Atto di citazione con domanda di risarcimento del danno per furto in camera d'albergo

Giovanna Nozzetti

Inquadramento

Con l'atto di citazione il cliente di una struttura alberghiera chiede la condanna dell'albergatore al ristoro dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in conseguenza del furto verificatosi all'interno della camera d'albergo presso la quale aveva alloggiato.

Formula

GIUDICE DI PACE/TRIBUNALE DI... 1

ATTO DI CITAZIONE

PER

La Sig.ra ... ( C.F. ...) 2 , nata a ... il ... ed ivi residente alla Via ... n. ..., ed elett.te domiciliata in ... alla Via ... presso lo studio dell' Avv. ...(C.F. ......) 3 , che la rappresenta e difende in virtù di procura 4 in calce al presente atto, e che dichiara di voler ricevere le comunicazioni di cancelleria al seguente numero di tel.fax ... e/o in alternativa alla seguente mail: ...@pec.it

PREMESSO IN FATTO E DIRITTO 5

la Sig.ra ..., accompagnata dai Sigg.ri ..., si recava preso l'Hotel ... sito in ... alla via ... n. ... ove aveva prenotato una camera per il week-end;

Dopo aver effettuato il check-in, la Sig.ra prendeva possesso della camera n. ... sita al piano ...;

Sistemati i propri bagagli e riposti i propri oggetti di valore nell'apposita cassaforte, la Sig.ra ... usciva dalla struttura alberghiera alle ore ... circa per andare a visitare il centro della città di ...;

Tornata in Hotel alle ore ... circa, entrando in camera, la Sig.ra ... notava con grande stupore e sgomento che la cassaforte era aperta e che tutti gli oggetti di valore erano scomparsi;

Avvisato immediatamente il concierge, sul posto intervenivano i Carabinieri della locale stazione di ...;

Dal verbale di denuncia sporta in data ... presso ... si evince che alla Sig.ra ... sono stati sottratti un orologio marca ... ,una collana di perle e degli orecchini tutti di valore consistente, quantificabili almeno in Euro ...;

Con lettera raccomandata a.r. del ... l'odierna attrice inviava formale richiesta di risarcimento danni di Euro... all'Hotel... ma senza sortire tale invito alcun riscontro.

In data ... è stato esperito con esito negativo il procedimento di negoziazione assistita di cui all'art. 3 del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito in legge 10 novembre 2014, n. 1626 , come risulta dalla diffida inviata in data ... con raccomandata a/r n. ..., in cui l'attore ha espressamente invitato la controparte a stipulare una convenzione di negoziazione con le seguenti modalità ...;

9.Tale invito non è stato seguito da adesione (oppure) è stato seguito da rifiuto entro trenta giorni dalla sua ricezione (oppure) è decorso il periodo di tempo di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a) del Decreto Legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito in Legge 10 novembre 2014, n. 162, come risulta da ...

Alla luce di quanto esposto, sussiste la responsabilità dell' Hotel ... in persona del suo legale p.t. ... per i danni subiti dall'attrice atteso che la responsabilità dell'albergatore prevista dall'art. 1784 c.c. sorge per il solo fatto della introduzione, da parte del cliente, delle cose nell'albergo, indipendentemente da qualsiasi consegna, ed inerisce direttamente al contenuto del contratto alberghiero in quanto riferibile all'obbligo accessorio dell'albergatore di garantire al cliente - contro eventuali perdite, danni e furti - la sicurezza delle cose portate in albergo: tale responsabilità può essere integrata anche dalla omessa custodia della chiave della camera che abbia consentito l'impossessamento della stessa da parte di un terzo, l'introduzione di costui nella camera mediante la chiave ed il trafugamento delle cose di proprietà del cliente: circostanza effettivamente intervenuta nel caso di specie.

