Atto di citazione di risarcimento danni nei confronti di amministratore unico di s.p.a.inquadramentoCon l'atto di citazione il creditore di una società per azioni agisce in giudizio nei confronti dell'ex amministratore unico e della stessa società, contestando al primo di aver posto in essere atti di mala gestio e di aver, così operando, determinato l'insufficienza del patrimonio societario a soddisfare il suo credito. FormulaTRIBUNALE DI .... 1 SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA D'IMPRESA ATTO DI CITAZIONE 2 PER Il Sig. .... (C.F. .... 3), nato a .... il ..../..../...., residente in .... alla via .... n. ...., rappresentato e difeso dall'Avv. .... (C.F. ....), con domicilio eletto in .... alla via .... n. .... presso lo studio dell'avv. ...., giusta procura in calce al presente atto e reso su foglio separato, dichiarando di voler ricevere tutte le comunicazioni e gli avvisi di cui agli artt. 133 comma 3, 134 comma 3, 170 comma 4 e 176 comma 2 c.p.c., anche al seguente numero di fax ...., ovvero al seguente indirizzo PEC: ....@ .... 4, espone in FATTO 5 — Il Sig. .... è creditore della Società .... s.p.a. dell'importo di Euro ...., giusta sentenza n ...., pubblicata in data .... dal Tribunale di ...., non notificata e passata in giudicato in data .... 6. — La società è gestita dalla data del .... dal Sig., amministratore unico, succeduto nella carica alla Sig.ra ...., anch'essa amministratrice unica della società dal .... — Dall'ultimo bilancio della società relativo all'esercizio ...., depositato presso il Registro delle Imprese in data ...., risulta che quest'ultima ha subito rilevanti perdite d'esercizio pari ad Euro .... — Dalle indagini effettuate ed anche dalla lettura della nota integrativa dell'ultimo bilancio sociale, si è appreso che la Sig.ra ...., durante lo svolgimento della carica, ha distratto dal patrimonio della società tutta la liquidità di cui essa disponeva e che a seguito di tale gravissimo atto di mala gestio il patrimonio sociale è diventato insufficiente a soddisfare il credito dell'odierno attore, atteso che il predetto bilancio espone un patrimonio netto negativo di Euro .... 7. — A nulla sono valsi i tentativi di riscossione del credito da parte dell'odierno attore in danno della società (v. verbale di pignoramento negativo del ....). Alla luce di quanto esposto, sussiste la responsabilità della Sig.ra ...., quale amministratrice unica dal .... al ...., nei confronti del Sig. ....per i seguenti motivi in DIRITTO Come è noto, a mente dell'art. 2394 c.c., “gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale. L'azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti” 8. Sulla base di tali evidenze, sussiste la responsabilità della Sig.ra ...., amministratrice della Società dal .... al ...., atteso che durante il suo mandato, a seguito degli atti di mala gestio evidenziati in premessa, ha determinato l'incapienza del patrimonio sociale rispetto al credito vantato nei confronti della medesima società da parte dell'odierno attore, come è dato evincersi proprio dall'ultimo bilancio depositato presso il Registro delle Imprese. Pertanto, l'amministratrice andrà condannata a risarcire i danni arrecati alla società derivanti dalla condotta illecita da essa tenuta e, segnatamente, al pagamento in favore della Società .... s.p.a. dell'importo di Euro .... (pari alle disponibilità liquide distratte) ovvero dell'importo pari ad Euro .... (pari alla differenza tra i netti patrimoniali risultanti a seguito degli atti di mala gestio). In data .... è stato esperito con esito negativo il procedimento di negoziazione assistita di cui all'art. 3 del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito in l. 10 novembre 2014, n. 162, come risulta dalla diffida inviata in data .... con raccomandata a.r. n. ...., in cui l'attore ha espressamente invitato la controparte a stipulare una convenzione di negoziazione con le seguenti modalità .... 9; — tale invito non è stato seguito da adesione (oppure) è stato seguito da rifiuto entro trenta giorni dalla sua ricezione (oppure) è decorso il periodo di tempo di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), del d.l. n. 132/2014, cit., come risulta da .... Per quanto sopra, il Sig. ...., come sopra rappresentato, difeso e domiciliato, con il presente atto CITA La Sig.ra .... 