Comparsa di costituzione in giudizio instaurato dal locatore di un laboratorio per ottenere il risarcimento dei danni da ritardata restituzione

Andrea Penta
aggiornata da Francesco Agnino

Inquadramento

A fronte di un atto di citazione con il quale il proprietario – locatore di un immobile adibito a laboratorio invoca il risarcimento dei danni (sotto forma di danno emergente – esosa penale pattuita – e di lucro cessante – canoni non percepiti -) derivati dalla intervenuta risoluzione del contratto di locazione imputabile al ritardato rilascio dell'immobile, il conduttore - convenuto rappresenta che, in caso di rilascio successivo alla data prevista, se il locatore non ha informato il conduttore uscente di aver stipulato nuovo contratto di locazione, il secondo non può rispondere dei danni derivanti dal ritardo e che è contrario al principio di correttezza e di buona fede pattuire una penale particolarmente onerosa pur nella consapevolezza del ritardo con il quale l'immobile sarebbe stato restituito.

Formula

TRIBUNALE DI ....

MEMORIA DIFENSIVA [1]

Nell'interesse di:

.... nato a .... il .... C.F. .... [2], residente in .... alla via ....n. .... elettivamente domiciliato in .... alla via....n. .... presso lo studio dell'Avv. .... C.F. .... che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine/in calce al presente atto, con dichiarazione di voler ricevere le comunicazioni, ai sensi dell'art. 125, comma 1, c.p.c. e dell'art. 136, comma 3, c.p.c., al seguente numero di fax .... oppure tramite PEC .... [3];

- resistente -

CONTRO

Sig. .... nato a .... il .... C.F. .... residente in .... alla via ....n. .... elettivamente domiciliato in .... alla via .... n. .... presso lo studio dell'Avv. .... che lo rappresenta e difende, in virtù di procura in calce/a margine dell'atto di citazione;

- ricorrente -

* * *

PREMESSO CHE

Con ricorso [4] depositato in data .... e ritualmente notificato, unitamente al decreto giudiziale di fissazione dell'udienza, il .... quale proprietario e locatore di un immobile ad uso laboratorio sito in .... e concesso in godimento con contratto del .... scaduto in data .... ha convenuto in giudizio il deducente .... per ottenere la sua condanna al risarcimento dei danni asseritamente patiti per il tardivo rilascio dell'immobile (avvenuta soltanto in data ....) [5], nella misura di Euro .... in ragione della risoluzione del contratto di locazione nel frattempo stipulato dall'attore con il Sig. .... a seguito della disdetta del conduttore, oltre ai canoni non percepiti pari ad Euro .....

A tal fine ha dedotto che nel secondo contratto di locazione era previsto un termine essenziale e l'applicazione di una penale di Euro .... per ogni giorno di ritardo nella messa a disposizione del bene al nuovo conduttore.

Con il presente atto, si costituisce il convenuto, il quale contesta integralmente l'avversa domanda, poiché infondata in fatto e in diritto per i seguenti:

MOTIVI

L'attore sostiene che, a causa della mancata restituzione dell'immobile locato nei termini contrattuali, egli avrebbe subìto sia il danno emergente per la corresponsione della penale al terzo nuovo conduttore, che il lucro cessante per la perdita dei canoni di locazione in conseguenza della risoluzione di tale ultimo contratto per inosservanza del pattuito termine essenziale.

Orbene, tenuto conto che la sottoscrizione del contratto di locazione con .... è avvenuta in data .... (e cioè solo .... giorni prima della scadenza naturale del primo contratto), allorché cioè già appariva evidente che l'immobile non potesse essere consegnato al locatore nei .... giorni successivi, si presenta, quantomeno, imprudente convenire una penale particolarmente onerosa.

Dovendo il maggior danno, ai sensi dell'art. 1591 c.c.[6], essere rigorosamente provato, in siffatto ambito opera la regola dell'art. 1227 c.c., comma 2, per cui l'invocato risarcimento non può essere riconosciuto, giacchè, essendo il locatore consapevole del fatto che lo scrivente non avrebbe potuto liberare il bene alla prevista data del .... la conclusione di un contratto di locazione prevedente un termine essenziale e l'applicazione di una penale particolarmente onerosa non può configurarsi come una condotta improntata ad un dovere di diligenza normale adeguata alla natura del rapporto in questione.

