Atto di citazione con domanda di risarcimento del danno a un centro commerciale per caduta su scala mobile

Giovanna Nozzetti

Inquadramento

Un individuo, scivolato sulla scala mobile di un esercizio commerciale, resa pericolosa dalla presenza di acqua piovana, conviene in giudizio la società proprietaria del centro commerciale per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali.

Formula

GIUDICE DI PACE/TRIBUNALE DI .... [1]

ATTO DI CITAZIONE

PER

Il sig. .... (C.F. ....) [2], residente in ....,, rappresentato e difeso dall'Avv. .... [3] (C.F. ....) [4], con domicilio eletto in .... alla via .... n. .... presso il suo studio ...., fax .... [5], p.e.c.: .... @ .... (presso cui dichiara di voler ricevere tutte le comunicazioni e gli avvisi di cui agli artt. 133, 134, 170 comma 3 e 176 comma 2 c.p.c.), giusta procura .... [6]

-attore-

FATTO [7]

1. Il giorno .... presso il Centro Commerciale .... sito in .... alla via .... alle ore .... circa, il Sig. ...., discendendo la scala mobile esterna facente parte del Centro Commerciale succitato, scivolava su di un gradino particolarmente viscido. Difatti, al momento del sinistro pioveva e l'acqua piovana si era riversata da un foro della sovrastante copertura sul detto dispositivo mobile, causando una situazione di pericolo non segnalata, né eliminata, comunque non visibile, né prevedibile;

2. Il tutto avveniva innanzi a diversi testimoni ed a seguito della caduta, il Sig. .... veniva trasportato presso il Pronto Soccorso dell'Ospedale di .... ove gli venivano riscontrate lesioni fisiche, più precisamente un “ .... " e veniva ricoverato presso la medesima struttura ospedaliera per .... giorni;

3. In data .... il Sig. .... veniva sottoposto a perizia medico-legale da parte del Dott. .... il quale dichiarava che il Sig. .... a causa della caduta aveva subito un “ ...., una inabilità temporanea totale di .... giorni e una inabilità temporanea parziale di ....giorni”;

4. Il Sig. ...., pertanto ha riportato i danni fisici di seguito quantificati in € ....e segnatamente:

Tabella di riferimento: 2016-2017

Età del danneggiato: ....anni

Percentuale di invalidità permanente: ....%

Danno biologico permanente Euro ....

Giorni di invalidità temporanea totale: ....

Giorni di invalidità temporanea parziale al 50%: ....

5. Con lettera raccomandata a.r. del .... l'odierno attore inviava formale richiesta di risarcimento danni di Euro .... al Centro Commerciale ....ma senza sortire tale invito alcun riscontro.

6. In data .... è stato esperito con esito negativo il procedimento di negoziazione assistita di cui all'art. 3 del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito in legge 10 novembre 2014, n. 162, come risulta dalla diffida inviata in data .... con raccomandata a.r. n. ...., in cui l'attore ha espressamente invitato la controparte a stipulare una convenzione di negoziazione con le seguenti modalità ....;

7. Tale invito non è stato seguito da adesione (oppure) è stato seguito da rifiuto entro trenta giorni dalla sua ricezione (oppure) è decorso il periodo di tempo di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito in legge 10 novembre 2014, n. 162, come risulta da ....

Alla luce di quanto esposto, sussiste la responsabilità del Centro Commerciale .... in persona del suo legale p.t. .... per i danni subiti dall'attore sulla scorta dei seguenti motivi in

DIRITTO [8]

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la responsabilità ex art. 2051 c.c. per danni cagionati da cose in custodia ha base nell'essersi il danno verificato nell'ambito del dinamismo connaturato alla cosa o in conseguenza dell'insorgere in essa di un processo dannoso, ancorché provocato da elementi esterni, di talché non è necessario che la cosa sia suscettibile di produrre danni per sua natura (cioè per suo intrinseco potere) e tanto meno che essa sia ex se pericolosa, ritenendosi sufficiente che diventi produttiva di danni per effetto della combinazione con altri elementi, sempre che tali fattori esterni (che possono essere anche il fatto di un terzo o del danneggiato) non presentino i caratteri del fortuito, e cioè dell'imprevedibilità e dell'assoluta eccezionalità, in quanto in tale evenienza viene ad interrompersi il nesso causale tra la cosa custodita e il danno, con la conseguenza che il custode deve essere ritenuto esente da responsabilità. Nel caso di specie la responsabilità ex art. 2051 c.c. del Centro Commerciale .... è data dal fatto che la caduta del Sig. .... è la diretta conseguenza del versamento di acqua piovana dalla copertura della scala mobile danneggiata e forata che aveva dato luogo ad una situazione di pericolo non segnalata e quindi non prevedibile.

