Atto di citazione per risarcimento danni da immissioni

Emanuela Musi
aggiornata da Fernanda Annunziata

Inquadramento

Con l'atto di citazione per l'inibitoria ed il risarcimento dei danni da immissioni intollerabili, il proprietario di un appartamento sito al confine con una scuola chiede la cessazione delle immissioni rumorose nonché il risarcimento dei danni alla salute patiti in conseguenza delle stesse.

Formula

ATTO DI CITAZIONE 12

PER

il Sig. ...., nato a ...., il ...., C.F. .... 3, residente in ...., rappresentato e difeso, come da procura in calce (oppure, a margine) del presente atto, dall'Avv. ...., C.F. ...., presso il cui studio elettivamente domicilia in .... Si dichiara di volere ricevere tutte le comunicazioni relative al presente procedimento al fax n ...., ovvero all'indirizzo PEC .... 4

PREMESSO CHE

— Sig. .... è proprietario di uno stabile situato nel quartiere residenziale del Comune di .... (doc. 1), confinante con la scuola primaria ...., dalla quale ed è separata da una siepe;

— l'istante risiede nel citato stabile da anni ...., avendo liberamente scelto di abitare in una zona tranquilla, lontana dal centro abitato, ove non vi è problema di traffico e non vi è una forte concentrazione di attività commerciali;

— la detta scuola primaria è di proprietà della Società Scolastica ...., in persona del legale rapp.te p.t., Sig. ...., nato a ...., il ....(doc. 2);

— gli allievi della scuola sono soliti svolgere nell'ora di ginnastica attività sportiva - con forti grida - in una vasta area di pertinenza dell'istituto, all'interno della quale vi si trovano delle attrezzature a ciò dedicate;

— essendo forti e persistenti i rumori provenienti dalla detta scuola, in data .... l'istante provvedeva ad incaricare tecnici dell'Ente .... affinché effettuassero dei rilievi fonometrici, i quali accertavano che il rumore ambientale, generato dalle grida dei bambini, superava di gran lunga la normale tollerabilità (doc. 4);

— con racc. a/r del .... e del ...., l'istante segnalava alla convenuta tali circostanze senza che nessun provvedimento di sorta venisse adottato (doc. 5);

— dai fatti sopra descritti emerge chiaramente la responsabilità della convenuta per i danni cagionati al Sig. ...., in seguito alle perduranti immissioni di carattere rumoroso derivanti dalle grida dei bambini del plesso scolastico.

A tal riguardo, si fa rilevare che l'ordinamento riconosce e garantisce la proprietà privata. La legge ne determina i modi di acquisto, di godimento ed i limiti al fine di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti (art. 42 Cost.). Quindi il proprietario ha il diritto di godere e di disporre del proprio bene in modo pieno ed esclusivo (art. 832 c.c.).

Ogni attività svolta dal terzo, volta a ledere e turbare l'uso e il godimento di cui sopra, legittima il proprietario ad agire per ottenere la cessazione della turbativa e, altresì, il risarcimento del danno patito.

Ora la definizione di rumore è contenuta nell'art. 844 c.c. secondo il quale le immissioni di fumo, di calore, le esalazioni, i rumori e gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino sono da tollerarsi quando non superano appunto la “normale tollerabilità”. Tale norma trova applicazione tutte le volte in cui l'immissione impedisce al proprietario di godere nel modo pieno e pacifico del proprio bene, proprio come nel caso de quo.

L'immissione di rumore si considera intollerabile anche in relazione alla situazione ambientale in cui si manifesta e in base alle abitudini del luogo.

In relazione alla fattispecie in esame, l' art. 844 c.c. assolve anche alla funzione di dover contemperare il diritto del privato al godimento della sua abitazione, con le correlative esigenze di riposo e di quiete influenti anche sulla salute, con le esigenze della scuola pubblica materna, rappresentanti valori tutelati tutti dalla Costituzione.

