Comparsa di risposta per risarcimento del danno da inadempimento contrattuale dell'ingegnere

Giovanna Nozzetti

Inquadramento

L'ingegnere, convenuto in giudizio dalla committente che ne lamenta l'inadempimento contrattuale per non aver correttamente individuato la causa dei danni all'immobile di sua proprietà, esponendola alla soccombenza nel giudizio promosso contro il Condominio, si costituisce in giudizio e contesta la propria responsabilità, invocando la speciale difficoltà della prestazione richiestagli e il regime favorevole previsto dall'art. 2236 c.c.

Formula

TRIBUNALE DI ....

R.G. ....- G.U. DOTT. ....

COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA

PER

L'Ing. .... (C.F. ....) [1], nato a .... il ..../..../.... , residente in .... alla via .... n. ...., rappresentato e difeso dall'Avv. .... [2] (C.F. ....) [3], con domicilio eletto in .... alla via .... n. .... presso lo studio dell'Avv. ...., giusta procura [4] in calce al presente atto e reso su foglio separato, dichiarando di voler ricevere tutte le comunicazioni e gli avvisi di cui agli artt. 133 comma 3, 134 comma 3, 170 comma 4 e 176 comma 2 c.p.c., anche al seguente numero di fax ...., [5] ovvero al seguente indirizzo PEC: ....@ ....

-convenuto-

CONTRO

La Sig.ra > ...., rappresentata e difesa dall'Avv. ....

-attrice-

PREMESSO

In data ...., la Sig.ra .... lamentava danni da infiltrazioni all'immobile di sua proprietà. sito in .... alla via .... n. ....;

Al fine di far accertare la fonte delle infiltrazioni e l'ammontare del danno subito, la Sig.ra .... conferiva l'incarico di consulenza tecnica all' Ing. ...., con studio in ....

All'esito dell'accesso presso l'immobile, con elaborato peritale del ...., l'Ing. .... attribuiva la responsabilità dell'infiltrazione al Condominio .... a causa dell'usura della guaina del tetto della struttura condominiale.

In data ....la Sig.ra citava in giudizio il Condominio ....;

Il Tribunale di ...., con sentenza ...., rigettava le domande della Sig.ra .... ritenendole totalmente infondate poiché i danni subiti erano addebitabili ad un malfunzionamento dell'impianto idrico dell'appartamento di proprietà della stessa (anch'esso posto sul terrazzo condominiale) e non del Condominio ...., e di conseguenza la condannava al pagamento delle spese processuali;

In data .... l'odierna attrice citava in giudizio l'Ing. .... al fine di vederlo condannato al risarcimento dei danni subiti a seguito dell'errata prestazione professionale;

Con il presente atto l'Ing. .... si costituisce in giudizio al fine di resistere alle avverse domande, in quanto infondate, come emergerà anche dai seguenti

MOTIVI

L'avversa domanda attorea è del tutto destituita di fondamento, avendo l'odierno comparente eseguito l'incarico conferitogli, secondo i canoni della diligenza professionale richiesti, e su specifica indicazione della committente.

Difatti l'Ing. .... in data ...., a seguito di un sopralluogo nell'immobile della Sig.ra .... e di un'attenta attività peritale, riscontrava un'usura importante sulla guaina del tetto della struttura del Condominio sito in .... alla via ...., che aveva indotto, in maniera incolpevole, in errore l'odierno comparente circa la provenienza delle infiltrazioni.

Data la difficoltà del sopralluogo che avveniva sul tetto del condominio cui si accedeva da una piccola botola, e la mancanza di misure di sicurezza che permettessero un lavoro più attento e meticoloso, l'Ing. .... sin da subito informava la Sig.ra della non certezza assoluta della causa del danno come può evincersi dalla relazione del .... compilata dal professionista oggi comparente.

Nel caso di specie dunque è di palmare evidenza che l'attività posta in essere dall' ingegnere fosse particolarmente complicata, con conseguente operatività dell'art. 2236 c.c., a mente del quale quando la prestazione professionale implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il professionista non risponde dei danni se non in caso di dolo o di colpa grave.

Detta disposizione va interpretata nel senso che l'impegno intellettuale richiesto in tali casi sia superiore a quello professionale medio, con conseguente presupposizione di preparazione e dispendio di attività anch'esse superiori alla media (Cass. n. 5928/2002).

Pertanto, nessun inadempimento può configurarsi a carico dell'Ing. ....