In particolare, l'incidente si è verificato per il passaggio su un tratto bagnato, dunque scivoloso, del tapis roulant del Centro Commerciale .... e, quindi, l'evento dannoso si è prodotto come conseguenza della particolare condizione potenzialmente lesiva assunta da quel dispositivo, oggetto del potere di custodia dell'odierno convenuto, da intendersi, ai fini e per gli effetti di cui all'art. 2051 c.c., come effettivo potere fisico su una determinata res, cui inerisce il dovere di vigilarla e di mantenerne il controllo onde evitare che produca danni a terzi.

Per quanto sopra, il Sig. ...., come sopra rappresentato, difeso e domiciliato, con il presente atto

CITA

Il Centro Commerciale ...., in persona del suo legale rappresentante p.t., con sede in .... alla via .... - Cap .... (P.I. ....) a comparire innanzi al Giudice di pace/Tribunale di ...., Giudice e sezione a designarsi, all'udienza del giorno ...., soliti locali, ora di rito e col prosieguo, con l'invito a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c. ed a comparire all'udienza indicata, dinanzi al Giudice designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., con avvertenza che, in mancanza della sua costituzione entro i suddetti termini, si verificheranno le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c. e, in mancanza, si procederà, anche in sua contumacia, per ivi sentire accogliere le seguenti [9]

CONCLUSIONI [10]

Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, disattesa ogni diversa istanza ed eccezione, così provvedere:

1. Accertare e dichiarare che l'incidente descritto nella narrativa che precede deve ascriversi in via esclusiva alla responsabilità del Centro Commerciale ...., in persona del legale rappresentante p.t., ai sensi dell'art. 2051 c.c., per aver omesso l'adozione delle misure previste dalla legge o, in ogni caso, idonee ad evitare l'evento dannoso;

2. Accertare e dichiarare che i danni fisici subiti dal Sig. .... per cui è causa sono quelli descritti nella narrativa che precede, quantificati in Euro ....;

3. Per l'effetto, condannare il Centro Commerciale .... in persona del legale rapp.te p.t., al risarcimento in favore del Sig. ...., dei danni fisici riportati in occasione del sinistro descritto in narrativa, nella misura di Euro ....;

4. Con vittoria delle spese e competenze di lite.

In via istruttoria [11], si chiede sin da ora disporsi CTU medico legale sull'odierno attore, al fine della determinazione del danno biologico subito, nonché prova per testi sulle circostanze di cui ai punti 1 e 2 della parte espositiva del presente atto, precedute dalla locuzione “vero è che”, indicandosi quali testi: a) ...., residente in .... ; b) .... residente in .... ; c) .... residente in .... Sui medesimi capi si deferisce, altresì, interrogatorio formale al legale rapp.te p.t. del Centro Commerciale .... Con riserva di ogni ulteriore attività istruttoria, anche all'esito del contegno processuale di controparte.

Si depositano infine i seguenti documenti:

A. verbale di Pronto Soccorso;

B. raccomandata del ....;

C. perizia medico legale del Dott. ....:

D. invito alla negoziazione assistita del ....

Ai sensi e per gli effetti del d.P.R. n. 115/2002, si dichiara che il valore del presente procedimento è pari ad Euro .... [12]

Luogo e data ....

Firma Avv. ....

