Opposizione a decreto ingiuntivo in presenza di un abuso del diritto

Andrea Penta
aggiornata da Francesco Agnino

Inquadramento

Una delle principali applicazioni dell'abuso del diritto è stata dalla giurisprudenza rinvenuta nel contratto autonomo di garanzia. Se il creditore esercita il diritto di garanzia quando non sussiste il credito, viola il limite all'esercizio del diritto derivante dalla buona fede.

Nella fattispecie il garante, destinatario della notifica di un decreto ingiuntivo, propone opposizione, avendo appreso che il debitore principale aveva già estinto il debito, e si avvale del rimedio dell'exceptio doli al fine di paralizzare la pretesa abusiva del creditore.

Formula

TRIBUNALE DI .... [1]

ATTO DI CITAZIONE [2] IN OPPOSIZIONE A DECRETO INGIUNTIVO

Per ...., nato a ...., il ...., C.F ...., residente in .... alla via .... n. ...., rappresentato e difeso dall'Avv ...., C.F .... [3] ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in .... alla via .... n ...., giusta procura in calce al presente atto [4]. L'Avv. .... dichiara di voler ricevere le comunicazioni al numero fax .... [5] e all'indirizzo di posta elettronica certificata .... [6] già comunicato al Consiglio dell'ordine ....

-opponente-

CONTRO

il Sig. ...., nato a .... il .... C.F .... residente in .... alla via .... n .... rappresentato e difeso dall'Avv ....

-opposto-

PREMESSO CHE:

1. Con ricorso per decreto ingiuntivo depositato in data ...., il Sig. .... adiva l'intestato Tribunale al fine di ottenere l'ingiunzione di condanna nei confronti di ....al pagamento della somma di Euro ....;

2. A tal fine il ricorrente esponeva di aver stipulato con .... [7] contratto autonomo di garanzia, in forza del quale il medesimo si era impegnato a pagare tutto quanto dovuto da .... [8], “a semplice richiesta scritta e senza eccezioni”;

3. La domanda monitoria di .... veniva accolta dal Tribunale adito con decreto ingiuntivo n .... del ...., notificato all'odierno opponente in data ....;

4. La pretesa creditoria nei confronti dell'odierno opponente, tuttavia, appare illegittima e arbitraria, avendo il debitore già adempiuto alla propria obbligazione.

5. Con il presente atto, ...., come in epigrafe rappresentato e difeso, propone opposizione ex art. 645 c.p.c. avverso il d.i. n ....R.G.N ...., di cui chiede la revoca per i seguenti motivi di

DIRITTO

1. Sull'abusività della pretesa creditoria

Il contratto autonomo di garanzia è un contratto innominato in forza del quale un soggetto si obbliga ad eseguire la prestazione dovuta da un terzo a prima richiesta, rinunciando cioè ad opporre al creditore tutte le eccezioni relative al rapporto garantito.

Con il menzionato contratto, pertanto, si realizza un'ipotesi di astrazione sostanziale dal rapporto garantito, perché il garante non assume un'obbligazione accessoria, ma un'obbligazione del tutto autonoma rispetto a quella principale.

Ed invero, “la caratteristica fondamentale che distingue il contratto autonomo di garanzia dalla fideiussione è l'assenza dell'elemento dell'accessorietà, insito nel fatto che viene esclusa la facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni che spettano al debitore principale, in deroga alla regola essenziale della fideiussione, posta dall'art. 1945 c.c.” (Cass. III, n. 15108/2013).

Così delineato, il contratto autonomo di garanzia si presta, in virtù dell'autonomia del rapporto garantito, a condotte abusive del creditore.

Nel nostro ordinamento manca un fondamento normativo cui ricondurre tutte le tipologie di abuso del diritto, circostanza del resto spiegabile alla luce dell'eterogeneità delle fattispecie di abuso in concreto realizzabili, di tal che si deve piuttosto alla giurisprudenza l'individuazione dei requisiti essenziali dell'istituto.