10 (C.F. ....), nata a .... il ..../..../...., domiciliato in .... alla via .... n. ...., e la Società .... s.p.a. 11, in persona del legale rapp.te p.t., Sig. ...., con sede legale in .... (C.F. .... ), a comparire innanzi il Tribunale ordinario di ...., Sezione e Giudice Istruttore a designarsi ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., all'udienza del ...., ora di rito, con invito alla parte convenuta a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'articolo 166 e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'articolo 168-bis, AVVERTE il convenuto che:
la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, per ivi sentire accogliere le seguenti CONCLUSIONI 1) accertare e dichiarare la responsabilità della Sig.ra ...., quale amministratrice unica della Società .... s.p.a. .... exartt. 2392,2393 e 2394 c.c., nonché ex art. 2043, per il comportamento illecito tenuto, per la violazione degli obblighi imposti dalla legge e dallo statuto agli amministratori di società di capitali, anche in ordine alla conservazione della integrità del patrimonio sociale, sia in via contrattuale che extracontrattuale, in relazione al danno prodotto alla società, ai creditori sociali e/o direttamente nella sfera patrimoniale dell'odierno attore per le ragioni tutte di cui in atti; 2) condannare la Sig.ra .... al risarcimento del danno prodotto alla ....Società.... s.p.a. ...., che si quantifica in Euro ...., oltre interessi, ovvero al risarcimento del danno che sarà ritenuto attribuibile dall'On.le Tribunale, se del caso anche a mezzo C.T.U. 12, in relazione ai fatti di causa; 3) condannare i convenuti, in solido, al pagamento delle spese e competenze del presente giudizio, oltre IVA e CPA come per legge. Con riserva di formulare le istanze istruttorie nei termini di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., che sin d'ora si richiedono. Si depositano i seguenti documenti in copia: 1) Sentenza del ...., con attestazione di passaggio in giudicato; 2) Visura storica sulla .... s.p.a.; 3) Bilanci della ....s.p.a.; 4) Verbale di pignoramento negativo; Ai sensi e per gli effetti del d.P.R. n. 115/2002, si dichiara che il valore del presente procedimento è pari ad Euro .... Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA AD LITEM Il sottoscritto Sig. .... (C.F. ....), nato a .... il .... e residente in .... alla via ...., informato ai sensi dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto, con la presente conferisco incarico all'Avv. .... (C.F. ....) a rappresentarmi e difendermi nel giudizio da promuovere dinanzi al Tribunale di .... sezione specializzata in materia di impresa, ivi comprese le fasi esecutive e di impugnazione che da questo conseguono, con ogni più ampia facoltà di legge; a tal uopo conferisco, altresì, al nominato procuratore ogni facoltà di legge, comprese quelle di conciliare, incassare, quietanzare, rinunziare e transigere, con promessa di rato e fermo del suo operato; lo autorizzo, infine, al trattamento dei miei dati personali, conformemente alle norme del d.lgs. n. 196/2003 e limitatamente alle finalità connesse all'esecuzione del presente mandato. Eleggo domicilio presso il suo studio in ....alla via ...., n. .... Luogo e data .... Sig. .... È autentica Firma Avv. .... [1] [1] Al di là della competenza funzionale della sezione specializzata in materia d'impresa (la sezione specializzata in materia di impresa del tribunale è, infatti, competente a pronunciarsi sulla controversia fra gli amministratori e la società a responsabilità limitata concernente la revoca dalla carica; Cass. VI, n. 14369/2015), trattandosi di causa relativa ad obbligazioni risarcitorie, ai sensi dell'art. 20 c.p.c. la competenza territoriale si determina, facoltativamente, anche in base al luogo in cui è stato posto in essere l'illecito su cui si fonda la domanda (Cass. n. 17197/2016). L'azione sociale di responsabilità di cui all'art. 2393 c.c. non rientra nella competenza per materia del tribunale, in funzione di giudice del lavoro, ex art. 413 c.p.c., ma spetta alla competenza ordinaria del tribunale (con riserva di collegialità ai sensi dell'art. 48 r.d. n. 12/1941; Cass. I, n. 23630/2015). [2] [2] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., dalla l. 15 luglio 2011, n. 111). [3] [3] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv. con modif. dalla legge n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. dalla legge n. 24/2010. [4] [4] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla legge n. 114/2014. L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla legge n. 