Comparsa di risposta per danni da omessa verifica dei conti societari da parte del revisore legale

Maria Carolina De Falco

Inquadramento

Il d.lgs. n. 39/2010, come è noto, ha innovato l'intera disciplina della revisione legale dei conti, facendo confluire in un unico testo normativo disposizioni prima contenute in diversi testi di legge, nel tentativo di dare maggiore logicità ad una disciplina che, fino a quel momento, si presentava fortemente disomogenea e di difficile lettura.

Esso ha incluso in una disciplina organica – neanche completamente attuata in attesa di regolamenti governativi, o della Consob o di convenzioni con associazioni o ordini professionali – la normativa concernente i soggetti della revisione contabile (revisore persona fisica e società di revisione) legittimati all'esercizio dell'attività, l'affidamento, la durata ed il corrispettivo dell'incarico, e l'estinzione del relativo rapporto, l'oggetto e le modalità di svolgimento dell'incarico, il sistema di supervisione o vigilanza pubblica sulla stessa attività e il complesso delle sanzioni amministrative, civili e penali che rafforzano la tutela di tali istituti.

Si è tentato, così, di eliminare duplicazioni rispetto ad una materia trattata, oltre che nel codice civile, anche nel TUF, nella legge bancaria e nel codice delle assicurazioni.

Da ultimo il d.lgs. n. 135/2016, emanato in attuazione della Direttiva UE 2014/56, ha ulteriormente perfezionato la disciplina della revisione contabile sotto l'aspetto della legittimazione all'esercizio della professione, all'obbligo di formazione continua ed, in particolare, all'introduzione normativa (anche se al momento ancora inattuata) del riferimento ai principi internazionali di revisione ISA (International Standards on Auditing) e al principio ISQC 1 (International Standard on Quality Control 1).

Il nuovo art. art. 10-ter, poi, al primo comma, prevede che le società di revisione debbano stabilire direttive e procedure per assicurare che i soci e i componenti dell'organo amministrativo non possano intervenire nell'espletamento della revisione legale in modo tale da poter compromettere l'indipendenza e l'obiettività del responsabile dell'incarico.

Di fronte all'azione di responsabilità di una società avverso il collegio sindacale e il revisore legale per omessa verifica e rilievo di alcuni atti di mala gestio dell'amministratore, il revisore legale, invocando la normativa di recente conio in materia (d.lgs. n. 39/2010), eccepisce, da un lato, l'assenza di indicazione di espressi atti omissivi di verifica e, dall'altro, l'assenza di prova alcuna dei danni patrimoniali subiti dalla società attrice.

Inoltre, richiama l'assenza di solidarietà nell'obbligazione risarcitoria gravante sull'amministratore, principale novità della novella legislativa su cui fonda l'intera sua difesa.

Formula

TRIBUNALE DI ....

SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA D'IMPRESA [1]

COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA

PER

Il Dott. .... (C.F.....), nato a .... il ..../..../...., residente in .... alla via .... n. .... [2], rappresentato e difeso dall'Avv. .... (C.F. ....), con domicilio eletto in .... alla via .... n. .... [3] presso lo studio dell'Avv. .... C.F..... [4] giusta procura in calce al presente atto e reso su foglio separato, dichiarando di voler ricevere tutte le comunicazioni e gli avvisi di cui agli artt. 133 comma 3, 134 comma 3, 170 comma 4 e 176 comma 2 c.p.c., anche al seguente numero di fax .... [5], ovvero al seguente indirizzo PEC ....@.... [6]

convenuto

CONTRO

La Società .... s.p.a. [7], in persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e difesa come in atti

attrice

NONCHÉ NEI CONFRONTI DI

Sig. .... rappresentato e difeso come in atti

- altri convenuti

Con atto notificato in data .... la .... s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di .... sezione specializzata in materia d'impresa, il Sig. .... quale amministratore della medesima società in carica dal .... al .... nonché i Sig.ri .... quali membri del collegio sindacale e l'odierno comparente quale revisore dei conti in carica dal .... al .....

1. Assumeva la società attrice di aver patito un grave danno, dalla distrazione di somme da parte del precedente amministratore e nell'inerzia tanto del collegio sindacale che del revisore legale dei conti.