In particolare, la Corte di cassazione ha ritenuto che, affinché una condotta configuri esercizio abusivo del diritto, è necessario che: a) vi sia titolarità del diritto da esercitarsi; b) tale diritto si presti a modalità e funzioni non predeterminate di esercizio; c) il diritto, pur muovendosi all'interno della cornice formale prevista dalla legge, sia esercitato secondo modalità censurabili da un punto di vista giuridico o extragiuridico; d) per effetto delle modalità di esercizio, si sia manifestata una sproporzione tra il beneficio del titolare del diritto e l'alterazione della situazione giuridica che subisce la controparte (Cass. III, n. 20106/2009).

Pertanto, ogni qual volta l'esercizio di un diritto avvenga con le suddette caratteristiche, si realizza una condotta abusiva sanzionata dall'ordinamento.

Poiché il garante non può sollevare eccezioni relative al rapporto sottostante, ben può il creditore abusare del proprio diritto di credito e chiedergli l'adempimento anche quando non ne ricorrano i presupposti.

Nel caso di specie, .... realizza certamente un abuso del diritto di credito, in quanto, pur essendo intervenuto l'adempimento da parte del debitore, egli agisce in giudizio per ottenere il pagamento della somma anche da parte del garante, il quale non può, ripetersi, normalmente opporre eccezioni relative al rapporto sottostante.

In siffatte ipotesi, al fine di tutelare il garante autonomo da possibili abusi del creditore, la giurisprudenza ha introdotto il rimedio dell'exceptio doli generalis, volto, appunto, a paralizzare la pretesa abusiva del creditore.

Se il creditore realizza un comportamento sleale o di mala fede nell'attivare l'azione giudiziaria, il garante può così paralizzare l'efficacia del contratto autonomo di garanzia ed ottenere il rigetto della domanda giudiziale su di esso fondata.

In particolare, attraverso l'eccezione di dolo generale, il garante preclude “l'esercizio fraudolento o sleale dei diritti di volta in volta attribuiti dall'ordinamento, paralizzando l'efficacia dell'atto che ne costituisce la fonte o giustificando il rigetto della domanda giudiziale fondata sul medesimo, ogni qual volta l'attore abbia sottaciuto situazioni sopravvenute al contratto ed aventi forza modificativa o estintiva del diritto, ovvero abbia avanzato richieste di pagamento prima facie abusive o fraudolente, o ancora abbia contravvenuto al divieto di venire contra factum proprium” (Cass. III, n. 5273/2007; Cass. III, n. 16213/2015).

Alla luce di tutto quanto sopra, pertanto, l'odierno esponente solleva eccezione di dolo generale, chiedendo la revoca del d.i. opposto, in quanto illegittimo e fondato su un'abusiva pretesa creditoria dell'opposto il quale, avendo il debitore già adempiuto, sottace una circostanza estintiva del proprio diritto.

Per gli esposti motivi ...., come in epigrafe rappresentato e difeso,

CITA

il Sig. ...., (C.F. ....), residente in .... via .... n. .... [9], a comparire innanzi al Tribunale di ...., nell'udienza del ...., ora di rito, dinanzi al Giudice Istruttore che sarà designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., con l'invito a costituirsi nel termine di almeno venti giorni prima della suddetta udienza ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c., con l'avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui agli artt. 167 e 38 c.p.c.[10] e che, in difetto di costituzione, si procederà in sua contumacia, per sentir accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia il Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza ed eccezione:

1) accertare e dichiarare la nullità ed illegittimità dell'opposto decreto ingiuntivo n ..../....;

2) per l'effetto, revocare il citato decreto ingiuntivo;

3) condannare l'opposta al rimborso delle spese e degli accessori.

Si offrono in comunicazione, mediante deposito in cancelleria:

— d.i. n ....notificato in data ....;

— copia quietanza di pagamento rilasciata in favore del debitore

Ci si riserva di articolare i mezzi istruttori nei modi e nei termini di legge, anche in considerazione dell'avversa condotta processuale [11].