Ed invero è orientamento oramai pacifico giurisprudenza quello secondo cui ritiene inadeguata a risolvere i conflitti di interessi nel campo delle immissioni rumorose un'interpretazione del c.c. art. 844, che limiti la tutela in relazione ai soli pregiudizi recati alla proprietà. Invero, l'azione esperita dal proprietario del fondo danneggiato per conseguire l'eliminazione delle cause di immissioni rientra tra le azioni negatorie, di natura reale a tutela della proprietà. Essa è volta a far accertare in via definitiva l'illegittimità delle immissioni e ad ottenere il compimento delle modifiche strutturali del bene indispensabili per farle cessare. Nondimeno l'azione inibitoria, ex art. 844 c.c., può essere esperita dal soggetto leso per conseguire la cessazione delle esalazioni nocive alla salute, salvo il cumulo con l'azione per la responsabilità aquiliana prevista dal c.c. art. 2043, nonché la domanda di risarcimento del danno in forma specifica ex art. 2058 c.c.

Benché, dunque, la modalità principe della tutela della salute garantita dalla Costituzione art. 32 Cost., sia, in ambito civilistico, quella risarcitoria di cui agli artt. 2043 e 2059 c.c., è nondimeno possibile, in funzione della protezione di quell'interesse e quando ne sussistano i presupposti, domandare con il presente atto anche la tutela inibitoria di cui al c.c. art. 844.

Nel caso in esame l'odierno attore chiede che vengano inibite le immissioni intollerabili e che gli sia risarcito il danno da lesione della salute, dalle immissioni appunto derivato.

Tanto considerato, il Sig. ...., come in epigrafe rappresentato, difeso e domiciliato,

CITA

— la Società Scolastica ...., C.F./P.I. ...., in persona del legale rapp.te p.t., Sig. ...., nato a ...., il ...., C.F. ...., con sede legale in ...., via ...., a comparire innanzi:

— all'Ill.mo Tribunale di ...., Giudice istruttore designando ai sensi dell'art. 168 bis c.p.c., all'udienza del ...., ore di rito, con invito ex c.p.c. art. 163 a costituirsi, nelle forme e nei modi di cui al c.p.c. art. 166, entro 70 giorni prima dell'udienza su indicata, e con l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini comporterà le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., che la difesa tecnica è obbligatoria in tutti i giudizi dinanzi al Tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'art. 86 o da leggi speciali e che la parte, sussistendone i presupposti di legge può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio gratuito a spese dello stato e che, non costituendosi, si procederà, ugualmente, in sua contumacia, per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni:

— in via preliminare, accertare l'intollerabilità delle immissioni di rumore provenienti dalla scuola dell'infanzia ....;

— ordinare alla convenuta, ex art. 844 c.c., la cessazione immediata delle predette immissioni provenienti dal confinante plesso scolastico ovvero disporre le necessarie misure per ricondurre alla normale tollerabilità le immissioni medesime;

— per l'effetto, condannare la convenuta, in favore dell'attore, al risarcimento di tutti i danni patiti a seguito dell'intollerabilità dei rumori, con valutazione equitativa degli stessi ex art. 1226 c.c., oltre rivalutazione monetaria ed interessi nella misura di legge sulla somma rivalutata;

— in subordine, accertata l'eccedenza delle immissioni dalla normale tollerabilità, voglia, in ogni caso, condannare i convenuti a corrispondere l'indennizzo di cui al c.c. art. 844, comma 2.

Con vittoria di spese ed onorari ed attribuzione in favore del procuratore antistatario.

IN VIA ISTRUTTORIA

(indicazione dei mezzi istruttori di cui si intende valere): (ESEMPIO)

Si chiede, inoltre, di essere ammesso alle prove per testimoni sulle circostanze indicate in premessa/in punto di fatto, dal numero .... al numero ...., preceduti dalla locuzione “Vero è che”, ovvero sulle seguenti circostanze (formulare i capi di prova preceduti dalla locuzione “Vero che .... ”) .... A tal fine si indicano come testimoni i Sigg.ri: 1) Sig. ...., residente in ....; 2) Sig. ...., residente in ....

Si chiede voler disporre C.T.U. al fine di accertare se le immissioni provenienti dall'area giochi della scuola .... abbiano superato la normale tollerabilità, rispetto alla situazione ambientale della zona e alla valutazione della rumorosità di fondo, ossia della fascia rumorosa costante sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi, secondo il cosiddetto criterio comparativo, oltre che per la quantificazione dei relativi danni.

