Atto di citazione di risoluzione per grave inadempimento di contratto d'appalto e di risarcimento danni

Andrea Penta
aggiornata da Francesco Agnino

Inquadramento

Con l'atto di citazione il committente chiede la declaratoria di risoluzione del contratto d'appalto per grave inadempimento dell'appaltatore, a causa della presenza di vizi non eliminabili nell'opera commissionata, ed il risarcimento del danno subìto.

Formula

TRIBUNALE DI .... 1

ATTO DI CITAZIONE 2

...., C.F. .... 3, residente in ...., alla via .... n. ...., elettivamente domiciliato in ...., alla via .... n. .... presso lo studio dell'Avv. ...., C.F. ...., PEC....it, fax n. .... 4, che lo rappresenta e difende, come da procura stesa a margine / in calce al presente atto

ESPONE

PREMESSO IN FATTO

- con contratto stipulato il .... (doc. n. 1), ha affidato a ...., per il corrispettivo di euro ...., il compimento di lavori di ristrutturazione dell'appartamento di sua proprietà posizionato all'ultimo piano dell'edificio sito in ...., consistenti nel ....;

- i lavori commissionati dovevano, in base al contratto, essere portati a termine entro il .... (cfr. art. ...) e le parti avevano concordato una penale di Euro .... per ogni giorno di ritardo (cfr. art. ...);

- l'impresa appaltatrice ha consegnato l'opera il giorno e, quindi, con un ritardo di .... giorni;

- inoltre, dopo due mesi dalla consegna, ha rilevato, nella stanza adibita a camera da letto, la presenza di infiltrazioni d'acqua in corrispondenza del solaio di cui era stato disposto il rifacimento;

- l'evento descritto ha reso in pochi giorni l'ambiente insalubre, costringendolo, unitamente al coniuge, a trasferirsi presso l'abitazione dei suoceri e provocando, per l'effetto, numerosi disagi;

- al fine di individuare la causa dei riscontrati vizi, ha dato mandato ad un perito di elaborare una relazione tecnica, che gli è stata inoltrata in data ....;

- il consulente di parte, come da elaborato che si produce (doc. n. 2), ha individuato la causa delle infiltrazioni nella esecuzione non a regola d'arte dei lavori e, in particolare, nel ...., quantificando nella misura complessiva (comprensiva di spese per materiali e di manodopera) di euro .... il costo necessario per la eliminazione dei vizi;

- il giorno .... ha spedito, tramite il suo difensore, al convenuto lettera raccomandata a.r., con la quale lo ha invitato ad effettuare un sopralluogo congiunto finalizzato a prendere atto dei difetti e ad assumere l'impegno di eliminare, a sue cura e spese, in un congruo tempo le cause degli stessi, nonché a risarcire tutti i danni derivatine (doc. n. 3);

- la missiva è rimasta priva di riscontro;

- per rendere possibile il rientro nella casa, ha conferito incarico alla ditta .... di procedere alla rimozione della causa delle infiltrazioni ed al rifacimento del solaio interessato 5;

- i lavori sono durati complessivamente .... giorni e, al loro termine, la ditta ha emesso fattura n. .... (doc. n. 4) per il corrispettivo dovuto di euro ...., a fronte della quale ha provveduto a rilasciare in pagamento l'assegno bancario n. .... (doc. n. 5);

PREMESSO IN DIRITTO

Come è noto, in tema di appalto, l'art. 1668 c.c., nell'enunciare il contenuto della garanzia prevista dall'art. 1667 c.c., attribuisce al committente, oltre all'azione per l'eliminazione dei vizi dell'opera a spese dell'appaltatore o di riduzione del prezzo, anche quella di risoluzione del contratto, salvo il risarcimento del danno in caso di colpa dell'appaltatore 6.

Il danno subito ammonta a Euro.... di cui Euro.... per danno emergente e Euro.... per lucro cessante, in quanto ....

