Atto di citazione con domanda di risarcimento del danno da ingiustificato allontanamento di minore dal nucleo familiare

Giovanna Nozzetti
aggiornata da Francesco Agnino

Inquadramento

La madre di una minore, ingiustamente allontanata dall'abitazione familiare in forza di un provvedimento del Sindaco del Comune di residenza adottato sulla base di una mera segnalazione dei servizi sociali comunali, rivelatasi sommaria ed infondata, agisce nei confronti del Comune per ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale sofferto dalla figlia a causa del temporaneo collocamento presso una struttura esterna.

Formula

TRIBUNALE DI... 1

ATTO DI CITAZIONE

PER

La Sig.ra ...... ( C.F. ......) 2 , nata a ... il ... ed ivi residente alla via ... n. ..., in proprio e n.q. di esercente la responsabilità genitoriale sulla figlia ..., nata a ... il ... C.F...., elett.te domiciliata in ... alla via ... presso lo studio dell' Avv. ...(C.F. ......) 3 , che la rappresenta e difende in virtù di procura 4 in calce al presente atto, e che dichiara di voler ricevere le comunicazioni di cancelleria al seguente numero di tel....fax ... e/o in alternativa al seguente indirizzo di posta certificata: ......@pec.it

PREMESSO IN FATTO 5

1.In data ... il Sindaco di..., disponeva l'allontanamento della minore..., dalla casa familiare e l'affidamento al Comune per la condotta di violenza sessuale sulla minore tenuta da...;

2.. detto provvedimento veniva adottato a seguito della segnalazione dei servizi sociali del luogo, i quali avevano richiesto l'intervento del Sindaco ex art. 403 c.c. sulla base della sola dichiarazione di...;

3.in data... la bambina veniva affidata ai servizi sociali;

4.in data..., il Tribunale per i minorenni di... svolte le opportune indagini, adottava un decreto con cui disponeva il rientro in famiglia della bambina, dando atto della circostanza che gli accertamenti condotti nei mesi in cui la bambina era stata allontanata dalla famiglia non avevano fatto emergere 'elementi compatibili con la possibile molestia sessuale perpetrata in suo danno';

5.pertanto, essendo avvenuta sulla base di segnalazioni non verificate e presupposti infondati, l'adozione del provvedimento di allontanamento dal nucleo familiare è illegittima e in quanto tale obbliga il Comune al risarcimento del danno ingiusto, derivante dalla lesione del diritto all'integrità e serenità del nucleo familiare ex art. 2,29 e 30 Cost., e consistente nel grave turbamento arrecato alla minore;

6.a seguito dell'allontanamento, infatti, ..., la minore manifestava una forte sofferenza per l'assenza dei genitori, piangeva continuamente di giorno e di notte, aveva incubi e si isolava completamente, rifiutando qualunque colloquio con psicologi e assistenti sociali e finanche il cibo.

DIRITTO

1. Sull'illegittimità del provvedimento di allontanamento

Il provvedimento di allontanamento di minori dalla propria famiglia e la loro accoglienza in strutture esterne e/o familiari è un rimedio estremo, adottato dall'autorità giudiziaria o, in casi di urgenza, dall'autorità pubblica purché si versi in casi di estrema gravità e in presenza di circostanze tipizzate dal legislatore.

L'art. 403 c.c., infatti, prevede che il potere della pubblica autorità di intervenire direttamente sull'ambiente familiare è previsto per i soli casi di abbandono morale e materiale, o comunque nei casi in cui il minore sia allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere all'educazione del minore.

Il presupposto legittimante l'adozione del provvedimento è in ogni caso la necessità di intervenire urgentemente al fine di assicurare la protezione dei minori quando un tempestivo intervento del giudice non sia possibile.

Quando, invece, la condotta del genitore consiste in violazione dei doveri inerenti alla potestà genitoriale o addirittura in abuso dei relativi poteri in pregiudizio del figlio, l'allontanamento del minore maltrattato o abusato deve essere disposto con provvedimento del giudice ai sensi degli artt. 330 e 333 c.c.

Nel caso di specie, trattandosi di una vicenda delicata e dubbia, i servizi sociali avrebbero dovuto rivolgersi al Tribunale per i minorenni di..., affinchè svolgessero le necessarie indagini.