Ovviamente, si contesta non già la conclusione del nuovo contratto di locazione, bensì il fatto che in esso siano stati contemplati una clausola penale ed un termine essenziale caratterizzati da irragionevole onerosità. Ciò integra un comportamento contrario a buona fede e correttezza da parte del locatore, in quanto condotta strettamente correlata ad un inadempimento, da parte del conduttore, certo nella sua verificazione o che, comunque, palesava un elevato grado di probabilità di realizzazione.

Non senza considerare, poi, che la contrarietà della condotta anzidetta ai criteri di cooperazione nell'esecuzione del contratto e, dunque, alla diligenza richiesta dall'art. 1227 c.c., è da reputare tanto più significativa in quanto il locatore non ha neppure provveduto ad informare tempestivamente ed adeguatamente il conduttore, che era ancora nella detenzione dell'immobile, del nuovo contratto di locazione concluso a condizioni particolarmente svantaggiose, mancando in tal modo di assolvere un onere rientrante nell'ambito più generale obbligo di buona fede oggettiva o correttezza, ex artt. 1175 e 1375 c.c. (si veda: Cass. n. 3651/2006; Cass., n. 22860/2007; Cass. S.U.n. 28056/2008; in motivazione: Cass., n. 9404/2011), siccome suscettibile di integrare una condotta non particolarmente gravosa in capo al creditore - locatore, ma, al contempo, idonea a porre il debitore - condutture nelle condizioni di valutare appieno la situazione incombente.

La clausola di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. diventa, pertanto, misura della diligenza e cioè misura la cooperazione del creditore in vista della riduzione dell'area risarcibile, dalla quale espungere i danni evitabili, perché ascrivibili ad un comportamento assolutamente indifferente alla salvaguardia dell'altrui sfera giuridica.

La ratio dell'art. 1227 c.c., comma 2 - che si articola coonestando fattori causali ed elementi equitativi - appare, dunque, quella di non far gravare sul debitore quelle conseguenze pregiudizievoli che, sebbene correlate al suo comportamento inadempiente, non trovano nel dovuto impegno cooperativo del creditore il ragionevole e proporzionato argine, deprivando in tal modo il rapporto obbligatorio del substrato solidaristico che lo deve permeare.

Dunque, anche la condotta del creditore che si correli ad un inadempimento di certa verificazione (o, comunque, che presenti un grado elevato di probabilità di realizzazione) e, come tale, sia prevedibile, ove connotata da contrarietà a buona fede e correttezza - quali criteri declinabili, in siffatto contesto, anche come doveri di precauzione - è suscettibile di integrare i presupposti di applicabilità della norma di cui all'art. 1227 c.c., comma 2, e di rendere, quindi, non risarcibile il danno, pur sempre conseguente a detto inadempimento, che avrebbe potuto essere evitato dal creditore medesimo.

Tanto premesso ed esposto, il Sig. .... come in epigrafe rappresentato e difeso, rassegna le seguenti:

CONCLUSIONI

Voglia l'Ill.mo Giudice adito rigettare la domanda attrice.

Con vittoria di spese, diritti e compensi del giudizio.

In via istruttoria chiede ammettersi prova testimoniale sui seguenti capitoli:

1) Vero che ....;

Indica a testi i Sigg......

Offre in comunicazione e deposita in Cancelleria i seguenti documenti:

1) ....;

2) ....;

Luogo e data....

Firma Avv. ....

PROCURA ALLE LITI

Se non apposta a margine

Il contenuto della comparsa di costituzione e di risposta è disciplinato dall'art. 167 c.p.c. Per le indicazioni da effettuare nel corpo della comparsa deve farsi riferimento all'art. 125 c.p.c. Il convenuto deve costituirsi a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, almeno settanta giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione, depositando in cancelleria il proprio fascicolo contenente la comparsa di cui all'articolo 167 con la copia della citazione notificata, la procura e i documenti che offre in comunicazione. Per la disciplina transitoria v.  art. 35 d.lgs. n. 149/2022,  come sostituito dall' art. 1, comma 380, lettera a), l. 29 dicembre 2022, n. 197 ,  che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti" . In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., dalla l. 15 luglio 2011, n. 111).

[2] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv. con modif. dalla legge n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. dalla legge n. 24/2010.

[3] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla legge n. 114/2014.

L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla legge n. 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

[4] La domanda di risarcimento dei danni per ritardata restituzione è soggetta al rito di cui all'art. 447-bis e, dunque, al al rito di cui agli artt. 414 e ss. c.p.c..