Ai sensi dell'art. 14, comma 2, d.P.R. n. 115/2002 si dichiara che il valore del presente procedimento è di Euro .... [12]

Luogo e data ....

Firma Avv. ....

PROCURA AD LITEM

Nella qualità, conferisco il potere di rappresentanza e difesa, in ogni fase, stato e grado del giudizio ed atti inerenti, conseguenti e successivi, ivi compresa l'eventuale fase esecutiva ed il giudizio di opposizione, all'Avv. ...., ivi compreso il potere di proporre domande riconvenzionali, chiedere provvedimenti cautelari, chiamare terzi in causa, farsi sostituire, transigere, conciliare, abbandonare il giudizio e rilasciare quietanze.

L'autorizzo, ai sensi dell'art. 13 d.l. n. 196/2003, ad utilizzare i dati personali per la difesa dei miei diritti e per il perseguimento delle finalità di cui al mandato, nonché a comunicare ai Colleghi i dati con l'obbligo di rispettare il segreto professionale e di diffonderli esclusivamente nei limiti strettamente pertinenti all'incarico conferitoLe.

Ratifico sin d'ora il Suo operato e quello di eventuali Suoi sostituti.

Eleggo domicilio presso il Suo studio in ....(indicare la città),via ....n ....

Dichiaro di essere stato informato ai sensi dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto, come da specifico atto separato.

Luogo e data ....

Firma ....

La firma è autentica ed è stata apposta in mia presenza

Firma Avv. ....

La riforma del codice di procedura ha riguardato solo marginalmente il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo: con il d. lgs. 149/2022 si è intervenuti unicamente sulla mediazione (prevedendo all'art. 7 di introdurre l'art. 5 bis al decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28), sostanzialmente prevedendo di onerare il creditore opposto di procedere alla mediazione obbligatoria. Rispetto al passato quest'ultimo passaggio è dal 30 giugno 2023 condizione di procedibilità della fase di opposizione stessa e può essere svolta solo dopo che il giudice ha deciso sulla provvisoria esecuzione del decreto stesso. Ai sensi dell'art. 645 c.p.c., l'opposizione si propone davanti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo.

[2] Sempre ai sensi dell'art. 645 c.p.c. l'opposizione a decreto ingiuntivo si propone con atto di citazione, notificato al ricorrente nei luoghi di cui all'art. 638 c.p.c.

[3] L'indicazione del C.F. dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c.

[4] La procura può essere apposta in calce o a margine del ricorso (art. 83 c.p.c.). Può anche trattarsi di una procura generale alle liti, i cui estremi vanno in tal caso menzionati. In questo caso è preferibile produrre copia della procura.

[5] L'art. 125 c.p.c. prevede che il difensore deve indicare in epigrafe il numero di fax. L'omessa indicazione, come previsto dalla legge n. 111/2011, modificata dalla legge n. 114/2014, comporta l'aumento del contributo unificato della metà.

[6] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002 modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., nella legge n. 114/2014.

[7] Indicare il nome dell'opponente -garante.

[8] Indicare il nome del debitore principale.

[9] L'indicazione delle generalità dei convenuti (nome, cognome, codice fiscale, residenza o domicilio o, in caso di persona giuridica, denominazione o ditta, con l'indicazione dell'organo o ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio) è richiesta dall'art. 163 n. 2 c.p.c. e prevista, dall'art. 164 c.p.c. a pena di nullità.

[10] Tali elementi (indicazione del giorno dell'udienza di comparizione; invito a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell'udienza indicata, ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c., e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c.; l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c.) sono previsti dall'art. 164 c.p.c. a pena di nullità dell'atto di citazione.

[11] L'art. 164 c.p.c. non prevede che la mancata indicazione dei mezzi di prova costituisca ipotesi di nullità dell'atto di citazione. Le richieste istruttorie, infatti, possono essere formulate anche in sede di memorie ex art. 183, comma 6, n. 2), c.p.c.