Essi, invece, facevano affidamento sulla sola dichiarazione di..., non adeguatamente verificata e comunque effettuata da persona priva della competenza richiesta per la valutazione del caso.

Senza interessare della vicenda gli organi giudiziari competenti, il personale dei servizi sociali sollecitava il Sindaco ad adottare il provvedimento ex art. 403 c.c. di allontanamento della minore dalla famiglia.

Detto provvedimento, pertanto, risulta illegittimo e lesivo della serenità e della integrità familiare ex art. 2,29 e 30 Cost., in quanto adottato in difetto dei necessari presupposti e cioè in ragione del comportamento colposo degli operatori dei servizi sociali.

In quando dipendenti comunali, della condotta colposa degli operatori dei servizi sociali risponde il Comune ex art. 2049 c.c.

2. Sulle conseguenze dannose

A seguito dell'allontanamento illegittimo, la minore manifestava una forte sofferenza, piangeva continuamente di giorno e di notte, aveva incubi e si isolava completamente. La bambina, inoltre, fin dal suo arrivo presso la casa familiare si è rifiutata di mangiare e ha negato qualunque colloquio a psicologi e assistenti sociali.

... ha pertanto iniziato un trattamento psicoterapico in esito al quale è comunque residuata alla ......, giusta diagnosi del ... Servizio Salute Mentale dell'ASP di ..., in relazione alla quale si è determinata una riduzione dell'integrità psicofisica, stimata dal CTP dott. ... nella relazione in atti (doc. ...) nella percentuale del ....

La liquidazione del solo danno biologico permanente, pur ove effettuata in conformità alle tabelle edite dal Tribunale di Milano nella versione aggiornata all'anno ..., non sarebbe comunque integralmente satisfattiva occorrendo ristorare anche, in via necessariamente equitativa e tenendo conto delle circostanze del caso concreto quali la gravità del fatto, l'età e le condizioni soggettive e il vissuto della minore, la sofferenza morale e il turbamento dello stato d'animo (Cass. n. 208595/2015) drammaticamente avvertiti nel periodo in cui la bambina è stata privata del rassicurante contesto familiare in cui era inserita, nonché le perduranti e ormai definitive conseguenze relazionali del traumatico episodio in cui è stata incolpevolmente coinvolta.

Tutto ciò premesso l'attrice, come in epigrafe rappresentata, difesa e domiciliata

CITA

Il Comune di ...in persona del Sindaco p.t., elettivamente domiciliato per la carica presso la casa comunale di..., Piazza del..., n. ..., a comparire innanzi il Tribunale ordinario di ...., Sezione e Giudice Istruttore a designarsi ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., all'udienza del ...., ora di rito, con invito alla parte convenuta a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'articolo 166 e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'articolo 168-bis,

AVVERTE

i convenuti che:

  • la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli articoli 38 e 167 c.p.c.,
  • la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'articolo 86 c.p.c. o da leggi speciali,
  • la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato;

,per sentir accogliere le seguenti6 

CONCLUSIONI7

Voglia il Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, voglia così provvedere:

Accertare e dichiarare la responsabilità del Comune di... per l'adozione del provvedimento di allontanamento di ... e, per l'effetto, condannarlo, in persona del Sindaco pro tempore al risarcimento del danno da illegittimo allontanamento familiare da ella patito, quantificabile nella somma di euro..., ovvero nella somma diversa minore o maggiore ritenuta di giustizia, oltre rivalutazione monetaria e interessi nella misura di legge.

Con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio.

IN VIA ISTRUTTORIA

Chiede ammettersi prova testimoniale sui seguenti capitoli di prova e per i testi a fianco di ciascuno indicati:

1) «Vero che ... piangeva di giorno e di notte » - Sig. ......


2) «Vero che ... rifiutava qualunque colloquio con psicologi e assistenti sociali » - Sig. .......

3) «Vero che ... rifiutava il cibo » - Sig. .......

Si allegano:

1) provvedimento del Sindaco di...

2) decreto del Tribunale di...

3) documentazione sanitaria

4) relazione medico - legale del dott. ...