[5] Deve ritenersi nuova la domanda introdotta nel corso del giudizio di primo grado diretta ad ottenere la condanna di parte convenuta ai sensi dell'art. 1591 c.c. al risarcimento dei maggiori danni, rispetto ai canoni dovuti, per la mancata restituzione dell'immobile alla scadenza del contratto. Non costituisce, invece, novità, ma solo modifica della domanda originaria, ammessa ai sensi degli art. 420 e 414 c.p.c., l'ampliamento quantitativo della somma originariamente richiesta (canoni dovuti fino al momento dell'atto introduttivo del giudizio), consistente nella richiesta di pagamento degli ulteriori canoni maturati in corso di causa, in quanto i termini della contestazione rimangono inalterati.

[6] Nel giudizio di risarcimento del danno è consentito all'attore chiedere per la prima volta in appello un risarcimento degli ulteriori danni, provocati dal medesimo illecito, manifestatisi solo in corso di causa (Cass. I, n. 26813/2013). Proposta in origine domanda di risarcimento del danno da responsabilità contrattuale, costituisce domanda nuova, come tale improponibile per la prima volta in appello ex art. 345 c.p.c., quella di responsabilità extracontrattuale, giacché fondata su petitum e causa petendi differenti (Cass. III, n. 11118/2013, ha ritenuto violato il divieto di nova in appello in ragione del fatto che, richiesto in primo grado il risarcimento del danno contrattuale da ritardata restituzione dell'immobile locato ex art. 1591 c.c., innanzi al giudice di seconde cure la richiesta risarcitoria veniva formulata, invece, ai sensi dell'art. 2043 c.c.).

Commento

L'onere di provare il danno da ritardata restituzione dell'immobile

In caso di illegittima detenzione dell'immobile locato per la cessazione del contratto, il danno risarcibile in via presuntaex art. 1591 c.c. è quello prodotto sino alla riconsegna dell'immobile (salvo il maggior danno). Il danno successivo va provato (Cass. III, n. 19981/2016).

La responsabilità del conduttore a norma dell'art. 1591 c.c. per ritardata restituzione dell'immobile locato ha natura contrattuale, con la conseguenza che il locatore, in applicazione del principio dettato dall'art. 1218 c.c., deve provare il danno derivatogli dalla ritardata restituzione, con l'ulteriore effetto che per il c.d. maggior danno è il locatore a dovere fornire la prova della lesione del suo patrimonio (Cass. III, n. 18499/2012). In particolare, la prova del maggior danno, di cui alla seconda parte dell'articolo 1591 c.c., non sorge automaticamente, sulla base del valore locativo presumibilmente ricavabile dall'astratta configurabilità di ipotesi di locazione o vendita del bene, ma richiede, invece, la specifica dimostrazione di un'effettiva lesione del patrimonio del locatore, consistente nel non aver potuto dare in locazione il bene per un canone più elevato (cioè superiore all'ultimo corrispettivo convenuto con il conduttore inadempiente), nel non averlo potuto utilizzare direttamente e tempestivamente, nella perdita di occasioni di vendita a un prezzo conveniente o in altre analoghe situazioni pregiudizievoli, non essendo sufficiente la mera prova del diverso e maggior valore locativo di mercato (Cass. III, n. 8707/2015). Il mero fatto del ritardo può legittimare soltanto una generica condanna al suo risarcimento, richiedendosi per contro, in sede di liquidazione, la specifica prova dell'esistenza del danno medesimo in relazione alle condizioni dell'immobile, alla sua ubicazione e alle possibilità di utilizzazione, dalle quali emerga il verificarsi di una effettiva lesione del patrimonio (Cass. III, n. 12962/2011).

L'onere di tale prova è a carico del locatore, che può darla anche per presunzioni. Queste ultime, peraltro, non possono essere invocate in astratto, al solo scopo di provare l'esistenza di un maggior canone virtuale di mercato, ma devono essere idonee a dare in concreto la prova del danno del locatore derivante dal fatto provato dal quale si risale al fatto ignoto (in una fattispecie Cass. III, n. 4352/2013, ha ritenuto che la prova del maggior danno non sorgesse automaticamente dal raffronto tra il potenziale canone ricavabile e quello invece corrisposto, né il locatore potesse sottrarsi all'onere probatorio e rimettere l'accertamento dei propri diritti all'attività di un consulente tecnico d'ufficio). Il principio è stato di recente ribadito da Cass. III, n. 27287/2021, secondo cui, in tema di responsabilità del conduttore per ritardata restituzione dell'immobile locato, il maggior danno risarcibile ex art. 1591 c.c. (in aggiunta alla liquidazione automatica in misura corrispondente al canone pagato prevista da detta norma) dev'essere provato dal locatore - anche per presunzioni - nella sua certa e concreta esistenza e non si identifica nel danno da perdita di chance, la cui configurabilità nel caso è esclusa per la intrinseca incertezza sulla possibilità di conseguire il vantaggio economico che connota questa figura. 

