Comparsa di costituzione e risposta con domanda riconvenzionale del danno non patrimoniale da falso riconoscimento di paternità

Giovanna Nozzetti
aggiornata da Francesco Agnino

Inquadramento

Il curatore speciale del minore convenuto dal padre che ne impugna il riconoscimento per difetto di veridicità resiste all'azione e, in via riconvenzionale, chiede il risarcimento del danno non patrimoniale per la lesione della propria identità personale e sociale

Formula

TRIBUNALE DI 1

COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA 2

Il Sig. ..., C.F. ..., n.q. dicuratore speciale 3 di ..., 4 nato a ... il ... (C.F. ...), rappresentato e difeso, come da procura in calce 5 , dall'Avv. ...__ (C.F. ... 6 ), con domicilio eletto nel suo studio in ... alla via ... n. ..., giusta procura in calce al presente atto e resa su foglio separato, dichiarando di voler ricevere tutte le comunicazioni e gli avvisi di cui agli artt. 133 comma 3, 134 comma 3, 170 comma 4 e 176 comma 2 c.p.c., anche al seguente numero di fax ... 7 , ovvero al seguente indirizzo di PEC:...@... 8 .

-convenuto-

CONTRO 9

Il Sig. ..., C.F. ..., nato a ... e residente in ..., alla via ... n. ..., rappresentato e difeso dall'Avv. ......

-attore

PREMESSO IN FATTO 10

1. Con atto di citazione notificato il..., il Sig. ... ha convenuto in giudizio l'odierno comparente e la di lei madre Sig.ra ... al fine di al fine di sentir dichiarare la non paternità del suddetto nei confronti del convenuto ....

- ... asseriva di non essere il padre biologico del minore, in quanto quest'ultimo era il frutto di una precedente relazione che la Sig.ra ... aveva intrattenuto con tale ..., avendo l'attore iniziato a frequentare la Sig.ra ... solo nel..., successivamente alla nascita del minore;

- ... sosteneva di aver riconosciuto il bambino a causa delle insistenze della Sig.ra ... sua futura sposa ed in data..., l'attore ... e la Sig.ra ... contraevano matrimonio;

- in data..., il Tribunale con provvedimento... dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio;

- successivamente l'attore non si presentava nei giorni previsti per gli incontri con il figlio e rimandava adducendo impegni lavorativi disattendendo di fatto i suoi obblighi genitoriali;

- l'odierno comparente veniva a conoscenza del fatto che non erano gli impegni lavorativi a tenere lontano il padre bensì che quest'ultimo semplicemente non aveva più intenzione di intrattenere rapporti con il figlio;

- in data..., la sig.ra ... riferiva al figlio la volontà dell'odierno attore di procedere alla proposizione della domanda di disconoscimento di paternità in quanto caduto in prescrizione l'illecito penale relativo alla falsa dichiarazione di paternità;

Con il presente atto ... si costituisce in giudizio rappresentato dal curatore speciale nominato con ... su istanza di ... chiedendo il rigetto di tutte le domande proposte da ... e l'accoglimento della domanda riconvenzionale.

DIRITTO

2) In via preliminare, si eccepisce 11 ...

3) Nel merito si rileva che la domanda attorea è infondata poiché 12 ...

4) In via riconvenzionale il convenuto chiede il risarcimento dei danni derivanti dal comportamento illecito del genitore che ha falsamente riconosciuto in modo consapevole ... per un proprio interesse personale e precisamente al fine di ...- (indicare il vantaggio ottenuto).

Secondo la recente giurisprudenza l'esercizio scorretto dell'azione di disconoscimento della paternità ai sensi dell'art. 263 c.c. si concretizza in una condotta lesiva del diritto del figlio alla identità personale e sociale (cd. danno endofamiliare): «tale danno è qualificato come danno non patrimoniale connesso alla lesione della propria identità, alla necessità di reinserirsi nel contesto sociale con un nuovo cognome, alla sofferenza legata alla repentina scoperta di una nuova realtà circa le proprie origini, alla perdita di legami familiari consolidati, senza possibilità di crearne di nuovi».

È stato, pertanto, ritenuto prevalente, in un giudizio comparativo fra l'interesse del figlio alla conservazione della propria identità personale e del proprio status e l'esercizio di un diritto, l'interesse del primo.