Per quanto sopra, l'Ing. ...., come sopra rappresentato, difeso e domiciliato, con il presente atto

CONCLUDE

Affinché l'On.le Tribunale adito voglia:

1. Accertare e dichiarare l'assenza di responsabilità in capo all' Ing. .... per i danni per cui è causa e per l'effetto rigettare l'avversa domanda risarcitoria in danno dell'odierno comparente per i motivi tutti di cui al presente atto;

2. Con vittoria della spese di lite.

Con riserva di formulare le istanze istruttorie nei termini di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., che sin d'ora si richiedono.

Si depositano i seguenti documenti in copia:

1) Atto di citazione notificato in data ....;

2) Relazione tecnica a firma dell' Ing. ....

3) ....

Ai sensi e per gli effetti del d.P.R. n. 115/2002, si dichiara che il presente atto non contiene domande riconvenzionali né istanze di chiamata di terzi in causa, onde non sconta alcun contributo unificato.

Luogo e data ....

Firma Avv. ....

PROCURA AD LITEM

Il sottoscritto Ing. .... (C.F. .... ), nato a .... il .... e residente in .... alla via ...., informato ai sensi dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto, con la presente conferisco incarico all'Avv. .... (C.F. .... ) a rappresentarmi e difendermi nel giudizio da promuovere dinanzi al Tribunale di ...., ivi comprese le fasi esecutive e di impugnazione che da questo conseguono, con ogni più ampia facoltà di legge; a tal uopo conferisco, altresì, al nominato procuratore ogni facoltà di legge, comprese quelle di conciliare, incassare, quietanzare, rinunziare e transigere, con promessa di rato e fermo del suo operato; lo autorizzo, infine, al trattamento dei miei dati personali, conformemente alle norme del d.lgs. n. 196/2003 e limitatamente alle finalità connesse all'esecuzione del presente mandato. Eleggo domicilio presso il suo studio in ....alla via ...., n. ....

Luogo e data ....

Ing. ....

È autentica

Firma Avv. ....

[1] Ai sensi dell'art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., nella l. 15 luglio 2011, n. 111, in tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il C.F., oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio.

[2] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002 modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., nella legge n. 114/2014.

[3] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c..

[4] La procura può essere apposta in calce o a margine della citazione (art. 83 c.p.c.). Può anche trattarsi di una procura generale alle liti, i cui estremi vanno in tal caso menzionati. In questo caso è preferibile produrre copia della procura. La procura speciale, invece, può essere apposta in calce o a margine della citazione. Nell'ipotesi di scelta di deposito telematico della citazione (art. 16-bis comma 1-bis d.l. n. 179/2012) occorrerà indicare la seguente dicitura: «giusta procura allegata mediante strumenti informatici e apposta in calce al presente atto di citazione ai sensi dell'art. 83 comma 3 c.p.c.».

[5] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione citata sub nota 3. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla disposizione testè ricordata, «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

Commento

La responsabilità del professionista tecnico - obbligazioni di mezzi e di risultato

Si afferma da tempo che le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, si impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato sperato, ma non a conseguirlo; per tale ragione - fatta eccezione per i casi in cui la realizzazione del risultato sia espressamente dedotta in contratto quale contenuto dell'obbligazione professionale (si pensi alla prestazione del progettista o all'attività di engineering) - l'inadempimento del professionista non può essere desunto senz'altro dal mancato raggiungimento del risultato utile avuto di mira dal cliente, ma deve essere valutato alla stregua della violazione dei doveri inerenti lo svolgimento della prestazione professionale e, in particolare, del dovere di diligenza. Quest'ultimo, peraltro, in applicazione del principio fissato dall'art. 1176 comma 2 c.c., deve adeguarsi alla natura dell'attività esercitata, sicché la diligenza che il professionista deve impiegare nello svolgimento dell'attività professionale è quella propria del professionista di media preparazione ed attenzione.

La diligenza richiesta è quella dunque qualificata dalla natura tecnica della prestazione, che tuttavia non si esaurisce nella sola perizia, involgendo anche la prudenza, l'accortezza, l'attenzione, la cura.

È noto che in tempi recenti, la distinzione tra obbligazione di mezzi e di risultato è stata oggetto di rimeditazione da parte di dottrina e giurisprudenza, specie successivamente alla celebre pronuncia con cui le Sezioni Unite della Suprema Corte (Cass. S.U., n. 13533/2001) hanno risolto in via generale il riparto dell'onere probatorio in materia contrattuale, senza richiamare in alcun modo la dicotomia in argomento.

