerata consumatore solo quando concluda un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all'esercizio di dette attività. Di converso deve essere considerato professionista tanto la persona fisica, quanto quella giuridica, pubblica o privata, che utilizzi il contratto non necessariamente nell'esercizio dell'attività propria dell'impresa o della professione, ma anche per uno scopo collegato all'esercizio dell'attività imprenditoriale o professionale; è, in altri termini, sufficiente che il contratto venga posto in essere per una finalità connessa all'esercizio dell'attività imprenditoriale o professionale. [3] [3] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., dalla l. 15 luglio 2011, n. 111). [4] [4] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv. con modif. dalla legge n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. 193/2009 conv. con modif. dalla legge n. 24/2010. [5] [5] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla legge n. 114/2014. L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla legge n. 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà». [6] [6] È obbligatorio il ricorso alla procedura di negoziazione assistita (che costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale) nelle ipotesi in cui la somma pretesa non superi l'importo di 50.000 Euro (art. 3 d.l. n. 132/2014, conv. con modif. in l. n. 162/2014) e dovrà essere prodotta la relativa documentazione. Va, in proposito, ricordato che la negoziazione è prescritta, quando si intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti 50.000 Euro, ad eccezione delle controversie assoggettate alla disciplina della c.d. mediazione obbligatoria (in altri termini, la procedura di negoziazione assistita non opera quando è prevista la mediazione obbligatoria). Ebbene, quest'ultima non è prescritta in subiecta materia, se si fa eccezione per il risarcimento del danno derivante da responsabilità medica. In ogni caso, la negoziazione non è condizione di procedibilità della domanda giudiziale (e, quindi, è sempre e solo volontaria) per le controversie concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori (art. 3 legge n. 162/2014). CommentoL'oggetto del contratto d'opera intellettuale Il rapporto professionale fra commercialista e cliente è sottoposto alla disciplina del contratto d'opera intellettuale (artt. 2229 ss. c.c.). L'oggetto del contratto professionale può riguardare anche prestazioni meccaniche (ad es. operazioni di calcolo), perché ciò non preclude una certa discrezionalità nell'esercizio dell'attività. Il contratto d'opera può essere arricchito da obbligazioni accessorie di mandato «sia in quanto connaturali al rapporto principale, sia in quanto comunque compatibili con le obbligazioni caratteristiche di tale tipo negoziale». Per quanto il contratto di mandato e quello d'opera professionale siano differenti (in quanto il primo si caratterizza per un'attività diretta al compimento di atti giuridici per conto e nell'interesse del mandante, mentre il secondo per un'attività di cooperazione diretta al compimento di un'opera a favore del committente attraverso la quale trova espressione una competenza specifica), ciò non esclude che nel contratto professionale possano inserirsi obbligazioni di mandato, come accade nell'incarico al commercialista di compiere un ricorso tributario. I compiti e le responsabilità del commercialista Il tema della responsabilità del commercialista è alquanto complesso e sfaccettato, poiché l'attività professionale in questione si caratterizza per la molteplicità e la complessità degli adempimenti e degli incarichi svolti. Basti una rapida lettura dell'art. 1 d.lgs. n. 139/2005 per avvedersi dell'ampiezza del campo di funzioni che può svolgere il professionista contabile (nelle due figure del dottore commercialista e dell'esperto contabile ovvero ragioniere), tenendo presente che il lungo elenco non è tassativo. La tipologia dell'attività del commercialista riguarda l'amministrazione o la liquidazione di aziende e/o patrimoni o singoli beni; le valutazioni, perizie e i pareri; le revisioni contabili; la tenuta di contabilità; la formazione di bilancio; la consulenza contrattuale ed economico-finanziaria; l'assistenza di procedure concorsuali; l'attività di sindaco e di revisore contabile di società; le operazioni societarie; l'assistenza, la rappresentanza e la consulenza