In caso di contestazione, si chiede inoltre ammettersi CTU medico - legale al fine di accertare le patologie di natura psichica da cui è affetta ... e il nesso eziologico tra i postumi e l'evento dannoso sopra descritto

Ai sensi e per gli effetti del d.P.R. n. 115/2002, si dichiara che il valore del presente procedimento è pari ad Euro ... 8

 

PROCURA AD LITEM

(se non a margine o su documento informatico separato)

[1] La competenza per valore spetta al Giudice di Pace ove la somma richiesta sia inferiore ad euro venticinquemila e la relativa domanda si propone con ricorso chiedendo la fissazione, ai sensi dell'art. 281. 4 undecies comma 2 c.p.c., con decreto emesso entro cinque giorni dalla designazione del Giudice, l'udienza di comparizione delle parti, con concessione del termine per la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione di udienza e assegnazione del termine per la costituzione dei convenuti che dovrà avvenire non oltre dieci giorni prima dell'udienza, con avvertimento che la mancata costituzione o la costituzione oltre i termini comporterà le decadenze di cui agli artt. 38,167 e 281 undecies, comma 3 e 4 c.p.c., che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'articolo 86 o da leggi speciali, e che esso convenuto, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, che in caso di mancata costituzione si procederà in sua legittima e dichiaranda contumacia. Competente per territorio è il Tribunale o il Giudice di Pace del luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio e, se questi sono sconosciuti, quello del luogo in cui il convenuto ha la dimora ai sensi dell'art. 18 c.p.c. In alternativa è competente, ai sensi dell'art. 20 c.p.c., il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l'obbligazione.

[2] Ai sensi dell'art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., nella l. 15 luglio 2011, n. 111, in tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio.

[3] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. 115/2002 modificati dall'art. 45-bis d.l. 90/2014 conv., con modif., nella l. 114/2014. L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione citata sub nota 2.

[4] La procura può essere apposta in calce o a margine della citazione (art. 83 c.p.c.). Può anche trattarsi di una procura generale alle liti, i cui estremi vanno in tal caso menzionati. In questo caso è preferibile produrre copia della procura. La procura speciale, invece, può essere apposta in calce o a margine della citazione. Nell'ipotesi di scelta di deposito telematico della citazione (art. 16-bis comma 1-bis d.l. 179/2012) occorrerà indicare la seguente dicitura: 'giusta procura allegata mediante strumenti informatici e apposta in calce al presente atto di citazione ai sensi dell'art. 83 comma 3 c.p.c.'.

[5] La sezione dell'atto di citazione, normalmente introdotto dalle locuzioni 'premesso' o 'fatto', contiene la ricostruzione dei fatti costitutivi della domanda. L'art. 164 comma c.p.c. prevede che è nullo l'atto in cui risulti omessa o assolutamente incerta l'esposizione dei fatti costitutivi della domanda (art. 163 co. 3 n. 4) c.p.c.).

[6] Tali elementi (indicazione del giorno dell'udienza di comparizione; invito a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell'udienza indicata, ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c., e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c.; l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c.) sono previsti dall'art. 164 c.p.c. a pena di nullità dell'atto di citazione.

[7]  Le conclusioni contengono il petitum della domanda, cioè il bene della vita o la prestazione richiesta al convenuto (petitum mediato), ovvero il provvedimento giudiziale richiesto al giudice (petitum immediato). L'oggetto della domanda è previsto dall'art. 164 c.p.c. a pena di nullità dell'atto di citazione. [7] L'art. 164 c.p.c. non prevede che la mancata indicazione dei mezzi di prova costituisca ipotesi di nullità dell'atto di citazione. Le richieste istruttorie, infatti, possono essere formulate anche in sede di memorie ex art. 183, II termine, c.p.c.

[8] La dichiarazione di valore è prevista dall'art. 14, comma 2, d.P.R. 115/2002 secondo cui 'Il valore dei processi, determinato ai sensi del codice di procedura civile, senza tener conto degli interessi, deve risultare da apposita dichiarazione resa dalla parte nelle conclusioni dell'atto introduttivo, anche nell'ipotesi di prenotazione a debito'. L'art. 13, comma 6 del medesimo decreto stabilisce che 'Se manca la dichiarazione di cui all'articolo 14, il processo si presume del valore indicato al comma 1, lettera g)...'; pertanto, si presume che il valore del procedimento sia quello dello scaglione più elevato (i.e. superiore a 520.000,00 Euro) con obbligo di versamento di un contributo unificato più elevato.

