Atto di citazione per il risarcimento del danno da illecito endofamiliare ed esofamiliare

Giovanna Nozzetti
aggiornata da Francesco Agnino

Inquadramento

con l'atto di citazione una donna, agendo quale rappresentante legale della figlia minore, chiede la condanna del padre di quest'ultima, allontanatosi dalla casa familiare e disinteressatosi del mantenimento, dell'istruzione e dell'educazione della figlia, al risarcimento del danno arrecatole con la grave e prolungata violazione dei doveri genitoriali.

Formula

TRIBUNALE DI ... 1 , 2

ATTO DI CITAZIONE

Per

La Sig.ra , nata a ... il ... (C.F. ...) 3 , n.q. di esercente la potestà genitoriale sulla minore ..., nata a ... il ..., elettivamente domiciliata in ..., via ..., n. , presso lo studio dell'Avv. 4 ..., C.F. ... 5 , Fax ... 6 , che la rappresenta e difende in forza di procura alle liti ...... 7

PREMESSO IN FATTO8

1. In data , il Sig., padre della minore..., nata il ..., ha abbandonato il domicilio familiare, lasciando la sola madre, ... (professione), con la quale aveva intrattenuto una stabile convivenza sin dal , ad occuparsi della minore e a provvedere, con le sue poche finanze, al mantenimento, all'educazione e all'istruzione della figlia;

2. A causa del basso reddito materno, la minore ha condotto una vita, benché dignitosa, qualitativamente inferiore a quella che le sarebbe spettata se anche il padre, dotato in quanto ... (professione) di più alte finanze, avesse contribuito al suo mantenimento;

3. La minore, infatti, ha dovuto abbandonare il corso di ..., rinunciando ad assecondare il suo spiccato talento per ...;

4. Il completo disinteresse del padre, inoltre, non si è manifestato nella sola violazione di obblighi economici di mantenimento e di istruzione, ma anche nella totale privazione di assistenza morale, come dimostra la circostanza che il Sig., non ha mai intrattenuto con la figlia alcun rapporto, neppure durante le festività principali, negandole la sua presenza perfino nel giorno della sua prima comunione e dei suoi compleanni; e ciò nonostante i ripetuti inviti dell'odierna attrice nei confronti del convenuto, anche per il tramite di comuni amici, affinché ristabilisse una relazione affettiva e di frequentazione con la figlia, che, nei primi tempi, ha manifestato insistentemente il desiderio di incontrare il padre.

5. In ragione di dette circostanze, la minore... ha patito pregiudizi sia di ordine economico, in quanto la madre si è spesso trovata a ricorrere ai risparmi che i nonni avevano accantonato per il futuro della nipote; sia in termini di perdita di chance, per aver dovuto abbandonare il corso di...; sia, infine, di tipo non patrimoniale, per la totale assenza del padre. Ella, infatti, ......

6. con lettera raccomandata del, la Sig.ra, a mezzo del sottoscritto procuratore costituito, ha invitato il , al procedimento di negoziazione assistita, ma la richiesta restava inevasa 9 .

IN DIRITTO

1. VIOLAZIONE OBBLIGHI EX ART. 147 E 148 C.C.SUB SPECIE DI ILLECITO ENDOFAMILIARE

L'unione familiare costituisce la più importante delle compagini sociali in cui il singolo realizza la sua personalità.

La Costituzione disciplina, nel dettaglio, una specifica ipotesi di 'famiglia' ovvero quella fondata sul matrimonio (art. 29 Cost.) e, in particolare, si occupa di dettare regole generali per quella che ha scelto di ospitare la genitorialità (art. 30 Cost.).

Le altre forme familiari (monogenitoriali, tra persone dello stesso sesso, tra conviventi di fatto), sia pure con le dovute peculiarità in punto di disciplina, trovano comunque consenso e riconoscimento costituzionale nell'art. 2 Cost., in quanto formazioni sociali destinate ad affermare il valore della persona e a consentirne il pieno sviluppo.