tributaria. Se di regola il rapporto tra professionista e cliente è inquadrabile nel contratto d'opera intellettuale, bene possono accompagnarsi obbligazioni accessorie di mandato (si pensi alla rappresentanza processuale nei giudizi tributari, ovvero alla procura a compiere determinati atti giuridici o ad amministrare) oppure di deposito (ad esempio, il deposito fiduciario), con regole proprie di responsabilità (Cass. II, n. 19503/2012). Quando si parla di responsabilità del commercialista occorre operare delle distinzioni, almeno su due piani: da una parte, occorre individuare il tipo di responsabilità nel quale il professionista può incorrere; dall'altra, all'interno della specifica responsabilità civile, occorrerà individuare le regole di condotta, la cui violazione può dar luogo ad inadempimento e, quindi, a responsabilità. Innanzitutto, il professionista potrà incorrere in responsabilità penale (reati tributari, concorso nei reati di bancarotta fraudolenta, etc.), foriera pur sempre di profili risarcitori. Quanto alla responsabilità civile (contrattuale ed extracontrattuale) del professionista per inadempimento degli obblighi connessi all'attività esercitata, vi possono essere profili di responsabilità connessi all'assunzione di cariche sociali, piuttosto che di incarichi giudiziari, oppure connessi alla normativa antiriciclaggio o in materia di tutela dei dati personali, che hanno regole proprie. Vi può essere, poi, una responsabilità amministrativa, foriera di sanzioni pecuniarie o anche interdittive (cancellazione dall'albo, divieto di esercitare determinate attività, etc.). Infine, non si può prescindere dalla responsabilità deontologica, che ripropone il noto problema se la violazione delle relative regole sia invocabile dal cliente e se l'illecito disciplinare possa dar luogo anche a responsabilità civile nei confronti del cliente. Con riferimento alla responsabilità civile, in primo luogo, al fine della sussistenza della stessa in capo al professionista, è necessario un espresso mandato da parte del cliente ad effettuare la prestazione di cui si lamenta il mancato compimento (in quest'ottica, Cass. II, n. 10189/2014, ha escluso la responsabilità del commercialista che non aveva impugnato la sentenza della CTP in assenza di espresso conferimento dell'incarico ad impugnare). Non essendo prevista la forma scritta del contratto ad substantiam o ad probationem, la prova potrà essere fornita mediate testimoni, pagamenti di compensi, ricevute, corrispondenza, etc. Pertanto, la mera domiciliazione della contabilità non implica il conferimento dell'incarico (Cass. III, n. 9917/2010). In secondo luogo, il professionista è tenuto a dimostrare la propria diligenza ove prima sia almeno razionalmente ipotizzato e dimostrato un vincolo di causalità materiale almeno tra la sua attività genericamente intesa ed il danno asseritamente lamentato dal cliente. Conseguentemente, va rigettata la domanda volta a conseguire da parte del cliente nei confronti del proprio consulente il risarcimento del danno, laddove fondata unicamente sull'assunto che, ove assistita da un commercialista diligente, una società non potrebbe essere destinataria di pretese tributarie diverse rispetto a quelle evidenziate dallo stesso professionista nell'autoliquidazione delle imposte, ove manchi una prova in tal senso in ordine ai rapporti intercorsi tra le parti (Trib. Genova II, 20 gennaio 2012). La responsabilità del commercialista nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell'attività professionale presuppone, quindi, la prova del danno e del nesso causale fra la condotta del professionista e il pregiudizio del cliente e, in particolare, implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole del ricorso, che avrebbe dovuto essere proposto e diligentemente seguito (Cass. III, n. 9917/2010, in un caso di mancata presentazione di un ricorso fiscale avverso un avviso di accertamento tributario; in senso sostanzialmente conforme cfr. Cass. n. 10966/2004, Cass. n. 21894/2004, Cass. n. 10966/2004, Cass. n. 7997/2005). Il commercialista e l'avvocato sono tenuti ad espletare il proprio mandato in conformità al parametro di diligenza fissato dall'art. 1176 comma 2 c.c., che è quello del professionista di media attenzione e preparazione, qualificato dalla perizia e dall'impiego di strumenti tecnici adeguati al tipo di prestazione dovuta, salva