La condotta paterna configura un danno ingiusto «risarcibile secondo i consolidati principi in tema di responsabilità aquiliana, in quanto lede degli interessi meritevoli di primaria tutela e di valore preminente rispetto all'interesse alla riaffermazione del principio di verità biologica» 13 .

Il minore ... ha infatti subito, già a causa dell'acquisita consapevolezza dell'intendimento del padre di impugnare il riconoscimento, un danno non patrimoniale consistente in ...

Tutto ciò premesso, -... rassegna le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia il tribunale, contrariis reiectis:

1) in via preliminare, dichiarare ... ;

2) in via principale, nel merito, ...

4) in accoglimento della domanda riconvenzionale, condannare la parte attrice, a titolo di risarcimento danni non patrimoniali, al pagamento della somma di Euro..., o della somma diversa, anche minore, ritenuta di giustizia. Con condanna al pagamento dei compensi ai sensi di ... con distrazione in favore del procuratore il quale si dichiara anticipatario.

In via istruttoria 14 ..._

Chiede ammettersi interrogatorio formale dell'attore sulle circostanze di fatto indicate in premessa, contraddistinte con le lettere da (a)) a (z)), precedute dalla locuzione 'Vero è che': a) ...; b) ...; c) ...

Si chiede, altresì, che venga disposta apposita C.T.U. (consulenza tecnica d'ufficio) ... al fine di ...__ (indicare il fine) 15 .

Si chiede, inoltre, di essere ammesso alla prova per testimoni sulle circostanze indicate (in premessa/in punto di fatto) ovvero sulle seguenti circostanze (formulare i capi di prova preceduti dalla locuzione 'Vero è che. ...') 16 ...

A tal fine si indicano come testimoni i Sig.ri:

1)..., residente in ...;

2) ..., residente in ...

Si deposita copia dei seguenti documenti, con riserva di ulteriori produzioni ed articolazioni di richieste istruttorie:

1) copia dell'atto di citazione notificato;

2) informativa ex art. 4 d.lgs. n. 28/2010 ed ex art. 2, comma 7, d.l. n. 132/2014;

3) ... 17

Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 e successive modificazioni, si dichiara che ladomanda riconvenzionale non muta il valore della causa (oppure: il valore della causa è variato per l'effetto della domanda riconvenzionale, divenendo pari a Euro..., non essendo comunque necessaria alcuna integrazione del contributo unificato poiché non viene superato il relativo scaglione; il valore della causa è variato per l'effetto della domanda riconvenzionale, divenendo pari a Euro... ,essendo pertanto necessaria l'integrazione del contributo unificato nella misura di Euro...,) 18.

PROCURA AD LITEM

(Se non a margine o su documento informatico separato)

[1] La competenza per territorio per le domande di disconoscimento di paternità appartiene al Tribunale Ordinario del luogo nel cui circondario abita il/la figlio/a.

[2] Il contenuto della comparsa di costituzione e di risposta è disciplinato dall'art. 167 c.p.c. Per le indicazioni da effettuare nel corpo della comparsa deve farsi riferimento all'art. 125 c.p.c. Il convenuto deve costituirsi a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, almeno settanta giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione, depositando in cancelleria il proprio fascicolo contenente la comparsa di cui all'articolo 167 con la copia della citazione notificata, la procura e i documenti che offre in comunicazione. Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come sostituito dall'art. 1, comma 380, lettera a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti" Il convenuto che intenda chiamare in causa un terzo in causa, proporre domande riconvenzionali o sollevare eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio deve, a pena di decadenza, costituirsi a mezzo del procuratore o personalmente nei casi consentiti dalla legge, almeno settanta giorni prima dell'udienza fissata nell'atto di citazione, depositando il proprio fascicolo contenente la comparsa di risposta di cui all'art. 167 c.p.c., con la copia della citazione notificata, la procura e i documenti offerti in comunicazione.