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà». [5] [5] In tema di azioni di responsabilità nei confronti degli organi sociali, l'atto di citazione deve essere caratterizzato da adeguata determinazione dell'oggetto del giudizio, dovendo esso indicare espressamente tutti gli elementi costitutivi della responsabilità, con espresso riferimento alla violazione dei doveri legali e statutari, nel rispetto del disposto dell'art. 163, terzo comma, n. 3 e 4, c.p.c. Tuttavia, perché sussista la nullità dell'atto di citazione ex art. 164, quarto comma, c.p.c. è necessario che tali elementi risultino incerti ed inadeguati a tratteggiare l'azione, in quanto l'incertezza non sia marginale o superabile, ma investa l'intero contenuto dell'atto (Cass. I, n. 28669/2013). [6] [6] Peraltro, per la legittimazione dei creditori sociali all'azione ex art. 2394 c.c. non è necessario che chi agisce sia già titolare di un credito certo, liquido ed esigibile, essendo sufficiente che esso prospetti la sua posizione di creditore, anche se soggetta ad eventuale ulteriore accertamento o sottoposta a termine o condizione (Trib. Milano, 2 ottobre 2006). [7] [7] Nell'esercizio di un'azione di responsabilità contro l'amministratore di una società, sarebbe sufficiente genericamente invocare il compimento, da parte dell'amministratore, di atti di mala gestio, ed enunciare altrettanto genericamente i danni che ne sarebbero derivati a carico della società, per configurare una causa petendi suscettibile di essere poi arricchita, nel corso ulteriore del giudizio, con la più specifica descrizione di tali comportamenti. L'esigenza di consentire alla controparte l'approntamento di adeguati e tempestivi mezzi di difesa, che è sottesa al principio processuale del contraddittorio, fa sì invece che la causa petendi di una siffatta azione debba sin dall'inizio sostanziarsi nell'indicazione dei fatti dai quali l'attore pretende di desumere l'azionato diritto risarcitorio, ossia dei comportamenti degli amministratori asseritamente contrari ai doveri loro imposti dalla legge o dallo statuto sociale. E ciò va detto indipendentemente dal fatto che quella esercitata sia un'azione sociale di responsabilità o un'azione dei creditori sociali, rispettivamente previste dall'art. 2393 c.c. e dall'art. 2394 c.c., o entrambe. Non muta alcunché la circostanza che, nei confronti specifici dei creditori sociali, gli amministratori rispondano dell'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione del patrimonio sociale, come indica il citato art. 2394 c.c., comma 1. [8] [8] L'azione sociale di responsabilità ai sensi dell'art. 2393 c.c. ha diversa causa petendi rispetto all'azione di responsabilità dei creditori sociali di cui all'art. 2394 c.c.; costituisce, quindi, domanda nuova, soggetta alle relative decadenze processuali, la proposizione della seconda nel giudizio avente ad oggetto la responsabilità degli amministratori verso la società (Cass. I, n. 13765/2007). [9] [9] È obbligatorio il ricorso alla procedura di negoziazione assistita (che costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale) nelle ipotesi in cui la somma pretesa non superi l'importo di 50.000 Euro (art. 3 d.l. n. 132/2014, conv. con modif. in l. n. 162/2014) e dovrà essere prodotta la relativa documentazione. Va, in proposito, ricordato che la negoziazione è prescritta, quando si intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti 50.000 Euro, ad eccezione delle controversie assoggettate alla disciplina della c.d. mediazione obbligatoria (in altri termini, la procedura di negoziazione assistita non opera quando è prevista la mediazione obbligatoria). Ebbene, quest'ultima non è prescritta in subiecta materia, se si fa eccezione per il risarcimento del danno derivante da responsabilità medica. [10] [10] In tema di