Si fa riserva di formulare ulteriori richieste istruttorie e di produrre altri documenti anche in conseguenza del comportamento processuale di controparte.

Si allegano i documenti 1), 2), 3), 4) e 5) indicati nella narrativa del presente atto, riservandosi di produrne altri con le memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., la concessione dei cui termini sin da ora viene richiesta.

Ai sensi del d.P.R. n. 115/2002 e successive modificazioni, si dichiara che il valore del presente procedimento è pari ad Euro .... e, pertanto, all'atto di iscrizione a ruolo della causa, viene versato un contributo unificato pari ad Euro ....

.

Luogo e data ....

Firma Avv. ....

PROCURA

[1] [] [2] Trattandosi di materia avente ad oggetto diritti reali, l'azione giudiziaria deve essere preceduta dall'esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria: il d.l. n. 69/2013 e la successiva legge di conversione del d.l. n. 98/2013 hanno modificato la disciplina del d.lgs. n. 28/2010, sicché l'obbligatorietà della mediazione civile e commerciale torna ad essere condizione di procedibilità in relazione a numerose controversie. Le materie sono le stesse di quelle previste dal d.lgs. 28/2010 (condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e diffamazione a mezzo stampa o altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi bancari e finanziari) ad eccezione di quella della responsabilità per danno da circolazione stradale, esclusione fortemente voluta dall'Avvocatura, e dell'aggiunta delle cause relative alla responsabilità sanitaria, oltre che medica. Ai sensi dell'art. 163 c.p.c., novellato dal D.lgs.  n. 149/2022, nell'atto introduttivo l'attore deve indicare di aver assolto agli oneri previsti per il superamento della condizione di procedibilità della domanda.

[2] [] [3] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., dalla l. n. 111/2011).

[3] [] [4] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv. con modif. dalla l. n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. dalla l. n. 24/2010. A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. 90/2014 conv., con modif., dalla legge 114/2014.

[4] [] [5] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. 90/2014, conv. con modif., dalla legge 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

Commento

Fondamento e nozioni

La norma sulle immissioni regola i limiti del godimento del proprio fondo rispetto al fondo vicino. Il concetto di immissioni e della loro intollerabilità, nonché le regole per disciplinare le immissioni sono oggetto di continua evoluzione: in particolare, costituisce questione da sempre dibattuta in dottrina, se le immissioni siano da considerare intollerabili solo se rechino danno alla salute o all'ambiente, interessi costituzionalmente protetti, ovvero anche se ledano altri rilevanti interessi, come il diritto al rispetto della vita privata e familiare, riconosciuto dall'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali (Roma, 4 novembre 1950).

Ai fini della applicazione della norma dell'art. 844 c.c. si considerano le sole immissioni indirette (ovverosia quelle che non consistono in un facere in alienum): esse, generalmente, si ricollegano sotto il profilo causale, ad un fenomeno di propagazione al fondo vicino per il tramite di fattori naturali. Rientra, in tale categoria, l'immissione di radiazioni nocive, di correnti elettriche, di onde elettromagnetiche, la infiltrazione sotterranea di acqua nel fondo altrui; non, invece, la caduta di massi o pietre da un fondo finitimo, che non sono lecite, ancorché non superino la normale tollerabilità (Cass. III, n. 7411/1992). I rumori e le immissioni provenienti da un fondo destinato a decollo o atterraggio di elicotteri non si sottraggono alle norme che regolano i rapporti tra fondi finitimi, né dunque alla regola dell'art. 844 c.c., ancorché per l'attività svolta sussista la prescritta autorizzazione amministrativa (Cass. II, n. 8271/1990). L'elencazione di cui all'art. 844 c.c. non è tassativa.

Ambito applicativo: evoluzione giurisprudenziale

La norma dell'art. 844 c.c., nata con l'evidente obiettivo di tutelare la crescente attività industriale, è stata successivamente interpretata in maniera costituzionalmente orientata per innestarvi la tutela della salute ed, in particolare, della salubrità ambientale, giacché la stessa è stata ritenuta, dalla dottrina prevalente, più efficace della disciplina pubblicistica per porre dei limiti all'invadenza economica.