[3] «In tema di impugnativa di riconoscimento di figlio nato fuori dal matrimonio per difetto di veridicità, la Corte ha chiarito che è necessaria, a pena di nullità del relativo procedimento per violazione del principio del contraddittorio, la nomina di un curatore speciale per il minore, legittimato passivo e litisconsorte necessario, dovendosi colmare la mancanza di una espressa previsione in tal senso dell'art. 263 c.c. (anche nella formulazione successiva al d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154) mediante una interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata in quanto la posizione del minore si pone, in via generale ed astratta, in potenziale conflitto di interessi con quella dell'altro genitore legittimato passivo, non potendo stabilirsi ex ante una coincidenza ed omogeneità d'interessi in ordine né alla conservazione dello status, né alla scelta contrapposta, fondata sul favor veritatis e sulla conoscenza della propria identità e discendenza biologica, (Cass. I, n. 1957/2016)», v. Rassegna della Giurisprudenza Civile, 2016.

[4] Se il figlio non ha raggiunto la maggiore età (v. art. 2 c.c. e art. 75 c.c.), potrà stare in giudizio solo se rappresentato dalla madre (la quale potrà agire iure proprio e quale genitore esercente la potestà sul minore) o da un tutore (art.348 c.c.) ovvero in persona del curatore speciale (v. art. 321 c.c.). Come indicato nella nota precedente, nel caso di specie la giurisprudenza richiede la nomina di un curatore speciale. La parte che intende promuovere l'azione di disconoscimento può proporre ricorso per la nomina di un curatore specialeai sensidell'art. 247 c.c. presso il Tribunale competente a conoscere della causa di disconoscimento.

[5] Vds. nota n. 6

[6] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c.

[7] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c.. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis: «ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale ... il contributo unificato è aumentato della metà».

[8] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore, è sufficiente l'indicazione del numero di fax, poiché l'indirizzo PEC è un dato ormai acquisito nei rapporti con la cancelleria: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dalla l. n. 114/2014.

[9] Con le modifiche apportate dalla riforma del 2013 (v. nota precedente) legittimati passivi e litisconsorti necessari sono solo il presunto padre, la madre ed il figlio. Si sottolinea, inoltre, che l'attore deve citare anche il PM quale interventore ex lege nei giudizi in cui almeno una delle parti è un minore.

[10] La sezione dell'atto di citazione, normalmente introdotto dalle locuzioni 'premesso' o 'fatto', contiene la ricostruzione dei fatti costitutivi della domanda. L'art. 164 c.p.c. prevede che è nullo l'atto in cui risulti omessa o assolutamente incerta l'esposizione dei fatti costitutivi della domanda (art. 163 comma 3 n. 4) c.p.c.).

[11] A seconda del caso concreto prospettato con l'atto di citazione, il Sig... potrà eccepire il difetto di legittimazione attiva del Sig ..., poiché ... /l'incompetenza per territorio del giudice adito. Il tribunale civile di ... è incompetente a decidere la domanda proposta dall'attore poiché ... La competenza spetta, invece, al tribunale di ..., in quanto ... / l'omesso tentativo di mediazione preventiva / la decadenza dall'azione.

[12] Valutando il caso concreto così come esposto nell'atto di citazione si esporranno i fatti, la ricostruzione giuridica degli istituti e la giurisprudenza di riferimento.

[13] V. Tribunale di Milano IX, 23 luglio 2014.

[14] Indicazione dei mezzi istruttori di cui ci si intende valere.

[15] Il Giudice potrà disporre una eventuale CTU medico - legale E', però, necessario che la parte abbia apportato al processo almeno un principio di prova non essendo consentite consulenze meramente esplorative (v. Cass. I, n. 21988/2012, Cass. I, n. 21979/2012).

[16] Indicazione di alcune circostanze estrapolabili dalla narrativa sulle quali potrebbe esserci contestazione da parte del convenuto. La Cassazione nel 2015 ha, infatti ritenuto che è onere di chi pretende il risarcimento per il danno derivante dalla violazione degli obblighi di assistenza familiare provarne il pregiudizio subito.

[17] Le richieste istruttorie possono essere fatte anche in sede di memorie ex art. 183, II termine, c.p.c.

[18] La dichiarazione di valore è prevista dall'art. 14, comma 2, d.P.R. n. 115/2002 secondo cui 'Il valore dei processi, determinato ai sensi del codice di procedura civile, senza tener conto degli interessi, deve risultare da apposita dichiarazione resa dalla parte nelle conclusioni dell'atto introduttivo, anche nell'ipotesi di prenotazione a debito'. Ai sensi dell'art. 13, comma 6 del medesimo decreto 'Se manca la dichiarazione di cui all'articolo 14, il processo si presume del valore indicato al comma 1, lettera g)...'; si presume, cioè, che il valore del procedimento sia quello dello scaglione più elevato (i.e. superiore a 520.000,00 Euro) con obbligo di versamento del corrispondente contributo unificato'.