azione di responsabilità promossa contro amministratori e sindaci, ai sensi degli artt. 2393 e 2394 c.c., si versa in un'ipotesi di litisconsorzio facoltativo, poiché la predetta responsabilità per fatti di mala gestio configura un'ipotesi di obbligazione solidale passiva; pertanto, il creditore, come è libero di agire in giudizio contro uno qualsiasi dei condebitori, così è libero di riassumere il processo, instaurato nei confronti di tutti i coobbligati e successivamente interrotto (nella specie, per la morte di alcuni appellati), nei confronti di uno soltanto di essi, senza necessità di disporre l'integrazione del contraddittorio nel giudizio di impugnazione (art. 331 c.p.c.); ne consegue che, se si verifica una causa di estinzione con riguardo ad uno soltanto dei rapporti processuali (nella specie, per la mancata riassunzione nei confronti degli eredi della parte deceduta), questa non si estende all'intero processo ma dev'essere dichiarata unicamente con riferimento a quel rapporto (Cass. I, n. 20476/2008). [11] [11] Si discute se la società di capitali sia litisconsorte necessario nel giudizio promosso dal suo creditore mediante esercizio di azione di responsabilità contro gli amministratori. Una parte minoritaria della giurisprudenza (App. Bologna, 8 luglio 1978) ritiene che l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori sia concessa dall'art. 2394 c.c. ai creditori non in via autonoma, ma in via surrogatoria, perché è diretta alla reintegrazione del patrimonio della società e si fonda sul presupposto dell'inerzia della società stessa. In quest'ottica, la società sarebbe litisconsorte necessaria del relativo giudizio, e, qualora non fosse stato integrato il contraddittorio nei suoi confronti in primo grado, il giudice d'appello dovrebbe rimettere la causa al primo giudice ex art. 354 c.p.c. [12] [12] In tema di azioni di responsabilità nei confronti degli organi sociali, quando l'accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con l'ausilio di speciali cognizioni tecniche, può essere disposta una consulenza tecnica d'ufficio, allo scopo di acquisire ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti accessori e rientranti nell'ambito strettamente tecnico della consulenza e non di fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere provati dalle stesse (Cass. I, n. 28669/2013). CommentoL'azione di responsabilità esercitata dai creditori sociali ha natura extracontrattuale e richiede come presupposti l'esistenza di un pregiudizio patrimoniale verso i creditori, costituito dall'insufficienza del patrimonio sociale a soddisfare le ragioni di credito, nonché la condotta illegittima degli amministratori ed un rapporto di causalità tra pregiudizio e condotta. Pertanto, perché possa ritenersi integrata la responsabilità risarcitoria prevista dagli artt. 2394 e 2476, comma 1, c.c., sono necessarie, oltre alla prova di concreti inadempimenti dall'organo gestorio ai doveri su di esso incombenti per legge e statuto, l'allegazione e la prova del danno in tal modo concretamente cagionato al patrimonio sociale, nonché il nesso di causa che lega i primi al secondo. La condotta imputabile all'amministratore non deve essere necessariamente commissiva. Invero, l'organo gestorio, il quale dimostri un completo disinteresse verso la società da esso amministrata ed un'inerzia quanto all'espletamento delle attività gestorie, versa comunque in condizione di inosservanza dei propri obblighi che in via presuntiva porta a ritenere sussistente la sua responsabilità di natura extracontrattuale verso i creditori sociali per inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale, ove esso risulti insufficiente al soddisfacimento del credito. In tema di risarcimento del danno, l'art. 2476 c.c. non contiene nella sua formulazione la previsione dell'azione dei creditori sociali, la quale è, tuttavia, ammessa dalla costante giurisprudenza sia di merito che della Suprema Corte, quale strumento generale, in ambito societario, di tutela dei creditori, che altrimenti, sarebbero sottoposti ad un ingiusto trattamento a seconda del tipo societario assunto dal debitore. È, dunque, ammissibile l'esperibilità dell'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori di società a