In data .... è stato esperito con esito negativo il procedimento di negoziazione assistita di cui all'art. 3 del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito in l. 10 novembre 2014, n. 162, come risulta dalla diffida inviata in data .... con raccomandata a/r n. ...., in cui l'attore ha espressamente invitato la controparte a stipulare una convenzione di negoziazione con le seguenti modalità ... 7;

tale invito non è stato seguito da adesione (oppure) è stato seguito da rifiuto entro trenta giorni dalla sua ricezione (oppure) è decorso il periodo di tempo di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a) del d.l. n. 132/2014 citato, come risulta da ....

Tanto premesso, ...., ut supra,

CITA

.... residente (o “con sede”) in ...., alla via ...., n. ...., a comparire innanzi 8:

- al Giudice di pace di ...., all'udienza del ...., ore di rito, con l'invito a comparire innanzi il Tribunale ordinario di ...., Sezione e Giudice Istruttore a designarsi ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., all'udienza del ....  , ora di rito, con invito alla parte convenuta a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'articolo 166 e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'articolo 168-bis,

AVVERTE

il convenuto che:

  • la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli articoli 38 e 167 c.p.c.,
  • la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'articolo 86 c.p.c. o da leggi speciali,
  • la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato;

per ivi sentire accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia il Giudice di pace o l'Ill.mo Tribunale di ...., contrariis reiectis

1. pronunciare la risoluzione del contratto d'appalto per grave inadempimento del convenuto e, per l'effetto;

3. condannare lo stesso alla restituzione del corrispettivo versatogli, nella misura di euro ... 9, al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subiti per l'eliminazione dei difetti riscontrati nelle opere e per l'impossibilità di utilizzare l'appartamento ed alla erogazione della penale pattuita per il ritardo 10, il tutto oltre interessi e rivalutazione;

4. con vittoria di spese e compensi professionali del presente giudizio.

In via istruttoria, chiede ammettersi prova testimoniale sui capitoli di seguito indicati, preceduti dalla locuzione “E'vero che”:

a) “l'impresa appaltatrice dei lavori ha ultimato le opere commissionate in data ...., consegnando le chiavi dell'appartamento alla presenza di ....;

b) “verso la fine del mese di ...., all'interno della camera da letto, ha constatato una forte erosione dell'intonaco negli angoli del soffitto e, in un arco temporale di pochi giorni, la caduta dell'intonaco nelle parti centrale ed alta delle pareti”;

c) “si percepiva un fastidioso odore di muffa, tale da rendere impossibile il permanere nella stanza per una durata superiore ad alcuni minuti”;

d) ....

Indica a testi i Sigg. ....

Chiede, altresì, disporsi consulenza tecnica d'ufficio finalizzata a descrivere i lavori eseguiti dall'impresa .... ed i vizi presenti nell'appartamento, ad individuare le cause di questi ultimi ed a verificare la congruità dei costi sostenuti per la loro eliminazione.

Si allegano i documenti 1), 2), 3), 4) e 5) indicati nella narrativa del presente atto, riservandosi di produrne altri con le memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., la concessione dei cui termini sin da ora viene richiesta.

Al fine del versamento del contributo unificato dichiara che il valore della controversia è di Eeuro ....

Luogo e data

Ai sensi dell'art. 14 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 («Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia»), si dichiara che il valore del presente procedimento è pari a Euro .....

Firma Avv. ....