2. Segnatamente, il revisore avrebbe avallato e consentito il compimento di svariati atti di mala gestio da parte dell'amministratore; avrebbe omesso di segnalare la inattendibilità sostanziale della contabilità sociale; avrebbe reso relazioni inconsistenti ai bilanci .....

Con il presente atto si costituisce in giudizio il Dott. .... per contestare gli addebiti mossi a suo carico, sulla scorta dei seguenti

MOTIVI

Il regime di responsabilità del revisore è stato modificato dal d.lgs. n. 39/2010. È stato difatti abrogato l'art. 164, comma 1, d.lgs. n 58/1998, che richiamava l'art. 2407 c.c. sulla responsabilità dei sindaci.

Ora l'art. 14 del d.lgs. n. 39/2010 ha previsto una statuizione diretta di responsabilità: la disposizione prevede anzitutto una responsabilità da “inadempimento a doveri”.

I doveri dei revisori vanno ricostruiti sulla scorta della normativa rilevante, operante su tre livelli: a) le disposizioni di legge (e quindi l'art. 14 cit.); b) i regolamenti emanati dalla Consob; c) la normativa comunitaria.

Il revisore, poi, non risponde più in via solidale per gli inadempimenti dell'amministratore, essendo piuttosto quest'ultimo che, a tutto voler concedere, dovrebbe rispondere solidalmente con il revisori per eventuali inadempimenti di quest'ultimo.

Pertanto, nel caso che ci occupa, si rileva la mancanza di riferibilità ai connotati della responsabilità (contrattuale, in quanto rivolta nei confronti della società) dei revisori contabili dei fatti denunziati in citazione, nonché la totale mancanza della dimostrazione ed allegazione di un danno patrimoniale causalmente riconducibile a fatti che ricadano nella sfera di responsabilità attribuibile al revisore.

Inoltre, occorre evidenziare come le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione [8],abbiano chiarito definitivamente come nell'azione di responsabilità promossa dalla curatela di un fallimento (ma il principio di diritto può certamente operare nel caso che ci occupa) contro gli organi di amministrazione e vigilanza della stessa, l'attore ha l'onere di allegare gli specifici inadempimenti dell'organo sociale convenuto, onde possa essere verificata l'esistenza di un nesso di causalità tra tali inadempimenti ed il danno di cui si pretende il risarcimento. Tale onere di allegazione non risulta assolto nell'avversa domanda, stante la genericità degli addebiti mossi all'odierno comparente. Addebiti che per mero tuziorismo difensivo si contestano espressamente, anche sulla scorta delle seguenti circostanze.....

Per quanto sopra, il Dott. .... come sopra rappresentato, difeso e domiciliato, con il presente atto

CONCLUDE

Affinché l'On.le Tribunale adito voglia:

1. Accertare e dichiarare l'assenza di responsabilità in capo al Dott. .... per i danni per cui è causa e per l'effetto rigettare l'avversa domanda risarcitoria in danno dell'odierno comparente per i motivi tutti di cui al presente atto;

2. Con vittoria della spese di lite.

Con riserva di formulare le istanze istruttorie nei termini di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., che sin d'ora si richiedono.

Si depositano i seguenti documenti in copia:

1) Atto di citazione notificato in data ....;

2) .....

Ai sensi e per gli effetti del d.P.R. n. 115/2002, si dichiara che il presente atto non contiene domande riconvenzionali né istanze di chiamata di terzi in causa, onde non sconta alcun contributo unificato.

Luogo e data....

Firma Avv. ....

PROCURA AD LITEM

Il sottoscritto Sig. .... (C.F. ....), nato a .... il .... e residente in .... alla via .... nella qualità di amministratore unico e legale rapp.te della ....s.r.l. (C.F. ....) con sede legale in .... alla via .... informato ai sensi dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto, con la presente conferisco incarico all'Avv. .... (C.F. ....) a rappresentarmi e difendermi nel giudizio da promuovere dinanzi al Tribunale di .... sezione specializzata in materia d'impresa, ivi comprese le fasi esecutive e di impugnazione che da questo conseguono, con ogni più ampia facoltà di legge; a tal uopo conferisco, altresì, al nominato procuratore ogni facoltà di legge, comprese quelle di conciliare, incassare, quietanzare, rinunziare e transigere, con promessa di rato e fermo del suo operato; lo autorizzo, infine, al trattamento dei miei dati personali, conformemente alle norme del d.lgs. n. 196/2003 e limitatamente alle finalità connesse all'esecuzione del presente mandato. Eleggo domicilio presso il suo studio in .... alla via .... n. .....

