Comparsa di costituzione con domanda riconvenzionale per danni derivanti da violazione degli obblighi informativi dell'agente

Maria Carolina De Falco

Inquadramento

Ai sensi dell'art. 1742 c.c., l'oggetto del contratto di agenzia e del principale obbligo dell'agente consiste nella promozione della conclusione di contratti per conto del preponente, in una zona determinata e con carattere di stabilità, ed in tutte le attività propedeutiche a tale promozione, quali quelle di impulso, di agevolazione e dirette a convogliare i potenziali clienti verso l'acquisto del prodotto del preponente, ovvero a orientare la clientela in conformità alle informazioni ricevute.

Invero, “Nel contratto di agenzia la prestazione dell'agente consiste in atti di contenuto vario e non predeterminato che tendono tutti alla promozione della conclusione di contratti in una zona determinata per conto del preponente, quali il compito di propaganda, la predisposizione dei contratti, la ricezione e la trasmissione delle proposte al preponente per l'accettazione; l'attività tipica dell'agente di commercio non richiede, quindi, necessariamente la ricerca del cliente ed è sempre riconducibile alla prestazione dedotta nel contratto di agenzia anche quando il cliente, da cui proviene la proposta di contratto trasmessa dall'agente, non sia stato direttamente ricercato da quest'ultimo ma risulti acquisito su indicazioni del preponente (o in qualsiasi altro modo), purché sussista nesso di causalità tra l'opera promozionale svolta dall'agente nei confronti del cliente e la conclusione dell'affare cui si riferisce la richiesta di provvigione. In ogni caso, perché possa configurarsi un contratto di agenzia non occorre che l'agente abbia la possibilità di fissare prezzi e sconti e comunque quella di modulare le condizioni del servizio alle peculiari esigenze dei clienti del servizio stesso, potendo la standardizzazione delle condizioni di vendita rendere preminente l'azione di propaganda rispetto a quella di preparazione e allestimento del contratto” (Cass. sez. lav., n. 6482/2004).

Il diritto di esclusiva ex art. 1743 c.c. costituisce un elemento solo naturale del contratto di agenzia (cfr. Cass. II, n. 14667/2004), mentre la stabilità e la riferibilità ad zona di azione - elementi, questi invece, essenziali del contratto - implicano il conferimento di un incarico preordinato non già ad un singolo affare, o a più affari determinati, bensì “a tutti gli affari possibili in una determinato periodo di tempo e in una determinata zona nell'interesse del preponente ed in continua coordinazione con la sua attività” (cfr. Cass. II, n. 4942/1985; Cass. II, n. 58/1985).

Da canto suo, il preponente deve fornire la cooperazione indispensabile all'agente per lo svolgimento della sua attività, ma non è obbligato a concludere tutti i contratti dallo stesso proposti indipendentemente da ragioni di convenienza, e ciò al fine di salvaguardare la sua incomprimibile libertà di iniziativa economica.

Nel presente atto il cliente, convenuto in giudizio per il pagamento del corrispettivo della prestazione di agenzia (immobiliare), invoca, al fine di ritenersi esente da qualunque pagamento, la violazione degli obblighi informativi incombenti sull'agente (immobiliare) per non aver adeguatamente controllato la dichiarazione del venditore circa la libertà dell'immobile da “pesi e gravami”.

In più, tenuto conto che il venir meno del trasferimento immobiliare pattuito per l'esecuzione coattiva subita dal bene a favore di terzi gli aveva provocato danni consistenti nel dover ricercare altro immobile, formula domanda riconvenzionale diretta ad ottenere il ristoro di tale lesione patrimoniale.

Formula

TRIBUNALE DI .... [1]

R.G....Giudice....Udienza....

COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA CON DOMANDA RICONVENZIONALE

PER

il Sig. .... nato a ...., il ...., C.F. ...., residente in ...., via ...., rappresentato e difeso, per mandato in calce/a margine del presente atto dall'Avv. ...., C.F. .... [2], presso il cui studio elettivamente domicilia in ...., via .... [3] Si dichiara di voler ricevere tutte le comunicazioni relative al presente procedimento al fax n.... [4], ovvero all'indirizzo PEC .... [5],

- convenuto -

CONTRO

Agenzia .... in persona del legale rapp.te p.t., rapp.ta e difesa dall'Avv. ....