Dall'istituto familiare così inteso discendono obblighi e diritti inviolabili tanto da un familiare in danno di un altro soggetto appartenente al medesimo ambiente domestico, quanto da un terzo estraneo, comportando in ambo i casi ipotesi di responsabilità civile ex art. 2043 c.c.

Attualmente, invece, il principio della indefettibilità della tutela risarcitoria, quale tutela minima e irrinunciabile, trova espressamente riconoscimento, pur in presenza di una specifica disciplina, anche nell'ambito delle relazioni famigliari (Cass. I, n. 9801/2005, Cass. I, n. 15481/2013).

Ammessa la risarcibilità ex art. 2043 c.c. degli illeciti sia endofamiliari che esofamiliari, non può che affermarsi la riconducibilità degli stessi alla medesima disciplina.

Tuttavia, proprio in virtù del fondamento solidaristico della famiglia, i comportamenti che vengono in rilievo a titolo di illeciti familiari non sono quelli di minima efficacia lesiva, suscettibili di trovare composizione all'interno della famiglia in forza di quello spirito di comprensione e tolleranza che è parte del dovere di reciproca assistenza, ma unicamente quelle condotte che per la loro intrinseca gravità si pongono come fatti di aggressione ai diritti fondamentali della persona (Cass. I, n. 9801/2005).

Nel caso di specie è indubitabile che la condotta del convenuto si sia connotata del requisito della gravità richiesto ai fini dell'integrazione dell'illecito aquiliano; il Sig...., ha consapevolmente abbandonato la figlia, negandole sia il sostegno materiale che il sostengo morale cui ambo i genitori sono tenuti per automatico effetto della filiazione ex art. 147 e 148 c.c., ledendo il diritto alla qualità di figlio costituzionalmente tutelato dagli art. 2 e 30 Cost.

La minore, infatti, è stata finora mantenuta, istruita ed educata dalla sola madre e ciò sia in una prospettiva meramente economica che in una prospettiva affettiva e personale.

Ed invero, fin dalla nascita, ..., è stata cresciuta con le sole finanze della madre, dovendo rinunciare alle numerose opportunità che le sarebbero derivate qualora anche il padre avesse contribuito alla sua istruzione ed educazione.

La minore, infatti, a causa delle ridotte possibilità economiche della madre, è stata addirittura costretta ad abbandonare le lezioni di, per il quale fin dai primi anni di vita ha mostrato una spiccatissima inclinazione.

Non si esclude, invero, che lì dove avesse potuto proseguire gli studi, avrebbe intrapreso la carriera di....

Le limitate disponibilità economiche della Sig.ra, l'hanno costretta, talvolta, ad attingere ai risparmi accantonati dai nonni materni in favore della minore, risparmi senza i quali ella non avrebbe potuto organizzare neppure la prima comunione della figlia e quantificati nella somma di...

Peraltro, proprio in occasione di dette circostanze si notava l'assenza del padre il quale, prima ancora che alla ricorrenza della prima comunione, è mancato a numerosi compleanni e festività, alle recite scolastiche, ai saggi di danza, in tutte le occasioni cruciali della vita della bambina, negandole il proprio diritto a godere della presenza e dell'affetto di entrambi i genitori.

L'impossibilità per di godere dell'assistenza anche morale del padre, nelle piccole come nelle grandi occasioni, ha segnato la vita della minore, incidendo profondamente sulla stessa identità personale di..., come risulta dalla relazione della dott.ssa ..., che per anni ha avuto in cura la bambina.

Nel corso della sua crescita, ...ha più volte dimostrato di essere una bambina problematica, come emerge dalla circostanza che...,

In merito alla quantificazione in concreto, la giurisprudenza di merito prevalente (App. Brescia 1 marzo 2012; Trib. Milano 16 luglio 2014) ritiene che, in caso di danno endofamiliare da privazione del rapporto genitoriale, sia applicabile, come riferimento liquidatorio, la voce ad hoc prevista dalle tabelle giurisprudenziali adottate dall'Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano.