Luogo e data....

Firma....

È autentica

Firma Avv. ....

[1] Secondo l'art. 3, comma 2, d.lgs. 27 giugno 2003 n. 168, sono di competenza del Tribunale speciale per le imprese, tra gli altri, le cause e i procedimenti: a) relativi a rapporti societari ivi compresi quelli concernenti l'accertamento, la costituzione, la modificazione o l'estinzione di un rapporto societario, le azioni di responsabilità da chiunque promosse contro i componenti degli organi amministrativi o di controllo, il liquidatore, il direttore generale ovvero il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché contro il soggetto incaricato della revisione contabile per i danni derivanti da propri inadempimenti o da fatti illeciti commessi nei confronti della società che ha conferito l'incarico e nei confronti dei terzi danneggiati, le opposizioni di cui agli articoli 2445, terzo comma, 2482, secondo comma, 2447-quater, secondo comma, 2487 ter, secondo comma, 2503, secondo comma, 2503 bis, primo comma, e 2506 ter del codice civile.

[2] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., dalla l. 15 luglio 2011, n. 111).

[3] L'elezione di domicilio nel Comune in cui ha sede il Tribunale adito è obbligatoria: essa individua il luogo legale ove effettuare le comunicazioni e notificazioni inerenti al processo: artt. 165 e 170 c.p.c.

[4] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione sopra citata.

[5] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione citata sub nota 2. Ai sensi dell'art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla disposizione testè ricordata, «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

[6] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla legge n. 114/2014.

[7] Quando attore o convenuto sia “una persona giuridica, un'associazione non riconosciuta o un comitato, la citazione deve contenere la denominazione o la ditta, con l'indicazione dell'organo o ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio”: art. 163, comma 3, n. 2.

[8] Cfr. Cass. n. 9100/2015.

Commento

La funzione della revisione legale

Con il d.lgs. n. 39/2010 viene introdotto il concetto di revisione legale dei conti, che sostituisce i precedenti riferimenti al controllo contabile ed alla revisione contabile.

Anche la nuova normativa si conforma ai principi di effettività del controllo che governa la verifica della responsabilità dei sindaci ( cfr. Cass. II, n. 14708/2020 “I controlli da parte dei sindaci non sono soltanto formali: quando sono poste in essere operazioni con parti correlate costoro non possono limitarsi a una verifica estrinseca del rispetto delle procedure legali, avendo il dovere di rendere note le criticità per difetto di correttezza sostanziale, per difetto di indipendenza dell'advisor, e la dissonanza della procedura allo scopo di legge, che è quello d'impedire silenti svuotamenti societari. Ad affermarlo è la Cassazione che ha nella fattispecie respinto il ricorso dei componenti del collegio sindacale Parmalat contro la sanzione di 65 mila euro inflitta dalla Consob per non aver adeguatamente vigilato”).

Nelle intenzioni del legislatore probabilmente vi era un modello generale per la revisione legale dei conti (gli artt. 9 – 15 del Decreto), al quale è stato aggiunto un modello specifico per gli Enti di Interesse Pubblico (cd. EIP, di cui agli artt. 16 – 19 del Decreto).

La categoria degli EIP comprende la lista di soggetti di cui all'art. 16 del Decreto ed è in parte diversa dai soggetti precedentemente assoggettati alla revisione ai sensi del TUF: infatti, per esempio, la categoria degli EIP comprende tutte le banche, tutti gli emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in maniera rilevante (art. 116 TUF) e tutti gli intermediari finanziari ex art. 107 TUB.

Il nuovo modello generale, applicabile a tutte le revisioni legali dei conti (salvo le peculiarità applicabili agli EIP), mostra le seguenti caratteristiche principali: 1) La durata degli incarichi è fissata in tre esercizi, senza limiti a successivi rinnovi, sempre triennali; 2) Il conferimento dell'incarico avviene su proposta motivata del collegio sindacale (art. 13 comma 1 del Decreto).

A seguito dell'abrogazione dell'art. 2409-ter c.c., l'art. 14 comma 1 del Decreto fissa il contenuto dell'obbligazione del revisore legale e della società di revisione legale, ossia l'espressione di un giudizio sul bilancio (con una relazione che rispecchi il contenuto previsto dai commi 2 e 3) e la verifica della regolare tenuta della contabilità sociale e della corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili.