- attrice -

FATTO

Con atto di citazione notificato in data .... (documento 1), l'Agenzia conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di ...., il Sig. .... chiedendo la corresponsione della somma di euro ...., quale compenso a titolo di mediazione.

In punto di fatto specificava che in data ...., il convenuto aveva sottoscritto nei locali dell'agenzia, la promessa di acquisto di un immobile, sito in ...., via ...., identificato al Catasto Urbano di .... al foglio numero ...., particella .... sub .... La promessa fu redatta di pugno dal titolare dell'agenzia, riportava l'indicazione del conferimento di procura speciale generale da parte del Sig. ....

Alla detta sottoscrizione tuttavia quest'ultimo non provvedeva a versare la somma dovuta per la mediazione, pari alla percentuale del ...., sull'importo dell'affare immobiliare.

Per tale ragion l'Agenzia chiedeva l'adempimento del contratto di agenzia numero ...., stipulato in data ...., ed il conseguente pagamento della somma di euro ...., oltre accessori di legge.

Con il presente atto si costituisce in giudizio il Sig. .... il quale, nell'eccepire e contestare tutto quanto riportato nell'atto introduttivo perché infondato in fatto e in diritto, contestualmente propone formale domanda riconvenzionale alla luce delle seguenti considerazioni in

DIRITTO

Ad integrazione e completamento di quanto riferito da parte avversa va puntualizzato che nella proposta di acquisto del succitato immobile, alla voce descrizione del bene, vi era la dicitura “libera da ipoteche per l'atto notarile”. In data .... sempre nei locali dell'agenzia e con atto redatto dalla titolare dell'agenzia, nella sua qualità di procuratore speciale generale dei proprietari, venne sottoscritta la promessa di vendita. In detto documento si dava ulteriormente atto che il rogito notarile sarebbe stato effettuato entro il mese di .... e che la somma di euro .... già versata era da considerarsi caparra confirmatoria, e che l'immobile promesso in vendita sarebbe stato trasmesso “libero da pesi e vincoli ipoteche trascrizioni pregiudizievoli e quant'altro”.

Ciò malgrado il rogito non veniva mai stato stipulato perché' l'immobile in data .... veniva venduto all'asta a seguito della procedura esecutiva innanzi al Tribunale di ...., G.E...., R.G.E...., promossa dal sig. Sempronio (documento 2).

Al riguardo giova evidenziare che l'agente immobiliarenon è tenuto solo a far incontrare e a tentare di mettere d'accordo venditore e compratore: al contrario, gli competono ulteriori oneri ben più importanti, soprattutto alla luce di tutelare l'acquirente che, rivoltosi a lui, non deve essere condotto sulla strada di un “cattivo affare”.

Invero, l'art 1746 c.c. stabilisce che nell'esecuzione dell'incarico l'agente deve tutelare gli interessi del preponente e agire con lealtà e buona fede. In particolare, deve adempiere l'incarico affidatogli in conformità delle istruzioni ricevute e fornire al preponente le informazioni utili per valutare la convenienza dei singoli affari.

A tal proposito è stato chiarito che l'obbligo di informazione imposto all'agente dall'art 1746 c.c., pur avendo carattere secondario e strumentale rispetto all'obbligo principale di promuovere la conclusione di affari, assume, in concreto, una rilevanza tale da giustificare, in caso di sua violazione, la risoluzione del rapporto per colpa dell'agente.

Così, secondo un recente arresto dellaCassazione [6], l'agente è tenuto a comunicare al cliente se l'immobile è soggetto a unpignoramento. Difatti, nel caso di presenza di unaesecuzione forzata, che per ovvie ragioni renda non perseguibile l'affare, l'intermediario sarà obbligato alrisarcimento del dannonei confronti dell'interessato alla vendita. L'incarico professionale a lui affidato comprende, infatti, anche lo svolgimento di indagini tecnico giuridiche sul bene oggetto di trattative.

Nella detta sentenza, insomma, si ribadisce che l'agente professionale è tenuto all'obbligo di verificare tutte leinformazioni a lui notee anche quelle a lui sconosciute, tuttavia acquisibili con l'uso delladiligenza professionaledel caso, in tal modo non potendosi limitarsi a dire all'acquirente solo ciò che gli riferisce il venditore, ma ha l'obbligo di verificare egli stesso che la casa non sia oggetto di pesi o di esecuzioni forzate.

