Memoria difensiva con domanda riconvenzionale di risarcimento danni da alienazione parentaleInquadramentoIl genitore, reiteratamente ostacolato nell'esercizio del diritto di visita nei confronti della figlia minore, si oppone all'adozione dei provvedimenti ex art. 709-ter c.p.c. nei propri confronti e chiede il risarcimento del danno derivante dalle avverse condotte di alienazione parentale, l'applicazione di una sanzione pecuniaria e l'ammonimento dell'altro genitore. FormulaTRIBUNALE CIVILE DI .... 1 MEMORIA DIFENSIVA E CONTESTUALE DOMANDA RICONVENZIONALE EX ART. 709 TER C.P.C. PER ...., nato a ...., il ...., C.F. ...., residente in .... alla via .... n. ...., rappresentato e difeso dall'Avv. .... C.F. ....ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in .... alla via .... n ...., giusta procura in calce al presente atto. L'Avv. dichiara di voler ricevere le comunicazioni al numero fax .... e all'indirizzo di posta elettronica certificata ....già comunicato al Consiglio dell'ordine .... -resistente- CONTRO la Sig.ra ...., nata a .... il .... C.F. ....residente in .... alla via .... n. .... rappresentata e difeso dall'Avv. .... -ricorrente- PREMESSO CHE: Con ricorso ex art. 709-ter c.p.c. depositato in data ...., la Sig.ra .... ha adito l'Intestato Tribunale per sentir condannare il Sig. .... ai provvedimenti risarcitori e alle sanzioni amministrative previste dal n. 2,3 e 4 dell'art. 709 ter c.p.c.; A tal fine ha esposto che, dopo la pronuncia del decreto n ...., con cui il medesimo Tribunale, in data ...., aveva regolato l'esercizio della responsabilità genitoriale con riguardo alla figlia minore ...., nata il ...., fuori dal matrimonio, insorgevano evidenti problematiche concernenti i rapporti tra il padre e la figlia. Ha sostenuto la ricorrente che il Sig. .... non avesse mai mostrato interesse per la minore, di cui aveva sempre ignorato le sorti, la vita, le esigenze economiche, trascurandola completamente e saltando ogni appuntamento con la figlia, con conseguenti negative ripercussioni sull'intero processo di sviluppo e maturazione psicologica della bambina; Tali circostanze, a dire della ricorrente, venivano confermate dalla minore stessa, che ascoltata dalla dott.ssa ...., appariva del tutto contraria a qualsiasi frequentazione con il padre, da sempre assente nella sua vita, manifestando, peraltro, il timore di essere da questi sottratta alla madre; Con il presente atto si costituisce il Sig. ...., chiedendo il rigetto dell'avversa domanda, in quanto infondata in fatto e in diritto. IN FATTO Deve in primo luogo rilevarsi che non risponde al vero la circostanza che il Sig. .... abbia sempre trascurato la minore, disinteressandosi completamente della sua vita, delle sue esigenze e del suo sviluppo. Ed invero, il Sig. .... ha costantemente telefonato alla bambina la quale, tuttavia, ha risposto solo di rado, trovando la madre continue giustificazioni per evitare un colloquio tra i due. In data ...., ad esempio, la Sig.ra .... riferiva .... ; ed ancora, il giorno ...., ancora, la ricorrente .... Non risponde, inoltre, al vero, la circostanza che l'odierno esponente abbia dimenticato o saltato gli incontri con la minore, essendo stata piuttosto la madre ad accuratamente evitarli. In data .... la Sig.ra ...., facendosi trovare da sola in casa, riferiva al Sig. .... che la bambina non aveva voluto incontrarlo e aveva preferito andare dai nonni; in data ...., ancora, recatosi presso l'abitazione materna, il Sig. ...., non riusciva a incontrare la bambina che preferiva, a dire della ricorrente, restare in casa a giocare con le amichette. Deve, infine, evidenziarsi che il timore della bambina di essere sottratta alla madre da parte del padre è un timore del tutto infondato, ma ormai radicato, frutto di evidenti e costanti manipolazioni della ricorrente in danno del resistente, dipinto dalla Sig.ra ....come un “ ....”, “ ....