In quest'ottica, l'art. 10 del Decreto fissa le regole generali in tema di indipendenza, quali i concetti di minaccia/salvaguardia; l'obbligo di documentare nelle carte di lavoro i rischi relativi all'indipendenza, nonché le corrispondenti salvaguardie; il divieto per gli Amministratori della società di revisione o di un'affiliata di intervenire nell'attività di revisione in modo da compromettere l'indipendenza e l'obiettività; la disciplina relativa alla determinazione del corrispettivo per l'attività di revisione; le limitazioni alla misura della retribuzione dei dipendenti della società di revisione; il richiamo ai principi di indipendenza ed obiettività approvati o emanati dal MEF.

Una delle principali novità del d.lgs. n. 135/2016 sul punto, invece, è la codificazione del principio dello “scetticismo professionale” (art. 9, comma 4, d.lgs. n. 39/2010 di nuovo conio), che va inteso quale “atteggiamento caratterizzato da un approccio dubitativo, dal costante monitoraggio delle condizioni che potrebbero indicare una potenziale inesattezza dovuta a errore o frode, nonché' da una valutazione critica della documentazione inerente alla revisione”.

Il requisito è strettamente collegato a quello dell'indipendenza del revisore che gli impone di non assumere l'incarico qualora tra questi, o la sua rete, e la società revisionata sussistano relazioni finanziarie, d'affari, di lavoro o di altro genere, dirette o indirette, comprese quelle derivanti dalla prestazione di servizi diversi dalla revisione, dalle quali un terzo informato, obiettivo e ragionevole trarrebbe la conclusione che l'indipendenza risulta compromessa.

La principale funzione del revisore contabile (sia che essa sia svolta dalla persona fisica che da una società) è la redazione della relazione al bilancio.

La relazione comprende (art. 14, comma 2, d.lgs. n. 39/2010): 1. un paragrafo introduttivo che identifica il bilancio sottoposto a revisione e il quadro delle regole di redazione applicate alla società; 2. una descrizione della portata della revisione svolta con l'indicazione dei principi di revisione osservati; 3. un giudizio sul bilancio che indica chiaramente se questo è conforme alle norme che ne disciplinano la redazione e se rappresenta in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria e il risultato economico dell'esercizio; 4. Eventuali richiami di informativa che il revisore sottopone all'attenzione dei destinatari del bilancio, senza che essi costituiscano rilievi; 5. Un giudizio sulla coerenza della relazione sulla gestione con il bilancio.

La responsabilità civile dei revisori contabili. Il principio della proporzione della colpa.

L'art. 15 d.lgs. n. 39/2010 (rimasto immodificato all'esito del d.lgs. n. 135/2016) recita: “I revisori legali e le società di revisione legale rispondono in solido tra loro e con gli amministratori nei confronti della società che ha conferito l'incarico di revisione legale, dei suoi soci e dei terzi per i danni derivanti dall'inadempimento ai loro doveri. Nei rapporti interni tra i debitori solidali, essi sono responsabili nei limiti del contributo effettivo al danno cagionato. 2. Il responsabile della revisione ed i dipendenti che hanno collaborato all'attività di revisione contabile sono responsabili, in solido tra loro, e con la società di revisione legale, per i danni conseguenti da propri inadempimenti o da fatti illeciti nei confronti della società che ha conferito l'incarico e nei confronti dei terzi danneggiati. Essi sono responsabili entro i limiti del proprio contributo effettivo al danno cagionato”.

Alla base dell'introduzione di tale innovativa disposizione è la Raccomandazione dell'UE del 2008 che aveva invitato gli Stati membri ad intervenire nella direzione di una limitazione della responsabilità civile dei revisori - sia delle società aperte sia delle chiuse - da conseguire mediante: a) la fissazione di un importo finanziario massimo o di una formula che consenta il calcolo di tale importo; b) la c.d. responsabilità proporzionata, o parziaria, che escluda un coinvolgimento del revisore al di là del proprio contributo effettivo, potendo il giudice determinare la precisa incidenza causale dell'illecito del revisore; c) una limitazione della responsabilità rimessa all'accordo tra le parti.