Di talché sussiste il diritto del Sig. .... ad ottenere il conseguente risarcimento dei danni per la perdita patrimoniale subita, da quantificarsi in complessivi euro ...., oltre accessori di legge.

Tutto ciò premesso il convenuto, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato, rassegna le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia l'Ecc.mo Tribunale adito, rigettata ogni avversa istanza, domanda ed eccezione, così provvedere:

- nel merito, rigettare la domanda attrice perché priva di ogni fondamento sia in fatto che in diritto;

- in via riconvenzionale, accertato e dichiarato l'inadempimento contrattuale ex combinato disposto artt. c.c. 1746 e 1218 da parte della società convenuta e la conseguente risoluzione contrattuale, condannarla al risarcimento dei danni determinati in euro ...., o nella diversa somma, maggiore o minore, che l'Ecc.mo Tribunale dovesse ritenere, oltre interessi e rivalutazione come per legge.

Con vittoria di spese ed onorari ed attribuzione in favore del procuratore antistatario.

IN VIA ISTRUTTORIA

Si chiede di essere ammessi alla prova contraria sulle circostanze di fatto ex adverso articolate con gli stessi testi indicati da controparte e con i seguenti propri testi: 1) il Sig. .... residente in ....; 2) il Sig. .... residente in ....

Si chiede in caso di contestazione di parte avversa di nominarsi CTU al fine di accertare e quantificare il danno subito dal convenuto per la perdita patrimoniale subita.

Si allegano i documenti 1), 2), 3), 4) e 5) indicati nella narrativa del presente atto, riservandosi di produrne altri con le memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., la concessione dei cui termini sin da ora viene richiesta.

Luogo e data....

Firma Avv....

PROCURA

Delego l'Avv. ....a rappresentarmi e difendermi in ogni fase e grado del presente giudizio compresa quella di esecuzione degli emanandi provvedimenti.

Conferisco al suindicato procuratore ogni facoltà di legge, compresa quella di transigere, rinunciare agli atti, farsi sostituire.

Presa visione della Informativa al trattamento dati personali, definita in conformità al d.lgs. 196/03, autorizzo al trattamento dei miei dati personali, nell'ambito dell'incarico professionale conferito.

Eleggo domicilio in ...., via .... presso lo studio dell'Avv. ....

Luogo e data....

Sig. ....

È autentica

Firma Avv. ....

[1] In tema di competenza per territorio, ai fini della determinazione dei fori facoltativi alternativamente previsti dall'art. 20 c.p.c. (forum contractus e forum destinatae solutionis), va intesa come 'obbligazione dedotta in giudizio' l'obbligazione nascente dal controverso contratto, sia che di essa si chieda l'adempimento o l'accertamento, quale petitum della domanda giudiziale, sia che di essa venga prospettato l'inadempimento come causa petendi della domanda, mirante a conseguire, per effetto dell'inadempimento stesso, la risoluzione contrattuale ed il risarcimento dei danni. Parimenti, nell'ipotesi di sola richiesta di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, per la determinazione del foro competente deve farsi riferimento non già al luogo ove si è verificato l'inadempimento, ma a quello in cui si sarebbe dovuta eseguire la prestazione rimasta inadempiuta o non esattamente adempiuta, della quale il risarcimento è sostitutivo (vale a dire, quella originaria e primaria rimasta inadempiuta, non quella derivata e sostitutiva), e ciò anche quando il convenuto contesti in radice l'esistenza della obbligazione stessa. Pertanto, per giudice del luogo dove è sorta l'obbligazione non deve intendersi quello del luogo in cui, verificandosi il danno, è sorto il relativo diritto al risarcimento.

[2] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione sopra citata.

[3] L'elezione di domicilio nel Comune in cui ha sede il Tribunale adito è obbligatoria: essa individua il luogo legale ove effettuare le comunicazioni e notificazioni inerenti al processo: artt. 165 e 170 c.p.c.

[4] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione citata sub nota 2. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. 115/2002, come modificato dalla disposizione testè ricordata, «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

[5] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45 bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla l. n. 114/2014.

[6] Cass. III, n. 7178/2015.

Commento

Tratti distintivi del contratto di agenzia rispetto al contratto di lavoro subordinato ed altre fattispecie

Il rapporto di agenzia si qualifica per alcune peculiarità che lo connotano e che, pertanto, consentono di distinguerlo da altre fattispecie affini, prime tra tutte il rapporto di lavoro subordinato.