Occorre, peraltro, tener presente che la carenza di specifiche proposte di locazione relative all'immobile è obiettivamente giustificabile proprio alla luce della persistente occupazione del bene da parte del conduttore successivamente alla scadenza del rapporto (Cass. III, n. 1372/2012). In definitiva, il locatore è tenuto a dar conto dell'esistenza di ben determinate proposte di locazione o di acquisto e di concreti propositi di utilizzazione (Cass. III, n. 2552/2011), non essendo all'uopo sufficiente il raffronto tra un potenziale canone di mercato ricavabile da una nuova locazione e quello corrisposto dal conduttore al momento del rilascio.

Valutazione prognostica ex ante

La valutazione relativa alla configurabilità o meno del danno da ritardato rilascio di immobile va effettuata, una volta che l'attore abbia provato l'esistenza di una favorevole occasione di vendere o di locare l'immobile, con valutazione prognostica ex ante in cui si consideri se, in mancanza del ritardo nella riconsegna, il proprietario avrebbe potuto secondo la regolarità causale concludere l'affare (Cass. III, n. 22352/2014).

Il locatore, una volta scaduto il contratto, o in previsione della scadenza dello stesso, può stipularne uno nuovo con un diverso conduttore, anche se l'immobile non gli sia stato ancora restituito; tuttavia qualora sia prevedibile, con l'uso dell'ordinaria diligenza, che il primo conduttore si renderà moroso nel rilascio del bene locato, e ciononostante il conduttore lo conceda in locazione a terzi, pattuendo volontariamente clausole onerose per l'ipotesi di un proprio inadempimento, senza tempestiva e completa informazione dell'originario conduttore, egli non può pretendere dal medesimo il risarcimento di questo maggior danno, ostandovi il disposto dell'art. 1227, comma 2, c.c., in considerazione della propria condotta contraria a buona fede e correttezza (così Cass. III, n. 9722/2013, in una fattispecie in cui il locatore aveva concesso l'immobile in locazione ad un terzo soltanto due giorni prima della scadenza dell'obbligo di rilascio da parte del precedente inquilino, quando era evidente che quel termine non sarebbe stato rispettato, e pattuendo col terzo una onerosissima penale per ogni giorno di ritardo nella concessione del godimento del bene). Peraltro, in caso di rilascio successivo alla data prevista, se il locatore non ha informato il conduttore uscente di aver stipulato nuovo contratto di locazione, il secondo non risponderà dei danni derivanti dal ritardo. Nel rapporto obbligatorio, compreso quello locativo, il comportamento secondo correttezza - diretta espressione del principio solidaristico ex art. 2 Cost. - non può essere individuato in schemi comportamentali predefiniti; deve, invece, individuarsi nella condotta utile a trasferire reciprocamente informazioni tali da consentire alle parti di valutare opportunità, effetti e conseguenze della propria azione.

La quantificazione del danno

In ordine alla quantificazione del danno, va evidenziato che la richiesta di aggiornamento del canone da parte del locatore, sia in caso di locazione di immobili ad uso abitativo, sia in caso di locazione ad uso diverso da quello di abitazione, costituisce condizione per il sorgere del relativo diritto. Ne consegue che solo a seguito di tale richiesta il locatore può domandare il canone aggiornato, per cui, ove non sia mai stato richiesto l'aggiornamento (o non sia stato convenuto tra le parti), lo stesso non rileva per la quantificazione dell'indennità ex art. 1591 c.c. per il ritardato rilascio dell'immobile (Cass. III, n. 11675/2014).

La liquidazione equitativa del risarcimento del danno da lucro cessante derivante da ritardata riconsegna dell'immobile locato, per non risultare arbitraria, deve essere fondata su ragioni congrue anche se sommariamente indicate, tra tali ragioni non potendosi comprendere decurtazioni per oneri fiscali, comunque a vario titolo incombenti sul risarcimento nonché per le conseguenze dirette della mancata disponibilità o per il ripristino e la modifica dei locali, quando il valore locativo è stato calcolato in rapporto al loro stato affettivo. Ne consegue che, qualora vengano eseguite riduzioni rispetto alla quantificazione dei ricavi lordi emergenti dal quadro probatorio a disposizione del giudice di merito, deve essere dato conto, soprattutto se i tagli sono d'ingente entità, sia delle ragioni della misura complessiva delle decurtazioni operate rispetto al dato di partenza del valore locativo potenziale, sia della scelta di riferire la liquidazione all'attualità, anziché al tempo dei fatti, e di limitare la decorrenza degli accessori (Cass. III, n. 8322/2011). Sotto il profilo del danno emergente, è, invece, necessaria una specifica indagine tecnica condotta sulla base degli elementi acquisiti per accertare i costi di ripristino del bene nelle condizioni esistenti all'inizio della locazione (Cass. III, n. 8322/2011).