La norma, come si evince chiaramente dalla disamina dei commentatori più accreditati, è espressione del compromesso tra le spinte dei grandi gruppi di revisione, intenzionati a limitare la responsabilità civile derivante da i più recenti fenomeni di crack finanziari, in particolare delle società bancarie e finanziarie, e l'esigenza di non comprimere eccessivamente la tutela dei danneggiati (per lo più piccoli risparmiatori), a seguito dell'omesso o negligente controllo.

La principale innovazione introdotta dall'art. 15 d.lgs. n. 39/2010 - che ha, infatti, sostituito il richiamo all'art. 2407 c.c., operato dal primo comma dell'art. 2409-sexies c.c., che regolava la “responsabilità dei soggetti incaricati del controllo contabile” - è la previsione, accanto al generale richiamo della solidarietà tra il revisore (e la società di revisione) tra loro e l'amministratore della società, e tra il responsabile della revisione e i suoi dipendenti, tra loro e l'amministratore della società, di un'attenuazione di tale rigoroso principio costituita dall'applicazione nei rapporti interni del principio di proporzionalità secondo il criterio dell'”effettivo contributo al danno cagionato”.

Si è trattato, infatti, da un lato, di salvaguardare la centralità della funzione della revisione legale dei conti che offre “al mercato e ai suoi fruitori, oltre agli azionisti di minoranza, un arricchimento informativo mediante un giudizio professionale espresso con principi standardizzati”, visto che “le informazioni rilasciate sulle situazioni societarie e di bilancio cui si ricollegano i titoli offerti assumono grande rilevanza per sostenere la credibilità del mercato” e che “il legislatore ha offerto ai fruitori di questo particolare mercato una diretta protezione dai rischi derivanti da una negligente informazione, sancendo espressamente la responsabilità dell'ente che istituzionalmente ne certifica i bilanci” (Trib. Milano, 4 novembre 2008), e dall'altro, di applicare un principio di equità che impone di evitare che il revisore che ometta di esercitare la dovuta diligenza risponda per intero dei danni al pari degli amministratori, autori della frode.

Il modello introdotto dall'art. 15 d.lgs. n. 39/2010, per vero, è di importazione statunitense.

Invero, sono stati per primi gli americani a rinunciare alla “joint and several liability”, optando per il modello della “proportionate liability”, in base al quale, tenendosi conto dell'effettivo contributo causale al danno, “ognuno risponde solo per il suo comportamento”.

Pertanto, le società di revisione o i revisori che per colpa non hanno rilevato la falsità del bilancio rispondono, nei rapporti interni tra i componenti e nei confronti degli amministratori, solo secondo una percentuale della colpa totale dei vari soggetti che hanno contribuito a causare il danno, tenuto conto della condotta di ciascuno, nonché della natura e dell'estensione del nesso di causalità tra la condotta individuale ed il danno.

Differenza significativa, soprattutto rispetto alla regola della solidarietà, allorquando uno dei responsabili sia insolvente, in quanto la quota di questi viene allocata a carico del danneggiato.

Secondo la lettura più corretta, sulla quota di responsabilità addebitata ai revisori opererebbe solo il regresso degli eventuali diversi revisori che si siano susseguiti nell'attività, oppure del revisore principale rispetto al revisore secondario, ma non sarebbe possibile il regresso del vigilato (amministratore infedele) nei confronti del vigilante (revisore).

La limitazione di responsabilità, secondo il principio della proporzionalità, risponde, poi, nell'ordinamento italiano, alla considerazione per cui il soggetto incaricato della revisione contabile deve limitarsi a verificare la legalità della rappresentazione contabile.

Il compito del soggetto in parola si risolve, in altri termini, nel controllare il rispetto delle regole che disciplinano la redazione del bilancio e, segnatamente, dei principi generali della correttezza e della veridicità che presidiano le modalità di redazione dello stesso, “non dovendo”, invece, né “valutare nel merito le scelte economiche e finanziarie operate dagli amministratori, né sostituirsi all'eventuale fruitore del bilancio nell'analisi e nell'interpretazione dei dati in esso contenuti, né esprimere giudizi o prognosi circa le sorti economiche della società cliente” (Trib. Milano, 25 luglio 2008).