[12] La dichiarazione di valore è prevista dall'art. 14, comma 2, d.P.R. n. 115/2002 secondo cui “Il valore dei processi, determinato ai sensi del codice di procedura civile, senza tener conto degli interessi, deve risultare da apposita dichiarazione resa dalla parte nelle conclusioni dell'atto introduttivo, anche nell'ipotesi di prenotazione a debito”. Orbene, l'art. 13, comma 6 del medesimo decreto prevede la conseguenza dell'omissione della predetta dichiarazione di valore, affermando che “Se manca la dichiarazione di cui all'articolo 14, il processo si presume del valore indicato al comma 1, lettera g)...”; pertanto, si presume che il valore del procedimento sia quello dello scaglione più elevato (i.e. superiore a 520.000,00 Euro) con obbligo di versamento di un contributo unificato più elevato.

Commento

Gli elementi costitutivi dell'abuso del diritto

Gli elementi costitutivi dell'abuso sono tre: 1) la titolarità di un diritto soggettivo, con possibilità di un suo utilizzo secondo una pluralità di modalità non rigidamente predeterminate; 2) l'esercizio concreto del diritto in modo rispettoso della cornice attributiva, ma censurabile rispetto ad un criterio di valutazione giuridico od extragiuridico; 3) la verificazione, a causa di tale modalità di utilizzo, di una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare ed il sacrificio cui è costretta la controparte. Di conseguenza, l'abuso del diritto, lungi dal presupporre una violazione in senso formale del diritto, comporta l'utilizzazione alterata dello schema formale del diritto, finalizzata al conseguimento di obiettivi ulteriori e diversi rispetto a quelli indicati dal legislatore.

Pur se il codice civile non contiene una previsione generale di divieto di esercizio del diritto in modo abusivo, ma solo specifiche disposizioni in cui viene sanzionato l'abuso con riferimento all'esercizio di determinate posizioni soggettive, da tali singole ipotesi può enuclearsi un principio generale di divieto di esercizio del diritto in modo abusivo. Si ha abuso del diritto in tutti quei casi in cui si verifica un'alterazione della funzione obbiettiva dell'atto rispetto al potere di autonomia che lo configura, o perché si registra un'alterazione del fattore causale, o perché si realizza una condotta contraria alla buona fede ovvero comunque lesiva della buona fede altrui. Il diritto soggettivo cessa di ricevere tutela laddove sia esercitato per finalità che eccedano i limiti stabiliti dalla legge.

In particolare, in materia di obbligazioni, l'obbligo di buona fede oggettiva o correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale, oramai pacificamente costituzionalizzato. I principi della buona fede oggettiva (art. 1375 c.c.) e dell'abuso del diritto, pertanto, debbono essere selezionati e rivisitati alla luce dei principi costituzionali e della stessa qualificazione dei diritti soggettivi assoluti; essi si integrano a vicenda, costituendo la buona fede un canone generale cui ancorare la condotta delle parti (anche di un rapporto privatistico), mentre l'abuso prospetta la necessità di una correlazione tra i poteri riferiti e lo scopo per i quali essi sono conferiti. Qualora la finalità perseguita non sia quella consentita dall'ordinamento, si avrà abuso (Trib. Milano I, n. 14330/2014). In tema di esecuzione del contratto, la buona fede si atteggia come impegno di cooperazione od obbligo di solidarietà, imponendo a ciascun contraente di tenere quei comportamenti che, a prescindere da specifici obblighi contrattuali o dal dovere extracontrattuale del principio del neminem laedere, sono idonei a preservare gli interessi della controparte, senza peraltro che ciò possa rappresentare un apprezzabile sacrificio per chi li pone in essere: in sostanza, il principio sancito dall'art. 1375 c.c. ha la portata di ampliare ovvero di restringere gli obblighi letteralmente assunti con il contratto, nei casi e nella misura in cui farli valere nel loro tenore letterale contrasterebbe con detto principio, senza peraltro che possa essere impedito di avvalersi di tutti gli strumenti apprestati dall'ordinamento per porre rimedio all'inadempimento di controparte ed al pregiudizio che ne deriva. L'obbligo di buona fede nell'esecuzione del contratto non ha allora un contenuto prestabilito, e quindi anche la mera inerzia può costituirne inadempimento, poiché l'osservanza del dovere di correttezza si pone nel sistema come limite interno di ogni situazione giuridica contrattuale soggettiva, per evitare che l'ossequio alla legalità formale si traduca in un sacrificio della giustizia sostanziale che scade nell'abuso del diritto (Trib. Reggio Emilia, 21 febbraio 2013, n. 358).