PROCURA AD LITEM

Il sottoscritto Sig. .... (C.F.: .... ), nato a .... il .... e residente in .... alla via ...., informato ai sensi dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto, con la presente conferisco incarico all'Avv. .... (C.F.: ....) a rappresentarmi e difendermi nel giudizio da promuovere dinanzi Tribunale di ...., ivi comprese le fasi esecutive e di impugnazione che da questo conseguono, con ogni più ampia facoltà di legge; a tal uopo conferisco, altresì, al nominato procuratore ogni facoltà di legge, comprese quelle di conciliare, incassare, quietanzare, rinunziare e transigere, con promessa di rato e fermo del suo operato; lo autorizzo, infine, al trattamento dei miei dati personali, conformemente alle norme del d.lgs. n. 196/2003 e limitatamente alle finalità connesse all'esecuzione del presente mandato. Eleggo domicilio presso il suo studio in .... alla via ...., n. ....

Luogo e data ....

Sig. ........

È autentica

Firma Avv. ....

[1] La competenza per valore spetta al Giudice di pace ove la somma richiesta sia inferiore ad euro cinquemila. Competente per territorio è il Tribunale o il Giudice di pace del luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio e, se questi sono sconosciuti, quello del luogo in cui il convenuto ha la dimora ai sensi dell'art. 18 c.p.c. In alternativa è competente, ai sensi dell'art. 20 c.p.c., il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l'obbligazione. Trattandosi di responsabilità per fatto illecito sarà competente il giudice del luogo in cui il danno si è prodotto (forum commissi delicti).

[2] Ai sensi dell'art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., nella l. 15 luglio 2011, n. 111, in tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio.

[3] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002 modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., nella legge n. 114/2014.

[4] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione citata sub nota 3.

[5] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione citata sub nota 3. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. 115/2002, come modificato dalla disposizione testè ricordata, «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

[6] La procura può essere apposta in calce o a margine della citazione (art. 83 c.p.c.). Può anche trattarsi di una procura generale alle liti, i cui estremi vanno in tal caso menzionati. In questo caso è preferibile produrre copia della procura. La procura speciale, invece, può essere apposta in calce o a margine della citazione. Nell'ipotesi di scelta di deposito telematico della citazione (art. 16-bis comma 1-bis d.l. n. 179/2012) occorrerà indicare la seguente dicitura: «giusta procura allegata mediante strumenti informatici e apposta in calce al presente atto di citazione ai sensi dell'art. 83 comma 3 c.p.c.».

[7] La sezione dell'atto di citazione, normalmente introdotto dalle locuzioni “premesso” o “fatto”, contiene la ricostruzione dei fatti costitutivi della domanda. L'art. 164 co. c.p.c. prevede che è nullo l'atto in cui risulti omessa o assolutamente incerta l'esposizione dei fatti costitutivi della domanda (art. 163 comma 3, n. 4, c.p.c.).

[8] La sezione dell'atto di citazione, normalmente introdotta dalla locuzione “diritto”, contiene l'esposizione della causa petendi, cioè dei fatti costitutivi e delle ragioni di diritto poste alla base della domanda (art. 163 comma 3 n. 4). L'art. 164 c.p.c. prevede tale contenuto a pena di nullità dell'atto.

[9] Tali elementi (indicazione del giorno dell'udienza di comparizione; invito a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell'udienza indicata, ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c., e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c.; l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c.) sono previsti dall'art. 164 c.p.c. a pena di nullità dell'atto di citazione

[10] Le conclusioni contengono il petitum della domanda, cioè il bene della vita o la prestazione richiesta al convenuto (petitum mediato), ovvero il provvedimento giudiziale richiesto al giudice (petitum immediato). L'oggetto della domanda è previsto dall'art. 164 c.p.c. a pena di nullità dell'atto di citazione.

[11] L'art. 164 c.p.c. non prevede che la mancata indicazione dei mezzi di prova costituisca ipotesi di nullità dell'atto di citazione. Le richieste istruttorie, infatti, possono essere formulate anche in sede di memorie ex art. 183, II termine, c.p.c.

[12] La dichiarazione di valore è prevista dall'art. 14, comma 2, d.P.R. n. 115/2002 secondo cui «Il valore dei processi, determinato ai sensi del codice di procedura civile, senza tener conto degli interessi, deve risultare da apposita dichiarazione resa dalla parte nelle conclusioni dell'atto introduttivo, anche nell'ipotesi di prenotazione a debito». L'art. 13, co. 6 del medesimo decreto stabilisce che «Se manca la dichiarazione di cui all'articolo 14, il processo si presume del valore indicato al comma 1, lettera g)...»; pertanto, si presume che il valore del procedimento sia quello dello scaglione più elevato (i.e. superiore a 520.000,00 Euro) con obbligo di versamento di un contributo unificato più elevato.