Nella decisione citata, infatti, il Tribunale di Milano ha aderito all'orientamento per cui la società di revisione adempie correttamente al proprio incarico qualora lo stesso venga svolto in conformità alle “comuni regole contabili e giuridiche”: rappresentando, perciò, il mancato rispetto di queste ultime il solo parametro di riferimento per dimostrare l'inadempimento posto in essere dalla società di revisione; è invece preclusa la possibilità di un riesame di merito delle scelte assunte dalla società (come per i sindaci, cfr. Trib. Como, 27 aprile 2016, per cui “La vigilanza del sindaco non si estende alla verifica della bontà o convenienza delle scelte gestionali - che compete agli amministratori della società e, in certi casi, ai soci -, bensì riguarda la legittimità delle scelte gestorie e la correttezza dei procedimenti decisionali”).

Il Tribunale ha, di fatto, ritenuto che il rispetto delle “regole giuridiche e della buona tecnica” integri quella diligenza professionale richiesta alla società di revisione: ciò, in linea con quell'orientamento, maggioritario in dottrina e giurisprudenza, secondo cui il contratto di revisione, stante il carattere eminentemente intellettuale della prestazione resa, deve essere ricondotto al contratto d'opera intellettuale e costituisce, pertanto, un obbligazione di mezzi e non di risultato (Cass. n. 7387/2001; Cass. n. 4044/1994).

Quanto alla distribuzione dell'onere della prova, in maniera analoga alla disciplina in materia di responsabilità sanitaria (almeno fino alla recente modifica introdotta dalla cd. “Legge Balduzzi”), si è ritenuto che fosse più agevole per il professionista dimostrare le circostanze che attestino la correttezza tecnica del suo operato: mentre, invece, il soggetto leso, non essendo un tecnico del settore, si è detto non avere quelle conoscenze necessarie per potere individuare specificatamente l'errore professionale. Di qui la soluzione accolta della Cassazione per cui (partendo dal presupposto che “un” risultato “è dovuto” in tutte le obbligazioni anche quelle di mezzi) rimane a carico del presunto soggetto inadempiente l'onere di dimostrare che tale inadempimento non vi è stato, ovvero che pure esistendovi, esso non è stato eziologicamente rilevante (cfr. Cass. S.U. n. 577/2008).

Si ritiene, infine, che la diligenza richiesta ai revisori ha come parametro di riferimento i principi di revisione elaborati dagli organismi professionali, intese come quelle regole giuridiche e quella buona tecnica, attualmente rappresentate dagli ISA, richiamati nell'attuale d.lgs. n. 135/2016.

La diligenza richiesta ai revisori non è quella del buon padre di famiglia, disciplinata dall'art. 1176 comma 1 c.c., bensì quella specifica contenuta nell'art. 1176 comma 2 c.c., il quale stabilisce che: “nell'adempimento delle obbligazioni inerenti l'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve essere valutata con riguardo alla natura dell'attività esercitata”.

La stessa dottrina e la stessa giurisprudenza hanno, però, poi precisato che il rispetto di detti standard rappresenta un mero « indizio » in ordine all'agire della società di revisione in conformità della diligenza richiesta; indizio che, in quanto tale, potrà essere superato dall'esame del caso concreto.

Vi saranno, così, ipotesi in cui il rispetto dei principi di revisione non sarà sufficiente: esso dovrà, pertanto, essere integrato da quelle procedure di verifica rese indispensabili dalle circostanze oggettive; specularmente, si potrebbero configurare delle ipotesi in cui, nonostante il mancato rispetto degli standard di revisione, sia comunque possibile dimostrare di avere impiegato metodi altrettanto adeguati.

La natura del responsabilità civile dei revisori verso i terzi

La società di revisione è chiamata con il suo operato a tutelare non solo la società conferente l'incarico, con cui sussiste chiaramente un rapporto di natura contrattuale, ma pure i soci e i terzi, destinatari, al pari della società revisionata, del controllo contabile svolto dalla società di revisione.

Come anticipato, infatti, la funzione principale della revisione contabile è quella di fornire agli azionisti e ai terzi un giudizio indipendente sulla regolarità dei bilanci redatti dagli amministratori - giudizio che, in quanto espressione professionale, crea un legittimo affidamento sulla regolarità del documento sociale - e di fornire, indirettamente, un contributo alla tutela della trasparenza e della fiducia nei mercati finanziari.