Commento

Danno da falso riconoscimento di paternità

Il comportamento del genitore che disconosca il figlio falsamente riconosciuto, oltre ad integrare astrattamente diverse fattispecie di reato (alterazione di stato - art. 567, comma 2, c.p., falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico - art. 483 c.p., falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri - art. 495 c.p.), può determinare una responsabilità civile extracontrattuale dell'autore in relazione al pregiudizio di tipo non patrimoniale (morale ed esistenziale) per il figlio.

La giurisprudenza di merito ha riconosciuto, nell'ambito dei danni endofamiliari, la risarcibilità del danno arrecato dal genitore al figlio a seguito del falso riconoscimento (c.d. riconoscimento per compiacenza), seguito da azione di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità.

Il riconoscimento per compiacenza, effettuato da un soggetto (il padre) nella consapevolezza della falsità della propria dichiarazione, al fine, di 'compiacere' la madre del figlio naturale, può anche nascondere un fine del tutto egoistico, come l'acquisizione di una paternità non ottenibile naturalmente al fine di aggirare l'istituto della adozione.

Il disconoscimento - che fino alla riforma della filiazione - poteva avvenire anche a distanza di moltissimi anni dal riconoscimento - è normalmente occasionato dai momenti patologici del rapporto tra i genitori.

E poiché l'art. 263 c.c. non richiede che il genitore ignorasse l'effettiva paternità, è possibile impugnare il riconoscimento anche se colui che lo ha compiuto sapeva di non essere il padre biologico. Quanto alla prescrizione dell'azione, la precedente formulazione dell'art. 263- in omaggio al principio della prevalenza del favor veritatis sullo status filiationis - non prevedeva un termine per il disconoscimento, che poteva, dunque, avvenire anche a distanza di un notevole lasso di tempo dal falso riconoscimento (vds. Cass. I, n.5886/1991, a proposito dell'irrilevanza di eventuali stati soggettivi di buona o mala fede dell'autore del riconoscimento e della previgente imprescrittibilità dell'azione di impugnazione, giustificata con la peculiare natura delle azioni di Stato, le quali incidono in materia dominata da interessi pubblici e perciò sottratta alla disponibilità dei privati).

La norma aveva suscitato dubbi di costituzionalità per contrarietà con gli artt. 2, 3, 30 e 31 Cost., sia con riferimento alla possibile impugnazione del riconoscimento da parte di chi lo aveva effettuato in malafede (ovvero nella consapevolezza della falsità dell'atto), sia con riferimento alla imprescrittibilità dell'azione (con conseguente disparità di trattamento del figlio naturale riconosciuto - il quale era sempre esposto al rischio di perdere il suo status - rispetto al figlio legittimo).

Già la l. n. 40/2004, all'art. 9 non consentiva al genitore di un figlio nato a seguito di tecniche di fecondazione eterologa di avere successivamente un ripensamento e disconoscere il figlio (il genitore pertanto assume consapevolmente gli obblighi riguardo al figlio nato per mezzo di tali tecniche, non legato al padre da alcun legame biologico).

Più di recente, l'art. 28 del d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, entrato in vigore il 7 febbraio 2014 ha introdotto al comma 3 dell'art. 263 c.c. un termine decadenziale per l'impugnazione da parte dell'autore del riconoscimento, termine di un anno dall'annotazione del riconoscimento sull'atto di nascita, o dal giorno dell'avvenuta conoscenza della propria impotenza all'epoca del concepimento prima ignorata e comunque non oltre 5 anni dall'annotazione suddetta.

La riformulazione della norma, sebbene non escluda la legittimazione in capo a chi aveva operato il riconoscimento pur nella consapevolezza della sua falsità, limita in maniera significativa l'esercizio dell'azione di impugnazione del riconoscimento (che resta imprescrittibile solo con riguardo al figlio) ponendo l'accento sul principio secondo cui la verità sulla paternità biologica non deve prevalere sul diritto del figlio alla conservazione del proprio status e della propria identità personale e sociale.