PROCURA ALLE LITI

SE NON A MARGINE

[1] La competenza per valore spetta al Giudice di Pace ove la somma richiesta sia inferiore ad euro venticinquemila e la relativa domanda si propone con ricorso chiedendo la fissazione, ai sensi dell'art. 281undecies comma 2 c.p.c., con decreto emesso entro cinque giorni dalla designazione del Giudice, l'udienza di comparizione delle parti, con concessione del termine per la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione di udienza e assegnazione del termine per la costituzione dei convenuti che dovrà avvenire non oltre dieci giorni prima dell'udienza, con avvertimento che la mancata costituzione o la costituzione oltre i termini comporterà le decadenze di cui agli artt. 38,167 e 281 undecies, comma 3 e 4 c.p.c., che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'articolo 86 o da leggi speciali, e che esso convenuto, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, che in caso di mancata costituzione si procederà in sua legittima e dichiaranda contumacia. In tema di competenza per territorio, ai fini della determinazione dei fori facoltativi alternativamente previsti dall'art. 20 c.p.c. (forum contractus e forum destinatae solutionis), va intesa come 'obbligazione dedotta in giudizio' l'obbligazione nascente dal controverso contratto, sia che di essa si chieda l'adempimento o l'accertamento, quale petitum della domanda giudiziale, sia che di essa venga prospettato l'inadempimento come causa petendi della domanda, mirante a conseguire, per effetto dell'inadempimento stesso, la risoluzione contrattuale ed il risarcimento dei danni. Pertanto, proposta una domanda di risoluzione contrattuale e di risarcimento di danni per vizi della prestazione, il foro facoltativo si determina con riferimento al luogo in cui avrebbe dovuto eseguirsi l'obbligazione originaria di cui il risarcimento è sostitutivo. Parimenti, nell'ipotesi di sola richiesta di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, per la determinazione del foro competente deve farsi riferimento non già al luogo ove si è verificato l'inadempimento, ma a quello in cui si sarebbe dovuta eseguire la prestazione rimasta inadempiuta o non esattamente adempiuta, della quale il risarcimento è sostitutivo (vale a dire, quella originaria e primaria rimasta inadempiuta, non quella derivata e sostitutiva), e ciò anche quando il convenuto contesti in radice l'esistenza della obbligazione stessa. Pertanto, per giudice del luogo dove è sorta l'obbligazione non deve intendersi quello del luogo in cui, verificandosi il danno, è sorto il relativo diritto al risarcimento.

[2] [2] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., dalla l. 15 luglio 2011, n. 111).

[3] [3] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv. con modif. dalla legge n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. dalla legge n. 24/2010.

[4] [4] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla legge n. 114/2014.

L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla legge n. 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

[5] [5] La domanda con la quale si chiede la condanna dell'appaltatore alla eliminazione dei vizi della cosa non costituisce azione contrattuale di esatto adempimento, bensì per responsabilità extracontrattuale, con la conseguenza che il divieto di mutare in corso di causa la domanda di risoluzione del contratto di appalto, in quella di condanna alla eliminazione dei vizi dell'opera, non deriva dalla preclusione di cui all'art. 1453, comma 2 c.c., bensì dai principi generali in materia di domanda giudiziale (Cass. II, n. 1457/1995).

[6] [6] Qualora l'inadempimento dell'appaltatore si concreti in vizi o difformità dell'opera, i rimedi accordati al committente sono quelli previsti dalla norma speciale dell'art. 1668 c.c., prevalente sulle regole generali dell'art. 1453 c.c., e la responsabilità dell'appaltatore va quantificata nella spesa necessaria per l'eliminazione degli stessi, anche ove questa comporti l'integrale rifacimento dell'opera, mentre il diritto dell'appaltatore alla percezione di un qualsivoglia compenso per la detta opera può essere riconosciuto solo se e nella misura in cui una parte della stessa rimanga in qualche modo utilizzabile ed utilizzata, di guisa che il committente possa trarne effettivo ed apprezzabile giovamento. Pertanto, tale diritto al compenso non è compatibile con un inadempimento dell'appaltatore totale ed assoluto che, rendendo l'opera del tutto inadatta alla sua destinazione, comporta un difetto funzionale della causa del contratto e legittima il committente a chiederne la risoluzione (Cass. II, n. 7061/2002).