Commento

Nozione di custodia e qualità di custode

L'art. 2051 c.c. disciplina la responsabilità civile del custode per il danno cagionato dalle cose che ha in custodia, disegnandola come una ipotesi autonoma nell'ambito delle varie fattispecie di responsabilità extracontrattuale: la responsabilità discende, infatti, direttamente dal dovere di custodia che grava sull'individuo che abbia un effettivo e non occasionale potere di fatto su un bene.

Alle facoltà che la particolare relazione con la cosa attribuisce al custode fanno riscontro, infatti, i corrispondenti obblighi di vigilanza, controllo e diligenza alla stregua non solo di specifiche disposizioni normative ma già in base alle clausole generali di diligenza e buona fede (cfr. Cass. n. 14765/2014; Cass. S.U., n. 24406/2011) o correttezza in base ai quali il custode è tenuto ad adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire la produzione di danni a terzi, con lo sforzo adeguato alla natura e alla funzione della cosa e alle circostanze del caso concreto.

Secondo il più recente indirizzo giurisprudenziale, tuttavia, il custode è civilmente responsabile del danno cagionato dalla cosa per il solo e semplice fatto del suo rapporto materiale con essa, senza necessità di alcuna indagine sul suo animus o sulla diligenza con cui ha custodito. La Suprema Corte (Cass. III, n. 4279/2008) ha, infatti, ormai accolto pienamente la configurazione della responsabilità ex art. 2051 c.c. come responsabilità oggettiva, che non esige, per essere affermata, un'attività o condotta colposa del custode, tant'è che, in definitiva, il custode negligente non risponde in modo diverso dal custode perito e prudente, se la cosa ha provocato danni a terzi.

Funzione della norma è dunque quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, intendendosi per custode chi di fatto ne controlla le modalità d'uso e di conservazione.

La custodia, in tal caso, non è intesa in senso tecnico - contrattuale, bensì come situazione di fatto, di appartenenza della cosa ad un soggetto, che implica l'esercizio di un potere fisico su di essa.

Alla disponibilità materiale deve, tuttavia, accompagnarsi anche una disponibilità giuridica, almeno nella forma della detenzione qualificata, tale da consentire al custode di escludere legittimamente in terzi, attraverso l'esperimento delle azioni possessorie, dall'ingerenza sul bene, sia anteriormente, a fini precauzionali, sia nel momento in cui si produce il danno.

Custodi sono, dunque, tutti i soggetti, pubblici o privati, che hanno la proprietà, il possesso o la detenzione (legittima o anche abusiva: v. Cass. n. 1992/1976) della cosa (v., Cass. n. 3651/2006; Cass. III, n. 20317/2005). Nel caso in cui il danno promani da un immobile concesso in locazione, il proprietario - locatore, conservando la disponibilità giuridica del bene e quindi la custodia delle strutture murarie e degli impianti in esse conglobati, è responsabile, ai sensi dell'art. 2051 c.c., dei danni cagionati a terzi da dette strutture ed impianti (salvo rivalsa sul conduttore che abbia omesso di avvertirlo ex art. 1577 c.c.), mentre con riguardo ad altre parti ed accessori del bene locato, delle quali il conduttore ha la disponibilità con facoltà od obbligo di intervenire allo scopo di evitare pregiudizio a terzi, la responsabilità verso i terzi, secondo la previsione della suddetta norma, grava soltanto sul medesimo (Cass. III, n. 20335/2004, secondo cui la responsabilità per custodia si configura a carico di entrambi, allorché nessuno dei due sia stato in grado di dimostrare che la causa autonoma del danno del terzo è da ravvisare nella violazione, da parte dell'altro, dello specifico dovere di vigilanza diretto ad evitare lo sviluppo nell'immobile del suddetto agente dannoso.