Si è al riguardo osservato che qualunque obbligazione si risolve in una condotta funzionale alla produzione di un risultato utile al creditore ... «che non esistono obbligazioni nelle quali il risultato possa prescindere da un dovere di condotta, così come non esistono obbligazioni nelle quali la condotta non sia orientata positivamente alla produzione di un risultato utile al creditore ... qualunque obbligazione, è sempre finalizzata a riversare nella sfera giuridica del creditore, un'utilitas oggettivamente apprezzabile che può consistere ora nella stessa attività del debitore ora in un effetto utile che nell'attività del debitore trova la sua causa. Con l'ulteriore specificazione, che è possibile identificare obbligazioni, per così dire di risultato, nell'ipotesi in cui il risultato viene a trovarsi in un rapporto di causalità necessaria con l'attività del debitore, ovvero, il raggiungimento del risultato non dipende da alcun altro fattore estraneo al comportamento del debitore. E, viceversa, in tutte le ipotesi in cui il raggiungimento del risultato dipende oltre che dal comportamento del debitore dalla concomitanza di ulteriori fattori, l'obbligazione può continuarsi a qualificare quale obbligazione di mezzi» (Cass. II, n. 4876/2014).

La distinzione riecheggia, tuttavia, ancora nella più recente giurisprudenza di merito e di legittimità [6] ed assume rilevanza ai fini della delimitazione dell'oggetto dell'obbligazione professionale e conseguentemente nello scrutinio circa l'assolvimento dell'onere probatorio gravante sul professionista: se infatti l'adempimento coincide con la piena realizzazione dello scopo perseguito dal creditore, indipendentemente dall'attività e dalla diligenza impiegate dall'altra parte per conseguirlo, l'obbligazione (di risultato) potrà considerarsi adempiuta soltanto quando si sia realizzato il fine previsto come conseguenza dell'attività tecnica prestata dal debitore, per cui il creditore potrà limitarsi ad allegare la mancata realizzazione del risultato mentre il professionista potrà liberarsi dalle conseguenze dell'inadempimento soltanto dimostrando che detto risultato è mancato per causa a sé non imputabile; viceversa, nelle obbligazioni di mezzi, quando la prestazione del debitore non è mancata del tutto, grava sul committente l'onere di allegare (e provare) l'erroneità della prestazione professionale ricevuta specificando quei profili di inadeguatezza della prestazione in cui si concreta il fatto dell'inadempimento (o dell'inesatto adempimento), il danno ed il nesso di causalità tra la prima ed il secondo, incombendo al professionista l'onere di dimostrarne l'adeguatezza, ovvero di dar prova dell'impossibilità, a lui non imputabile, della perfetta esecuzione della prestazione stessa (Cass. III, n. 17871/2003).

Colui che esercita un'attività professionale è, infatti, responsabile anche per colpa lieve, salvo che la prestazione dedotta in contratto implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, in quanto in quest'ultimo caso egli è tenuto al risarcimento dei danni unicamente per dolo o per colpa grave (art. 2236 c.c.).

Incorre, dunque, in colpa professionale il professionista che trascura di impiegare i mezzi e le energie utili al perseguimento del risultato desiderato dal cliente o che non tiene conto, nello svolgimento della propria attività, delle nozioni che sono acquisite alla scienza e alla tecnica, dal momento che la preparazione scientifica e tecnica costituiscono parte integrante della prestazione professionale.

Nel concetto di colpa professionale vanno inoltre incluse la temerarietà sperimentale e ogni imprudenza che denoti superficialità e disinteresse per i beni che il cliente abbia affidato alle cure del professionista.

Tra i comportamenti che il rispetto del dovere di diligenza impone al professionista rientrano anche quelli informativi, costituenti il contenuto di obblighi integrativi del contratto d'opera professionale, funzionali alla migliore tutela degli interessi del cliente.

Al professionista che, pur non avendo le competenze proprie della categoria professionale cui appartiene, ometta di informarne il cliente e accetti comunque l'incarico la giurisprudenza imputa una responsabilità a titolo contrattuale, per imperizia, quando la prestazione richiesta al professionista rientra tra quelle proprie della professione esercitata e il cliente legittimamente ripone affidamento nel fatto che possa essere regolarmente adempiuta. Si afferma, in tal caso, che l'impossibilità soggettiva di eseguire la prestazione, l'inattitudine all'adempimento, non costituisce un'ipotesi di impossibilità originaria della prestazione e non vale ad esimere il debitore dalla responsabilità per inadempimento: ciò in quanto il contraente di un contratto sinallagmatico ha l'onere di verificare, in concreto, la propria capacità di adempiere le obbligazioni assunte, così che deve considerarsi in colpa (art. 1218 c.c.) ove contragga obblighi pur potendo prevedere, in base alla comune diligenza, di non essere in grado di mantenerli (Cass. n. 10019/1997).