Commento

L'allontanamento del minore dall'ambiente familiare: una misura eccezionale

Nell'ambito della famiglia, la sottrazione legale dei figli, oltre ad essere un fenomeno gravissimo di per sé, è emblematico per le tragiche ricadute interne e sociali, cui tutti i membri della famiglia sono esposti.

In linea generale, spetta al Tribunale per i minorenni il compito di disporre misure a protezione del minore in presenza di "condotte pregiudizievoli" da parte degli esercenti la potestà genitoriale, tra le quali rientrano le violenze e gli abusi sessuali (artt. 330, 333 ss. c.c., art. 10 l. 4 maggio 1983 n. 184, modificata dalla l. 28 marzo 2001 n. 149; v. anche art. 38 disp. att. c.p.c.).

A seguito della denuncia, possono essere avviate tre distinti procedimenti giudiziari: quello penale, volto all'accertamento della commissioni di reati di natura sessuale, quello presso il Tribunale per i Minorenni, finalizzato alla protezione della vittima o, eventualmente, alla decadenza dalla responsabilità genitoriale a carico del genitore abusante; quello presso il Tribunale Civile Ordinario, se i fatti suscettibili di dar luogo all'adozione dei provvedimenti di cui agli artt. 330 e 333 c.c. emergono nel corso di un giudizio di separazione coniugale o di cessazione degli effetti civili del matrimonio. la competenza ad adottare i provvedimenti relativi alla potestà genitorialeTribunale per i minorenni. Tuttavia, nel caso in cui, al momento della instaurazione del relativo procedimento sia già pendente un giudizio di separazionedivorzioresponsabilità genitoriale restano devolute al giudice ordinario, ossia a quello del conflitto familiare. (Cass. ord., n. 7160/2016).

Secondo Trib. Milano, sent. del 18 maggio 2015, se la domanda per l'adozione dei provvedimenti sulla potestà da parte del Tribunale per i minorenni è stata proposta prima dell'inizio della causa di separazione o divorzio da parte dei genitori davanti al tribunale civile, resta ferma la competenza dell'Ufficio Minorile, per non vanificare il percorso processuale svolto. Secondo diverso orientamento, prevalente, tali ricorsi devono essere presentati comunque al Tribunale dei minorenni in caso di condotta dei genitori pregiudizievole per il figlio minore: non si può infatti parlare di una 'attrazione della competenza' del tribunale ordinario adito per la separazione o per il divorzio poiché tra i due giudizi non vi è alcuna identità delle parti (Cass., ord. n. 21633/2014; Cass., ord. n. 2833/2015).

Pervenuta in Tribunale la segnalazione si può porre la necessità di trasmettere una vera e propria denuncia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario (art. 331 c.p.p.), qualora le informazioni ricevute contengano una notizia di reato non palesemente infondata e siano state trasmesse solo al Tribunale per i Minorenni (talora avviene, infatti, che gli operatori dei servizi segnalino il caso solo al giudice civile). La trattazione della vicenda di presunto abuso sessuale inizia con una valutazione in camera di consiglio circa la necessità di procedere o meno a una diversa sistemazione del minore, eventualmente attraverso il suo allontanamento dal nucleo familiare, qualora sussistano condizioni di urgenza con provvedimento immediatamente esecutivo, se del caso senza la preventiva audizione degli esercenti la potestà, a norma degli artt. 336 ult. comma c.c., 741 c.p.c.

La legge 184/1983, come modificata nel 2001, afferma con forza un principio centrale del sistema del diritto minorile italiano e internazionale, ossia il «diritto del minore di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia (art. 1 c. a), dichiarando solennemente che il diritto in questione è assicurato senza distinzione di sesso, di etnia, di lingua, di religione e nel rispetto della identità culturale del minore e comunque non in contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento (comma 5).

E' proprio quest'affermazione di principio a consentire gli interventi necessari anche a favore delle famiglie straniere, nel rispetto dell'ordinamento dei paesi d'origine.

Anche la Convenzione ONU sui diritti dei fanciulli ratificata dalla l. 176/91 sancisce, all'art. 9, il diritto del bambino di non essere separato dai genitori salvo taluni casi, anche quando i genitori vivono separati.