Soprattutto la dottrina si è interrogata sulla natura di tale responsabilità ma, mentre quella dominante propende per la natura extracontrattuale, vi sono, tuttavia, alcuni studiosi che ancora propendono per la natura contrattuale di detta responsabilità o, quanto meno, per la natura di responsabilità per violazione di doveri di protezione che incombono sui revisori, con tutti i conseguenti riflessi in ordine di onere della prova.

Anzi, alcuni hanno ritenuto che proprio la nuova disciplina dell'art. 15 citato, abbia confermato che tale responsabilità può concorrere, da un lato, con quella della società oggetto della revisione, dall'altro con quella dei suoi amministratori, ai quali sia imputabile la redazione irregolare del bilancio, su cui successivamente il revisore abbia espresso una valutazione ingiustamente positiva di copertura e dal quale è derivato poi il danno rivendicato dai terzi (di natura ab origine, appunto contrattuale).

L’azione di responsabilità può essere esperita anche nei confronti del revisore dal curatore: l’art. 146 l. fall.  disciplina le azioni di responsabilità esperibili dalla curatela e riassume in sé l’azione sociale, ex art. 2393 c.c., e quella spettante ai creditori, ex art. 2394 c.c.; la norma ha natura processuale ed è meramente ricognitiva della legittimazione del curatore ad esercitare le azioni di responsabilità civilistiche, presentando una formulazione ampia rispetto ai soggetti passivi destinatari della predetta azione.

In particolare, l’ampia nozione di organi di controllo non può essere circoscritta ai soli componenti del collegio sindacale, ma, tenuto conto dell’attività espletata, può ragionevolmente essere estesa anche ai revisori, in quanto soggetti deputati al controllo contabile della società (Trib. Bologna Sez. spec. Impresa, 12/12/2019, n.2651).

La prescrizione dell'azione di risarcimento dei danni.

Il comma 3 dell'art. 15 citato, prescrive che “L'azione di risarcimento nei confronti dei responsabili ai sensi del presente articolo si prescrive nel termine di cinque anni dalla data della relazione di revisione sul bilancio d'esercizio o consolidato emessa al termine dell' attività di revisione cui si riferisce l'azione di risarcimento”.

Si tratta di un'importante innovazione rispetto al regime previgente che faceva decorrere il termine di prescrizione dalla cessazione dell'incarico (art. 2409 sexies comma 3 c.c.).

Nel nuovo assetto, la permanenza dell'incarico non sospende il termine di decorrenza della prescrizione, contrariamente a quanto previsto per gli amministratori ex art. 2941 n. 7 c.c. e a quanto esteso, ad opera della dottrina, ai sindaci.

E ciò in linea a quanto previsto in materia di dies a quo della prescrizione dell'azione risarcitoria nei confronti dei sindaci (Trib. Roma XIII, 15 febbraio 2016, n. 2986 per cui “L'azione di natura extracontrattuale spiegata art. 2395 c.c. nei confronti degli amministratori ed ex art. 2407 c.c. nei confronti del sindaco impone di collocare il "dies a quo" di prescrizione quinquennale nel giorno in cui l'errore eventualmente commesso è stato percepibile all'esterno secondo la ordinaria diligenza”; Trib. Lodi 23 giugno 2006, n. 422).

Quanto alla giurisdizione in ambito di azione di responsabilità degli amministratori e revisori di una società a partecipazione pubblica fallita, la giurisprudenza di legittimità da ultimo ha chiarito la spettanza dell'azione alla cognizione del g.o. (cfr. Cass. S.U., n. 22406/2018:  spetta all'autorità giudiziaria ordinaria la giurisdizione in ordine alla controversia instaurata, ai sensi dell'art. 146, comma 2, l. fall. (che cumula le diverse azioni previste dagli art. 2393 e 2394 c.c. a favore della società e dei creditori sociali), dal curatore fallimentare di una società a partecipazione pubblica (a prescindere dalla circostanza che questa sia o meno da qualificare come società in house di un ente pubblico) dichiarata fallita, per l'accertamento della responsabilità degli amministratori, dei sindaci, del direttore generale e del revisore dei conti della società stessa, nonché (ai sensi dell'art. 2497 c.c.) dell'ente pubblico titolare della partecipazione sociale, in relazione ai danni cagionati da tali soggetti alla società e ai suoi creditori (in motivazione, si precisa che la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria non esclude la responsabilità per danno erariale dei medesimi soggetti, perseguibile, ricorrendone i presupposti, davanti alla giurisdizione contabile).

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