Ad analoga conclusione si perviene anche in relazione alle inesattezze della prestazione derivanti dalla mancanza di adeguate conoscenze tecniche nonché nelle fattispecie in cui l'inadempimento discenda dalla mancata previsione, al momento dell'assunzione dell'obbligazione, di un futuro evento impeditivo della prestazione o dalla mancanza degli strumenti indispensabili per condurre la prestazione a compimento.

In ordine alla possibilità di configurare una responsabilità contrattuale derivante dall'assunzione dell'obbligazione, in dottrina si registrano opinioni contrastanti, ravvisandosi da parte di taluni autori una culpa in contrahendo del professionista, con conseguente natura precontrattuale della responsabilità e limitazione del risarcimento al solo interesse negativo del cliente (con esclusione del lucro che il cliente si attendeva di conseguire; si pensi al professionista che si fosse impegnato a far conseguire al cliente la licenza necessaria all'esercizio di una determinata attività).

Nel diverso caso in cui la prestazione professionale abbia richiesto l'impiego di competenze estranee a quelle della professione esercitata, il cliente che sia stato compiutamente edotto della situazione e dei rischi cui si esponeva non può poi dolersi nei riguardi del professionista di eventuali profili di imperizia dell'attività.

Lo speciale regime previsto dall'art. 2236 c.c.

La giurisprudenza è concorde nel limitare l'ambito applicativo dell'esenzione della responsabilità del professionista da colpa lieve al solo ambito dell'imperizia ricollegabili alla particolare difficoltà dei problemi tecnici che l'attività professionale, in concreto, renda necessario affrontare (vds. Cass. n. 6937/1996; Corte cost. n. 166/1973). Pertanto per i danni ricollegabili a negligenza o imprudenza il professionista risponde per colpa lieve, anche nel caso in cui la prestazione abbia implicato la soluzione di problemi tecnici particolarmente difficili.

Sussiste il requisito della speciale difficoltà della prestazione quando si prospetti l'esigenza di risolvere questioni tecniche particolarmente complesse, per le quali è richiesto da parte del professionista uno sforzo intellettuale, un'abilità o una preparazione superiori a quelle medie, con conseguente dispendio di attività corrispondentemente maggiori (Cass. n. 2334/2011), nonché nel caso in cui si profilino aspetti tecnici straordinari, eccezionali o nuovi, cioè non adeguatamente studiati dalla scienza o sufficientemente sperimentati nella pratica (vds. Cass. n. 2042/2005, in tema di responsabilità sanitaria).

L'onere di dimostrare la sussistenza di quel "quid pluris" che potrebbe comportare una attenuazione della responsabilità incombe in ogni caso sul professionista (Cass. II, n. 5928/2002).

La nozione di colpa grave in campo professionale comprende sia gli errori che non sono scusabili per la loro grossolanità sia le ignoranze incompatibili con il grado di addestramento o di preparazione che una data professione richiede o che la reputazione di un professionista dà motivo di ritenere esistenti, sia la temerarietà sperimentale; è dunque riscontrabile - come si ricava dalla giurisprudenza in tema di colpa medica - nella mancanza del livello minimo di perizia esigibile da un buon professionista, ovvero nella macroscopica divergenza tra la prestazione tecnica dovuta e quella effettivamente resa.

[6] Vds. Cass. II, n. 1214/2017, secondo cui «L'architetto, l'ingegnere o il geometra, nell'espletamento dell'attività professionale consistente nell'obbligazione di redigere un progetto di costruzione o di ristrutturazione di un immobile, è debitore di un risultato, essendo il professionista tenuto alla prestazione di un progetto concretamente utilizzabile, anche dal punto di vista tecnico e giuridico, con la conseguenza che l'irrealizzabilità dell'opera, per erroneità o inadeguatezza del progetto affidatogli, dà luogo ad un inadempimento dell'incarico ed abilita il committente a rifiutare di corrispondere il compenso, avvalendosi dell'eccezione di inadempimento».

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