Tale principio generale, pur di estrema importanza, non può essere assolutizzato ed inteso nel senso che il minore avrebbe diritto di vivere esclusivamente nella propria famiglia biologica sempre e comunque; dovrebbe essere contemperato con altro principio altrettanto importante, cioè quello del preminente, esclusivo interesse del minore a vedere assicurata la propria crescita in un'idonea famiglia.

E però, a giustificare l'allontanamento del minore dal suo ambiente familiare, non sono sufficienti generiche carenze educative, stati di difficoltà economica, abitudini di vita non ordinate, anomalie non gravi del carattere o della personalità dei genitori, che non presentino ricadute significative sull'equilibrata e sana crescita psico-fisica del minore medesimo, ma occorre che tali ricadute si verifichino, fino a minacciare, o addirittura pregiudicare il prevalente interesse del minore ad un adeguato inserimento nel contesto sociale, diventando allora doveroso attivare gli strumenti d'intervento previsti dalla stessa l. n. 184 del 1983 a tutela di quell'interesse.

L'allontanamento del minore dalla famiglia è dunque una misura che solo in alcune situazioni diventa inevitabile. Questo tipo di decisione presuppone, infatti, che, dalle dichiarazioni rese dal minore, dagli elementi conoscitivi acquisiti dai servizi sociali e da altri elementi di prova, appaia ragionevolmente probabile che egli sia stato coinvolto in attività sessuali in ambito familiare.

Nel decidere la necessità dell'allontanamento si deve tener conto della possibilità, da verificare attraverso un confronto e un coordinamento con il pubblico ministero, che, invece del minore, venga allontanato il presunto abusante (l'art. 333 c.c. prevede, tra gli interventi di limitazione della potestà genitoriale, che il Tribunale per i minorenni, in presenza di situazioni di pregiudizio, può disporre 'l'allontanamento del genitore o convivente autore del fatto), attraverso la sottoposizione a una misura cautelare (custodia in carcere, arresti domiciliari in altro luogo, divieto o obbligo di dimora).

Inoltre, a seguito della legge 4 aprile 2001 n. 154 ('Misure contro la violenza nelle relazioni familiari'), sono stati introdotti nuovi istituti, con la stessa finalità di non penalizzare ulteriormente la vittima di violenze fisiche o sessuali, optando, preferibilmente, per limitazioni della libertà personale dell'autore del fatto (allontanamento dalla casa familiare ex art. 282-bis c.p.p.)

Per effetto delle modifiche introdotte, nel codice civile, dal citato testo normativo, il Tribunale Civile Ordinario può oggi adottare 'ordini di protezione contro gli abusi familiari', in base agli artt. 342 bis e 342 ter c.p.c. qualora la condotta del coniuge o di altro convivente sia causa di grave pregiudizio all'integrità fisica o morale dell'altro coniuge o di un convivente.

La valutazione della reale urgenza determinante l'allontanamento del minore, ossia del momento in cui vi sono i presupposti oggettivi per attuare il distacco del minore dalla famiglia, è assai delicata e postula l'attento vaglio di tutti gli indizi disponibili.

Una misura così drastica e dirompente non può infatti essere adottata senza una attenta ponderazione anche in ordine al collocamento del minore (inserimento in una comunità per minori o in una casa - famiglia, affidamento eterofamiliare, collocamento presso parenti).

Nel disporre l'allontanamento del minore, inoltre, occorre limitare il più possibile il disagio ripristinando al più presto, ove ciò non rappresenti un rischio per il minore stesso, gli incontri con il genitore non abusante o altre figure parentali rassicuranti. Per quanto riguarda l'altro genitore e i parenti, è indispensabile coniugare l'esigenza di mantenere il più possibile in vita i legami familiari e quella di proteggere il minore da possibili pressioni psicologiche.

In quest'ottica, il potere del Sindaco di intervenire sull'ambiente familiare del minore ai sensi dell'art. 403 c.c. ha necessariamente carattere eccezionale, essendo previsto solo per situazioni di disagio minorile che siano palesi, evidenti o comunque di agevole e indiscutibile accertamento al fine di adottare in via immediata i provvedimenti di tutela contingibili ed urgenti.