D’altra parte, l’assolutezza del principio di prevalenza dell’interesse all’accertamento della verità biologica della procreazione è stata superata anche dalla giurisprudenza di legittimità che, da tempo, ha riconosciuto come l’equazione tra “verità naturale” e “interesse del minore” non sia predicabile in termini assoluti, essendo viceversa necessario bilanciare la verità del concepimento con l’interesse concreto del figlio alla conservazione dello status acquisito (Cass. 4791/2020Cass. n.  8617/2017Cass. n. 4020/2017).

E la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha preso atto di questa evoluzione, non solo con il riconoscimento che «il dato della provenienza genetica non costituisce un imprescindibile requisito della famiglia» (Corte cost. n. 162 del 2014), ma anche con l’affermazione dell’immanenza dell’interesse del figlio, specie se minore, nell’ambito delle azioni volte alla rimozione dello status (Corte cost. n. 272 del 2017).  

Da ultimo, nel motivare il rigetto della questione di legittimità costituzionale dell’art. 263 cod. civ., sollevata dalla Corte d’Appello di Torino in riferimento all’art. 3 Cost. e alla denunciata disparità di trattamento con l’art. 9, comma 1, della legge n. 40 del 2004, la Consulta ha sottolineato come la necessità di valutare l’interesse del figlio alla conservazione della condizione identitaria acquisita, nella comparazione con altri valori costituzionalmente rilevanti, sia già contenuta nel giudizio di cui all’art. 263 cod. civ. sia immanente a esso Si tratta, infatti, di una valutazione comparativa che attiene ai presupposti per l’accoglimento della domanda proposta ai sensi dell’art. 263 cod. civ. e non alla legittimazione dell’autore del riconoscimento inveridico. Pertanto, nel caso dell’impugnazione del riconoscimento consapevolmente falso da parte del suo autore, il bilanciamento tra il concreto interesse del soggetto riconosciuto e il favore per la verità del rapporto di filiazione non può costituire il risultato di una valutazione astratta e predeterminata e non può implicare ex se il sacrificio dell’uno in nome dell’altro. L’esigenza di operare una razionale comparazione degli interessi in gioco, alla luce della concreta situazione dei soggetti coinvolti, impone al giudice di tenere conto di tutte le variabili del caso concreto, sotteso alla domanda di rimozione dello status di cui all’art. 263 cod. civ.  di tale apprezzamento giudiziale non può non far parte la stessa considerazione del diritto all’identità personale, correlato non soltanto alla verità biologica, ma anche ai legami affettivi e personali sviluppatisi all’interno della famiglia. Corte. Cost. 127/2020).  

Il danno non patrimoniale conseguente al disconoscimento è di norma quello che deriva dalla lesione della propria identità, e che si sostanzia nel disagio dovuto alla necessità di reinserirsi nel contesto sociale con un nuovo cognome, nella sofferenza legata alla repentina scoperta di una nuova realtà circa le proprie origini, alla perdita dei legami familiari consolidati, senza possibilità di crearne di nuovi (cfr. Trib. Torino, 31 marzo 1992). Tale pregiudizio è più grave quando la persona interessata, a motivo dell'età e del grado di maturazione, è in condizione di avere piena consapevolezza delle circostanze e di quanto accaduto.

Recentemente anche il Tribunale di Milano (Trib. Milano IX, 27 aprile 2016), in un procedimento instaurato prima dell'entrata in vigore della d.lgs. n. 154/2003, nel ritenere sussistente nella condotta del presunto padre che, dopo la separazione, era completamente sparito dalla vita della figlia sino ad avviare il giudizio di impugnazione del riconoscimento, il reato di cui all'art. 483 c.p., ha rilevato che la condotta va 'valutata nella sua complessiva evoluzione. La condotta generativa di un danno risarcibile non è costituita infatti solo dal falso riconoscimento, ma anche, e soprattutto, dal successivo ripensamento e quindi dalla decisione di promuovere azione di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità, e ciò senza alcuna valida ragione e a distanza di diversi anni dal falso riconoscimento'. Ne consegue che 'pur configurando l'azione ex art. 263 c.c. l'esercizio di un diritto, non può ritenersi giustificata da un apprezzabile interesse (non Jure), o, quantomeno, l'interesse perseguito dall'attore recede, nell'ambito di una valutazione comparativa, rispetto al contrapposto interesse della figlia alla conservazione della propria identità personale e del proprio status. La condotta del ... determina quindi un danno ingiusto, risarcibile secondo i consolidati principi in tema di responsabilità aquiliana, in quanto lede degli interessi meritevoli di primaria tutela e di valore preminente rispetto all'interesse alla riaffermazione del principio di verità biologica'.