Tale indirizzo ha trovato recente conferma anche nella Suprema Corte di Cassazione, per la quale al pregiudizio in esame si applica la voce tabellare per 'perdita del congiunto' nella misura che varia, in base al caso concreto, tra un quinto, un quarto, un terzo o la metà (Cass. I, n. 16675/2014).

Ne consegue che, nel caso in esame, il danno patito dalla minore per la privazione del rapporto col padre è quantificabile nella somma di

Tutto ciò premesso l'attore, come in epigrafe rappresentato, difeso e domiciliato

CITA

il Sig. , (C.F. ), residente in via n. , a comparire innanzi il Tribunale ordinario di ...., Sezione e Giudice Istruttore a designarsi ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., all'udienza del ...., ora di rito, con invito alla parte convenuta a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'articolo 166 e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'articolo 168-bis,

AVVERTE

i convenuti che:

  • la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli articoli 38 e 167 c.p.c.,
  • la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'articolo 86 c.p.c. o da leggi speciali,
  • la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato;

per ivi sentire accogliere le seguenti:10 

 

CONCLUSIONI

Voglia il Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, accertare la Voglia il Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, accertare la responsabilità ex art. 2043 c.c. di... e, per l'effetto, condannarlo, a corrispondere alla figlia la somma di euro ... a titolo di danno patrimoniale oltre al risarcimento del danno non patrimoniale e/o da perdita di chance, da liquidarsi equitativamente; il tutto oltre rivalutazione e interessi.

Con vittoria di spese e competenze del giudizio.

IN VIA ISTRUTTORIA 11

Chiede ammettersi prova testimoniale sui seguenti capitoli di prova con i testi: Sig. residente in cap. nn. ; Sig. ... cap. nn.

1)«Vero che , in data, ha abbandonato la dimora familiare, senza farvi più ritorno» - Sig.

2)vero che, nel corso dei primi due anni dall'allontanamento del Sig. dalla dimora familiare, la Sig.ra le ha chiesto di intercedere presso di lui affinchè riprendesse i contatti con la figlia;

3)vero che il Sig. si è sempre rifiutato sostenendo che ...;

4)vero che la piccola ..., anche in sua presenza, ha chiesto alla madre di telefonare al padre affinché tornasse a casa o venisse a prenderla e in queste occasioni la bambina si mostrava insistente e piangeva;

5) «Vero che la Sig.ra ... ha sempre provveduto al mantenimento, all'istruzione e all'educazione di, con le sue sole finanze e senza l'aiuto di...» - Sig. ...

3) «Vero che le spese per la prima comunione della minore furono sostenute grazie ai risparmi accantonati dai nonni per la bambina» - Sig. ...

4) «Vero che ... ha mostrato talento nel...» - Sig. ...

5) «Vero che in data... la minore ha lasciato il corso di ... non potendo sostenerne il costo - Sig. ...

6) «Vero che ...è mancato alla prima comunione e a tutti i compleanni della figlia e non ha mai trascorso con lei alcuna festività» - Sig. ...

Si allegano:

1) lettera racc. a/r del

2) relazione della psicologa, dott. ssa

Ai sensi dell'art. 14 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 («Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia»), si dichiara che il valore del presente procedimento è pari a Euro Pertanto l'importo del contributo unificato è di Euro ...

Luogo e data...

Firma Avv....

