Comparsa di costituzione e risposta in giudizio per risarcimento danni da circolazione stradale verificatosi in stato di necessità.InquadramentoCon la comparsa di costituzione in un giudizio per il risarcimento dei danni da circolazione stradale, il soggetto danneggiante eccepisce il carattere necessitato del proprio comportamento, tale da escludere l'antigiuridicità dello stesso e da consentire di paralizzare la richiesta risarcitoria del danneggiato; inoltre, atteso che l'evento dannoso si sarebbe comunque verificato, il convenuto eccepisce l'insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della indennità. FormulaGIUDICE DI PACE DI ..../TRIBUNALE DI .... R.G. .... Giudice .... Udienza .... COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA PER Trasporti Locali .... , C.F. [1]/P.I. ...., in persona del legale rappresentante pro tempore. Sig...., nato a ...., il ...., C.F. ...., con sede legale in ...., via ...., rappresentata e difesa, come da procura in calce (oppure, a margine) del presente atto, dall'Avv. .... C.F. .... presso il cui studio elettivamente domicilia in .... Si dichiara di volere ricevere tutte le comunicazioni relative al presente procedimento al fax ...., ovvero all'indirizzo PEC .... [2] - convenuto – CONTRO Il Sig. .... , nato a ...., il ...., rappresentato e difeso dall'Avv. .... - attore – Nonché Assicurazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. ...., - convenuta - FATTO - con atto di citazione, notificato il ...., il Sig. .... conveniva l'Assicurazione .... ai sensi dell'art. 149 cod. ass. ed la Trasporti locali .... quale responsabile civile, per sentirli condannare in via solidale al risarcimento dei danni conseguenti al sinistro stradale verificatosi in ...., in data ...., ore ....; - in punto di fatto specificava che a causa della improvvisa frenata operata dal conducente dell'autobus di linea, modello ...., targato, di proprietà della convenuta (documento 1), subiva le seguenti lesioni ....; - per tali ragioni chiedeva il risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali, che quantificava in complessivi Euro ...., oltre interessi e rivalutazione; - in data .... si costituiva l'Assicurazione .... , la quale chiedeva rigettarsi la domanda, poiché infondata. Con il presente atto si costituisce la Trasporti Locali .... in persona del legale rapp.te p.t., come sopra, la quale chiede rigettarsi la domanda, in quanto inammissibile, improcedibile ed improponibile, per le seguenti ragioni in DIRITTO 1- Infondatezza della domanda. Causa di esclusione della responsabilità ai sensi dell'art. 2045 c.c.. La domanda formulata da parte avversa è priva di fondamento giuridico, in quanto basata su una ricostruzione dei fatti errata e/o incompleta e comunque non veritiera. Invero, contrariamente a quanto affermato dall'attore, l'improvvisa frenata operata dal conducente dell'autobus, dalla quale sarebbero derivate le lamentate lesioni, è stata determinata da una condotta prudente e diligente dello stesso, il quale era stato obbligato a porre in essere la detta azione per prevenire l'urto con un'autovettura che ne aveva intralciato repentinamente la traiettoria. La condotta dell'autista, pertanto, comunque prudente e diligente, è stata una conseguenza della necessità di evitare il pericolo concreto di danni gravi alla sua persona ed a quella degli altri trasportati, i quali senz'altro avrebbero avuto delle lesioni a causa del forte impatto con la terza autovettura. Inoltre, non può ritenersi lo stato di pericolo causato dalla condotta dell'autista, né l'impatto poteva essere in altro modo evitabile in relazioni alle caratteristiche della strada, della dinamica e delle modalità in cui il sinistro si è verificato In buona sostanza alcuna responsabilità può essere attribuita all'autista, il quale ha chiaramente agito per stato di necessità. Il fatto dannoso, pertanto, non può essere in ogni caso imputato alla convenuta società di trasporti locali. 2. In ordine all'indennizzo di cui all'art. 2045 c.c.. Stante l'esimente dello stato di necessità, non può nemmeno riconoscersi il diritto all'indennizzo in favore del danneggiato, atteso che il danno lamentato si sarebbe egualmente verificato anche in assenza dell'azione necessitata. Invero, ai fini dell'attribuzione dell'indennità prevista dall'art. 2045 c.c., che costituisce un minus rispetto all'ordinario risarcimento, occorre che esista pur sempre un nesso di causalità fra l'atto necessitato e l'evento dannoso, che il danno sia cioè conseguenza immediata e diretta della condotta nel caso dall'agente mantenuta. In relazione al caso di specie, invece, l'evento dannoso non è eziologicamente collegato alla condotta dell'autista dell'autobus, ma è una diretta conseguenza del comportamento negligente ed imprudente