[7] [7] Qualora la domanda di risarcimento venga proposta, come pure è possibile, separatamente rispetto a quella di risoluzione, dovrà essere dato corso alla procedura di negoziazione assistita (che costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale), nelle ipotesi in cui la somma pretesa non superi l'importo di 50.000 Euro (art. 3 d.l. 132/2014, conv. con modif. in l. n. 162/2014) e dovrà essere prodotta la relativa documentazione. Parimenti, qualora congiuntamente alla domanda risolutoria fosse proposta domanda di risarcimento del danno, sarà necessario produrre documentazione attestante il tentativo di dare soluzione alla vertenza mediante la procedura di negoziazione assistita. Va, in proposito, ricordato che la negoziazione è prescritta, quando si intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti 50.000 Euro, ad eccezione delle controversie assoggettate alla disciplina della c.d. mediazione obbligatoria (in altri termini, la procedura di negoziazione assistita non opera quando è prevista la mediazione obbligatoria). Ebbene, quest'ultima non è prescritta in subiecta materia. In ogni caso, la negoziazione non è condizione di procedibilità della domanda giudiziale (e, quindi, è sempre e solo volontaria) per le controversie concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori (art. 3 legge n. 162/2014).

[8] [8] Allorquando il giudice è chiamato ad accertare la risoluzione del contratto, non in via incidentale e strumentale rispetto all'invocato risarcimento del danno, ma perché gli è richiesta sul punto un'autonoma pronuncia con efficacia di giudicato, la risoluzione integra l'oggetto di una domanda distinta da quella risarcitoria e le due pretese debbono essere cumulate, a norma dell'art. 10 c.p.c., ai fini della competenza per valore (Cass. III, n. 967/2007). Da ciò consegue il superamento dei limiti della competenza del giudice di pace, qualunque sia il valore della domanda di risoluzione, ove l'istanza risarcitoria sia avanzata per somma imprecisata e, quindi, debba ritenersi di valore pari al massimo della competenza del giudice adito, a norma dell'art. 14, comma 1, del codice di rito. Al riguardo, è opportuno evidenziare che, se la domanda di risoluzione e quella di restituzione non si sommano ai fini della competenza per valore, si somma quella di risarcimento del danno (Cass. III, n. 4063/2007). Ai fini della competenza, il valore di una causa che abbia per oggetto la risoluzione di un contratto è il valore del contratto stesso nella sua interezza. Qualora vengano proposte al giudice di pace due domande cumulabili ai fini della competenza per valore, una di risoluzione del contratto per inadempimento e una di risarcimento del danno, e la prima già raggiunga da sola il massimo della competenza del giudice adìto, l'espressione adoperata nell'atto di citazione "il tutto nei limiti di competenza del giudice adito", non può essere interpretata nel senso del contenimento del valore complessivo nell'ambito di detta competenza, dovendo altrimenti supporsi illogicamente che l'attore, dopo aver formulato la pretesa risarcitoria, abbia rinunciato in concreto al suo accoglimento, sia pure in misura minima.

[9] [9] Nei limiti in cui le opere realizzate non si rivelano eseguite a regola d'arte.

[10] [10] L'art. 1383 c.c. prevede espressamente che la somma pattuita a titolo di penale non è dovuta nel caso di mero ritardo nell'inadempimento, a meno che non sia stata espressamente convenuta per tale specifica ipotesi. La clausola penale, infatti, mira a determinare preventivamente il risarcimento del danno solo in relazione alla ipotesi pattuita, che può consistere nel ritardo o nell'inadempimento. Essa, di conseguenza, non può operare in un'ipotesi diversa (Cass. II, n. 3447/2010). Al contempo, ove sia stata stipulata per il semplice ritardo e si sia verificato l'inadempimento, essa non è operante nei confronti di questo secondo evento (Cass. II, n. 23706/2009). Ciò non esclude che non esclude che le parti possano, nell'ambito della loro autonomia contrattuale, convenire, secondo la previsione dell'art. 1382 c.c., una penale sia per l'ipotesi di inadempimento sia per l'ipotesi di ritardo nell'adempimento, e quindi contemplare per lo stesso rapporto due diverse penali, anche cumulativamente tra loro per tali due ipotesi (Cass. II, n. 8813/2003). L'art. 1383 c.c., nel vietare il cumulo della penale pattuita per l'inadempimento con la prestazione principale, non esclude che la penale per il ritardo possa cumularsi, nel caso di risoluzione del contratto con il risarcimento del danno da inadempimento; in tale ipotesi peraltro, per evitare un ingiusto sacrificio dell'obbligato ed il correlativo indebito arricchimento del creditore, dovrà tenersi conto, nella liquidazione della prestazione risarcitoria, dell'entità del danno per il ritardo, che sia stato già autonomamente considerato nella determinazione della penale (Cass. II, n. 591/2005).