responsabilità limitata da parte dei creditori a seguito della cd. riforma del diritto societario e della espunzione dal nuovo testo dell'art. 2487 c.c. del richiamo alla disciplina delle s.p.a.. L'applicazione analogica dell'art. 2394 c.c. alle s.r.l. discende dalla constatazione di un vuoto normativo che pare ascrivibile più ad una svista di coordinamento della normativa in tema di s.r.l., piuttosto che ad una specifica scelta legislativa, di cui - peraltro - non si trova traccia nella legge delega e nella relazione alla legge. Pertanto, anche gli amministratori di società a responsabilità limitata rispondono nei confronti dei creditori sociali per “l'inosservanza degli obblighi di conservazione del patrimonio sociale”, sulla base dell'applicazione analogica dell'art. 2394 c.c. L'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci di una società di capitali, spettante, ai sensi degli artt. 2394 e 2407 c.c., ai creditori sociali è soggetta a prescrizione quinquennale decorrente dal momento in cui l'insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti risulti da qualsiasi fatto che possa essere conosciuto, non richiedendosi, a tal fine, che essa emerga da un bilancio approvato dall'assemblea (Cass. I, n. 25178/2015), fermo restando che, ai fini dell'individuazione del momento di esteriorizzazione dell'insufficienza patrimoniale, è senz'altro idoneo il bilancio di esercizio, tenuto conto della sua opponibilità erga omnes e della sua leggibilità anche per operatori non particolarmente qualificati (Cass. I, n. 20476/2008). L'insufficienza dell'attivo a soddisfare i debiti (e non anche l'effettiva conoscenza di tale situazione), a sua volta, dipendendo dall'insufficienza della garanzia patrimoniale generica (art. 2740 c.c.), non corrisponde allo stato d'insolvenza di cui all'art. 5 della l.fall. (trattandosi di una condizione di squilibrio patrimoniale più grave e definitiva, la cui emersione non coincide necessariamente con la dichiarazione di fallimento, potendo essere anteriore o posteriore), derivante, in primis, dall'impossibilità di ottenere ulteriore credito (Cass. I, n. 24715/2015). Parimenti, tale incapienza, consistente nell'eccedenza delle passività sulle attività, non corrisponde alla perdita integrale del capitale sociale, che può verificarsi anche in presenza di un pareggio tra attivo e passivo (Cass. I, n. 9619/2009). Grava sull'amministratore l'onere di allegare e dimostrare un momento anteriore di decorrenza della prescrizione (Cass. I, n. 13907/2014). Tuttavia, questo onere non può essere assolto mediante la generica deduzione, non confortata da utili elementi di fatto, secondo cui l'insufficienza patrimoniale si sarebbe manifestata già al momento della messa in liquidazione della società, in quanto questo procedimento non è necessariamente determinato dalla eccedenza delle passività sulle attività patrimoniali, mentre la perdita integrale del capitale sociale neppure implica la consequenziale perdita di ogni valore attivo del patrimonio sociale (Cass. I, n. 941/2005). In conclusione, il quadro complessivo che può delinearsi quanto al presupposto dell'insufficienza patrimoniale - cui si ricollega la responsabilità degli amministratori e dei sindaci della società verso i creditori - è il seguente: 1) la nozione si desume dalla lettera dell'art. 2394 c.c. e deve essere individuata nell'eccedenza delle passività sulle attività del patrimonio netto dell'impresa, ovverossia in una situazione in cui l'attivo sociale, raffrontato ai debiti della società, sia insufficiente al loro soddisfacimento; 2) tale concetto si differenzia anche dall'eventualità della perdita integrale del capitale sociale, dal momento che questa ultima evenienza può verificarsi anche quando vi è un pareggio tra attivo e passivo perché tutti i beni sono assorbiti dall'importo dei debiti e, quindi, tutti i creditori potrebbero trovare di che soddisfarsi nel patrimonio della società; 3) l'insufficienza patrimoniale, infine, è una condizione più grave e definitiva della mera insolvenza, indicata dall'art. 5 l.fall. come incapacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, potendosi una società trovare nell'impossibilità di fare fronte ai propri debiti ancorché il patrimonio sia integro, così