La valutazione comparativa degli interessi delle parti deve compiersi avuto riguardo anche al principio di responsabilità, alla luce del quale 'non può essere assicurata maggior tutela al padre che, riconosciuto in malafede un figlio non suo, ritratti il suo atto per mero capriccio o valutazione di opportunità o per sopravvenute difficoltà nel rapporto genitoriale, rispetto alla posizione del figlio che, a causa del ripensamento paterno, vede sconvolta la propria identità e vede recisi legami familiari consolidatisi nel tempo'.

Come noto, il danno all'identità investe le due componenti fondamentali dell'individuo, che attengono alla sfera personale e a quella sociale. Il disconoscimento si ripercuote infatti sull'interessato privandolo della coscienza di sè e recidendo i legami affettivi consolidati durante una vita senza la possibilità di recuperarne altri

Il danno non patrimoniale di cui all'art. 2059 c.c. costituisce una categoria ampia, comprensiva non solo del c.d. danno morale soggettivo tipicamente inteso (e cioè della sofferenza contingente e del turbamento d'animo transeunte, determinati da fatto illecito integrante reato), ma anche di ogni ipotesi in cui si verifichi un'ingiusta lesione di un valore inerente alla persona, costituzionalmente garantito, dalla quale consegua un pregiudizio non suscettibile di valutazione economica, senza soggezione al limite derivante dalla riserva di legge correlata all'art. 185 c.p. (Cass. III, n. 4053/2009).

All'interno di tale categoria il senso della dignità personale in conformità all'opinione del gruppo sociale, secondo il particolare contesto storico, costituisce un diritto della persona costituzionalmente garantito e, pertanto, alla luce di un'interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 2043 e 2059 c.c. le conseguenze dannose prodotte dalla sua lesione sono suscettibili di risarcimento a prescindere dalla circostanza che il fatto lesivo costituisca o meno reato (Cass. III, n. 22190/2009).

I danni risarcibili, all'interno della omnicomprensiva categoria del danno non patrimoniale, possono consistere nel danno morale, biologico (qualora il malessere sia degenerato in una vera e propria patologia), esistenziale (qualora si provi che la condotta posta in essere dal padre abbia inciso sulla qualità della vita e sulle relazioni affettive e sociali del figlio).

La liquidazione di tali pregiudizi - mai in re ipsa e dunque da allegare e dimostrare anche in via presuntiva - va effettuata in via equitativa ai sensi dell'art. 1226 c.c. tenendo conto della giurisprudenza in tema di danno endofamiliare; è logico ritenere che le conseguenze lesive per il figlio siano tanto più gravi quanto più a lungo si sia protratto il falsus status e che, ai fini della prova del danno, avrà peso la rilevanza penale della condotta dello pseudo - genitore.

Come ben osservato dalla S.C., l'identità, come tutti i diritti della personalità, si rafforza e si consolida con il passare del tempo. Pertanto, maggiore è il lasso di tempo intercorso tra il riconoscimento e l'impugnazione per difetto di veridicità, maggiore sarà la lesione che ne discende al diritto all'identità personale. Proprio di questa potenzialità lesiva la l. n. 219/2012 ha finalmente preso atto, limitando l'imprescrittibilità dell'azione di riconoscimento alla sola ipotesi in cui l'azione venga proposta dallo stesso soggetto nella cui sfera giuridica si produrrà il danno, in ossequio al principio di autodeterminazione della persona. L'introduzione di un termine di decadenza per la proposizione dell'azione da parte di altri soggetti costituisce quindi applicazione del principio del neminem laedere, contribuendo al contenimento delle conseguenze dannose risarcibili.

Si ritiene tuttavia, in dottrina, che l'azione di risarcimento del danno (che sino al 2012 era normalmente proposta in via riconvenzionale avverso l'azione di disconoscimento) possa comunque essere azionata in via autonoma laddove la stessa scoperta della falsità del riconoscimento abbia determinato nel figlio tutte le conseguenze di carattere psico fisico sopra elencate.