Invero, “l'elemento distintivo tra il rapporto di agenzia e il rapporto di lavoro subordinato va individuato nella circostanza che il primo ha per oggetto lo svolgimento a favore del preponente di un'attività economica esercitata in forma imprenditoriale, con organizzazione di mezzi e assunzione del rischio da parte dell'agente, che si manifesta nell'autonomia nella scelta dei tempi e dei modi della stessa, pur nel rispetto - secondo il disposto dall'art. 1746 c.c. - delle istruzioni ricevute dal preponente, mentre oggetto del secondo è la prestazione, in regime di subordinazione, di energie lavorative, il cui risultato rientra esclusivamente nella sfera giuridica dell'imprenditore, che sopporta il rischio dell'attività svolta” (Cass. sez. lav., n. 9696/2009; Trib. Milano, 3 marzo 2010; Cass. sez. lav., n. 9060/2004; Cass. II, n. 12756/2003; Cass. II n. 7087/2002; Cass. sez. lav., n. 9696/2009).

In definitiva, “Al fine di distinguere tra rapporto di lavoro subordinato e rapporto di agenzia deve considerarsi che elementi peculiari di quest'ultimo sono rappresentati dall'organizzazione da parte dell'agente di una struttura imprenditoriale, anche a livello soltanto embrionale, e dall'assunzione da parte dello stesso (e non già del preponente) del rischio per l'attività promozionale svolta, che si manifesta nell'autonomia dell'agente nella scelta dei tempi e dei modi della stessa, pur nel rispetto - secondo il disposto dall'art. 1746 c.c. - delle istruzioni ricevute dal preponente, ancorché con la predeterminazione solo indicativa degli itinerari, mensili o settimanali, da percorrere ovvero del numero di clienti da visitare e dell'obbligo di giornaliera informazione preventiva” (cfr. Cass. sez. lav., n. 12756/2003 che nella fattispecie esaminata ha confermato la decisione di merito che, con motivazione adeguata e immune da vizi, aveva ritenuto sussistente tra le parti un rapporto di lavoro subordinato in considerazione dell'accertata mancanza di assunzione a proprio carico, da parte del lavoratore, delle spese di gestione dell'attività e della insussistenza della capacità di autodeterminazione e quindi di una qualsiasi forma, sia pur minima, di organizzazione dell'impresa e di assunzione di rischio).

La qualificazione del rapporto va in ogni caso vagliata caso per caso, visto che “Il rapporto di agenzia - che è di natura autonoma - non è incompatibile con la soggezione dell'attività lavorativa dell'agente a direttive e istruzioni nonché a controlli, amministrativi e tecnici, più o meno penetranti, in relazione alla natura dell'attività ed all'interesse del preponente, nè con l'obbligo dell'agente di visitare e di istruire altri collaboratori, nè con l'obbligo del preponente medesimo di rimborsare talune spese sostenute dall'agente e neppure con l'obbligo di quest'ultimo di riferire quotidianamente al preponente” (Cass. sez. lav., n. 11264/2001).

Caratteri distintivi del contratto di agenzia sono la continuità e la stabilità dell'attività dell'agente di promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente nell'ambito di una determinata sfera territoriale, realizzando, in tal modo, una non episodica collaborazione professionale autonoma, con risultato a proprio rischio e con l'obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo; viceversa, il rapporto di procacciatore d'affari si concreta nella più limitata attività di chi, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all'imprenditore da cui ha ricevuto l'incarico di procurare tali commissioni; cosicché, mentre la prestazione dell'agente è stabile, avendo egli l'obbligo di svolgere l'attività di promozione dei contratti, la prestazione del procacciatore è occasionale, nel senso che dipende esclusivamente dalla sua iniziativa (cfr. Trib. Roma sez. lav., 7 gennaio 2014, n. 30; Cass. sez. lav., n. 13629/2005).