Nel caso in cui il provvedimento in questione venga disposto su richiesta dei Servizi Sociali sulla base di un mero sospetto di molestia successivamente rilevatosi infondato, questo può comportare un grave sconvolgimento dell'esistenza del minore e del nucleo familiare, con conseguente responsabilità risarcitoria del Comune. Infatti, non disponendo l'autorità amministrativa di poteri di istruttoria sul singolo caso, nei casi dubbi è tenuta ad interessare della vicenda l'autorità giudiziaria (il Tribunale per i minorenni e il Pubblico Ministero), cui spetta il compito di procedere alle opportune indagini al fine di chiarire l'effettiva situazione del minore (Cass. III, n. 20928/2015).

Laddove l'allontanamento del minore sia determinato dall'imperizia, negligenza, superficialità, incuria del personale del Comune, e ne sia derivato un danno ai soggetti coinvolti, legittimato passivo dell'azione risarcitoria è lo stesso ente territoriale in persona del Sindaco pro tempore, il quale è tenuto a rispondere ex art. 2049 c.c. (responsabilità dei padroni e dei committenti) sulla base di una responsabilità oggettiva determinata dal comportamento colposo degli operatori dei servizi sociali, che, senza effettuare i doverosi approfondimenti, con negligenza ed incuria, abbiano provocato l'adozione provvedimento tanto severo determinando l'allontanamento del minore dalla famiglia per un consistente periodo di tempo." (Cass., n. 20928/2015).

L'illecito in tal caso non consiste nella mera adozione di un comportamento illegittimo, bensì nella responsabilità del Comune per il fatto dei suoi dipendenti, nell'esercizio delle loro specifiche incombenze. E', dunque, irrilevante la mancata impugnazione o il mancato annullamento del provvedimento ex art. 403 c.c., o ancora, la ratifica del provvedimento da parte del Tribunale per i Minorenni, poichè non il provvedimento ma i suoi presupposti - ovvero il comportamento colposo degli operatori dei Servizi Sociali per i quali il Comune è tenuto a rispondere - costituiscono la ragione della condanna.

Spetta pertanto al minore e ai componenti del nucleo familiare il risarcimento del danno non patrimoniale (biologico - in presenza di un nocumento alla salute clinicamente accertabile, morale o esistenziale -relazionale) di cui sia allegata e provata l'esistenza e che risulti conseguenza dell'ingiusto allontanamento e della lesione della serenità familiare che ne è derivata.

La giurisprudenza della CEDU sull'art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo

Con la sentenza pubblicata il 13 ottobre 2015 (CAUSA S.H. c. ITALIA- ricorso n. 52557/14) la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha nuovamente condannato lo Stato italiano (come già era avvenuto nella causa Zhou c. Italia n. 33773/11, §§ 24-26, 21 gennaio 2014) in una tragica vicenda che, in seguito all'allontanamento coattivo di tre fratellini dalla casa familiare e alla dichiarazione di adottabilità emessa dal tribunale per i minorenni e confermata dai giudici di appello, in assenza di una condizione di abbandono, aveva prodotto la totale disgregazione del nucleo familiare d'origine (i tre minori erano stati infatti dati in affidamento a tre famiglie diverse con conseguente rottura anche del legame tra fratelli e sorelle).

Secondo la Corte, la dichiarazione di adottabilità del minore costituisce un'ingerenza nell'esercizio del diritto del genitore al rispetto della sua vita familiare; 'tale ingerenza è compatibile con l'art. 8 soltanto se soddisfa le condizioni cumulative di essere prevista dalla legge, di perseguire uno scopo legittimo e di essere necessaria in una società democratica. La nozione di necessità implica che l'ingerenza si basi su un bisogno sociale imperioso e che sia in particolare proporzionata al legittimo scopo perseguito'.

Peraltro, al di là della protezione contro le ingerenze arbitrarie, l'art. 8 CEDU (rispetto della vita privata e familiare) pone a carico dello Stato degli obblighi positivi inerenti al rispetto effettivo della vita famigliare. In tal modo, laddove è accertata l'esistenza di un legame famigliare, lo Stato deve in linea di principio agire in modo tale da permettere a tale legame di svilupparsi (si veda Olsson c. Svezia (n. 2), 27 novembre 1992, § 90, serie A n. 250; Neulinger e Shuruk c. Svizzera [GC], n. 41615/07, § 140, CEDU 2010; Pontes c. Portogallo, sopra citata, § 75). Si deve avere riguardo al giusto equilibrio da garantire tra i vari interessi coesistenti, tenendo conto tuttavia che l'interesse superiore del minore deve costituire il profilo determinante che, a seconda della sua natura e gravità, può prevalere su quello del genitore (Sahin c. Germania [GC], n. 30943/96, § 66, CEDU 2003-VIII; Kearns c. Francia, n. 35991/04, § 79, 10 gennaio 2008; Akinnibosun c. Italia, § 60).