L'abuso del diritto non è ravvisabile nel solo fatto che una parte del contratto abbia tenuto una condotta non idonea a salvaguardare gli interessi dell'altra, quando tale condotta persegua un risultato lecito attraverso mezzi legittimi, essendo, invece, configurabile allorché il titolare di un diritto soggettivo, pur in assenza di divieti formali, lo eserciti con modalità non necessarie ed irrispettose del dovere di correttezza e buona fede, causando uno sproporzionato ed ingiustificato sacrificio della controparte contrattuale, ed al fine di conseguire risultati diversi ed ulteriori rispetto a quelli per i quali quei poteri o facoltà sono attribuiti. Ne consegue, pertanto, che, ad esempio, nel contratto di agenzia, l'abuso del diritto è da escludere, allorché il recesso non motivato dal contratto sia consentito dalla legge, la sua comunicazione sia avvenuta secondo buona fede e correttezza e l'avviso ai clienti si prospetti come doveroso (Cass. sez. lav., n. 10568/2013).

L'abuso del diritto in ambito processuale

Nell'ipotesi in cui risulti accertata l'inesistenza del diritto per cui è stata iscritta ipoteca giudiziale e la normale prudenza del creditore nel procedere all'iscrizione dell'ipoteca giudiziale, è configurabile in capo al suddetto creditore la responsabilità ex art. 96, comma 2, c.p.c., quando non ha usato la nomale diligenza nell'iscrivere ipoteca sui beni per un valore proporzionato rispetto al credito garantito, secondo i parametri individuati nella legge (artt. 2875 e 2876 c.c.), così ponendo in essere, mediante l'eccedenza del valore dei beni rispetto alla cautela, un abuso del diritto della garanzia patrimoniale in danno del debitore (Cass. III, n. 6533/2016).

Viola il principio di buona fede e correttezza di cui all'art. 1175 c.c., nonché il dovere di lealtà processuale di cui agli artt. 88 e 92 comma 1 c.p.c., il creditore che, nonostante specifiche circostanze - quali la solvibilità del debitore - consiglino di attendere l'adempimento, proceda al compimento di attività funzionali all'esercizio della pretesa esecutiva (Trib. Napoli 7 gennaio 2014, in una fattispecie in cui non vi era ragione alcuna per il creditore, a fronte della intimazione del pagamento della somma di Euro 236,40, di temere che Telecom Italia s.p.a., società notoriamente dotata di una notevole liquidità, e che aveva inviato una nota con la quale specificava di aver dato corso alle procedure per il pagamento, non avrebbe soddisfatto la sua pretesa, ha ritenuto che il comportamento del creditore - il quale, ciò nonostante, aveva instaurato una procedura esecutiva - integrasse un abuso del diritto e che le spese della procedura espropriativa non fossero dovute, nonché ha liquidato equitativamente la somma dovuta per la lite temeraria ex art. 96 comma 3 c.p.c. in complessivi Euro 200, pari alle spese di soccombenza già determinate ai sensi dell'art. 91 comma 1 c.p.c.; il tribunale, ritenendo che ricorresse una ipotesi di mala fede, posto che la procedura esecutiva senza attendere il preannunciato pagamento aveva l'evidente scopo di lucrare sulle relative spese, ha precisato che la predetta liquidazione si rendeva necessaria affinché la misura avesse un effetto deterrente e persuasivo rispetto al contenzioso instaurato temerariamente ed un contenuto afflittivo non meramente simbolico, assolvendo così alla sua funzione di danno punitivo, vale a dire di sanzione che non si limita a ristorare la parte vittoriosa dal pregiudizio subito per essere stata coinvolta in un processo ingiusto, perché per tale ultimo scopo sarebbe sufficiente la previsione di cui all'art. 96, comma 1, c.p.c.).