Mentre, ancora, “va qualificato come contratto di commissione e non di agenzia quello con cui un soggetto non si limiti a promuovere ovvero anche a concludere la vendita di autovetture in nome e per conto della casa costruttrice, bensì dopo aver acquistato dette vetture, provveda, con autonoma organizzazione, alla loro rivendita a terzi in nome proprio, ma per conto della casa costruttrice. Nè è incompatibile con tale qualificazione del contratto l'eventuale previsione dell'obbligo del commissionario di vendere esclusivamente veicoli della committente, di attenersi ai suoi programmi di vendita e di uniformarsi ai suoi indirizzi tecnici, pubblicitari e commerciali, poiché tali adempimenti sono volti a realizzare una più ampia tutela dell'interesse del committente, sul quale correlativamente può gravare (nell'ambito dello stesso rapporto sinallagmatico), l'onere patrimoniale di premi di incentivazione e sconti sul prezzo di vendita delle vetture” Cass. III, n. 4540/1986).

Il rapporto di broker è disciplinato, invece, dalla l. 792 del 1984 che l'ha definito “mediatore di assicurazione e riassicurazione” con il compito di esercitare professionalmente attività rivolta a mettere in diretta relazione con imprese di assicurazione o di riassicurazione, alle quali non sia vincolato con impegni di sorta, e svolge attività mediatizia, e la sua prestazione è caratterizzata da “un'attività di collaborazione intellettuale con l'assicurando nella fase che precede la messa in contatto con l'assicuratore, durante la quale non è equidistante dalle parti, ma agisce per iniziativa dell'assicurando e come consulente dello stesso, analizzando i modelli contrattuali sul mercato, rapportandoli alle esigenze del cliente, allo scopo di riuscire a ottenere una copertura assicurativa il più possibile aderente a tali esigenze e, in generale, mirando a collocarne i rischi nella maniera e alle condizioni più convenienti per lui.” (cfr. Cass. III, n. 12973/2010).

Al broker non possono applicarsi, neanche in via analogica, le norme sull'agenzia visto che “i contratti di assicurazione stipulati per il suo tramite sono da ricomprendere tra gli affari conclusi direttamente dalla compagnia, come tali non sottoposti al regime di esclusiva previsto dall'accordo nazionale agenti” (cfr. Cass. II, n. 8467/1998).

Il promotore finanziario, invece, disciplinato dalla l. n. 1/1991, ha un rapporto di collaborazione qualificabile come agenzia (App. Milano del 27 luglio 2001), senza che sia sussistente un rapporto di dipendenza (Cass. II, n. 21729/2010).

Nessuna relazione, poi, ha l'agente di viaggi con il contratto di agenzia, essendo la prestazione resa dal primo qualificabile esclusivamente come appalto di servizi (cfr. Trib. Bari 22 luglio 2010).

Infine, e solo a titolo esemplificativo, la differenza tra mandato ed agenzia consiste nel fatto che, anche quando gli incarichi sono conferiti dalla stessa parte, la mediazione riguarda un singolo affare, mentre l'agenzia riguarda un numero indeterminato di affari in un certo tempo ed in una certa zona e nel fatto che il mediatore è caratterizzato da una posizione di terzietà e, mentre l'agente svolge attività in favore esclusivo del preponente (cfr. Cass. I, n. 13184/2007); invece, la differenza tra agenzia e mandato non può essere fondata esclusivamente sulla circostanza che l'incaricato compia o meno atti giuridici per conto di colui che l'incarico lo ha affidato, essendo, invece, necessario ricorrere ad altri criteri quali la stabilità, e la serie indefinita di affari (cfr. Cass. I, n. 10265/1998).

Obblighi e responsabilita' dell'agente

Ai sensi dell'art 1746 c.c. “Nell'esecuzione dell'incarico l'agente deve tutelare gli interessi del preponente e agire con lealtà e buona fede. In particolare, deve adempiere l'incarico affidatogli in conformità delle istruzioni ricevute e fornire al preponente le informazioni riguardanti le condizioni del mercato nella zona assegnatagli, e ogni altra informazione utile per valutare la convenienza dei singoli affari. È nullo ogni patto contrario. Egli deve altresì osservare gli obblighi che incombono al commissionario ad eccezione di quelli di cui all'articolo 1736, in quanto non siano esclusi dalla natura del contratto di agenzia. È vietato il patto che ponga a carico dell'agente una responsabilità, anche solo parziale, per l'inadempimento del terzo. È però consentito eccezionalmente alle parti di concordare di volta in volta la concessione di una apposita garanzia da parte dell'agente, purché ciò avvenga con riferimento a singoli affari, di particolare natura ed importo, individualmente determinati; l'obbligo di garanzia assunto dall'agente non sia di ammontare più elevato della provvigione che per quell'affare l'agente medesimo avrebbe diritto a percepire; sia previsto per l'agente un apposito corrispettivo”.