#8221;. In ragione di dette circostanze, il Sig. ...., vedendo violato il proprio diritto ad essere padre ex art. 30 Cost., ha patito un danno non patrimoniale di tipo esistenziale, consistente nella sofferenza, nel patimento intimo, nel senso di impotenza che la compromissione del rapporto affettivo con la piccola .... ha generato e ancora produrrà in futuro, danno per la cui liquidazione equitativa ci si rimette al decidente e che comunque è quantificabile in una somma di Euro ....; IN DIRITTO 1. Dell'infondatezza del ricorso Deve, in primo luogo, osservarsi che nel caso di specie non solo non sussiste alcun inadempimento da parte di ...., il quale ha sempre avuto a cuore l'affetto e il benessere della figlia e si è sempre preoccupato di conservare ed accrescere il proprio legame con la minore ...., ma è all'opposto configurabile una condotta di alienazione parentale in suo danno da parte della ricorrente. L'assenza di rapporto tra l'odierno esponente e la minore, pertanto, lungi dall'essere imputabile ad una sua trascuratezza e inadeguatezza genitoriale, sono riconducibili all'atteggiamento palesemente ostruzionistico realizzato dalla Sig. .... Quest'ultima, infatti, ha sempre evitato sia gli incontri fisici che i colloqui telefonici di .... con la minore, inducendo la piccola a sentirsi abbandonata e rifiutata dal padre, nonché denigrato il Sig. .... in sua presenza e ritraendolo come uno “ ....” da evitare. Inoltre la ricorrente .... 2. Domanda riconvenzionale Per le esposte ragioni, pertanto, il resistente formula domanda riconvenzionale di condanna della ricorrente al risarcimento del danno procurato, per aver la medesima ostacolato e rescisso ogni rapporto affettivo con la minore, nonché al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, come previsto dai numeri 3 e 4 dell'art. 709-ter c.p.c., e all'emissione nei suoi confronti dell'ammonimento di cui al precedente n. 1). Poiché la risarcibilità del danno non patrimoniale è ammessa, oltre che nelle ipotesi espressamente previste da una norma di legge, nei casi in cui il fatto illecito vulneri diritti inviolabili della persona costituzionalmente protetti (Cass. S.U., n. 26973/2008), nel caso in esame non sussistono dubbi in merito all'applicazione del suddetto principio a fronte della lesione del precetto di cui all'art. 30 Cost., quale fatto generatore sia di una sofferenza morale sia un vero e proprio danno esistenziale da privazione del rapporto parentale, inteso come quell'insieme di comportamenti nei quali si manifestano l'affetto e l'attenzione di un figlio. Il danno, oltre ad essere presunto secondo le comuni regole di esperienza - atteso che lo stretto vincolo di parentela esistente tra un padre e una figlia fa certamente presumersi il turbamento e il disagio del congiunto a causa dell'interruzione del rapporto affettivo, potrà comunque essere provato dall'esponente nel corso del procedimento . Per quanto concerne la liquidazione del risarcimento, esso deve essere liquidato in maniera equitativa exartt. 1226 e 2056 c.c., tenendo conto che la condotta di alienazione parentale si è verificata proprio durante il periodo cruciale degli anni di sviluppo e crescita, quando la figura paterna assume una maggiore importanza, con conseguente irreparabile pregiudizio del rapporto affettivo. Tanto premesso, il Sig. ...., nell'impugnare ogni avverso dedotto e prodotto, rassegna le seguenti CONCLUSIONI Voglia l'ill.mo Giudicante adito, per le ragioni di cui sopra, respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione rigettare il ricorso in quanto infondato in fatto e in diritto. Con vittoria di spese, diritti e onorari di giudizio. IN VIA RICONVENZIONALE — condannare la Sig. ra .... ex art. 709 ter c.p.c. al pagamento della somma di Euro ...., ovvero alla minore o maggiore somma ritenuta equa dall'adito Tribunale, a titolo di risarcimento del danno esistenziale patito dal Sig. ....; — condannare la Sig. ra .... al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria ritenuta di giustizia in favore della Cassa delle ammende; adottare nei suoi confronti l'ammonimento ad astenersi per il futuro dall'ostacolare in qualsiasi modo l'esercizio del diritto di visita e la relazione affettiva tra il Sig. ....e la figlia minore. IN VIA ISTRUTTORIA Chiede ammettersi prova testimoniale sui capitoli di seguito indicati, indicando quali testi: Sig. ....residente in ....via ....; - Sig. ....residente in ....via ....; 1) Vero che il Sig. ....ha costantemente telefonato la bambina; 2) Vero che, in data ...., la Sig.ra .... rifiutava di passargli la bambina a telefono, sostenendo