come potrebbe accadere l'opposto, vale a dire che l'impresa possa presentare una eccedenza del passivo sull'attivo, pur permanendo nelle condizioni di liquidità e di credito richieste (per esempio, ricorrendo a ulteriore indebitamento). Quando un creditore sociale subisca un danno a causa del mancato pagamento del suo credito dovuto all'insolvenza della società (a sua volta determinata dalle negligenze gestionali o dagli atti di mala gestio degli amministratori), il pregiudizio per il creditore deve considerarsi sempre “mediato” dalla insufficienza del patrimonio sociale, assumendo quindi la configurazione di danno “riflesso”. Ciò nonostante, l'azione dei creditori sociali nei confronti dell'amministratore ha natura diretta ed autonoma (Trib. Milano 26 aprile 2003). Le Sezioni Unite della Suprema Corte (Cass. S.U. n. 9100/2015; in sostanziale conformità: Cass. n. 2500/2018; Cass. n. 9983/2017; Cass. n. 38/2017) hanno precisato, con riferimento al problema del danno risarcibile addebitato agli amministratori convenuti nel giudizio di responsabilità, che una correlazione tra le condotte dell'organo amministrativo e il pregiudizio patrimoniale dato dall'intero deficit patrimoniale della società fallita può prospettarsi soltanto per quelle violazioni del dovere di diligenza nella gestione dell'impresa così generalizzate da far pensare che proprio in ragione di esse l'intero patrimonio sia stato eroso e si siano determinate le perdite registrate dal curatore; o comunque per quei comportamenti che possano configurarsi come la causa stessa del dissesto sfociato nell'insolvenza (v. Cass. I, n. 24103/2018). Ne discende, in termini generali, che, nel caso di mancato rinvenimento delle scritture contabili, dall'omessa tenuta della contabilità (che pure integra la violazione di specifici obblighi di legge in capo agli amministratori e che è, di per sé, almeno potenzialmente produttiva di un pregiudizio) non possa derivare la conseguenza che il pregiudizio stesso si identifichi nella differenza tra il passivo e l'attivo accertati in sede fallimentare. D'altro canto, è stato ancora precisato, il criterio basato sulla nominata differenza può essere bensì utilizzato quale parametro per una liquidazione equitativa ove ne sussistano le condizioni: a) che il ricorso ad esso sia, in ragione delle circostanze del caso concreto, logicamente plausibile, e b) che l'attore abbia allegato un inadempimento dell'amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato, indicando le ragioni che gli hanno impedito l'accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell'amministratore medesimo. In questo panorama giurisprudenziale si è inserito di recente il d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, che, intervenendo sul terzo comma dell’art. 2484 c.c., ha stabilito che, fatta salva la prova di un danno di diverso ammontare, il danno risarcibile si presume: a) pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l’amministratore è cessato dalla carica o alla data di apertura di un’eventuale procedura concorsuale e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento della società, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione; b) pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura, se è stata aperta una procedura concorsuale e mancano le scritture contabili. Responsabilità per mala gestio: danno quantificabile con il criterio dei netti patrimoniali. Cass. n. 24431/2019, si è occupata della liquidazione del danno nelle azioni di responsabilità promosse nei confronti degli amministratori e dei sindaci di società di capitali; confermando l’orientamento già espresso in precedenza. La S.C. afferma l’applicabilità del criterio equitativo di quantificazione del pregiudizio patrimoniale subito dalla società fondato sui c.d. “netti patrimoniali” (cioè agganciato alla differenza tra il patrimonio sociale alla data in cui la società si era trovata in stato di insolvenza e quello alla data in cui l’attività sociale era cessata), sottolineando, peraltro, come detto modello oggi abbia trovato preciso avallo normativo, attraverso la novella dell’art. 2486 c.c. introdotta dal Codice della crisi e dell’insolvenza. E’ noto che, in tema di determinazione del pregiudizio economico