In questo contesto, la giurisprudenza ha svolto un ruolo rilevante, ad es. allorché ha inteso applicare il limite delle immissioni anche a carico della P.A.: invero, secondo Cass. S.U., n. 22116/2014, (confermato successivamente da Cass. S.U. 21993/2020) l'inosservanza da parte della P.A. delle regole tecniche o dei canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni può essere denunciata dal privato davanti al giudice ordinario, non solo per conseguire la condanna della P.A. al risarcimento dei danni, ma anche per ottenerne la condanna ad un facere, non investendo tale domanda scelte ed atti autoritativi della P.A., ma un'attività soggetta al principio del neminem laedere (nella specie, la Cassazione ha dichiarato appartenere al giudice ordinario la cognizione sulla domanda per la condanna di rete ferroviaria italiana alla riduzione nei limiti di tollerabilità delle immissioni rumorose prodotte dai convogli ferroviari, oltre che al risarcimento dei danni da inquinamento acustico;nello stesso senso, Cass. S.S.U.U., n. 23436/2022 che individua la giurisdizione del giudice ordinario nella controversia in cui il privato, deducendo l'omessa adozione da parte della P.A. degli opportuni provvedimenti a tutela del diritto alla salute, domandi nei confronti della stessa il risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a immissioni intollerabili di odori e polveri provenienti da un'azienda agricola privata, venendo in rilievo, alla stregua del criterio del "petitum" sostanziale, un comportamento materiale di pura inerzia delle autorità pubbliche, suscettibile di compromettere il nucleo essenziale del diritto soggettivo inviolabile alla salute). Ancora, secondo Cass. III, n. 26899/2014, l'accertata esposizione ad immissioni sonore intollerabili può determinare una lesione del diritto al riposo notturno e alla vivibilità della propria abitazione, la cui prova può essere fornita dal danneggiato anche mediante presunzioni sulla base delle nozioni di comune esperienza (nella fattispecie, le immissioni sonore - costituite da musica ad alto volume e altri schiamazzi “clamorosamente eccedenti la normale tollerabilità” in orario serale e notturno - avevano determinato una lesione, non futile, del diritto al riposo notturno per un periodo di almeno tre anni). Contro le immissioni intollerabili di fumo dannose per la salute, secondo Cass. II, n. 12828/2013 è sufficiente il ricorso alla tutela ex art. 844 c.c., senza che sia necessario proporre domanda fondata sull'art. 2043 c.c.

Anche la giurisprudenza costituzionale è più volte intervenuta in argomento: a tal proposito occorre evidenziare che, con sentenza n. 103/2011, la Consulta ha dichiarato manifestamente inammissibile, per carente descrizione della fattispecie, la questione di legittimità costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 32 Cost., dell'art. 6-ter, d.l. n. 208/2008, introdotto dalla legge di conversione 27 febbraio 2009, n. 13, secondo il quale nell'accertare la normale tollerabilità delle immissioni e delle emissioni acustiche, ai sensi dell'art. 844 c.c., sono fatte salve in ogni caso le disposizioni di legge e di regolamento vigenti che disciplinano specifiche sorgenti e la priorità di un determinato uso. Particolarmente rilevante, altresì, Corte cost. n. 54/1994, per la quale è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 892 e 894 c.c., in quanto il loro combinato disposto non prevede, a differenza di quanto sancito dall'art. 844 c.c. in materia di immissioni, che il giudice possa valutare se gli alberi e le piante, sorgenti a distanza inferiore a quelle indicate, debbano essere estirpati, qualora le loro immissioni nocive o simili propagazioni nel fondo confinante non superino la normale tollerabilità avuto riguardo anche alla condizione dei luoghi, in riferimento all'art. 3 Cost.