l'applicazione dell'art. 2236 c.c. nel caso di prestazioni implicanti la risoluzione di problematiche tecniche di particolare difficoltà (Trib. Milano, 12 maggio 2023, n. 3868). Pertanto, la domanda formulata dal cliente diretta ad ottenere il risarcimento del danno subito in conseguenza del comportamento negligente del commercialista che, investito di mandato professionale, abbia fatto decorrere inutilmente il termine di impugnazione della sentenza emessa dalla Commissione Tributaria, deve essere rigettata, qualora la parte non abbia fornito prova che l'impugnazione tempestivamente proposta sarebbe stata giudicata fondata. Le obbligazioni inerenti all'esercizio professionale, infatti, si inquadrano nelle obbligazioni di mezzi e non di risultato (peraltro, nell'attività professionale di compilazione della dichiarazione dei redditi si va oltre la mera prestazione di mezzi, in quanto deve garantire la conformità della dichiarazione alla normativa vigente) ed il loro inadempimento non realizza di per sé il danno, il quale va comunque provato da parte attrice. Ne consegue come l'accoglimento della domanda di risarcimento del danno presuppone che, sulla base degli elementi di prova che il cliente ha l'onere di fornire, si possa pervenire al convincimento - quand'anche basato su di un giudizio probabilistico - che in assenza del comportamento omissivo imputabile al professionista, il risultato sarebbe stato conseguito (nella specie, che il gravame tempestivamente proposto, sarebbe stato giudicato fondato; cfr. Trib. Roma, XIII, 20 marzo 2007, n. 5628). Qualora il commercialista sia stato incaricato, se non della proposizione di un'impugnazione in Cassazione ma comunque di fornire una vera e propria consulenza, sia pure “di carattere tecnico” e “di prima informazione”, a seguito dell'esito infausto per il contribuente di un ricorso dinanzi alla commissione tributaria regionale, è obbligo di diligenza connesso all'incarico di consulenza così conferito quello di informare il cliente non solo delle motivazioni giuridiche o tecnico-contabili che stanno alla base della sentenza sfavorevole (indubbiamente competenza del dottore commercialista, in quanto soggetto abilitato al patrocinio dinanzi alle commissioni tributarie), ma anche dei rimedi astrattamente esperibili, pur se non praticabili dallo stesso professionista. Cass. III, n. 11213/2017, si è specificamente occupata della cura della contabilità fiscale, attività rientrante tra le competenze professionali proprie del commercialista (sebbene nella fattispecie svolta da una società di servizi). La S.C. ha ritenuto insindacabile, se correttamente motivato, il giudizio sulla sussistenza del nesso causale tra la condotta del professionista – il quale aveva omesso di partecipare ad un incontro innanzi all'Agenzia delle entrate nonostante la trasmissione, da parte dell'assistito, di un invito a comparire e, poi, aveva suggerito di proporre un'inammissibile domanda di condono fiscale – e il pregiudizio subito dal cliente (nel caso consistente nelle maggiori somme versate in conseguenza di un accertamento fiscale). Gli obblighi a carico del commercialista In termini generali, il professionista deve sempre osservare la diligenza e la correttezza richieste dalla normativa e dalla deontologia della professione. Orbene, il dottore commercialista incaricato di una consulenza ha l'obbligo - a norma dell'art. 1176, comma 2, c.c. - non solo di fornire tutte le informazioni che siano di utilità per il cliente e rientrino nell'ambito della sua competenza, ma anche, tenuto conto della portata dell'incarico conferito, di individuare le questioni che esulino dalla stessa, informando il cliente dei limiti della propria competenza e fornendogli gli elementi necessari per assumere le proprie autonome determinazioni, eventualmente rivolgendosi ad altro professionista indicato come competente (in applicazione dell'anzidetto principio, Cass. III, n. 13007/2016, ha ritenuto la responsabilità di un commercialista, incaricato di fornire una consulenza tecnico-giuridica a seguito dell'esito infausto di un ricorso dinanzi alla commissione tributaria regionale, per non aver informato il cliente della possibilità di ricorrere per cassazione avverso la sentenza sfavorevole e della necessità di rivolgersi ad un avvocato al fine di proporre tempestivamente l'impugnazione). Il dottore commercialista non