da responsabilità amministrativa, le Sezioni Unite della S.C., a composizione di un contrasto giurisprudenziale insorto tra le decisioni del giudice di legittimità, hanno affermato che, nel caso di mancata o irregolare tenuta delle scritture contabili, addebitabile all'amministratore convenuto, il danno risarcibile potrà essere determinato e liquidato nella misura corrispondente alla differenza tra il passivo accertato e l'attivo liquidato in sede fallimentare (il criterio c.d. “differenziale”), solo quale parametro per una liquidazione equitativa, sempreché l'attore abbia allegato un inadempimento dell'amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato, indicando le ragioni che gli hanno impedito l'accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell'amministratore medesimo (Cass. S.U., n. 9100/2015 ). Successivamente, la medesima S.C. ai fini della liquidazione del danno cagionato dall’amministratore per aver proseguito l'attività d’impresa pur in presenza di una causa di scioglimento della società, così violando l'obbligo di cui all'art. 2486 c.c., ha stabilito che il giudice può avvalersi, sempre in via equitativa, nel caso di impossibilità di una ricostruzione analitica dovuta all’incompletezza dei dati contabili ovvero alla notevole anteriorità della perdita del capitale sociale rispetto alla dichiarazione di fallimento, del criterio presuntivo della differenza dei netti patrimoniali (il criterio appunto c.d. “dei netti patrimoniali”), a condizione che tale utilizzo sia congruente con le circostanze del caso concreto e che, quindi, l’attore abbia allegato un inadempimento dell’amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato ed abbia specificato le ragioni impeditive di un rigoroso distinto accertamento degli effetti dannosi concretamente riconducibili alla sua condotta (Cass. n. 9983/2017). Orbene, come sottolinea la sentenza menzionata, siffatto criterio, in origine di fonte esclusivamente giurisprudenziale, ha oggi ricevuto pieno avallo dal legislatore della riforma generale delle procedure concorsuali introdotta dal d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (il Codice della Crisi e dell’insolvenza), attraverso la novella dell’art. 2486 c.c., con una disposizione che in forza della disciplina transitoria, a differenza delle restanti norme codicistiche, è già entrata in vigore il 16 marzo 2019, id est trenta giorni dopo la pubblicazione del decreto legislativo nella Gazzetta Ufficiale (art. 389, comma 2, c.c.i.). Infatti, la prima parte del terzo comma del novello art. 2486 c.c., come introdotta dall’art. 378, comma 2, c.c.i., stabilisce oggi che «Quando è accertata la responsabilità degli amministratori a norma del presente articolo, e salva la prova di un diverso ammontare, il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l'amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura, e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all'articolo 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento o al compimento della liquidazione». Ed è evidente come in questo modo sia stato espressamente codificato, dal legislatore della novella del ’19, il criterio c.d. “dei netti patrimoniali”. Soggiunge poi la seconda parte del nuovo terzo comma dell’art. 2486 c.c., che «Se è stata aperta una procedura concorsuale e mancano le scritture contabili o se a causa dell'irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possono essere determinati, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura». E qui appare chiaro il riferimento al criterio c.d. “differenziale”, anch’esso come visto elaborato dalla giurisprudenza. In mancanza di espressa norma transitoria, infine, sembra plausibile sostenere che la disposizione in commento debba essere intesa come norma di natura sostanziale e, quindi, applicabile solo alle condotte poste in essere successivamente al 16 marzo 2019; trattandosi tuttavia della ricognizione normativa di due precisi orientamenti della giurisprudenza di legittimità – uno dei quali addirittura a Sezioni Unite –, non sembra potersi seriamente dubitare della sua applicabilità in concreto anche a fattispecie pregresse verificatesi prima della predetta data.
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