Di recente, la S.C. è intervenuta sul tema, con particolare riguardo ai rapporti proprietario locatore – conduttore autore delle immissioni moleste, peraltro confermando un proprio consolidato orientamento (richiamando, in particolare, Cass. S.U., n. 2711/1969), secondo cui non sussiste un'automatica responsabilità in capo al proprietario di un immobile, concesso in locazione, per le immissioni rumorose cagionate a terzi dall'inquilino, essendo necessari tanto l'elemento soggettivo della colpa e quanto il nesso oggettivo di causalità tra la concessione dell'immobile al terzo e il danno cagionato ai vicini. Pertanto la responsabilità ex art. 2043 c.c. per i danni derivanti dalle immissioni intollerabili prodotte dall'inquilino, può essere affermata nei confronti del locatore, solo se il medesimo abbia concorso alla realizzazione del fatto dannoso, e non per non aver diffidato il conduttore dal recare pregiudizio a terzi: non sussisterebbe, infatti, una colpa nel proprietario/locatore, in quanto la colpa rilevante ai fini dell'art. 2043 c.c. è quella che discende dalla violazione di regole di comune prudenza o precetti giuridici, infatti nel caso di specie non sussisteva alcun obbligo di vigilanza, di intervento o di veto in capo al proprietario discendente da norme contrattuali o positive, né si sarebbe potuto esigere una condotta diversa dal locatore, e cioè obbligare il conduttore a non fare chiasso (ai fini dell'accertamento della colpa aquiliana, la Corte ammette che si sarebbe dovuto accertare se al momento in cui l'immobile veniva concesso in locazione la locatrice potesse prevedere con l'ordinaria diligenza che la conduttrice avrebbe con «ragionevole certezza» arrecato danni a terzi, provocando immissioni intollerabili: in tal senso cfr. Cass. VI, n. 4908/2018)

In particolare: il limite della normale tollerabilità e gli strumenti di tutela

Il limite della immissione è dato non dalla normalità del suo esercizio, ma dalla normale tollerabilità per chi deve subirla. La tollerabilità è un criterio oggettivo, il quale prescinde dalle caratteristiche di un determinato soggetto, per es. assuefatto a certe immissioni, ma che va concretato in relazione ai luoghi, ai tempi ed alle attività svolte: determinati limiti, in ogni caso, non sono superabili in assoluto (es. immissioni nocive per la salute).

L'art. 844 c.c. è l'unica norma, all'interno dell'impianto codicistico, in materia di immissioni che affida al giudice il compito di individuare nel cas o concreto il significato da attribuire alla locuzione impiegata tenuto conto che “la normale tollerabilità” è concetto relativo, dipendente dalla situazione ambientale, dalle caratteristiche della zona, tutelando il diritto al riposo, alla serenit à nonché alla vivibilità dell'abitazione (Trib. Brindisi 14 maggio 2020): essa consente al proprietario del fondo vessato di agire, innanzitutto in inibitoria, chiedendo l'interruzione delle attività invasive. Pur essendo stata la norma collocata a presidio della proprietà fondiaria, la giurisprudenza ne ha notevolmente esteso l'ambito applicativo, fino a ricomprendervi la tutela dei diritti fondamentali della persona - in primo luogo quello alla salute - che risultino lesi dalla propagazione di immissioni nocive (tra le molte v. Cass. III, n. 8420/2006). In virtù di una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 844 c.c., si è dunque affermato che l'immissione eccedente la normale tollerabilità integra, in relazione alla persona fisica che la subisce, violazione dell'art. 32 Cost. e che ciò vale a legittimare l'individuo leso all'esperimento della relativa azione inibitoria. Nello specifico, con riferimento al tema delle immissioni acustiche, la giurisprudenza, anche di merito, ammette da tempo la richiesta in via cautelare di un'inibitoria contro rumori molesti, a condizione che essi superino la normale tollerabilità, e ciò al fine di tutelare l'esigenza di un immediato venir meno delle fonti di disturbo e, quindi, di nocumento per la salute (così v. Pret. Torino 31 dicembre 1997; Trib. Padova 24 novembre 2006, Trib. Milano 11 novembre 2005, ma anche Cass. III, n. 1089/1995).