Chi, invece, detiene per mere ragioni di servizio o di ospitalità e che, nel nostro ordinamento, è privo della legittimazione all'esperimento di qualunque azione possessoria, non può invece essere con- siderato custode, proprio perché la sua relazione col bene non è tale da consentirgli l'esercizio di continuo ed efficace controllo ed intervento su rischi che ad esso di volta in volta ineriscono.

La disponibilità che della cosa ha l'utilizzatore non comporta necessariamente il trasferimento in capo a questo della custodia, da escludere in tutti i casi in cui, per specifico accordo delle parti, o per la natura del rapporto, ovvero per la situazione fattuale determinatasi, chi ha l'effettivo potere di ingerenza, gestione ed intervento sulla cosa, nel conferire all'utilizzatore il potere di utilizzazione della stessa, ne abbia conservato la custodia (Cass. II, n. 15096/2013; Cass. III, n. 24530/2009). ). Sulla scorta di siffatti principi, si è ritenuto che il Comune dovesse rispondere ex art. 2043 c.c., per violazione del precetto generale di neminem ledere, dei danni riportati da un soggetto ustionatosi a seguito del contatto con le braci ancora ardenti nascoste sotto la sabbia, vestigia del falò acceso la notte precedente, non essendo egli custode dell'arenile (facente parte del demanio regionale), nel senso in cui la custodia è assunta nell'art. 2051 c.c., ed essendo semplicemente gravato dall'obbligo, stabilito per legge (artt. 2,3,8 l. n. 915/1982), di raccolta e smaltimento dei rifiuti (Cass. III, n. 7362/2019; Cass. n. 20731/2016).

L'onere probatorio del danneggiato

Il danneggiato che domanda il risarcimento del pregiudizio sofferto in conseguenza dell'omessa o insufficiente manutenzione della cosa in custodia, o di sue pertinenze, invocando la responsabilità del custode, è tenuto, secondo le regole generali in tema di responsabilità civile, a dare la prova che i danni subiti derivano dalla cosa, in relazione alle circostanze del caso concreto (cfr. Cass. III, n. 3651/2006), e dell'esistenza di un rapporto di custodia rispetto ad essa (Cass. II, n. 25243/2006). Ove il rapporto di custodia sia contestato dal convenuto o quest'ultimo sia rimasto contumace, è onere del danneggiato fornirne dimostrazione, attenendo detta questione non già alla legittimazione processuale, bensì al merito e, dunque, alla fondatezza della pretesa risarcitoria (Cass. III, n. 5841/2019 ha rigettato la domanda dell'uomo, caduto a causa della rottura di un gradino della scalinata di accesso al Duomo, in mancanza della prova che la Diocesi fosse proprietaria o quanto meno detentrice del potere di fatto della Cattedrale e delle sue pertinenze).

La prova a suo carico consiste nella dimostrazione del verificarsi dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalità con la cosa in custodia (Cass. n. 8005/2010), e può essere data anche con presunzioni, giacché la prova del danno è di per sé indice della sussistenza di un risultato “anomalo”, e cioè dell'obiettiva deviazione dal modello di condotta improntato ad adeguata diligenza che normalmente evita il danno.

Occorre comunque la prova che il danno sia stato cagionato direttamente dalla cosa (mal) custodita e non dall'uomo che di essa si sia servita quale strumento per arrecare danno a terzi, perché in tale ultimo caso troverebbe invece applicazione l'art, 2043 c.c., che attiene, in generale, ai casi in cui viene in rilievo il fatto dell'uomo; l'art. 2051 c.c. viene invece in rilievo il fatto della cosa, cioè l'evento dannoso in rapporto causale e diretto con la res.

Non si richiede, invece, che la cosa che ha prodotto il danno sia in sé e per sé pericolosa, cioè capace di arrecare pregiudizio per sua natura o per sua forza intrinseca. Anche una cosa inerte può, infatti, risultare pericolosa ogni qual volta determini un rischio di pregiudizio nel normale contesto di interazione con la realtà circostante (Cass. III, n. 16527/2003 che ha escluso la responsabilità di un Comune in relazione al danno riportato da una persona che aveva urtato contro un ramo di un albero collocato sul ciglio di una strada, in condizioni di visibilità).