Dalla violazione di ciascuno di tali obblighi nasce in favore del preponente il diritto di chiedere la risoluzione del rapporto e/o il risarcimento dei danni.

Ad esempio, “L'obbligo imposto all'agente dall'art. 1746 c.c., di fornire al preponente informazioni sulle condizioni di mercato nella zona assegnatagli, nonché ogni altra informazione utile per valutare la convenienza dei singoli affari (che si traduce nell'obbligo di informare, in generale, sullo sviluppo della concorrenza e sulle reali prospettive di penetrazione del mercato), pur avendo carattere secondario e strumentale rispetto all'obbligo principale di promuovere la conclusione di affari, può assumere, in concreto, una rilevanza tale da giustificare, in caso di sua violazione, la risoluzione del rapporto per colpa dell'agente, come avviene quando - secondo la valutazione insindacabile del giudice di merito - l'omissione delle informazioni, o l'inesattezza di quelle fornite, siano suscettibili di provocare gravi conseguenze negative sull'andamento commerciale dell'impresa preponente” (Cass. sez. lav., n. 7644/1996).

A proposito del corretto utilizzo delle informazioni acquisite anche nella fase successiva alla chiusura del rapporto con il preponente, “Il solo utilizzo da parte dell'ex agente di commercio di informazioni o conoscenze acquisite nel corso del rapporto di agenzia non costituisce condotta infedele, scorretta o illecita. È principio incontroverso quello secondo cui, in mancanza di un valido patto di non concorrenza stipulato ai sensi dell'art. 175 bis c.c., l'ex agente può rivolgersi alla clientela del suo ex preponente nella medesima zona e per lo stesso genere di beni” (Trib. Torino, 3 luglio 2015), visto che “La fattispecie della concorrenza sleale di cui all'art. 2598 c.c. è riconducibile ai soggetti del mercato in concorrenza tra loro e pertanto non è ravvisabile ove manchi il presupposto soggettivo del cosiddetto "rapporto di concorrenzialità". La mancata previsione di un patto di non concorrenza per il periodo successivo alla cessazione del rapporto non impedisce all'ex agente di svolgere la sua attività di promozione di altri prodotti presso i precedenti clienti, trattandosi di attività libera e lecita” (Trib. Torino I, 20 maggio 2015).

Sia ben inteso che la violazione, invece, del patto di non concorrenza previsto dall'art. 1751 bis c.c. potrà costituire giusta causa di recesso (Cass. I, n. 113/1990), oltre che fonte di obbligo al risarcimento dei danni a carico del preponente, e giustificherà un'azione inibitoria (Trib. Ravenna del 10 aprile 2001), oltre che la facoltà per l'ex preponente di agire ex art. 700 c.p.c. per impedire l'attività vietata, salvo che non sia espressamente prevista una clausola penale (cfr. Tribunale di Forlì 12 gennaio 2005).

Al di là di uno specifico patto, in ogni caso, l'agente deve comunque astenersi da qualunque attività che possa nuocere il preponente, in particolare evitando di fornire alla concorrenza notizie riservate o passando uno o più affari; tuttavia, è stato ritenuto non illegittimo un inizio di trattativa consistente nel fornire alla concorrenza un preventivo (cfr. Cass. sez. lav. n. 12555/2003), mentre invece è stata ritenuta in violazione del patto di non concorrenza la costituzione di una s.a.s. in concorrenza del preponente (App. L'Aquila 4 novembre 2002).

In caso di recesso del preponente, “analogamente a quanto previsto nei rapporti di lavoro privi di stabilità, ove non ricorra l'ipotesi della giusta causa, la parte che recede è obbligata a darne preavviso nel termine stabilito ai sensi dell'art. 1750 c.c. rimanendo tenuta, in caso di mancato preavviso, al risarcimento del danno derivante da tale omissione. Tuttavia, come per gli altri rapporti di lavoro privi della stabilità reale od obbligatoria, deve escludersi, in linea generale, la configurabilità di altri danni risarcibili, poiché la risoluzione del rapporto costituisce esplicazione di un diritto potestativo delle parti, salva l'ipotesi del cosiddetto licenziamento ingiurioso, ravvisabile non in ogni caso di infondatezza degli addebiti di natura disciplinare o d'insussistenza dell'inadempimento posto a base del recesso ma soltanto in presenza di una particolare offensività e non funzionalità delle espressioni usate dal datore di lavoro o da eventuali forme ingiustificate e lesive di pubblicità date al provvedimento” (cfr. Cass. sez. lav., n. 21279/2010), e lo stesso valendo per il recesso ingiurioso dell'agente.