Per quanto sopra, la Sig.ra ..., come sopra rappresentata, difesa e domiciliata, con il presente atto

CITA

L'Hotel ... , in persona del suo legale rappresentante p.t., con sede in ... alla Via ...- Cap ... (P.I. ...) a comparire innanzi al Giudice di pace/Tribunale di ..., Giudice e sezione a designarsi, all'udienza del giorno ..., soliti locali, ora di rito e col prosieguo, con l'invito a costituirsi nelle forme previste dagli artt. 319 e 166 c.p.c. e con l'avvertenza che, in caso di mancata costituzione nelle forme ivi previste comporterà le decadenze di legge e che, in mancanza, si procederà in sua contumacia per sentire accogliere le seguenti 7

CONCLUSIONI 8

Voglia l'Ill.mo Giudice di Pace/Tribunale adito, disattesa ogni diversa istanza ed eccezione, così provvedere:

1.Accertare e dichiarare che il furto descritto nella narrativa che precede deve ascriversi in via esclusiva alla responsabilità dell'Hotel ..., in persona del legale rappresentante p.t., ai sensi dell'art. 1784 c.c., per aver omesso l'adozione delle misure previste dalla legge o, in ogni caso, idonee ad evitare l'evento dannoso;

2.Accertare e dichiarare che i danni patrimoniali subiti dal Sig. ... per cui è causa sono quelli descritti nella narrativa che precede, quantificati in Euro ...;

3.Per l'effetto, condannare l' Hotel... in persona del legale rapp.te p.t., al risarcimento in favore della Sig.ra ..., dei danni patrimoniali riportati in occasione del sinistro descritto in narrativa, nella misura di Euro ...;

4.Con vittoria delle spese e competenze di lite.

5.In via istruttoria si chiede prova per testi sulle circostanze di cui in narrativa nel presente atto, precedute dalla locuzione 'vero è che', indicandosi quali testi: a) ..., residente in ...; b) ... residente in .... Sui medesimi capi si deferisce, altresì, interrogatorio formale al legale rapp.te p.t. dell'Hotel .... Con riserva di ogni ulteriore attività istruttoria, anche all'esito del contegno processuale di controparte.

Si depositano i seguenti documenti:

A.denuncia sporta il ...;

B.raccomandata del ...;

C.invito alla negoziazione assistita del ...;

Ai sensi e per gli effetti del d.P.R. n. 115/2002, si dichiara che il valore del presente procedimento è pari ad Euro ... 9

PROCURA AD LITEM

(se non a margine o su documento informatico separato)

[1] [1] La competenza per valore spetta al giudice di pace ove la somma richiesta sia inferiore ad euro cinquemila. Competente per territorio è il Tribunale o il Giudice di Pace del luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio e, se questi sono sconosciuti, quello del luogo in cui il convenuto ha la dimora ai sensi dell'art. 18 c.p.c. In alternativa è competente, ai sensi dell'art. 20 c.p.c., il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l'obbligazione.

[2] [2] Ai sensi dell'art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., nella l. 15 luglio 2011, n. 111, in tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio.

[3] [3] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. 115/2002 modificati dall'art. 45-bis d.l. 90/2014 conv., con modif., nella legge 114/2014. L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione citata sub nota 2.

[4] [4] La procura può essere apposta in calce o a margine della citazione (art. 83 c.p.c.). Può anche trattarsi di una procura generale alle liti, i cui estremi vanno in tal caso menzionati. In questo caso è preferibile produrre copia della procura. La procura speciale, invece, può essere apposta in calce o a margine della citazione. Nell'ipotesi di scelta di deposito telematico della citazione (art. 16-bis comma 1-bis d.l. 179/2012) occorrerà indicare la seguente dicitura: «giusta procura allegata mediante strumenti informatici e apposta in calce al presente atto di citazione ai sensi dell'art. 83 comma 3 c.p.c.».