PROCURA AD LITEM

(se non a margine o su documento informatico separato)

[1] La competenza per valore spetta al Giudice di Pace ove la somma richiesta sia inferiore ad euro venticinquemila e la relativa domanda si propone con ricorso chiedendo la fissazione, ai sensi dell'art. 281undecies comma 2 c.p.c., con decreto emesso entro cinque giorni dalla designazione del Giudice, l'udienza di comparizione delle parti, con concessione del termine per la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione di udienza e assegnazione del termine per la costituzione dei convenuti che dovrà avvenire non oltre dieci giorni prima dell'udienza, con avvertimento che la mancata costituzione o la costituzione oltre i termini comporterà le decadenze di cui agli artt. 38,167 e 281 undecies, comma 3 e 4 c.p.c., che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'articolo 86 o da leggi speciali, e che esso convenuto, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, che in caso di mancata costituzione si procederà in sua legittima e dichiaranda contumacia. Competente per territorio è il Tribunale o il Giudice di Pace del luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio e, se questi sono sconosciuti, quello del luogo in cui il convenuto ha la dimora ai sensi dell'art. 18 c.p.c. In alternativa è competente, ai sensi dell'art.20 c.p.c., il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l'obbligazione. Trattandosi di responsabilità per fatto illecito sarà competente il giudice del luogo in cui il danno si è prodotto (forum commissi delicti).

[2] Ove sia stata esercitata l'azione penale, il danneggiato può, in alternativa, costituirsi parte civile ai sensi dell'art. 76 c.p.p. fino a quando non siano stati compiuti gli adempimenti previsti dall'art. 484 c.p.p.

[3] Ai sensi dell'art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., nella l. 15 luglio 2011, n. 111, in tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio.

[4] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. 115/2002 modificati dall'art. 45-bis d.l. 90/2014 conv., con modif., nella legge 114/2014.

[5] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione citata sub nota 3.

[6] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione citata sub nota 3. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. 115/2002, come modificato dalla disposizione testè ricordata, «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale ... il contributo unificato è aumentato della metà».

[7] La procura può essere apposta in calce o a margine della citazione (art. 83 c.p.c.). Può anche trattarsi di una procura generale alle liti, i cui estremi vanno in tal caso menzionati. In questo caso è preferibile produrre copia della procura. La procura speciale, invece, può essere apposta in calce o a margine della citazione. Nell'ipotesi di scelta di deposito telematico della citazione (art. 16-bis comma 1-bis d.l. 179/2012) occorrerà indicare la seguente dicitura: 'giusta procura allegata mediante strumenti informatici e apposta in calce al presente atto di citazione ai sensi dell'art. 83 comma 3 c.p.c.'.

[8] La sezione dell'atto di citazione, normalmente introdotto dalle locuzioni 'premesso' o 'fatto', contiene la ricostruzione dei fatti costitutivi della domanda. L'art. 164 c.p.c. prevede che è nullo l'atto in cui risulti omessa o assolutamente incerta l'esposizione dei fatti costitutivi della domanda (art. 163, comma 3 n. 4) c.p.c.).

[9] Ai sensi dell'art. 3 d.l. 132/2014 convertito in legge 162/14, Fuori dei casi previsti dall'art. 5 comma 1-bis D. Lgs. 28/2010, chi intende proporre in giudiziouna domanda di pagamento a qualsiasi titolo di sommenon eccedenti cinquantamila, deve, tramite il suo avvocato, invitare l'altra parte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita. L'esperimento del procedimento di negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

[10] Tali elementi (indicazione del giorno dell'udienza di comparizione; invito a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell'udienza indicata, ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c., e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'art. 168 bis c.p.c.; l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c.) sono previsti dall'art. 164 c.p.c. a pena di nullità dell'atto di citazione.

[11] L'art. 164 c.p.c. non prevede che la mancata indicazione dei mezzi di prova costituisca ipotesi di nullità dell'atto di citazione. Le richieste istruttorie, infatti, possono essere formulate anche in sede di memorie ex art. 183, II termine, c.p.c.

Commento

L'illecito esofamiliare

Quando si affronta il tema della responsabilità civile con riferimento ai rapporti familiari si pensa immediatamente all'illecito esofamiliare, ossia alla responsabilità aquiliana del terzo per l'illecito commesso ai danni di uno o più membri della famiglia.