falsamente che la bambina fosse ad una festa di amici; 3) Vero che, in data ...., la Sig.ra .... rifiutata di passargli la bambina a telefono, in quanto la stessa, a dire della mamma, faceva il bagnetto; 4) Vero che il Sig. ....si è sempre presentato agli appuntamenti per vedere la bambina; 5) Vero che, in data ...., la Sig.ra .... facendosi trovare da sola in casa, riferiva al Sig. .... che la bambina aveva preferito andare dai nonni; 6) Vero che, in data ...., la Sig.ra ...., riferiva al Sig. ...., recatosi presso l'abitazione per incontrare la bambina, che ella era in casa con un'amichetta e che preferiva restare a giocare; 7) Vero che, la Sig.ra ...., in presenza della bambina, diceva che il padre era “ .... ” e che voleva solo portarlo via da lei Sulle medesime circostanze di cui alla prova testimoniale, chiede ammettersi interrogatorio formale della ricorrente. Chiede, inoltre, disporsi CTU neuropsichiatrica sulla bambina, al fine di verificare la condizione psicologica della minore. Si offrono in comunicazione mediante deposito in cancelleria: 1. ricorso ex art. 709- ter c.p.c. 2. decreto n. .... (o altro provvedimento giudiziale) Per effetto della spiegata domanda riconvenzionale, il valore della presente causa è variato divenendo pari ad Euro ...., con conseguente pertanto necessaria integrazione del contributo unificato nella misura di Euro .... 2 Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA AD LITEM (se non a margine o su documento informatico separato) [1] Nei casi in cui si verifichino inadempienze il legislatore ha previsto, nella recente Riforma Cartabia, un articolo apposito per disciplinare tale fattispecie: l' art. 473 bis.39 c.p.c. Tale articolo è un restyling, alla luce della Riforma, dell'art. 709 ter c.p.c., ormai abrogato e che è stato in vigore fino al 27 febbraio 2023. Una particolarità dell' art. 473 bis.39 c.p.c. è data dal rafforzamento dei poteri officiosi del giudice. La nuova disciplina prevede, infatti, che, "in caso di gravi inadempienze, anche di natura economica, o di atti che arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento e dell'esercizio della responsabilità genitoriale, il giudice può d'ufficio modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente: a) ammonire il genitore inadempiente; b) individuare ai sensi dell'articolo 614-bis la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento; c) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende. Il giudice può inoltre condannare il genitore inadempiente al risarcimento dei danni a favore dell'altro genitore o, anche d'ufficio, del minore. I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari" Una novità rilevante prevista da tale norma, rispetto alla disciplina previgente la riforma, è data dal fatto che le "gravi inadempienze", che possono sollecitare l'intervento del giudice, sono anche quelle di natura economica; il legislatore con tale novità ha superato l'orientamento della Corte Costituzionale (C. Costituzionale 10 luglio 2020, n. 145) che, anche, in tale recente sentenza aveva ritenuto che l'art. 709-ter, comma 2, c.p.c., dovesse essere interpretato nel senso che il mancato pagamento dell'assegno di mantenimento della prole, nella misura in cui è già sanzionato penalmente, non doveva essere compreso nel novero delle condotte inadempienti per le quali poteva essere irrogata dall'autorità giudiziaria adita la sanzione pecuniaria del pagamento alla Cassa delle Ammende. Le condotte suscettibili di tale sanzione – a parere della Consulta – dovevano infatti essere "altre", ossia soltanto le tante condotte, prevalentemente di fare infungibile, che possono costituire oggetto degli obblighi relativi alla responsabilità genitoriale e all'affidamento di minori. Il legislatore, invece, con tale norma superando l'interpretazione costituzionalmente orientata ha, invece, precisato che rientrano nel novero delle "gravi inadempienze" anche quelle di natura economica e non solo quelle condotte di fare infungibile, come, ad esempio, quelle relative all'affidamento della prole e all'esercizio del diritto di visita. L'articolo in esame, inoltre, concede al giudice il potere d'ufficio di individuare, ai sensi dell'articolo 614-bis c.p.c., la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni giorno di ritardo. Questa misura vorrebbe fungere da deterrente, operando una sorta di coercizione dell'obbligato al rispetto dei provvedimenti. A tal proposito, la Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 in Gazz. Uff. 19.10.2022, serie gen. n. 245, suppl. ord. n. 5, offre indicazioni utili per l'interpretazione dell'art. 473 bis 39, sostenendo che: "Il giudice una volta verificata la sussistenza dei descritti comportamenti incidenti negativamente sul corretto svolgimento del programma di affidamento, ovvero anche per gravi inadempienze di ordine economico, può intervenire a modificare il provvedimento vigente e, anche in assenza di istanze di parte, procedere a condannare le parti al pagamento delle sanzioni descritte dalla norma. La natura di queste ultime, tipicamente sanzionatoria, può essere ricondotta, a quei "punitive damages", molto diffusi nei paesi di Common law, previsti in relazione a comportamenti denotati dalla cd. "malice" (assimilabile al dolo del nostro ordinamento) relativi alla possibile lesione di diritti fondamentali. La natura sanzionatoria assimilabile tipicamente a quella di natura penale di tali provvedimenti ne consente la cumulabilità con il risarcimento del danno previsto dal successivo quarto comma dell'articolo in esame. Risarcimento al quale il giudice può procedere anche d'ufficio nel caso venga disposto in favore del minore." [2] [2] La parte che modifica la domanda o propone domanda riconvenzionale o formula chiamata in causa o svolge intervento autonomo, cui consegue l'aumento del valore della causa, e' tenuta a farne espressa dichiarazione e a procedere al contestuale pagamento integrativo del contributo unificato (art. 14 comma 3 d.P.R. n. 115/2002). CommentoLa Sindrome di Alienazione Genitoriale (Parental Alienation Syndrome o Pas) o “mobbing genitoriale” consiste nella adozione, da parte di un genitore, separato o in via di separazione dall'altro genitore, di comportamenti aggressivi preordinati e/o comunque finalizzati ad impedire all'altro genitore - attraverso il terrore psicologico, l'umiliazione e il discredito familiari, sociali, legali - l'esercizio della propria genitorialità, svilendo e/o distruggendo la sua relazione con i figli, impedendogli di esprimerla socialmente e legalmente. La PAS insorge tipicamente, sia pure non esclusivamente, nell'ambito di un contenzioso giudiziario per l'affido dei minori. Le azioni poste in essere possono consistere in sabotaggi delle frequentazioni con il figlio, nella esclusione dai processi decisionali che riguardano il minore ( scuola, visite mediche etc.) in minacce, campagne di denigrazione e delegittimazione familiare e sociale, nel mettere in giro voci diffamatorie sul conto del genitore mobbizzato, nel farlo oggetto di denunce legali etc. La dinamica psicologica definita come PAS è contraddistinta da due elementi: la presenza di un genitore (“alienante”) che pone in essere un vero e proprio programma di denigrazione contro l'altro genitore (“alienato”) fino ad allontanarlo totalmente dalla vita dei figli, e in una seconda fase il coinvolgimento diretto dei minori nella campagna di denigrazione nei confronti dell'altro genitore, che è conseguentemente rifiutato; tale rifiuto può assumere connotazioni di maggiore levità, per cui l'avversione del figlio si manifesta in atteggiamenti ipercritici nei confronti dell'altro genitore; una forma moderata, in cui i figli risultano più aggressivi ed irrispettosi, ed una forma più grave, in cui le visite al genitore alienato possono essere impedite da intense manifestazioni di ostilità da parte dei figli, sino ad arrivare alle false accuse di abusi. La sindrome di alienazione parentale viene qualificata anche come una forma di abuso emotivo, che può cagionare gravissime conseguenze psicopatologiche sia nei minori che negli adulti. Si tratta di situazioni in cui il genitore alienante induce il bambino ad assumere una posizione nella campagna di denigrazione, del tutto immotivata, contro l'altro genitore. Spesso il bambino si trova nella condizione di aver paura di perdere l'affetto del genitore più forte e prevaricatore (di solito quello affidatario), considerato l'unico punto di riferimento rimasto, in seguito alla separazione. La