In materia di immissioni sonore, il giudice civile può fare riferimento alla disciplina pubblicistica dettata dalla legge quadro sull'inquinamento acustico n. 447/1995 (tra le altre, v. Cass., n. 10735/2001). Tuttavia, va specificato che “i parametri fissati dalle norme speciali a protezione dell'ambiente e di esigenze della collettività, pur potendo essere considerati come criteri minimali di partenza, al fine di stabilire l'intollerabilità delle immissioni, non sono necessariamente vincolanti per il giudice civile, potendo questi pervenire al giudizio di intollerabilità, ex art. 844 c.c., delle immissioni, ancorché contenute nei limiti di detti parametri, sulla scorta di un prudente apprezzamento che consideri la particolarità della situazione concreta e dei criteri fissati dalla norma civilistica” (così Cass., n. 17281/2005). Secondo la giurisprudenza, inoltre, al fine di dimostrare l'intollerabilità dell'immissione, non è necessario produrre perizie tecniche, ma è possibile avvalersi anche di altri mezzi di prova, liberamente apprezzabili dal giudice (di recente, le Sezioni Unite hanno ribadito l'orientamento in base al quale, in tema di immissioni intollerabili, è ammissibile la prova orale: v. così Cass. S.U., n. 4848/2013). Qualora, però, venga nominato un consulente tecnico per verificare l'entità delle immissioni, si dovrà senz'altro far riferimento al cosiddetto “differenziale” (si tratta di misurare in decibel la differenza tra i rumori prodotti dal vicino e il rumore ambientale di fondo e tanto in base alla legge quadro sull'inquinamento acustico del 26 ottobre 1995, n. 447). Si segnala, nondimeno, la recente Cass. II, n. 22105/2015, che nega l'utilizzabilità dei decibel per dimostrare l'intollerabilità delle immissioni tra privati, dovendo il giudice valutare la situazione concreta sottoposta al suo esame. In particolare, la S.C. si è chiesta se il giudice di merito, nel valutare il superamento dei limiti di tollerabilità, ex art. 844 c.c. sia vincolato ai parametri fissati dalle norme speciali a tutela dell'ambiente, come i decibel. La risposta è stata negativa perché dette norme possono essere utilizzate solo come punti di riferimento, mentre il giudizio sulla tollerabilità delle immissioni, effettuato sulla base del prudente apprezzamento del giudice, va rapportato alla situazione concreta sottoposta al suo esame, nel rispetto dei criteri fissati dalla normativa civilistica.

In ordine alla tutela ripristinatoria, è bene rilevare che il giudice che pur accolga la domanda volta a far cessare le immissioni ha comunque l'obbligo di precisare le ragioni della scelta e motivare le misura in concreto adottate tanto più nei casi in cui si ritenga impossibile adottare misure meno invasive della totale cessazione. La cessazione dell'attività è solo il “più estremo tra i rimedi possibili per ricondurre le immissioni rumorose nel campo della normale tollerabilità e viceversa il giudice, dovendo decidere in tema di “non facere” ha il dovere di valutare la gradazione tra la cessazione dell'attività e l'imposizione di accorgimenti nello svolgimento della stessa, atti a ricondurla nell'ambito delle immissioni tollerabili (v. Cass. III n. 19434/2019).

La normale tollerabilità è criterio che viene in evidenza anche quando si voglia agire ex art. 2043 c.c. Secondo l'orientamento più recente, l'accertamento dell'intollerabilità comporta l'esistenza di un danno in re ipsa, risarcibile nell'ambito di un giudizio di merito anche sulla base di criteri equitativi (v., da ultimo, Cass. III, n. 23283/2014, nonché Cass. III, n. 7048/2012). Si afferma, in particolare, che, una volta acclarata l'intollerabilità dell'immissione, è perfettamente ammissibile la prova tramite presunzioni del danno non patrimoniale - e soprattutto non biologico - lamentato dalle parti (si .v. Cass. 11930/2022); la S.C. si preoccupa, però, di specificare che, nel caso di specie, la prova, raggiunta con tali mezzi, è ritenuta ammissibile proprio in relazione alla natura del danno lamentato, lasciando dunque intendere che, qualora le parti avessero allegato un danno alla salute, avrebbero dovuto puntualmente provare anche l'entità della lesione occorsa (così Cass., n. 25820/2009).