In effetti, la materia è oggetto di una vasta produzione giurisprudenziale concorde nel riconoscere la risarcibilità dei pregiudizi causalmente correlati alla lesione, ad opera della condotta illecita del terzo, dell'interesse dell'individuo alla intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell'ambito della famiglia, alla inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell'ambito di quella peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia, la cui tutela è ricollegabile agli artt. 2, 29, 30 Cost.

La Suprema Corte, sin dalla fine degli anni '90, aveva superato il proprio precedente orientamento secondo il quale solo in caso di morte del soggetto sarebbe configurabile un danno risarcibile a favore degli stretti congiunti, ammettendo il risarcimento anche nel caso in cui il soggetto direttamente attinto dalla condotta illecita sia sopravvissuto alle lesioni, purchè la sofferenza si presenti come effetto normale dell'evento lesivo secondo un criterio di regolarità causale (Cass. n. 13358/1999; Cass. n. 4852/1999; Cass. n. 1516/2001).

Componendo il contrasto registratosi sul punto, le Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 9556/2002) avevano espressamente riconosciuto ai prossimi congiunti della persona che, a causa del fatto illecito costituente reato, avesse subito lesioni, il risarcimento del danno morale concretamente accertato in relazione ad una particolare situazione affettiva con la vittima, ritenendo che tale pregiudizio trovasse causa diretta ed immediata nel fatto illecito e che, pertanto, alcun ostacolo teorico in questa direzione derivasse dall'art. 1223 c.c.

A tale principio la Corte ha poi dato continuità con le sentenze nn. 8827 e 8828 del 31/05/2003 ribadendo il carattere tendenzialmente plurioffensivo dell'illecito rappresentato dall'uccisione o dalla grave lesione del congiunto, in quanto idoneo a ledere al contempo situazioni giuridiche di soggetti diversi legati tra loro da un vincolo parentale.

Al fenomeno della propagazione intersoggettiva delle conseguenze del fatto illecito la giurisprudenza aveva peraltro già fatto riferimento riconoscendo la risarcibilità non soltanto del danno morale cagionato dalla lesione mortale sofferta da un congiunto, ma anche il danno consistente nella impossibilità di intrattenere rapporti sessuali a causa delle lesioni subite dal coniuge (Cass. n. 4671/1996; Cass. n. 6607/1986), il danno subito dalla moglie e dai figli dell'infortunato macroleso, per la lesione dei diritti riflessi quali il diritto del coniuge a regolari rapporti coniugali, ivi compresi quelli sessuali, nell'ambito dei reciproci doveri di assistenza materiale e morale, che trova riscontro nell'art. 143 c.c., e il diritto dei figli all'educazione e ad un sano sviluppo psicofisico, imposto dall'art. 147 c.c. a carico di entrambi i genitori (Cass. III, n. 4852/1999; Cass. III, n. 8305/1996), il danno patrimoniale subito dai prossimi congiunti della vittima (ai quali è equiparato il convivente more uxorio; v. Cass. III, n. 6477/2017; Cass. III, n. 22909/2012) per la perdita delle contribuzioni che da quella ricevevano e avrebbero presumibilmente continuato a ricevere in futuro (Cass. III, n. 11453/1995).

In tal modo, il riconoscimento dei diritti della famiglia non è più inteso come tutela delle estrinsecazioni della persona nell'ambito esclusivo di quel nucleo, con una proiezione di carattere meramente interno, ma nel più ampio senso di modalità di realizzazione della vita stessa dell'individuo, alla stregua dei valori e dei sentimenti che il rapporto parentale ispira, generando bisogni e doveri ma anche dando luogo a gratificazioni, supporti, etc.

Allorché il fatto lesivo abbia profondamente alterato quel complessivo assetto, provocando una rimarchevole dilatazione dei bisogni e dei doveri (come nel caso della sopravvivenza della vittima in condizioni gravemente menomate) e una determinante riduzione, se non un annullamento, delle positività (come nella nascita di un bambino affetto da gravissime malformazioni congenite), che dal rapporto parentale normalmente derivano, il danno non patrimoniale, consistente nello sconvolgimento delle abitudini di vita in relazione all'esigenza di provvedere ai niente affatto ordinari bisogni del familiare deve senz'altro trovare ristoro nell'ambito della tutela ulteriore apprestata dall'art. 2059 c.c. in caso di lesione di interessi costituzionalmente protetti.