PAS manca di un riconoscimento formale come disturbo psichico - dunque, come vera e propria sindrome - all'interno delle più rilevanti classificazioni internazionali, prima tra tutte quella contenuta nel DSM-IV (''Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders''). Ciò ne rende particolarmente difficile il suo riconoscimento nell'ambito giuridico. Nei tribunali è stato fatto riferimento alla PAS già in una pronuncia del Tribunale di Alessandria (sentenza n. 318/1999). Uno dei casi più eclatanti è stato tuttavia quello del bimbo di Cittadella (PD) che nell'ottobre 2012 venne forzosamente prelevato da scuola al fine di dare esecuzione al decreto del 2 agosto 2012 della Corte d'Appello di Venezia, che ne aveva disposto l'affidamento al padre, con inserimento all'interno di un'apposita struttura residenziale educativa dove potesse incontrare i genitori seguendo, altresì, un apposito ed accurato programma psicoterapeutico. Tale decisione - modificativa della situazione preesistente, che vedeva il minore affidato ai servizi sociali e collocato presso la madre - si fondava essenzialmente sui risultati della CTU, la quale aveva riscontrato nel minore la “Sindrome da alienazione genitoriale'' determinata dalla figura materna. La vicenda è giunta alla Corte di Cassazione che, con la sentenza 20 marzo 2013 n. 7041, ha accolto il ricorso e cassato il decreto impugnato con rinvio alla Corte d'Appello di Brescia. Nella pronuncia la Corte evidenziava la difficoltà di inquadrare definitivamente e chiaramente la PAS quale patologia rilevante in ambito giuridico, a causa dell'assenza di un effettivo, condiviso e formale riconoscimento della stessa nel settore medico-scientifico. La Cassazione, infatti, osservava come venisse in considerazione una teoria non ancora consolidata sul piano scientifico, ed anzi, come si vedrà, molto controversa “e metteva in rilievo “le perplessità del mondo accademico internazionale, al punto che il Manuale Diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) non la riconosce come sindrome o malattia'', oltre ad altri studi di esperti del settore. Rilevava come, soprattutto in ambito giudiziario, non possano adottarsi delle soluzioni prive del necessario conforto scientifico, come tali potenzialmente produttive di danni ancor più gravi di quelli che le teorie ad esse sottese, non prudentemente e rigorosamente verificate, pretendono di scongiurare. La Corte concludeva affermando che la Sindrome da alienazione genitoriale, non essendo supportata da una solida affermazione e definizione scientifica, non potesse rappresentare il solo ed essenziale elemento sulla cui base prendere decisioni particolarmente incisive nella vita dei minori coinvolti in ipotesi di crisi familiare. Con una recente pronuncia che ha avuto particolare risalto, la Suprema Corte (Cass. I, n. 6919/2016) ha invece correttamente inquadrato il problema della condotta “alienante” del genitore nel giusto ambito della violazione del diritto del minore alla bigenitorialità e del diritto di ciascun genitore alla conservazione di un rapporto autentico con la prole malgrado la crisi coniugale e al pieno esercizio delle prerogative genitoriali, col solo limite della salvaguardia dell'interesse e del benessere dei figli minori. La Corte ha ritenuto di prescindere dal dibattito circa alla validità o invalidità delle teorie scientifiche in tema di PAS, e si è piuttosto concentrata sul fatto che i giudici di merito non avevano motivato sulle ragioni del rifiuto del padre da parte della figlia ed erano con ciò venuti meno all'obbligo di verificare, in concreto, l'esistenza dei denunciati comportamenti volti all'allontanamento fisico e morale del figlio minore dall'altro genitore. Ha sottolineato come a tal fine il Giudice del merito possa utilizzare i comuni mezzi di prova tipici e specifici della materia (incluso l'ascolto del minore) e anche le presunzioni (desumendo eventualmente elementi anche dalla presenza, laddove esistente, di un legame simbiotico e patologico tra il figlio e uno dei genitori). E ha affermato che comportamenti “alienanti”, qualora accertati, pregiudicherebbero il diritto del figlio alla bigenitorialità e, soprattutto, alla sua crescita equilibrata e serena, diritto la cui