Commento

Nel contratto d'appalto la presenza di difetti nell'opera commessa non implica necessariamente la risoluzione del contratto ex art. 1668, comma 2, c.c., a tal fine essendo, invece, necessario che si configuri un grave inadempimento dell'appaltatore, la cui ricorrenza può essere dal giudice ritenuta solo nel caso in cui, tenuto conto delle complessive opere appaltate, i vizi riscontrati siano tali da impedire o rendere assai difficoltosa al committente la fruibilità di queste. In particolare, ai fini della risoluzione del contratto di appalto per i vizi dell'opera, si richiede un inadempimento più grave di quello richiesto per la risoluzione della compravendita per i vizi della cosa, atteso che, mentre per l'art. 1668, comma 2, c.c. la risoluzione può essere dichiarata soltanto se i vizi dell'opera siano tali da renderla del tutto inidonea alla sua destinazione, l'art. 1490 c.c. stabilisce che la risoluzione va pronunciata per i vizi che diminuiscano in modo apprezzabile il valore della cosa, in aderenza alla norma generale di cui all'art. 1455 c.c., secondo cui l'inadempimento non deve essere di scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse del creditore. Pertanto la possibilità di chiedere la risoluzione del contratto di appalto è ammessa nella sola ipotesi in cui l'opera, considerata nella sua unicità e complessità, sia assolutamente inadatta alla destinazione sua propria, in quanto affetta da vizi che incidono in misura notevole sulla struttura e funzionalità della medesima sì da impedire che essa fornisca la sua normale utilità, mentre se i vizi e le difformità sono facilmente e sicuramente eliminabili, il committente può solo richiedere, a sua scelta, uno dei provvedimenti previsti dal comma 1 dell'art. 1668 c.c., salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell'appaltatore.

A tal fine, la valutazione delle difformità o dei vizi deve avvenire in base a criteri obiettivi, ossia considerando la destinazione che l'opera riceverebbe dalla generalità delle persone, mentre deve essere compiuta con criteri subiettivi quando la possibilità di un particolare impiego o di un determinato rendimento siano dedotti in contratto. Mentre incombe al committente l'onere probatorio in ordine alla sussistenza dei vizi dedotti a fondamento della domanda di risoluzione del contratto di appalto, compete all'appaltatore addurre l'esistenza di eventuali cause che impediscano al committente di far valere il suo diritto.

Nell'ipotesi in cui i vizi dell'opera appaltata siano tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, e non siano perciò esperibili né l'azione per l'eliminazione dei vizi stessi né quella per la diminuzione del prezzo, il committente può esperire la sola azione di risarcimento del danno, qualora non ritenga di chiedere la risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1668, comma 2, c.c. (Cass. II, n. 6463/1980).

L'art. 1668 c.c., ove regola la garanzia dell'appaltatore per i difetti dell'opera, con l'obbligo di eliminare i difetti stessi a proprie spese, ma con esclusione del risarcimento del danno, nemmeno a titolo di rimborso di spese di rifacimenti che il committente abbia provveduto a far eseguire direttamente, riguarda il solo caso in cui la garanzia per tali difetti venga invocata in mancanza od a prescindere dalla colpa dell'appaltatore medesimo. Tale norma, peraltro, non deroga alla normale disciplina in tema di responsabilità per inadempimento colpevole, con la conseguenza che al committente, il quale deduca la colpa dell'appaltatore (da presumersi fino a prova contraria) per vizi o difformità dell'opera, ovvero anche per l'inosservanza del suddetto debito di garanzia, consistente nella mancata esecuzione delle riparazioni richieste nel congruo termine all'uopo assegnato, devono riconoscersi le ordinarie azioni di risarcimento del danno e di risoluzione del contratto, oltre che di esecuzione in forma specifica (eliminazione dei vizi o di riduzione del prezzo, soltanto nell'ottica del mantenimento del contratto), secondo le regole generali dell'inadempimento contrattuale (Cass. II, n. 4367/1982). Tuttavia, nel caso in cui il committente abbia domandato il risarcimento del danno in correlazione con la domanda di risoluzione e i difetti non siano risultati tali da giustificare lo scioglimento del contratto, la domanda di risarcimento non può essere accolta per difetto della causa petendi (Cass. II, n. 9295/2006).