Lo storno di agenti

Precipua forma di responsabilità dell'agente nasce dal cd. “storno di agenti” da parte del concorrente.

Si tratta del comportamento dell'agente, costituente concorrenza sleale e obiettivamente idoneo a danneggiare l'altrui azienda, diretto a reclutare collaboratori in numero e qualità rilevante e ciò in misura eccedente il normale pregiudizio da perdita di collaboratori per eventuale loro libera scelta di lavorare presso altra impresa.

In particolare, sono indici dell'abnormità della condotta dell'agente il numero dei collaboratori stornati, le loro particolari qualità professionali, la sussistenza di un patto di non concorrenza inserito nel contratto di agenzia relativo anche al periodo successivo allo scioglimento del contratto, la rilevanza degli effetti pregiudizievoli subiti dall'impresa aggredita (cfr. Trib. Cagliari del 21 settembre 1998).

Per individuare il danno subito dallo storno di agenti occorre aver riguardo, non solo al numero di agenti stornati, quanto alle qualità professionali ed al ruolo rivestito nell'organizzazione, visto che il pregiudizio sarà equivalente all'incidenza sui ricavi dell'impresa di provenienza da ciascuno degli agenti stornati e commisurata alla mole di clientela da essi acquisita e all'ammontare delle commissioni generali sugli affari (App. Milano 27 novembre 1998).

Obblighi informativi in caso di impedimento dell'agente

L'agente ha l'obbligo di riferire il più presto possibile al preponente l'impedimento ad espletare la prestazione, secondo le regole di correttezza e buona fede che devono informare il rapporto con quest'ultimo, tanto che, in caso di mancata o tardiva comunicazione, sorge in capo al primo l'obbligo di risarcire il danno, ove provato (Trib. Livorno 31 marzo 1989).

Non tutti gli impedimenti conducono alla risoluzione del contratto.

In particolare “Ove l'agente versi nell'impossibilità di adempiere il mandato affidatogli in conseguenza, dapprima, di provvedimenti restrittivi della libertà personale e, successivamente, di misure cautelari personali prevedenti l'obbligo di dimora in un dato comune, è legittima la sospensione del mandato di agenzia da parte del mandante trovando la stessa fondamento nel principio sinallagmatico nell'esecuzione dei contratti a prestazioni corrispettive, sotteso non solo all'eccezione dilatoria ex art. 1461 c.c., ma anche all'eccezione di inadempimento, di cui all'art. 1460 c.c., la cui ratio è ravvisabile nell'esistenza di un pericolo attuale di inadempimento riconducibile alla sfera dell'obbligato, tale da pregiudicare l'equilibrio sinallagmatico del contratto”. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione della corte territoriale che aveva ravvisato una forma di autotutela, non vietata dall'ordinamento, nella sospensione del mandato da parte della mandante, la Siae (Società italiana autori ed editori), in seguito all'arresto dell'agente per associazione per delinquere nell'ambito di un'inchiesta relativa ad operazioni internazionali di riciclaggio di titoli, e al clamore generato dalla vicenda, davanti al quale la società aveva inteso cautelarsi in attesa degli sviluppi della situazione senza, tuttavia, recedere dal contratto.” (Cass. sez. lav., n. 22167/2009; Cass. sez. lav. n. 20947/2008).

LO STAR DEL CREDERE

Prima del divieto imposto dall'art. 28 della l. n. 529/1999, con il contratto di agenzia poteva essere stipulato un patto di “star del credere” al pari di quello previsto e disciplinato dall'art. 1936 c.c. nel contratto di commissione.

In base a tale convenzione, per gli affari non andati a buon fine l'agente non solo non aveva diritto ad alcuna provvigione ma avrebbe partecipato al rischio, sopportando in parte le perdite subite dal preponente.