importanza è testimoniata dalla sentenza della Corte EDU 9 gennaio 2013, n. 25704, L. c. Rep. Italiana, che ha affermato la violazione dell'art. 8 della convenzione da parte dello Stato italiano, in un caso in cui le autorità giudiziarie, a fronte degli ostacoli opposti dalla madre affidataria, ma anche dalla stessa figlia minorenne, a che il padre esercitasse effettivamente e con continuità il diritto di visita, non si erano impegnate a mettere in atto tutte le misure necessarie a mantenere il legame familiare tra padre e figlia minore, attraverso un concreto ed effettivo esercizio del diritto di visita nel contesto di una separazione legale tra i genitori. In particolare, quelle autorità si erano limitate reiteratamente e con formule stereotipate a confermare i propri provvedimenti, nonché a prescrivere l'intervento dei servizi sociali, cui erano richieste di volta in volta informazioni e delegata una generica funzione di controllo, così determinandosi il consolidamento di una situazione di fatto pregiudizievole per il padre, mentre avrebbero dovuto rapidamente adottare misure specifiche per il ripristino della collaborazione tra i genitori e dei rapporti tra il padre e la figlia, anche avvalendosi della mediazione dei servizi sociali. In caso di separazione personale conflittuale tra coniugi, l'affidamento del figlio minorenne implica un diritto effettivo e concreto di visita del genitore presso il quale il minore non sia collocato. La Corte di Strasburgo ha univocamente osservato che l'assenza di collaborazione tra i genitori in conflitto e, talora, l'atteggiamento ostile (da dimostrare nel caso concreto) del genitore collocatario nei confronti dell'altro genitore) che impedisca di fatto al minore di frequentarlo, comportano una grave violazione del diritto del figlio al rispetto della vita familiare e non dispensano le autorità nazionali dall'obbligo di ricercare ogni mezzo efficace al fine di garantire il diritto del minore di frequentare adeguatamente e tempestivamente entrambi i genitori. Ha pertanto affermato un fondamentale principio di diritto, che mette in un angolo tutte le dispute circa il possibile inquadramento scientifico e nosografico della PAS: in tema di affidamento di figli minori, qualora un genitore denunci comportamenti dell'altro genitore, affidatario o collocatario, di allontanamento morale e materiale del figlio da sè, indicati come significativi di una PAS (sindrome di alienazione parentale), ai fini della modifica delle modalità di affidamento, il giudice di merito è tenuto ad accertare la veridicità in fatto dei suddetti comportamenti, utilizzando i comuni mezzi di prova, tipici e specifici della materia, incluse le presunzioni, ed a motivare adeguatamente, a prescindere dal giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della suddetta patologia, tenuto conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l'altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena riconosciuto a chiare lettere dall'art. 337-ter c.c. (introdotto dal d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154) (si veda anche la sentenza n. 102/2020 che ha sottolineato il diritto del minore pure in contesti di elevata conflittualità familiare o di rapporto problematico con l'altro genitore, di essere mantenuto in una situazione che permetta, in futuro, un'evoluzione più armonica di quel rapporto). Già da tempo, peraltro, l'attenta giurisprudenza di merito aveva ritenuto che la prolungata o reiterata violazione del diritto di visita, da parte di uno dei genitori e la compromissione dei rapporti affettivi tra un genitore e il figlio minore cagionata dall'altro genitore attraverso l'interruzione di ogni apprezzabile relazione protratta per un lungo periodo integrano la lesione del diritto fondamentale alla genitorialità, tutelato dagli artt. 2,29 e 30 Cost. giustificando il risarcimento del danno non patrimoniale - inteso nella sua ampia accezione - che ne sia derivato (vds. Trib. Roma, 18 settembre 2015 n. 18475; Trib. Roma, 3 settembre 2011; Trib. Monza, 5 novembre 2004; Trib. Roma, 13 giugno 2000). Di recente la Suprema Corte, investita dell'impugnazione avverso la decisione dei giudici di merito di escludere, per un semestre, la madre “alienante” dalla vita del figlio (salva la programmazione di incontri periodici del minore con i due genitori, in ambiente controllato) è tuttavia nuovamente tornata ad avvertire che qualora la consulenza tecnica presenti devianze dalla scienza medica ufficiale – come avviene nell'ipotesi in cui sia formulata la diagnosi di sussistenza della PAS, non essendovi certezze nell'ambito scientifico al riguardo – il Giudice del merito, ricorrendo alle proprie cognizioni scientifiche oppure avvalendosi di idonei esperti, è comunque tenuto a verificarne il fondamento Cass. I, n. 13274/2019). Nel filone giurisprudenziale sfavorevole alla valorizzazione della PAS nella valutazione della capacità genitoriale ai fini delle decisioni circa l'affidamento della prole si inserisce anche la sen tenza Cass. 17.5.2021 n. 13217, con cui i giudici di legittimità hanno ribadito che l'affidamento dei figli deve essere ispirato al criterio fondamentale dell'interesse morale e materiale del minore, per cui occorre sempre privilegiare il genitore “che appaia il p iù idoneo a ridurre al massimo il pregiudizio derivante dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore; ha quindi cassato la decisione di merito che aveva invece incentrato il giudizio su l disvalore attribuito alla Sindrome della madre malevola ipotizzata da i CCTTUU. E ancora con l'ordinanza n. 9691/2 022, i giudici di legittimità hanno ribadito che il diritto alla bigenitorialità disciplinato dalle norme codicistiche è, anzitutto, un diritto del minore prima ancora dei genitori, nel senso che esso deve essere necessariamente declinato attraverso criteri e modalità concrete che siano dirette a realizzare in primis il miglior interesse del minore , e che ai fini della tutela di tale diritto ciò che dev'essere adeguatamente provato non è se la condotta abbia o meno provocato una PAS, che abbia le caratteristiche nosografiche descritte, almeno da chi la qualifica come sindrome. Ciò che occorre provare è invece se la condotta sia stata tale da aver leso in modo grave il rapporto tra il figlio e l'altro genitore, sino al peggior risultato ipotizzabile, quello di renderlo difficilmente recuperabile o del tutto irrecuperabile. Tutto ciò tenendo sempre al centro il principio secondo il quale ogni decisione sull'affidamento del minore dev'essere prioritariamente orientata a garantire il massimo benessere per quel determinato minore, protagonista di quella determinata vicenda. E' interessante, al riguardo , la nota del 29.5.2020 con cui il Minister o della Salute , rispondendo ad un'interrogazione parlamentare, è intervenuto a precisare che la Sindrome da alie nazione genitoriale o da Anaffettività genitorialenon risulta inserita in alcuna delle classificazioni in uso come l' International Classification of Diseases (ICD 10) o il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM 5) in ragione della sua evidente ascientificità dovuta alla mancanza di dati a sostegno . Ha evidenziato che la Comunità scientifica sembrerebbe concorde ne l ritenere che l'alienazione di un genitore non rappresenta, di per sé, un disturbo individuale a carico del figlio, ma un grave fattore di rischio evolutivo per lo sviluppo psicologico e affettivo del minore stesso, e ha nuovamente avvertito circa la non attendibilità della PAS e il rischio dell'uso distorto di tale diagnosi nei casi dei bambini contesi, proprio a fronte del mancato riconoscimento del dist urbo in questione sia da parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità sia da parte di tutta la Comunità scientifica internazionale. Risarcimento ed astrainte : la tutela ex art. 709- ter c.p.c. Lo strumento processuale più appropriato per risolvere con immediatezza i conflitti tra i genitori inerenti il corretto svolgimento delle modalità di affidamento è oggi quello offerto dall'art. 709 ter c.p.c., introdotto dalla legge 8 febbraio 2006 n. 54, "Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso", e recentemente modificato dal d.lgs. n. 154/2013 (attuativo della delega contenuta nella legge n. 219/2012). Il procedimento, che può innestarsi in quello di separazione o di divorzio, ma può anche riguardare genitori non uniti in matrimonio, è strumentale alla verifica della concreta funzionalità rispetto all'interesse del minore del provvedimento in precedenza assunto in sede giudiziale (v. ex multisApp. Cagliari, 18 luglio 2006; App. Milano, 6 luglio 2006). Il presupposto giuridico per l'adozione dei rimedi di cui all'art. 709-ter c.p.c. è tendenzialmente la violazione da parte di uno dei genitori di un provvedimento dell'autorità giudiziaria che regola l'affidamento - sia esso condiviso sia esclusivo-. Può trattarsi delle ordinanze presidenziali sull'affidamento e il diritto di visita exartt. 