dell'attore, il quale ... [3]. In sostanza, se il Sig. .... si fosse attenuto alle norme comportamentali previste in relazione al caso di specie, non avrebbe riportato alcuna lesione. CONCLUSIONI Alla luce di tutto quanto testé evidenziato, voglia l'Ill.mo Giudice di Pace/Tribunale adito, respinta ogni contraria domanda, eccezione e deduzione: - In via preliminare, dichiarare l'improcedibilità, inammissibilità ed improponibilità della domanda; - Nel merito, rigettare la domanda, in quanto destituita di fondamento in fatto e diritto, nonché non provata. Con vittoria di spese ed onorari ed attribuzione in favore del procuratore antistatario. IN VIA ISTRUTTORIA (INDICAZIONE DEI MEZZI ISTRUTTORI DI CUI SI INTENDE VALERE) Si chiede ordinarsi all'attore, ex art. 210 c.p.c., di esibire e depositare referto e documentazione medica in originale. Si chiede, altresì, che venga disposta apposita CTU medico-legale (consulenza tecnica d'ufficio), al fine di accertare il nesso di causalità tra l'accadimento e le lesioni riportate dall'attore, nonché per la quantificazione dei relativi danni. Si chiede, inoltre, di essere ammesso alla prove per testimoni sulle circostanze indicate in premessa/in punto di fatto, dal numero .... al numero ...., preceduti dalla locuzione “Vero è che”, ovvero sulle seguenti circostanze (formulare i capi di prova preceduti dalla locuzione “Vero che...”)... A tal fine si indicano come testimoni i Sig.ri: 1) Sig. .... residente in ....; 2) Sig. .... residente in .... Si allegano i documenti 1), 2), 3), 4) e 5) indicati nella narrativa del presente atto, riservandosi di produrne altri con le memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., la concessione dei cui termini sin da ora viene richiesta. Ai sensi del d.P.R. n. 115/2002 e successive modificazioni, si dichiara che il valore del presente procedimento è pari ad Euro....... e, pertanto, all'atto di iscrizione a ruolo della causa, viene versato un contributo unificato pari ad Euro ..... Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA [1] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv. con modif. dalla l. n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. dalla l. n. 24/2010. A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla l. n. 114/2014. [2] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla l. n. 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà». [3] Descrivere le circostanze di fatto ritenute rilevanti ai fini dell'esclusione del riconoscimento della indennità di cui all'art. 2045 c.c. CommentoFondamento, requisiti e ambito applicativo. La fattispecie di cui all'art. 2045 c.c. viene, in dottrina, integrata dagli elementi desumibili dalla corrispondente disposizione dell'art. 54 c.p.. Secondo la dottrina prevalente, anche lo stato di necessità, al pari della legittima difesa, esclude non la colpevolezza, bensì l'antigiuridicità, collocandosi pertanto nell'ambito delle cd. scriminanti: il fatto posto in essere in stato di necessità ed il danno che ne deriva vengono, infatti, considerati non antigiuridici, tal che la fattispecie dà luogo ad una ipotesi di responsabilità per fatto dannoso non illecito. Secondo altro orientamento, l'atto compiuto in stato di necessità sarebbe obiettivamente antigiuridico, ma nel comportamento dell'agente mancherebbe l'elemento soggettivo della colpevolezza per difetto dell'esigibilità di una sua volizione conforme al diritto. Si è prospettata, da parte di altri autori, la distinzione tra stato di necessità che comporta il sacrificio di un altrui diritto della personalità e stato di necessità che comporta il sacrificio di un altrui diritto economico: solo questa seconda ipotesi andrebbe qualificata come causa di esclusione dell'antigiuridicità, mentre la prima integrerebbe una esimente personale di responsabilità. Tra azione necessitata e danno deve sussistere un rapporto di causalità adeguata: ne consegue che dovrà escludersi il diritto all'indennizzo quando il danno si sarebbe egualmente verificato in assenza dell'azione necessitata (così v. Cass. n. 10571/2002 nonché Cass. n. 2087/1966). Perché ricorra la scriminante in esame, è richiesta la sussistenza della necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona (v. così Cass. n. 2091/2000); non rileva la minaccia del danno futuro ed occorre la inevitabilità del pericolo, intesa nel senso che questo si manifesti al soggetto minacciato in termini tali da autorizzare la convinzione che sia possibile evitare l'evento dannoso soltanto sacrificando il diritto altrui. Dovrà, pertanto, escludersi lo stato di necessità, allorché vi sia un comportamento colposo o doloso dell'autore del danno. La gravità del danno deve essere valutata tenendo conto della situazione di specie, secondo gli elementi offerti dal comune senso