Il risarcimento del danno non patrimoniale diverso dal biologico

Si è posto il problema di stabilire se l'art. 844 c.c. tuteli anche la vita privata e familiare, tale da legittimare, in caso di sua compromissione derivante da immissioni intollerabili, la tutela risarcitoria per equivalente. Valga, al riguardo, il riferimento alla recente Cass. III, n. 20927/2015, ove si ancora la tutela risarcitoria alla violazione dell'art. 8 della Cedu del 1950, sottolineandosi come l'interpretazione delle norme codicistiche debba essere, oltre che costituzionalmente, anche comunitariamente orientata. Ben vero, la Corte Europea dei diritti dell'uomo, ha più volte condannato, per violazione del richiamato art. 8, gli Stati che, in presenza di livelli di rumore significativamente superiori al livello massimo consentito dalla legge, non avessero adottato misure idonee a garantire una tutela effettiva del diritto al rispetto della vita privata e familiare.

Viene, dunque, avvertita l'esigenza di ampliare la tutela del privato, affermandosi che la risarcibilità del pregiudizio per immissioni che superino la soglia di tollerabilità, debba essere collegata, oltre ai danni alla salute anche ai danni derivanti dalla lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare, all'interno della propria casa di abitazione, e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini: si tratta, secondo la Corte, di rilevanti pregiudizi che, pur non integrando un danno alla salute, risultano comunque apprezzabili in termini di danno non patrimoniale (si v. ex plurimis, Cass. 21649/2021 secon do cui “ e. p ur quando non rimanga integrato un danno biologico, non risultando provato alcuno stato di malattia, la lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria casa di abitazione, tutelato anche dall'art. 8 della Convenzio ne europea dei diritti umani, nonché del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, integra una lesione che non costituisce un danno "in re ipsa", bensì un danno conseguenza e comporta un pregiudizio ristorabile in termini di danno non patrimoniale (si segnala, al riguardo, Cass. VI, n. 21649/2021 che riconosce rilevanza risarcitoria alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria casa di abitazione, tutelato anche dall'art. 8 della Convenzione europea dei diritti umani, nonché del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, integrante una lesione che non costituisce un danno in re ipsa, bensì un danno conseguenza ristorabile in termini di danno non patrimoniale. Nel caso di specie, la S.C. ha ritenuto dovuta la riparazione del pregiudizio del diritto al riposo, sofferto in conseguenza delle immissioni sonore notturne  derivanti dall'installazione di un nuovo bagno in un appartamento contiguo, siccome ridondante sulla qualità della vita e, conseguentemente, sul diritto alla salute costituzionalmente garantito). A fronte di questa apertura giurisprudenziale, la dottrina ha precisato che, mentre il richiamo al diritto alla salute costituisce un rinvio a valori costituzionalmente tutelati (art. 32 Cost.), altrettanto non può dirsi per il diritto alla tranquillità della vita domestica. In questo senso milita altresì un orientamento più restrittivo, pur espresso dalla giurisprudenza di legittimità, che ancora necessariamente alla lesione del diritto alla salute la risarcibilità del danno non patrimoniale da immissioni (v. Cass. II, n. 939/2011, nonché Cass. II, n. 1418/2006; ritiene essenziale il danno alla salute anche Cass. III, n. 4394/2012, precisando che, in tema di immissioni - nella specie, di fumo - eccedenti il limite della normale tollerabilità, non può essere risarcito il danno non patrimoniale “consistente nella modifica delle abitudini di vita del danneggiato”, in difetto di specifica prospettazione di un danno attuale e concreto alla sua salute o di altri profili di responsabilità del proprietario del fondo da cui si originano le immissioni);vedasi altresì la già citata Cass. n. 19434/2019 che esclude la configurabilità di un danno in ipsa, ponendosi a carico del danneggiato l'onere di allegare e provare anche a mezzo di presunzioni l'effettivo pregiudizio in termini di disagi sofferti).   Sul punto, si veda Cass. n. 1823/2023 che, ribadendo il principio espresso dalle Sezioni Unite 2611/2017, ha affermato che «pur quando non rimanga integrato un danno biologico, non risultando provato alcuno stato di malattia, la lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria casa di abitazione, tutelato anche dall'art. 8 della Convenzione europea dei diritti umani, nonché del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, integra una lesione che non costituisce un danno "in re ipsa", bensì un danno conseguenza e comporta un pregiudizio ristorabile in termini di danno non patrimoniale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto dovuta la riparazione del pregiudizio del diritto al riposo, sofferto dalle parti lese in conseguenza delle immissioni sonore - in particolare notturne - dipendenti dall'installazione di un nuovo bagno in un appartamento contiguo, siccome ridondante sulla qualità della vita e, conseguentemente, sul diritto alla salute costituzionalmente garantito)”. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto dovuta la riparazione del pregiudizio del diritto al riposo, sofferto dalle parti lese in conseguenza delle immissioni sonore - in particolare notturne.