[5] [5] La sezione dell'atto di citazione, normalmente introdotto dalle locuzioni 'premesso' o 'fatto', contiene la ricostruzione dei fatti costitutivi della domanda. L'art. 164 co. c.p.c. prevede che è nullo l'atto in cui risulti omessa o assolutamente incerta l'esposizione dei fatti costitutivi della domanda (art. 163 co. 3 n. 4) c.p.c.).

[6] [6] L'invito a stipulare una convenzione di negoziazione assistita è condizione di procedibilità per le domande di pagamento, a qualsiasi titolo, di somme non eccedenti cinquantamila euro, ai sensi dell'art. 3 del d.l. 12 settembre 2014 n. 132.

[7] [7] Tali elementi (indicazione del giorno dell'udienza di comparizione; invito a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell'udienza indicata, ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c., e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c.; l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c.) sono previsti dall'art. 164 c.p.c. a pena di nullità dell'atto di citazione

[8] [8] Le conclusioni contengono il petitum della domanda, cioè il bene della vita o la prestazione richiesta al convenuto (petitum mediato), ovvero il provvedimento giudiziale richiesto al giudice (petitum immediato). L'oggetto della domanda è previsto dall'art. 164 c.p.c. a pena di nullità dell'atto di citazione. [8] L'art. 164 c.p.c. non prevede che la mancata indicazione dei mezzi di prova costituisca ipotesi di nullità dell'atto di citazione. Le richieste istruttorie, infatti, possono essere formulate anche in sede di memorie ex art. 183, II termine, c.p.c.

[9] [9] La dichiarazione di valore è prevista dall'art. 14, co. 2, d.P.R. 115/2002 secondo cui «Il valore dei processi, determinato ai sensi del codice di procedura civile, senza tener conto degli interessi, deve risultare da apposita dichiarazione resa dalla parte nelle conclusioni dell'atto introduttivo, anche nell'ipotesi di prenotazione a debito». L'art. 13, co. 6 del medesimo decreto stabilisce che «Se manca la dichiarazione di cui all'articolo 14, il processo si presume del valore indicato al comma 1, lettera g)...'; pertanto, si presume che il valore del procedimento sia quello dello scaglione più elevato (i.e. superiore a 520.000,00 Euro) con obbligo di versamento di un contributo unificato più elevato.

Commento

I caratteri della responsabilità dell'albergatore

Il contratto di albergo è una fattispecie contrattuale atipica (non trovando alcuna specifica regolamentazione nel codice civile, che agli artt. 1783 e 1785 disciplina solo il deposito delle cose portate in albergo o consegnate all'albergatore), mista ad effetti obbligatori.

Si perfeziona per effetto della conferma, anche verbale, data dall'albergatore circa la disponibilità dell'alloggio, indipendentemente dall'assegnazione della camera; si conclude anche a distanza, mediante il tipico schema di scambio di proposta ed accettazione, nel qual caso il negozio si considera concluso nel momento in cui il proponente viene a conoscenza dell'accettazione. Ove sorgano contestazioni sulle obbligazioni vicendevolmente assunte, occorre avere riguardo alla proposta, quale si è delineata anche nel corso di eventuali trattative orali, tenuto conto che l'accettazione che contenga modifiche o integrazioni si trasforma in nuova proposta (Cass. 22 gennaio 2002 n. 707).

Il contratto ha ad oggetto una molteplicità di prestazioni che si estendono dalla locazione dell'alloggio alla fornitura dei servizi, senza che la preminenza da riconoscere alla locazione dell'alloggio possa valere a fare assumere alle altre prestazioni carattere accessorio sotto il profilo causale (Cass. 28 novembre 1994 n. 10158).