Si assiste quindi alla marcata tendenza, normativa e giurisprudenziale Cass. III, n. 23725/2008, a tutelare la famiglia - anche se 'di fatto', purchè dotata delle caratteristiche di serietà, continuità e stabilità e dalla libera e stabile condivisione di valori e modelli di vita, che la rendano assimilabile al rapporto di coniugio (Cass. III, n. 8037/2016; Cass. III, n. 12278/2011, Trib. Verona, 26 settembre 2013; Trib. Milano 12 settembre 2011; Trib. Napoli, 13 aprile 2007; Trib. Roma, 10 giugno 2010), o soltanto in fieri (Cass. sez. lav., n. 7128/2013) - dalle aggressioni esterne.

L'illecito endofamiliare

Il tema della responsabilità civile in materia familiare è stato a lungo discusso sia in dottrina che in giurisprudenza, in quanto ci si è chiesti, soprattutto in passato, se dalla violazione di detti obblighi e diritti potesse derivare, oltre all'applicazione degli istituti speciali tradizionalmente preposti a difesa della famiglia (addebito, obbligo di versare assegno di separazione o divorzio, sequestro dei beni ecc...), anche la responsabilità civile ex art. 2043 c.c.

Inizialmente, l'opinione prevalente escludeva che nell'ambito dei rapporti familiari potesse fare ingresso detto tipo di responsabilità, sul rilievo che alla violazione di doveri matrimoniali e genitoriali l'ordinamento già riconnette conseguenze specifiche e tipizzate (l'addebito della separazione, l'allontanamento dalla residenza familiare, la decadenza dalla responsabilità genitoriale), con ciò dimostrando l'intenzione di precludere l'ingresso di altre forme di tutela in favore della vittima di quei comportamenti (Cass. I, n. 3367/1993; Cass. I, n. 4108/1993).

E' noto che, in tempi relativamente recenti (v. Cass. II, n. 7713/2000, e soprattutto Cass. I, n. 9801/2005), la lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., quale norma nella quale trovano collocazione e protezione tutte le situazioni soggettive relative a perdite non patrimoniali subite dalla persona per fatti illeciti determinanti un danno ingiusto quale conseguenza della lesione di interessi costituzionalmente protetti o specificamente tutelati dalla legge, ha contribuito in maniera rilevante alla riflessione sul tema dei c.d. illeciti endofamiliari e, in ultimo, all'affermazione del principio di indefettibilità della tutela risarcitoria per la violazione di diritti fondamentali dell'individuo all'interno della famiglia.

Costituisce, dunque, acquisizione ormai da tempo condivisa, sia in dottrina che in giurisprudenza, che la famiglia, più che un'istituzione è una comunità, luogo di incontro e vita comune dei suoi membri, tra i quali si stabiliscono relazioni di affetto e di solidarietà, sulla scorta delle quali il rispetto della dignità e personalità, nella sua interezza, di ogni componente del nucleo familiare assume i connotati di un diritto inviolabile, la cui lesione è foriera, per l'autore, di responsabilità extracontrattuale, non potendo ritenersi, a pena di contraddire le basi del nostro ordinamento e di violare gli stessi precetti costituzionali che quei diritti presidiano, che diritti definiti come inviolabili ricevano una diversa tutela a seconda che i loro titolari si pongano o meno all'interno di un contesto familiare.