Si è invece escluso, da parte della S.C., che l'autore del falso riconoscimento possa ottenere la compensazione della prestazione risarcitoria dovuta al danneggiato con i benefici da quest'ultimo precedentemente tratti dall'adempimento degli obblighi genitoriali. Dal riconoscimento del figlio naturale conseguono, infatti, quale logico corollario, l'assunzione della responsabilità genitoriale con tutti gli obblighi ad essa connessi e l'irripetibilità delle prestazioni che a tali obblighi hanno fatto riferimento (Cass. I, n. 13222/2015).

La responsabilità della madre per la violazione degli obblighi di correttezza e informazione

I giudici di merito si sono occupati delle azioni risarcitorie intraprese da parte di mariti e partner che soltanto tardivamente, dopo aver operato il riconoscimento del figlio nato in costanza di matrimonio, convivenza o di stabile relazione sentimentale, hanno appreso dell'errata attribuzione della loro paternità. In tali situazioni si addebita alla madre di aver taciuto al presunto padre il fatto di aver intrattenuto, nel periodo del concepimento, rapporti sessuali con una terza persona, informazione in sé sufficiente a configurare a suo carico un onere di accertamento dell'effettiva paternità sul nato.

Il percorso argomentativo che ha condotto in simili fattispecie all'affermazione della responsabilità extracontrattuale della donna prende le mosse dalla constatazione che per la configurabilità dell'illecito aquiliano omissivo non è necessaria una specifica fonte legale o negoziale dell'obbligo di tenere la condotta omessa, risultando a tal fine sufficiente anche l'instaurazione di una particolare situazione che esiga una determinata attività a tutela di un diritto altrui. Tale attività può rendersi necessaria in presenza di un rapporto di fatto con la fonte di pericolo, tale per cui è nella possibilità del soggetto diligente elidere le sue potenzialità dannose, ovvero laddove vi sia un ragionevole principio di affidamento dei terzi ingenerato da situazioni o rapporti pregressi.

Depone in tal senso la struttura aperta della clausola generale di cui all'art. 2043 c.c., incentrata sull'esigenza solidaristica di tutela del danneggiato, che consente di escludere, per l'appunto, la necessità di rinvenire un fondamento normativo o negoziale specifico a tale obbligo.

Obblighi di lealtà e di informazione, improntati a principi di buonafede, correttezza e tutela dell'affidamento(principi generali non circoscrivibili alla sola materia negoziale) connotano le relazioni tra genitori ancor prima e indipendentemente dal sorgere del vincolo matrimoniale.

Tra le coppie legate dal vincolo coniugale il dovere di fedeltà viene sempre più inteso non in termini restrittivi, quale obbligo di riservare al coniuge i rapporti sessuali, ma in un senso più ampio, e cioè quale espressione della correttezza che deve permeare i rapporti familiari e che si sostanzia in un dovere di lealtà verso l'altro. Con riferimento al tema della filiazione nell'ambito della coppia coniugata si è affermato, con parole aventi una portata generale, che «buona fede, correttezza e lealtà nei rapporti giuridici rispondono a doveri generali, non circoscritti agli atti o contratti per i quali sono richiamate da specifiche disposizioni di legge; questi doveri, nella particolare materia dei rapporti di famiglia, assumono il significato della solidarietà e del reciproco affidamento» (Cass. I, n. 2315/1999).

La violazione dei diritti fondamentali della persona conseguente a condotte connotate da gravità può configurarsi anche all'interno di una unione di fatto, che abbia ... caratteristiche di serietà e stabilità, avuto riguardo alla irrinunciabilità del nucleo essenziale di tali diritti, riconosciuti, ai sensi dell'art. 2 Cost., in tutte le formazioni sociali in cui si svolge la personalità dell'individuo (v., in tal senso, Cass. n. 4184/2012; Cass. III, n. 12278/2011).