La disciplina dettata dall'art. 1783 c.c. per l'ipotesi di deterioramento, distruzione o sottrazione delle cose portate dal cliente in albergo si distingue rispetto a quella prevista per il deposito ordinario (art. 1768 c.c.), essendo posta a carico dell'albergatore una responsabilità 'aggravata' o ex recepto (comune al contratto di trasporto, al deposito in magazzini generali o in cassette di sicurezza), correlata ad una prestazione che non consiste soltanto nella mera 'custodia diligente' finalizzata alla restituzione della cosa, bensì nella 'sicurezza' o 'conservazione' del bene, e dunque in un 'risultato'.

La responsabilità dell'albergatore, in merito ai beni che vengono custoditi nei locali compresi nel contesto alberghiero, sorge infatti ex art. 1783 c.c. per il solo fatto dell'introduzione, da parte del cliente, delle cose nell'albergo, indipendentemente da qualsiasi consegna, poiché essa inerisce direttamente al contratto alberghiero, dovendo essere riferita all'obbligazione dell'albergatore di garantire alla clientela la sicurezza delle cose portate in albergo, contro eventuali perdite, danni e furti (Cass. n. 5030/2014).

Per andare esente da responsabilità, dunque, il debitore della prestazione non potrà limitarsi ad allegare il furto della cosa, ma dovrà dimostrare che l'adempimento dell'obbligazione è stato reso impossibile dalle particolari modalità con le quali la sottrazione della cosa è avvenuta, tali da escludere l'imputabilità al debitore per non averla evitata. Spetta, pertanto, al debitore della prestazione provare il fatto specifico che ha determinato la perdita del bene, perché soltanto in tal modo egli può dimostrare la non imputabilità del fatto estintivo, per cui ricade su di lui il c.d. rischio della causa ignota.

Sebbene aggravata dalla maggior ampiezza e dal più intenso rigore della prova liberatoria (ex art. 1218 c.c.), la responsabilità di cui all'art. 1783 c.c. è però limitata, in quanto circoscritta al valore di quanto sia deteriorato, distrutto o sottratto, sino all'equivalente di cento volte il prezzo di locazione dell'alloggio per giornata. Nell'ipotesi di camera doppia, se il danneggiato è uno solo, il limite di risarcimento sarà pari a cento volte la metà del prezzo della camera.

Il diritto ad ottenere il risarcimento dei danni, qualora il cliente subisca un furto durante la permanenza al suo interno, sussiste indipendentemente dalla colpa dell'albergatore ed indipendentemente dall'esposizione nell'hotel di cartelli che avvertono la clientela dell'esonero di responsabilità per eventuali furti; dato che tali dichiarazioni limitative, integranti vere e proprie clausole vessatorie, sono da considerarsi nulle ex lege (art. 1785 c.c.). La responsabilità può infatti essere esclusa solo previa dimostrazione - il cui onere è a carico dell'albergatore medesimo - che la prevenzione dell'illecito verificatosi avrebbe richiesto l'adozione di cautele e di costi sproporzionati e inesigibili, in relazione alla natura, al livello ed ai prezzi delle prestazioni alberghiere, nonché in relazione al rischio concreto del verificarsi di eventi del genere di quello realizzatosi (Cass. III, n. 10493/2009).

La responsabilità dell'albergatore è invece illimitata nelle ipotesi di cui all'art. 1784 c.c.: sul cliente che la invochi incombe l'onere di dimostrare che il deposito si è perfezionato con un accordo univoco, ossia che la consegna è avvenuta allo scopo specifico di custodia, in un contesto e con modalità che dimostrino inequivocamente la finalità di custodia, non potendo un tale accordo ritenersi integrato - in mancanza di un'espressa dichiarazione negoziale - dalla sola dazione della cosa da parte del cliente e dalla presa in consegna di essa da parte dell'albergatore (Cass. III n. 1537/1997).

Occorre, inoltre, la prova del nesso causale tra la condotta colposa dell'albergatore ed il danno subito.