In quest'ottica, l'azione del committente per il risarcimento dei danni derivanti dalle difformità e/o dai vizi dell'opera appaltata si aggiunge (nel senso che si cumula), nel caso di colpa dell'appaltatore, a quella diretta all'eliminazione, a spese dell'appaltatore, delle difformità e dei vizi o alla riduzione del prezzo, specificamente prevista dall'art. 1668 c.c. (Cass. II, n. 2829/2013).

Fermo restando che il committente può anche limitarsi a chiedere giudizialmente il rimborso delle (recte, il risarcimento del danno costituito dalle) spese sostenute (o da sostenere) per eliminare i vizi (Cass. II, n. 1416/1987), qualora, invece, domandi, al contempo, la condanna alla eliminazione dei difetti ed il ristoro dei danni, ha diritto, ove concorra la colpa grave dell'appaltatore, al risarcimento dei danni che non possono essere eliminati con l'altro rimedio (Cass. II, n. 9078/1994).

La funzione risarcitoria dell'obbligazione connessa al danno costituito dalle spese necessarie per eliminare i vizi dell'opera conferisce alla stessa specifica natura di debito di valore, con conseguente necessità per il giudice del merito, nel procedere alla concreta determinazione del contenuto economico dell'obbligazione medesima, di tener conto, anche d'ufficio, dell'intervenuta svalutazione monetaria, onde adeguare la reintegrazione patrimoniale ai valori correnti al momento della liquidazione definitiva (Cass. II, n. 5667/1988).

La responsabilità dell'assuntore del lavoro inerente alla garanzia per vizi e difformità dell'opera eseguita, prevista dagli artt. 1667 e ss. c.c., può configurarsi unicamente quando lo stesso, nell'intervenuto completamento dei lavori, consegni alla controparte un'opera realizzata nel mancato rispetto dei patti o non a regola d'arte, mentre nel caso di non integrale esecuzione dei lavori o di ritardo o rifiuto della consegna del risultato di questi a carico dell'appaltatore può operare unicamente la comune responsabilità per inadempimento contrattuale di cui agli artt. 1453 e ss. c.c. (Cass. II, n. 10255/1998). Pertanto, nel caso di omesso completamento dell'opera, anche se questa per la parte eseguita risulti difettosa o difforme, non è consentito, al fine di accertare la responsabilità dell'appaltatore per inesatto adempimento, far ricorso alla disciplina della su indicata garanzia, che richiede necessariamente il totale compimento dell'opera (Cass. II, n. 7364/1996).

La responsabilità dell'appaltatore per i vizi e le difformità dell'opera deve essere esclusa qualora il committente si sia ingerito nell'esecuzione dell'opera, riducendo il primo a nudus minister, ovvero abbia incaricato di detta esecuzione una impresa che sapeva essere priva delle capacità tecniche ed organizzative necessarie per la realizzazione dell'opera affidatale (Cass. III, n. 11149/2003). In particolare, l'appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed a rischio di quest'ultimo. Pertanto, in mancanza di tale prova, l'appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all'intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell'opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, né l'efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori. Data, dunque, la responsabilità dell'appaltatore anche per i difetti del progetto che egli non abbia rilevato o in ordine ai quale non abbia espressamente manifestato il proprio dissenso, è del tutto irrilevante ogni questione circa la partecipazione o non dell'appaltatore alla redazione del progetto stesso (Cass. II, n. 15093/2013).

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