giuridico. Secondo l'opinione prevalente, l'atto necessitato deve rispondere al requisito di arrecare un danno proporzionato al pericolo evitato; quanto al “danno alla persona” si ritiene che lo stesso indichi tanto il danno fisico, quanto quello riguardante altri beni della personalità giuridicamente tutelati (derivandone la affermazione della applicabilità della scriminante in parola anche alle persone giuridiche; v. di recente Cass. pen. III, n. 20245/2014 ove si afferma che “ai fini dell'esimente di cui all'art. 54 c.p. pure dovendosi ritenere che il “danno grave alla persona” non è solo quello alla vita ed all'integrità fisica, ma anche quello minacciato ai beni attinenti alla personalità, quali sono ad esempio la libertà, il pudore, l'onore od il decoro, va peraltro considerato che, alla stregua di detta disposizione, il pericolo, cioè la costrizione a violare la legge viene a mancare tutte le volte in cui con altri mezzi si possa ottenere quanto è indispensabile per evitare il danno”). In ordine alla “volontarietà”, si reputa sufficiente anche una condotta colposa, ovvero un comportamento volontario tout court (il che rende invocabile la scriminante in parola anche da parte del soggetto incapace). Secondo un certo orientamento dottrinale, lo stato di necessità sarebbe invocabile anche in sede contrattuale: si è affermato, in particolare, che, nel caso di contratto a prestazioni corrispettive, questo si risolverebbe con effetti intermedi tra quelli della risoluzione per inadempimento e quelli della risoluzione per impossibilità sopravvenuta, in quanto non sarebbe dovuto il pieno risarcimento, ma soltanto un'equa indennità. Si ritiene che la norma dell'art. 2045 c.c. riguardi anche lo stato di necessità putativo, quando l'errore non sia dovuto a colpa dell'agente; in particolare, si è affermato che la necessità del consenso del paziente alle cure sanitarie venga meno in presenza di uno stato di necessità putativo, il quale ricorre allorché il medico, senza colpa, abbia ritenuto, in base a circostanze scusabili, l'esistenza di un pericolo di danno grave alla salute del paziente (v. Cass. n. 12621/1999; per ulteriori approfondimenti v. formula su consenso informato e risarcimento del danno). L'indennizzo L'art. 2045 c.c., laddove riconosce in favore del danneggiato un'indennità nell'ipotesi in cui chi ha compiuto il fatto dannoso abbia agito in stato di necessità, ha una funzione surrogatoria od integratrice, avendo lo scopo di assicurare al danneggiato un'equa riparazione. Il diritto all'indennità sorge al momento della produzione del danno; posto che l'indennità è sempre dovuta, il giudice gode di potere discrezionale limitatamente al quantum. Si è ritenuto che, al fine di determinare l'indennità, non rilevi il fatto che l'azione necessitata sia stata posta in essere con l'intento di salvare, oltre che sé o altri, anche colui che è rimasto danneggiato; tuttavia, si è precisato che l'indennità non è dovuta quando l'azione del danneggiante sia stata diretta a giovare al soggetto in pericolo e questi abbia ricevuto dall'opera di salvataggio un danno sostanzialmente non dissimile da quello che gli sarebbe derivato in difetto di tale opera (v. ad es. Cass. n. 23696/2004, la quale ha confermato la sentenza del giudice di merito che aveva negato la corresponsione dell'indennità di cui all'art. 2045 c.c. richiesta dalla passeggera di un autobus dell'ATAC per i danni subiti in conseguenza delle lesioni riportate all'esito di una caduta avvenuta a causa di una frenata operata dal conducente, per prevenire l'urto con un'autovettura che ne aveva intralciato repentinamente la traiettoria). La domanda diretta ad ottenere l'indennità soggiace allo stesso termine prescrizionale dell'azione di risarcimento; in particolare, la giurisprudenza ritiene implicita nella domanda di risarcimento integrale del danno quella, subordinata, all'equo indennizzo (Cass. n. 2660/1971; vedasi, anche, Cass. n. 23275/2010 secondo cui “non è affetta da violazione di legge la sentenza con cui il giudice d'appello, individuati nel fatto gli estremi dello stato di necessità e corretta in tal senso la motivazione della prima sentenza, che, invece, aveva attribuito al danneggiante la responsabilità risarcitoria ai sensi dell'art. 2043 c.c., esercitando il proprio giudizio equitativo, liquidi in favore del danneggiato, a titolo di indennità, la stessa somma di danaro che il primo giudice aveva liquidato a titolo risarcitorio”; nonché Cass., n. 12100/2003 secondo cui “qualora l'attore abbia chiesto il risarcimento dei danni e sia stato accertato che il convenuto aveva agito in stato di necessità, il giudice deve applicare d'ufficio l'art. 2045 c.c., essendo implicita nella domanda di risarcimento quella di corresponsione di un equo indennizzo, anche