Il cliente non ha l'obbligo di affidare gli oggetti di valore di sua proprietà in custodia all'albergatore, mancando una specifica previsione normativa in tale senso; tuttavia, se non si avvalga di tale facoltà, corre il rischio di non poter ottenere, in caso di sottrazione, l'integrale risarcimento del danno, a meno che non provi la colpa dell'albergatore o degli altri soggetti a lui legati da rapporto di parentela o collaborazione. In assenza di tale riscontro probatorio, la determinazione del quantum entro il limite massimo stabilito nell'ultimo comma dell'art. 1783 c.c., rientra nel potere discrezionale del giudice di merito (Cass. n. 28812/2008).

Con riferimento ai limiti di responsabilità, la sottrazione con violenza o minaccia delle cose depositate dal cliente in albergo può imputarsi a causa di forza maggiore (art. 1785 c.c.) solo quando le comprovate circostanze di tempo e di luogo in cui la sottrazione stessa ebbe a verificarsi siano state tali da renderla assolutamente imprevedibile ed inevitabile (Cass. III, n. 18651/2003; Trib. Pescara, 10 novembre 1992).

Il cliente decade dal diritto al risarcimento danni in caso di ritardo ingiustificato nella denuncia all'albergatore (art. 1785-ter c.c.), ritardo che, in mancanza della precisa indicazione normativa del termine, è compito del Giudice di merito determinare secondo il suo prudente apprezzamento.

Quanto al danno risarcibile, venuta a mancare la restituzione della cosa per fatto imputabile all'albergatore, l'obbligazione risarcitoria di costui - per se limitata ai sensi dell'art. 1783 c.c. - ha natura di debito di valore e mira a rimettere il depositante nella stessa condizione economica in cui si sarebbe trovato se la restituzione in natura fosse stata eseguita, il che implica la rivalutazione dell'equivalente pecuniario del bene sottratto fino alla data della decisione definitiva (Cass. III, n. 19769/2003).

Va infine osservato che, ancorchè l'art. 1786 c.c. abbia previsto l'estensione ad altre categorie di imprenditori della disciplina della responsabilità ex recepto dell'albergatore, l'obbligo di sorveglianza per la tutela delle cose portate in albergo dal cliente e non consegnate in custodia è più esteso (anche in senso spaziale) di quello, analogo, incombente al ristoratore: mentre infatti il primo ha ad oggetto tutte le cose portate dal cliente in albergo, per il ristoratore tale responsabilità, per le cose non consegnategli in custodia, si ritiene limitata a quelle di cui è opportuno liberarsi per il miglior godimento della prestazione, restando sotto la sorveglianza del cliente le altre cose che egli porta addosso che non costituiscono intralcio alla consumazione del pasto.

Il contratto di parcheggio con l'albergatore

Nell'ipotesi in cui un cliente consegni le chiavi di un autoveicolo al vetturiere dell'albergo dove alloggia, con tale atto, che integra l'affidamento del veicolo e non la presa in consegna delle chiavi e dell'autoveicolo a titolo di cortesia, si perfeziona un ordinario contratto di deposito, dal quale scaturiscono le relative obbligazioni a carico delle parti del rapporto, ed al quale non si applica la disciplina del deposito alberghiero, per effetto dell'esclusione dei veicoli di cui all'art. 1785-quinquies c.c. III, n. 6048/2010; Trib. Chieti 22 febbraio 2012 n. 157).

Secondo l'opinione prevalente, per la conclusione del relativo contratto (di parcheggio) non occorre un'espressa pattuizione ma è sufficiente l'affidamento ingenerato nella clientela dalle caratteristiche dell'area ad essi riservata e dai sistemi di vigilanza e controllo di cui la stessa è dotata; in altri termini, il modo in cui il servizio è offerto dal parcheggiatore (recinzioni, videocamere, presenza sul posto di soggetti apparentemente deputati alla sorveglianza) e, dunque, la predisposizione di un particolare assetto organizzativo destinato alla ricezione di veicoli integrano, ab externo, il contenuto della proposta negoziale.