155 c.c. e 708 c.p.c., degli ordini di protezione contro gli abusi familiari ex art. 342 bis e ter c.c.; delle sentenze di separazione e di divorzio, con cui il giudice abbia disposto in merito all'affidamento condiviso o esclusivo o al diritto di visita di uno dei genitori, dei verbali di separazione consensuale omologati, dei provvedimenti di modifiche delle condizioni di separazione o di divorzio ex art. 710 c.p.c., dei provvedimenti del Tribunale per i minorenni exartt. 330 e 333 c.c. assunti nelle forme dell'art. 336 c.c. che dispongono l'affidamento a uno solo dei coniugi o a un terzo. I provvedimenti possono essere chiesti in corso di causa (anche al Giudice Istruttore) oppure nell'ambito di un procedimento instaurato ad hoc (in via principale con ricorso al tribunale in composizione collegiale a fronte di un provvedimento definitivo) (Cass. I, n. 21718/2010); si ritiene inoltre che i provvedimenti di ammonimento e di condanna alla sanzione pecuniaria possano essere assunti dal Giudice anche d'ufficio, in considerazione del carattere indisponibile dei diritti tutelati. In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento, il Giudice può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente: 1) ammonire il genitore inadempiente; 2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore; 3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell'altro; 4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende. Accesa è la disputa circa la natura giuridica delle misure di cui ai nn. 2 e 3 della disposizione, opponendosi a quanti le inquadrano tra i punitive damages, ossia tra le pene private (Trib. Napoli decreto, 30 aprile 2008; Trib. Padova, 3 ottobre 2008; App. Firenze, 29 agosto 2007; Trib. Messina, 5 aprile 2007; v. anche la recente sentenza 18799 dell'11 ottobre 2016 con cui il Tribunale capitolino, aderendo alla tesi della funzione punitiva dei provvedimenti ex art. 709 ter - ha condannato il genitore inadempiente, nella specie la madre, al risarcimento del danno nei confronti dell'altro genitore, quantificato nell'importo di Euro 30.000,00, “...al fine di dissuaderla in forma concreta dalla protrazione delle condotte poste in essere), aventi funzione di coazione indiretta all'adempimento, l'opinione di chi le riconduce all'ambito propriamente risarcitorio (vds. Trib. Varese 7 maggio 2010) con la conseguenza di subordinare l'accoglimento della domanda all'allegazione e prova di un danno effettivo, secondo i criteri di cui agli artt. 2043 c.c. e 2059 c.c., escludendosi qualsiasi automatismo risarcitorio”. La risarcibilità del danno non patrimoniale (non biologico) sofferto dal genitore alienato è comunque affermazione ormai univoca, sebbene permangano difficoltà e difformità nella sua quantificazione, che, pur necessariamente equitativa, non può non tener conto della gravità e persistenza delle condotte ostacolanti, dalla durata delle medesime, della personalità delle parti. Pacifica è invece la natura sanzionatoria della misura prevista al n. 4), da corrispondersi alla Cassa delle ammende; la pena può essere comminata congiuntamente all'ammonimento e dovrebbe assolvere ad una funzione disincentivante rispetto alla commissione di ulteriori violazioni. Di essa dunque beneficia lo Stato e non il soggetto danneggiato dalla condotta riprovevole. La giurisprudenza di merito (Trib. Salerno, 22 dicembre 2009; Trib. Firenze, 10 novembre 2011) ha inoltre ammesso la possibilità che il Giudice, nel risolvere una controversia ai sensi dell'art. 709 ter c.p.c. e nell'adottare una delle misure previste dalla norma, ponga a carico dell'obbligato una somma di danaro per ogni futura violazione delle prescrizioni relative all'affidamento dei figli, ai sensi dell'art. 614 bis c.p.c., presidiandole ulteriormente. |