Il giudizio sulla pericolosità delle cose inerti deve essere, dunque, condotto alla stregua di un modello relazionale, in base al quale la cosa venga considerata nel suo normale interagire con il contesto dato, sicché una cosa inerte in tanto può ritenersi pericolosa in quanto determini un alto rischio di pregiudizio nel contesto di normale interazione con la realtà circostante, da intendersi con riferimento non esclusivo a comportamenti sempre assolutamente rispettosi della prescrizione di legge ma anche a quelli in qualche modo incauti (v. Cass. n. 6306/2013).

Oltre che dal dinamismo intrinseco della cosa (si pensi al ramo distaccatosi improvvisamente dall'albero), l'evento pregiudizievole può anche essere cagionato dall'insorgere e dallo svilupparsi in essa di un agente dannoso, ancorché innescato o provocato da elementi esterni (si pensi al pavimento reso scivoloso da una sostanza accidentalmente cadutavi o all'incendio sviluppatosi nel terreno), sempre che la cosa, combinandosi con l'elemento esterno, divenga la causa o la concausa del danno (per Cass. III, n. 17471/2007, il proprietario di un fondo dal quale si propaga un incendio che si diffonde nel fondo limitrofo, invadendolo, è responsabile, qualora non dimostri il caso fortuito, non essendo la responsabilità esclusa per la presenza di legna nel fosso di scolo del fondo dell'attrice e non rilevando che, in ipotesi, l'incendio avesse avuto inizio in un diverso fondo e abbia poi invaso il fondo del convenuto e, successivamente, quello dell'attore; vd. anche Cass. III, n. 2962/2011).

Il danneggiato non è invece tenuto a provare anche la sussistenza dell'insidia o trabocchetto, né la condotta omissiva o commissiva del custode (v. Cass. III, n. 4234/2009). Come recentemente riconosciuto dalla Suprema Corte, l'insidia o trabocchetto non è un elemento costitutivo dell'illecito aquiliano, in quanto non previsto dalla norma generale ex art. 2043 c.c. né da quella speciale di cui all'art. 2051 c.c. (v. Cass. n. 6767/2001), bensì è frutto di un'interpretazione giurisprudenziale (Cass. n. 6767/2005; Cass. n. 10131/2003) che può dirsi ormai superata, sebbene talvolta riecheggiante in qualche pronuncia, specie in materia di responsabilità della P.A. per i danni causati dallo stato delle strade pubbliche.

Sotto il profilo processuale, non è consentito all'attore modificare nel corso del giudizio l'iniziale allegazione concernente l'elemento intrinseco o estrinseco, idoneo a radicare il nesso eziologico tra la res e il danno. Tuttavia, qualora l'istruttoria faccia emergere altre condizioni di pericolosità che si pongano quale mere specificazioni della domanda, esse potranno essere esaminate dal Giudice, non integrando un fatto costitutivo nuovo (Cass. n. 6677/2011).

È inoltre tuttora attuale l'indirizzo predicativo dell'inammissibilità della domanda ex art. 2051 c.c. proposta, per la prima in grado di appello (e a fortiori in sede di legittimità), dal danneggiato che in primo grado abbia formulato la domanda di risarcimento ai sensi dell'art. 2043 c.c., stante la diversità delle due azioni che implicano accertamenti diversi, coinvolgenti distinti temi d'indagine (Cass. n. 12329/2004; vd. anche Cass. III, n. 14622/2009): l'invocazione della norma speciale postula, infatti, che sia stato prospettato al giudice di merito, in fatto, almeno il potere di custodia sulla cosa che ha cagionato il danno e che, dunque, il convenuto sia stato messo in grado di allegare e provare l'esistenza dell'eventuale caso fortuito (Cass. III, ord. n. 30920/2017); Le diverse regole di imputazione della responsabilità previste dagli artt. 2050 e 2051 c. c., essendo più favorevoli per l'attore danneggiato poiché comportanti un'inversione dell'onere della prova, in tanto possono essere poste a fondamento della responsabilità del convenuto in quanto non si ascriva al medesimo la mancata prova di fatti che egli non sarebbe stato tenuto a provare in base al criterio di imputazione della responsabilità (art. 2043 c.c.) originariamente invocato dall'attore (Cass. III, n. 18609/2013).

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