In tal caso, pur in mancanza di contratto scritto, l'assunzione dell'obbligo di custodia sarà esclusa solo se l'avviso 'parcheggio incustodito' sia esposto in modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto (artt. 1326 co. 1, 1327 c.c.), in guisa da connotare e delimitare sin dall'inizio il contenuto dell'offerta al pubblico (art. 1336 c.c.), senza integrare una clausola limitativa della responsabilità da approvare specificamente per iscritto ai sensi dell'art. 1341 c.c. (Cass. S.U. n. 14319/2011; Cass. n. 1144/1981).

E', infatti, onere del parcheggiatore/albergatore rendere nota al cliente l'offerta di un servizio diverso, più circoscritto, di mera concessione di uno spazio per la sosta del veicolo, e ciò anche al fine di escludere l'operatività dell'obbligo di custodia della cosa incombente, ai sensi dell'art. 1177 c.c., su chiunque abbia l'obbligo di consegnarla (Cass. III,n. 5837/2007).

Con la denominazione 'contratto di parcheggio' ci si riferisce dunque ad accordi negoziali eterogenei quanto al contenuto delle prestazioni e degli obblighi del soggetto titolare dell'area, potendo configurarsi quale mera locazione dell'area, se l'interesse perseguito è il mero reperimento di uno spazio in cui lasciare il veicolo e l'obbligo assunto dal gestore riguarda il solo godimento dell'area, ovvero come contratto assimilabile al deposito (se è dedotto in contratto anche un obbligo di custodia diligente) o ancora quale contratto assimilabile al deposito avente ad oggetto la conservazione della cosa, se il contratto si caratterizza per l'aggiunta di altri servizi, come quello di vigilanza (ma vds. Cass. III, n. 22598/2004 secondo cui il contratto di posteggio, pur rientrando nella categoria dei contratti atipici, è sempre caratterizzato da una struttura minima essenziale, in mancanza della quale non può dirsi realizzata la detta convenzione negoziale, consistente nell'affidamento del veicolo al soggetto o a un suo ausiliare, che esercita l'attività di parcheggio o di posteggio di veicoli in un determinato luogo; per cui allorché si parla di parcheggio o di posteggio "non custodito", non si versa in effetti nell'ambito del contratto di posteggio, ma nella locazione o nel comodato del c.d. posto auto, cioè nella messa a disposizione per un tempo determinato o indeterminato di una zona del bene immobile del locatore o del comodante, perché sia goduta al solo fine della sosta del veicolo, senza alcun altro obbligo a carico del locatore o del comodante che non siano quelli propri di detti contratti).

L'individuazione dell'oggetto dell'obbligazione dedotta in contratto va quindi compiuta caso per caso.

Riguardo alla restituzione del veicolo, deve ritenersi applicabile al contratto in argomento il principio, consolidato nella giurisprudenza della Corte di legittimità, per cui soggetto attivo dell'obbligazione di restituzione insita nel contratto di deposito è il depositante, senza che il depositario possa esigere la prova della proprietà della cosa depositata.

Ad eguale conclusione si perviene anche con riferimento all'obbligazione sostitutiva, avente ad oggetto l'equivalente pecuniario della cosa depositata, che incombe al depositario nel caso di perdita a lui imputabile e che, derivando egualmente dal contratto, egli non può esimersi dall'adempiere nei confronti del depositante, eccependo che la cosa non era di proprietà di quest'ultimo (Cass. n. 8934/2006; v. anche Cass. n. 19769/2003). Quindi, nel contratto di deposito, la dimostrazione della proprietà del bene, da parte del depositante, non ha alcun rilievo sotto il profilo della legittimazione a richiederne la restituzione od, in caso di sua impossibilità, ad esigere la prestazione sostitutiva.

Detta legittimazione compete soltanto al depositante e non anche al proprietario che rimane estraneo al rapporto contrattuale di deposito.

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