In particolare, la Corte esige che le misure che conducono alla rottura dei legami tra un minore e la sua famiglia siano applicate solo in circostanze eccezionali, ossia solo nei casi in cui i genitori si siano dimostrati particolarmente indegni (Clemeno e altri c. Italia, n. 19537/03, § 60, 21 ottobre 2008), o quando siano giustificate da un'esigenza primaria che riguarda l'interesse superiore del minore (si vedano Johansen, sopra citata, § 84; P., C. e S. c. Regno Unito, n. 56547/00, § 118, CEDU 2002 VI) e che, tuttavia, un tale approccio può essere scartato a causa della natura della relazione genitore-figlio quando il legame è molto limitato (Söderbäck c. Svezia, 28 ottobre 1998, §§ 30-34, Recueil 1998 VII).

Nell'interpretazione offertane dalla Corte, l'articolo 8 implica il diritto per un genitore di ottenere misure idonee a riunirlo al figlio e l'obbligo per le autorità nazionali di adottarle(si vedano, ad esempio, Eriksson c. Svezia, 22 giugno 1989, § 71, serie A n. 156, e Margareta e Roger Andersson c. Svezia, 25 febbraio 1992, § 91, serie A n. 226-A; P.F. c. Polonia, n. 2210/12, § 55, 16 settembre 2014). In questo tipo di cause, l'adeguatezza di una misura si valuta a seconda della rapidità della sua attuazione, in quanto lo scorrere del tempo può avere conseguenze irrimediabili sui rapporti tra il minore e il genitore che non vive con lui (Maumousseau e Washington c. Francia, n. 39388/05, § 83, 6 dicembre 2007; Zhou c. Italia, sopra citata, § 48; Akinnibosun c. Italia, sopra citata, § 63).

Diventa allora decisivo accertare se, prima di sopprimere il legale familiare, le autorità nazionali competenti abbiano sperimentato tutte le misure necessarie ed appropriate ragionevolmente esigibili affinchè il minore potesse condurre una normale vita familiare all'interno del proprio nucleo d'origine.

Nel caso deciso dalla Corte con la sentenza del 13 ottobre 2015, si è ritenuto che la decisione di interrompere immediatamente e definitivamente il legame materno fosse stata presa molto rapidamente, senza un'attenta analisi dell'incidenza della misura di adozione sulle persone interessate e nonostante le disposizioni di legge secondo le quali la dichiarazione di adottabilità deve rimanere l'extrema ratio.

In altri termini, le autorità italiane, prevedendo come unica soluzione la rottura del legame familiare, benché nella fattispecie fossero praticabili altre soluzioni al fine di salvaguardare sia l'interesse dei minori che il legame familiare (come il progetto di sostegno familiare suggerito dal perito nominato), non si erano adoperate in maniera adeguata e sufficiente per fare rispettare il diritto della madre di vivere con i figli, e di conseguenza avevano violato il diritto di quest'ultima al rispetto della vita famigliare, sancito dall'articolo 8 della Convenzione. Ed invero, il fatto che un minore possa essere accolto in un contesto più favorevole alla sua educazione non può di per sé giustificare che egli venga sottratto alle cure dei suoi genitori biologici; una tale ingerenza nel diritto dei genitori di godere di una vita familiare con il loro figlio, deve rivelarsi 'necessaria' a causa di altre circostanze (Akinnibouson c. Italia, citata, § 75).

Il ruolo di protezione sociale svolto dalle autorità è quello di aiutare le persone in difficoltà, di guidarle nelle loro azioni e di consigliarle, tra l'altro, sui mezzi per superare i loro problemi. Nel caso di persone vulnerabili, le autorità devono dar prova di particolare attenzione e devono assicurare loro una maggior tutela.

Accertata la violazione della Convenzione, la Corte ha accordato alla madre dei minori la somma di Euro 32.000,00 in riparazione del danno morale patito (a fronte della richiesta di Euro 300.000,00), a carico dello Stato Italiano.

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