in assenza di un esplicito richiamo, da parte del danneggiato, alla ricordata norma ex art. 2045 c.c.”). La norma è stata ritenuta applicabile anche quando sia chiamato a rispondere del danno un soggetto diverso da quello che ha tenuto il comportamento necessitato, come nell'ipotesi di cui all'art. 2054 c.c. (cfr. ad es. Cass. n. 3428/2016 secondo cui “in tema di danni da sinistro stradale, nell'ipotesi di lesioni patite dal terzo trasportato a seguito di una manovra di emergenza che abbia comportato la fuoriuscita del veicolo dalla sede stradale, l'apprezzamento della possibilità, per il conducente, di tenere una condotta alternativa idonea ad evitare l'evento dannoso, o a produrne altro meno grave, non incide sull'accertamento del nesso di causalità tra la condotta tenuta e l'evento dannoso, ma, eventualmente, sul piano della verifica della colpa del conducente, potendo in particolare comportare - qualora la situazione di pericolo risulti ascrivibile solamente al contegno di un terzo - l'operatività dell'esimente dello stato di necessità ex art. 2045 c.c.”). La prevalente opinione è, poi, nel senso di ritenere che quando il pericolo che cagiona lo stato di necessità sia stato provocato colposamente da un terzo, ugualmente si abbia l'obbligo del necessitato di pagare l'indennizzo, salva la possibilità di rivalersi verso il terzo (in tal caso, anche il danneggiato principale avrà diritto di agire, a titolo risarcitorio, verso chi ha dato origine al pericolo per il residuo del danno subito). Stato di necessità e responsabilità medica La norma dell'art. 2045 c.c. implica che un soggetto si venga a trovare fortuitamente, a prescindere dalla sua volontà e dalla sua possibilità di esercitare un controllo sulla situazione in atto, in questa imprevista ed imprevedibile situazione, all'interno della quale soltanto si giustifica il compimento da parte sua di scelte, altrimenti sanzionate dai canoni della responsabilità civile, purché finalizzate alla necessità di salvare sé od altri dalla imprevista e imprevedibile situazione di pericolo. L'elemento della imprevedibilità è, dunque, strettamente connaturato al sorgere della causa di giustificazione, dovendo altrimenti una situazione di pericolo esser affrontata e risolta nei modi ordinari, senza richiedere o giustificare un intervento da parte di un soggetto che sia, al contempo, lesivo di altri diritti. Con riguardo all'intervento chirurgico urgente, resosi, cioè, necessario per salvare la vita del paziente, la scriminante in esame opera quando il soggetto non abbia potuto adottare le normali cautele, ovvero quando il soggetto, che si veda costretto ad effettuare l'intervento chirurgico, si trovi ad operare al di fuori di una adeguata struttura sanitaria e non sia in grado di raggiungerla, mettendo altrimenti a repentaglio la vita della persona in pericolo. In questo caso, chi interviene non potrà usufruire dei controlli preventivi e degli standard di sicurezza e di igiene che sono imposti all'ospedale per il suo ordinario funzionamento, sia come struttura di cura che come struttura chirurgica. Invece, se l'intervento chirurgico, per quanto in chirurgia d'urgenza e quindi non programmato, avviene all'interno di una struttura a ciò deputata e, quindi, professionalmente organizzata proprio, tra l'altro, per poter affrontare interventi d'urgenza in condizioni di sicurezza, non è configurabile lo stato di necessità, perché l'urgenza stessa deve necessariamente essere prevista e programmata e al suo verificarsi scatta, o comunque deve scattare l'adozione di specifici protocolli, tra i quali ad es. la predisposizione di sacche di sangue già controllate. Nei compiti di una struttura ospedaliera organizzata ed operante sul territorio, rientra, tra gli altri, la programmazione, ai fini dell'adeguata gestione, delle situazioni di emergenza, che si deve tradurre in una apposita organizzazione interna finalizzata proprio alla professionale ed organizzata gestione dell'emergenza, con appositi protocolli, la previsione di turni in chirurgia di tutte le qualifiche professionali coinvolte, la disponibilità all'occorrenza delle sale operatorie con priorità su interventi che possono attendere, l'approvvigionamento preventivo di risorse ematiche verificate o comunque la predeterminazione delle modalità di un approvvigionamento aggiuntivo straordinario ove necessitato dalla situazione di emergenza. Deve, di conseguenza, escludersi che una struttura sanitaria, la quale esegua, al suo interno, un intervento chirurgico di urgenza, agisca in stato di necessità e possa, pertanto, essere ritenuta non responsabile ex art. 2045 c.c. dei danni riportati dai pazienti, ove gli stessi abbiano subito un danno ingiusto (detti principi sono stati articolatamente espressi in Cass. n. 13919/2016). |