Come osservato dalla Suprema Corte, di tale processo di valorizzazione della sfera individuale dei singoli componenti del nucleo familiare costituisce espressione la legge 154/2001, sulla violenza familiare, che prevede l'allontanamento per ordine del giudice dalla casa familiare dell'autore della violenza, nell'implicita attribuzione di prevalenza alla tutela della persona che ne sia stata vittima rispetto alle ragioni dell'unità della famiglia. Si inserisce, inoltre, in questa direzione la recente riforma della filiazione (d.lgs. n. 154/2013; Si vedano ora il Titolo IX bis del codice civile 'Ordini di protezione contro gli abusi familiari' e, quanto al procedimento, l'art. 736 bis c.p.c., nonché l'art. 282 bis c.p.p.).

La famiglia si configura, dunque, non già come luogo di compressione e mortificazione di diritti irrinunciabili ma come sede di autorealizzazione e di crescita dell'individuo, segnata dal reciproco rispetto ed immune da ogni distinzione di ruoli, nella quale ciascuno si sviluppa come persona, prima ancora che come familiare.

In questo senso, l'istituto familiare certamente rientra tra le formazioni sociali ex art. 2 Cost., a presidio delle quali l'ordinamento pone un sistema pluralistico di rispetto e tutela di tutte le aggregazioni sociali nelle quali la personalità di ogni individuo si esprime e si sviluppa (Cass. I, n. 9801/2005).

Per tale ragione, i doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio non hanno soltanto carattere morale, ma hanno natura giuridica, come può desumersi dal reiterato riferimento, nell'art. 143 c.c., alle nozioni di dovere, di obbligo, di diritto, dall'espresso riconoscimento nell'art. 160 c.c. della loro inderogabilità, dalle conseguenze che l'ordinamento giuridico fa derivare dalla loro violazione, onde è certamente ravvisabile un diritto soggettivo di un coniuge nei confronti dell'altro a comportamenti conformi a detti obblighi (cfr. Cass. I, n. 13592/2006 e Cass. I, n. 7859/2000 configurano espressamente l'obbligo di fedeltà coniugale quale oggetto di una norma di condotta imperativa).

Ammessa la risarcibilità ex art. 2043 c.c. degli illeciti sia endofamiliari che esofamiliari, non può che affermarsi la riconducibilità degli stessi alla medesima disciplina, ferma in ogni caso la necessità di riscontrare la sussistenza degli elementi tipici dell'illecito extracontrattuale e del danno risarcibile: condotta illecita, ingiusta lesione di interessi tutelati dell'ordinamento, nesso causale tra la prima e la seconda, sussistenza di un concreto pregiudizio patito dal titolare dell'interesse leso e, per il caso dei danni non patrimoniali, la sussistenza di una norma che ne prevede la risarcibilità ovvero la derivazione del pregiudizio dalla lesione di un diritti inviolabili della persona.

In considerazione, poi, della peculiare caratterizzazione della formazione sociale familiare, incentrata sui principi di solidarietà e reciprocità, a venire in rilievo quali fonti di responsabilità civile per l'autore della condotta illecita, non sono i comportamenti dotati di minima efficacia lesiva, suscettibili di trovare composizione all'interno della famiglia in forza di quello spirito di comprensione e tolleranza che parte del dovere di reciproca assistenza, ma unicamente quelle condotte che, per la loro intrinseca gravità, si pongano come fatti di aggressione ai diritti fondamentali della persona.

Si esclude pertanto che la mera violazione dei doveri matrimoniali o anche la sola pronuncia di addebito della separazione possano di per sé integrare una responsabilità risarcitoria in mancanza della prova del danno e del nesso eziologico tra esso e il fatto lesivo di un valore indefettibile della persona (Cass. I, n. 18853/2011).

La casistica giurisprudenziale rivela che le controversie in materia di illeciti endofamiliari presentano un trend crescente e che quelle più frequentemente ricorrenti riguardano la violazione dei doveri coniugali, in particolare la violazione dell'obbligo di fedeltà e del dovere di assistenza morale e materiale, e l'inosservanza dei doveri genitoriali, in particolare le ipotesi del mancato riconoscimento del figlio naturale e della privazione della figura genitoriale, anche quale conseguenza di una falsa attribuzione di paternità.