La sua applicazione prescindeva dalla verifica di qualsiasi negligenza, colpa o dolo dell'agente, sicché - avendo tale obbligo di garanzia carattere oggettivo - l'agente non poteva sottrarvisi dimostrando di aver tenuto un comportamento diligente nello scegliere il cliente e di aver provveduto ad informare la società preponente in ordine ad eventuali dubbi di insolvenza. Quest'ultima, però, non poteva imporre all'agente di curare o concludere affari che egli reputasse dannosi se non esonerandolo dalla garanzia stessa (cfr. Cass. sez. lav., n. 5441/1999).

Dunque, la garanzia dello “star del credere” scattava in ogni caso di inadempimento del terzo compratore anche parziale e non prevedeva un vero e proprio stato di insolvenza (cfr. Cass. sez. lav., 2356/1994) e neppure la preventiva escussione del cliente (cfr. Cass. sez. lav., 2943/1976).

La disciplina del patto in questione è stata poi regolamentata dall'Accordo Economico Collettivo del 20.06.56 art. 7, ove si disponeva, oltre che la forma scritta dell'accordo anche una limitazione alla garanzia (non oltre il 20% della perdita del preponente e poi con l'AEC del 18 dicembre 1974 abbassato ulteriormente al 15%), mentre si manteneva il diritto di recesso del preponente senza preavviso.

Allo “star del credere” così disciplinato non si applicava la disciplina dell'art. 1736 c.c., salvo patto esplicito (cfr. Cass. sez. lav., n. 12879/1999; Cass. sez. lav. n. 6647/1999; Cass. sez. lav. n. 790/1975; cfr. Cass. sez. lav., n. 4461/2015 per cui “Al contratto di agenzia non può applicarsi in via analogica l'art. 1736 c.c., in tema di contratto di commissione, poiché la responsabilità dell'agente per lo "star del credere" è disciplinata in modo specifico dall'accordo economico collettivo 20 giugno 1956, reso obbligatorio erga omnes dal d.P.R. 16 gennaio 1961, n. 145 (che limita la responsabilità dell'agente senza ulteriore compenso al venti per cento della perdita subita dal preponente), ovvero dalla più favorevole disciplina posta nei successivi accordi collettivi del settore qualora le parti vi abbiano aderito”).

Il patto in questione è stato vietato dall'art. 28 della l. 526 del 1999, salva la pattuizione di un'apposita garanzia e la nullità del patto contrario.

Il divieto del patto in questione non esclude che l'agente rimanga esposto alle normali azioni contrattuali per inadempimento ex art.1218 c.c. per affari non andati a buon fine ma, naturalmente, senza alcun automatismo e onere di rigorosa prova a carico del preponente.

Ad esempio, costituisce fonte di responsabilità dell'agente, oltre che giusta causa di recesso del preponente, il cd. fatto illecito del terzo, ovvero “l'evento, imputabile all'agente, dipendente dal fatto illecito di un terzo, atteso che nell'ambito della responsabilità contrattuale il fatto del terzo, pur riconducibile al caso fortuito, in tanto può valere quale causa di esonero del debitore da responsabilità ex art. 1218 c.c., in quanto renda impossibile l'adempimento consistendo in una forza esterna, improvvisa ed imprevedibile, tale da neutralizzare la diligenza del debitore (in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto legittimo il recesso di una società di assicurazioni dal rapporto di agenzia con un agente, essendo questi a conoscenza dell'illecita condotta di un terzo - con il quale aveva contratto debiti usurari - che, operando direttamente sul conto corrente bancario relativo alla gestione dell'agenzia assicurativa, aveva causato il mancato versamento di rimesse per un rilevante importo)” (Cass. II, n. 26830/2011).

Il fatto del terzo può, allora, assurgere a causa di esclusione della responsabilità contrattuale non ex se, ma solo in quanto sia altrimenti e ulteriormente caratterizzato da elementi che ne evidenzino la sostanziale corrispondenza (non ontologica, bensì) effettuale ad una situazione di impossibilità non imputabile, tanto che se la condotta del terzo si manifesti in un'interferenza nell'adempimento dell'obbligazione, il debitore/agente ne risponde ogni volta che con la sua condotta abbia causato le condizioni di tale interferenza (Cass. I, n. 3724/1991), ovvero non abbia agito per superare l'ostacolo sopravvenuto (Cass. I, n. 11717/2002; Cass. I, n. 6354/1996).

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