Quanto alla giurisprudenza di merito, riconosce il danno non patrimoniale che arreca danno alla salute, Trib. Lucca 10 gennaio 2014, secondo cui “il superamento dei limiti di tollerabilità delle immissioni può essere apprezzato quale danno ingiusto, oltre che a fini inibitori, a fini risarcitori, unitamente alla presenza degli altri elementi del giudizio aquiliano, se risulta provato che gli attori, in conseguenza delle immissioni rumorose subite, abbiano riportato danni alla loro integrità psico-fisica risarcibili ai sensi dell'art. 32 Cost. e art. 2059 c.c.”; nel senso, invece, della risarcibilità del danno alla persona e del danno alla serenità del riposo notturno, Trib. Sassari 23 luglio 2013 e App. Torino 9 luglio 2012, secondo cui il giudice può avvalersi delle regole di comune esperienza per stabilire se le immissioni notturne di rumori provocate da un bar, impedendo il riposo delle persone che alloggiano in un albergo vicino, siano di per sé insopportabili in quanto idonee a provocare un “disagio psico-fisico e la paura di ammalarsi” con danno al riposo notturno, disponendo con decreto in via d'urgenza, inaudita altera parte, la loro riduzione, fermo restando che - con la successiva chiusura stagionale dell'albergo che tali immissioni subisce - deve essere dichiarata cessata la materia del contendere.

Un profilo interessante esaminato dalla giurisprudenza di merito, anche di recente, è quello che attiene alla configurabilità di una legittimazione attiva a fini risarcitori da parte del condominio in caso di illiceità delle immissioni rumorose.

Giova evidenziare che l'art. 1131 c.c. sancisce che  «nei limiti delle attribuzioni stabilite dall' art .  1130  c.c.  o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi ». L'amministratore può agire sempre per la tutela di beni e cose di proprietà condominiale, nei confronti di condomini che arrechino disturbo: ciò che conta è però che il bene e/o cosa da tutelare abbia chiara natura condominiale. E dunque, nel caso in cui l'attività disturbante arrechi solo fastidio e immissioni intollerabili a danno di singoli condomini (si pensi ad esempio a rumore di discoteca che danneggi solo i condomini confinanti con lo stabile in cui si trova la discoteca, e non determini rumori fastidiosi all'interno dell'atrio condominiale), resta in capo a questi ultimi la legittimazione esclusiva ad agire.

Si veda sul punto  Trib. Roma, 8 gennaio 2020, n. 243 secondo cui  l'azione di risarcimento del danno, per l'ipotesi della pretesa violazione dell' art. 844 c.c. , deve essere proposta dai singoli condomini ritenutisi danneggiati dalle condotte lesive e non dall'ente  gestorio  che, quale ente immateriale, non è titolare di alcun diritto alla salute tutelato dal nostro ordinamento, né è, comunque, titolare di diritti reali sull'immobile  (nel caso di specie,  trattavasi  di rumori provenienti da una attività ricettiva in condominio ed il giudice adito ha precisato che l'ente  gestorio  non può agire ai sensi dell' art. 844 c.c.  nei confronti di chi disturba la quiete condominiale con la condotta propria o dei suoi ospiti). Secondo altro orientamento (Trib. Reggio Emilia, 21 marzo 2019, n. 409), laddove l'amministratore agisca in giudizio potrà ottenere nei confronti dell'autore delle immissioni intollerabili solo la cessazione della turbativa a beneficio del condominio, mentre legittimati attivi dell'azione risarcitoria  saranno unicamente i singoli condomini danneggiati.

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