può essere ritenuto responsabile della violazione degli obblighi di deontologia professionale nell'ipotesi in cui, incaricato della redazione dello schema di bilancio sulla base dei documenti contabili forniti dall'organo amministrativo, non abbia chiesto a tale organo ulteriori informazioni e non si sia astenuto dall'incarico, allorché egli non fosse in grado di rilevare anomalie od incongruenze particolari nei dati contabili ricevuti (Cass. II, n. 15029/2013). Viceversa, con riguardo all'opera di redazione della dichiarazione dei redditi, costituisce preciso obbligo di diligenza professionale non appostare costi senza avere riscontrato la presenza della relativa documentazione (in particolare, oneri sprovvisti di documentazione giustificativa) o non inerenti all'anno della dichiarazione stessa, e non rileva − al fine di escludere la responsabilità del commercialista − l'eventuale accordo o richiesta in tal senso del cliente (Cass. III, n. 9916/2010). La valutazione relativa all'esistenza e all'entità della colpa del professionista è rimessa al giudice di merito e sindacabile in cassazione solo sotto il profilo dell'esistenza di una motivazione completa ed adeguata (ad esempio, Cass. III, n. 10966/2004, ha ritenuto esente da vizi di motivazione la sentenza di merito che aveva affermato la responsabilità professionale del commercialista che, non avendo compiuto un esame accurato degli atti rimessigli dal cliente, aveva fatto decorrere i tempi per proporre l'opposizione dinanzi al competente giudice tributario, tenuto in considerazione anche il fatto della prevedibilità di un imminente condono). Peraltro, la negligenza del professionista che abbia causato al cliente la perdita della chance di intraprendere o di proseguire una lite in sede giudiziaria determina un danno per il quale non può, di regola, porsi alcun problema di accertamento sotto il profilo dell'an - una volta accertato l'inadempimento contrattuale sotto il profilo della ragionevole probabilità che la situazione lamentata avrebbe avuto, per il cliente, una diversa e più favorevole evoluzione con l'uso dell'ordinaria diligenza professionale -, ma solo, eventualmente, sotto quello del quantum, dovendo tale danno liquidarsi in ragione di un criterio prognostico basato sulle concrete e ragionevoli possibilità di risultati utili, ed assumendo, come parametro di valutazione, il vantaggio economico complessivamente realizzabile dal danneggiato diminuito di un coefficiente di riduzione proporzionato al grado di possibilità di conseguirlo (deducibile, quest'ultimo, caso per caso, dagli elementi costitutivi della situazione giuridica dedotta), ovvero ricorrendo a criteri equitativi ex art. 1226 c.c. (Cass. II, n. 15759/2001; Trib. Salerno II, 21 gennaio 2016, n. 345). In particolare, l'affermazione della responsabilità professionale per condotta omissiva e la determinazione del danno in concreto subito dal cliente presuppongono l'accertamento del sicuro fondamento dell'attività che il professionista avrebbe dovuto compiere e, dunque, la ragionevole certezza che gli effetti di quella sua diversa attività ove svolta sarebbero stati più vantaggiosi per il cliente (Cass. III, n. 5264/1996). Applicando il principio che precede, la Suprema Corte ha, in un caso in cui un dottore commercialista aveva lasciato inutilmente decorrere il termine per l'opposizione avverso un'ordinanza che irrogava una sanzione pecuniaria, per mancata emissione di bolle di accompagnamento, nei confronti del suo cliente, affermato che costituisce un giudizio ragionevolmente prognostico il prevedere che il cliente avrebbe potuto godere della continuazione, ma non che il professionista avrebbe potuto presagire, ben otto anni prima, l'avvento di una legislazione premiale in quello specifico settore tributario; ed ha ritenuto, quindi, corretta la liquidazione del danno in relazione alla differenza tra la somma ingiunta e quella che sarebbe stata pagata in applicazione della continuazione fiscale, ma non in relazione alla differenza tra la somma ingiunta e quella che sarebbe stata pagata in virtù del condono. Ovviamente, se il cliente avesse potuto accedere ancora a strumenti agevolativi di riduzione delle sanzioni fiscali, il giudice avrebbe dovuto individuare la somma da risarcire al cliente non nell'intero importo delle sanzioni fiscali, ma nel minor importo derivante dagli strumenti agevolativi. |