Illecito endofamiliare e famiglia di fatto.

I giudici di legittimità (Cass. III, n. 8976/2005; vd. anche Cass. III, n. 7128/2013) e la Corte costituzionale (sentenze nn. 404/1988 e 138/2010) hanno a più riprese sottolineato la rilevanza giuridica e la dignità del rapporto di convivenza, ai sensi dell'art. 2 Cost., riconoscendo che esso da vita ad un 'autentico consorzio familiare, investito di funzioni promozionali' e che per formazione sociale deve intendersi 'ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e a favorire il libero sviluppo della vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico'. Con specifico riferimento alle coppie omosessuali, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 138 del 2010, ha affermato che l'unione tra persone dello stesso sesso è una formazione sociale tutelata dall'art. 2 Cost., intesa quale 'stabile convivenza tra persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri' (Vds. anche Cass. I, n. 4184/2012).

In senso affermativo circa la configurabilità dell'illecito endofamiliare anche all'interno della famiglia di fatto o della convivenza more uxorio si è espressa la Suprema Corte, in relazione al caso di un uomo che, dopo anni di convivenza, aveva deciso di venir meno alla promessa di matrimonio fatta alla sua compagna, lasciando la casa familiare e anche il figlio, nato da poco, per intraprendere una nuova relazione. Cassando il giudizio di manifesta infondatezza espresso nel provvedimento di revoca dell'ammissione della donna al beneficio del patrocinio a spese dello Stato sul presupposto della insussistenza sia normativa che giurisprudenziale dell'ipotesi di violazione degli obblighi familiari in ipotesi di persone unite da solo vincolo di convivenza more uxorio, la Corte ha sottolineato l'attenzione crescente del legislatore ai nuovi modelli 'familiari' (Cass. I, n. 15481/2013), nei quali le parti decidono volontariamente di escludere le conseguenze legali nascenti dal matrimonio, dando atto altresì dell'interpretazione dell'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo fornita dalla Corte di Strasburgo, che estende la tutela del diritto alla vita familiare anche alla famiglia di fatto.

Ha quindi affermato che il diritto all'assistenza morale e materiale, il diritto alla fedeltà e alla sessualità e i doveri di lealtà, correttezza e solidarietà, quali diritti fondamentali della persona, si riflettono anche nella fase precedente il matrimonio, e che la violazione dei diritti fondamentali della persona è altresì configurabile ... all'interno di una unione di fatto che abbia, beninteso, le caratteristiche di serietà e stabilità, avuto riguardo alla irrinunciabilità di tali diritti, riconosciuti, ai sensi dell'art. 2 Cost., in tutte le formazioni sociali in cui si svolge la personalità dell'individuo.

Con la legge n. 76 del 2016 il legislatore ha regolato, per la prima volta, alcuni aspetti dei rapporti fra conviventi di fatto, definiti questi ultimi come 'due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un'unione civile'.

L'unione civile tra persone maggiorenni dello stesso sesso, definita quale 'specifica formazione sociale ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione' dall'art.1, comma 1, Parte I, della legge n. 76 del 2016, comporta che le parti di tale consorzio familiare siano obbligate reciprocamente all'assistenza morale e materiale, alla coabitazione e alla contribuzione ai bisogni comuni, in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo (art. 1, comma 11, Parte I).

Nell'elenco dei doveri nascenti dall'unione civile non è espressamente compreso quello di fedeltà; e nondimeno, ai fini della tutela accordata dall'art. 2059 c.c. in relazione all'art. 2 Cost., non sembra che la condizione della persona gravemente offeso nella propria dignità e onorevolezza dalla condotta manifestamente infedele del partner di fatto presenti connotati significativamente dissimili da quella dell'individuo che abbia subito la relazione adulterina del coniuge (vds. Trib. Verona 26 settembre 2013), consumata in maniera plateale e con modalità altamente ingiuriose.

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