A seguito della dichiarazione di parziale incostituzionalità dell'art. 6 comma 6 l. n. 431/1998 (che, in quanto destinata ad agevolare la transizione verso il regime pattizio delle locazioni, ha efficacia retroattiva ed è immediatamente applicabile ai giudizi in corso), per effetto di Corte cost. n. 482/2000 che ha ritenuto illegittima la suddetta disposizione nella parte in cui esimeva il conduttore dall'obbligo di risarcire il maggior danno, ai sensi dell'art. 1591 c.c., anche nel periodo successivo alla scadenza del termine di sospensione dell'esecuzione stabilito ope legis o di quello giudizialmente fissato per il rilascio (il detto art. 6 ha introdotto una determinazione predeterminata e forfettaria del risarcimento del danno da occupazione illegittima degli immobili nella misura massima del 20 per cento del canone di locazione, con esclusione di ogni altro risarcimento previsto dall'art. 1591 c.c., salvo – dopo l'intervento della Consulta - che nel periodo successivo alla scadenza del termine di sospensione dell'esecuzione stabilito ope legis o di quello giudizialmente fissato per il rilascio dell'immobile), sussiste l'obbligo del conduttore, durante i periodi di sospensione dell'esecuzione degli sfratti, di corrispondere la somma di cui all'art. 1 bis l. n. 61/1989 e non altra diversa, per tutto il periodo effettivo di sospensione, e, dunque, fino all'effettivo rilascio, e non soltanto limitatamente al periodo di sospensione legalmente previsto, a prescindere dall'eventuale maggior danno sofferto dal locatore ai sensi dell'art. 1591 c.c., che è dovuto, per il periodo intercorrente tra la scadenza della sospensione ope legis e la data del reale rilascio, solo nel caso in cui il locatore ne abbia offerto prova (Cass. III, n. 18359/2010; conf. Cass. n. 821/2006; per Cass. n. 8502/2003, la norma contenuta nell'art. 6, comma 6, è una norma eccezionale, di efficacia temporanea; conf. Cass. n. 9368/2003, Cass. n. 14624/2004 e Cass. n. 10836/2007). Pertanto, ove il rilascio avvenga in data successiva, spetta al locatore il risarcimento integrale, ai sensi dell'art. 1591 c.c., sempre che egli fornisca la prova di avere subito un maggior danno, mentre durante il periodo di sospensione per legge il canone va corrisposto nella misura indicata dall'art. 6, comma 6, ricordato, anche a prescindere dalla prova del danno.

L'art. 1591 c.c. disciplina un'obbligazione risarcitoria da inadempimento contrattuale, che, sostituendosi a quella contrattuale di pagamento del canone di locazione, costituisce un debito di valore (Cass. III, n. 22592/2013).

Anche l'offerta non formale, pur non essendo idonea a costituire in mora il locatore, può - tuttavia - fondare la liberazione del conduttore dal pagamento delle indennità di occupazione, a condizione che venga formulata in maniera seria, concreta e efficiente, rispetto allo scopo (Cass. III, n. 1980/2014).

Nelle locazioni di immobili urbani adibiti ad attività commerciali, disciplinate dagli artt. 27 e 34, della l. n. 392/1978 (e, in regime transitorio, dagli artt. 68, 71 e 73 della stessa legge), il conduttore che, alla scadenza del contratto, rifiuti la restituzione dell'immobile, in attesa che il locatore gli corrisponda la dovuta indennità di avviamento, è esonerato solo dal risarcimento del maggior danno ex art. 1591 c.c., restando comunque obbligato al pagamento del corrispettivo convenuto per la locazione, salvo che offra al locatore, con le modalità dell'offerta reale formale exartt. 1216, comma 2, e 1209 c.c., la riconsegna del bene condizionandola al pagamento dell'indennità di avviamento medesima, atteso il forte legame strumentale che lega le due prestazioni (Cass. III, n. 890/2016).

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