La presenza di figli, il rapporto coi quali coinvolge - in una relazione duratura - entrambi i conviventi more uxorio, rende ancora più giustificato il sorgere del dovere del reciproco rispetto (espressione della dignità della persona) e degli obblighi di correttezza e lealtà tra conviventi (o ex conviventi) legati dal fatto di essere genitori (Trib. Bologna, 16 dicembre 2014 n. 3607). L'esigenza di protezione dei figli si riflette infatti anche sulla tutela dei componenti del nucleo familiare che siano, o stiano per diventare, genitori, in considerazione della responsabilità (per il fatto della procreazione: art. 30 Cost.) che consegue all'esercizio della libertà di autodeterminazione (sulla rilevanza costituzionale del diritto di procreare, o di diventare genitore, e sulla protezione ex art. 2 Cost., con riferimento anche agli artt. 3, 30, 31 Cost., dell'integrità della sfera personale e della libertà della persona di autodeterminarsi nella vita privata, v., sia pur in una particolare fattispecie, Corte cost., n. 332/2000).

Esaminato nella prospettiva del diritto all'identità personale e della libertà di autodeterminazione nelle scelte riguardanti la vita familiare, il diritto di essere genitore, ad assumere i doveri e la responsabilità connesse a tale qualità (ovvero, al fatto della procreazione) e a realizzare così una aspirazione profonda della persona umana (art. 8 CEDU; artt. 2 Cost. e altri, come da Corte cost., n. 332/2000), implica anche, in negativo, il diritto a non essere chiamato ad assumere quel ruolo in mancanza dei presupposti che ne sono il fondamento (il dato biologico, nel caso di specie) se di ciò non vi sia consapevolezza.

Il dovere di lealtà e correttezza nei rapporti di convivenza è uno strumento a tale fine e, pertanto, per l'integrazione dell'elemento soggettivo dell'illecito aquiliano è sufficiente la colpa, consistente nella consapevolezza della madre di avere avuto un rapporto di natura sessuale con un altro uomo, durante il periodo di concepimento, nell'omissione della doverosa informazione al partner prima che questi potesse comportarsi come se fosse il padre biologico del bambino ed effettuare il riconoscimento di paternità, nella mancata attivazione degli accertamenti utili a dissipare ogni dubbio in ordine alla paternità (Trib. Firenze, 2 febbraio 2015).

Accertata, dunque, alla stregua delle indicate coordinate, l'esistenza di un fatto fonte di responsabilità ex art. 2043 c.c., la selezione dei pregiudizi risarcibili è pur sempre filtrata dal criterio direttivo di cui all'art. 1223 c.c.: va pertanto esclusa la risarcibilità dei pregiudizi non patrimoniali dipendenti non già dall'omissione colposa delle dovute informazioni e dunque dalla lesione del diritto di autoderminazione, bensì dalla conoscenza della relazione sentimentale intrattenuta dal partner con altra persona, dalla quale ha poi avuto origine il concepimento.

La sofferenza transeunte generata dalla presa di coscienza dell'autore del riconoscimento di non essere il padre biologico della persona nei cui confronti era stato compiuto un legittimo e comprensibile 'investimento' emotivo, l'obiettiva ed irrimediabile modifica peggiorativa dell'esistenza conseguente alla perdita della relazione padre-figlio/a e alla necessità di impostare la propria quotidianità su evenienze sconvolgenti ed inattesa costituiscono, invece, l'effetto delle ripercussioni negative prodotte dalla lesione dell'identità personale e sociale, della dignità e libertà poste in una relazione di immediatezza e stringente connessione (ex art. 1223 c.c.) con il fatto illecito, alle quali occorre assicurare legittimo ristoro,

La difficoltà di dare un preciso valore monetario alla sofferenza che si ripercuote sul mondo interno della persona e sulla sua vita di relazione giustifica l'opzione dei giudici verso valutazioni equitative pure, che tengono conto del tempo trascorso dalla nascita e dal riconoscimento del figlio all'accertamento dell'errata attribuzione della paternità e dell'intensità del legame affettivo instaurato dallo pseudo genitore.

Sull'ammissibilità dell'azione risarcitoria nei riguardi della madre, è tuttavia destinata ad influire negativamente la modifica dell'art. 263 c.c. e la già vista introduzione di un breve termine decadenziale (si veda però Corte EDU, 24 novembre 2005, n. 74826, Shofman C. Russia) per l'esercizio dell'azione di impugnazione della paternità per difetto di veridicità non essendo consentito, nel nostro ordinamento, l'accertamento incidentale relativo ad una questione di stato delle persone (Cass. I, n. 3934/2012).

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