La richiesta delle spese relative ad un precetto precedente rende illegittimo non già l'intero precetto in rinnovazione, ma solo la parte di tale precetto relativa a tali spese; infatti, la rinnovazione del precetto non costituisce affatto, a differenza del frazionamento di un credito unitario, abuso del diritto di agire esecutivamente, proprio perché al creditore spetta il diritto di proseguire il processo esecutivo fintantoché il debitore esecutato non abbia pagato per intero l'importo dovuto, in forza del titolo esecutivo posto a base dell'esecuzione; e, pertanto, detta rinnovazione del precetto configura senza dubbio un'attività legittima, purché non comporti un ingiustificato incremento delle spese precettate, con la richiesta di quelle dei precedenti; se la somma portata nel precetto risulta eccessiva, ciò non travolge l'atto per intero, ma ne determina la nullità parziale o inefficacia parziale per la somma eccedente, e l'intimazione rimane valida per la somma effettivamente dovuta (Trib. Reggio Emilia, 26 maggio 2014).

Non configura condotta abusiva la successiva instaurazione tra le stesse parti, ad istanza di chi sia stato preventivamente convenuto in un giudizio, ancora pendente, dalla medesima controparte, di una ulteriore controversia, innanzi ad un ufficio giudiziario territorialmente diverso, tesa all'accertamento negativo della propria responsabilità, oggetto, invece, di richiesta di opposta declaratoria (sotto il profilo contrattuale, precontrattuale ed extracontrattuale) con contestuale domanda risarcitoria nel primo procedimento, mancando un'apprezzabile individuazione dell'elemento essenziale di un tale prospettato abuso. Invero, la proposizione del secondo giudizio innanzi ad altro tribunale, e lo spostamento ivi del primo per ragioni di continenza, non producono, in danno degli originari attori in quest'ultimo, pregiudizi evidenti, neppure la lamentata duplicazione dei costi, né l'asserita inutilità del predetto accertamento negativo è sufficiente ad affermare il carattere abusivo della descritta seconda azione, considerata, peraltro, la proposizione, ad opera dei convenuti nel primo giudizio (attori in quello successivo), di analoga domanda in via riconvenzionale subordinata (Cass. VI, n. 8170/2013).

L'abuso del diritto in ambito sostanziale

Tenuto conto che, ai sensi dell'art. 833 c.c., integra atto emulativo esclusivamente quello che sia obiettivamente privo di alcuna utilità per il proprietario ma dannoso per altri, è legittima e non configura abuso del diritto la pretesa del condomino al rispristino dell'impianto di riscaldamento centralizzato soppresso dall'assemblea dei condomini con delibera dichiarata illegittima, essendo irrilevanti sia l'onerosità per gli altri condomini, nel frattempo dotatisi di impianti autonomi unifamiliari, delle opere necessarie a tale ripristino sia l'eventuale possibilità per il condomino di ottenere eventualmente, a titolo di risarcimento del danno, il ristoro del costo necessario alla realizzazione di un impianto di riscaldamento autonomo (Cass. II, n. 1209/2016).

L'elemento caratterizzante il contratto autonomo di garanzia, avente natura atipica, è rappresentato dall'impegno assunto dal garante a pagare illico et immediate, deprivato della facoltà di opporre al creditore beneficiario le eccezioni relative ai rapporti di valuta e di provvista, in deroga agli artt. 1936, 1941, 1945, c.c., caratterizzanti, invece la garanzia fideiussoria. L'elisione, quindi, del vincolo di accessorietà e la scissione del rapporto di garanzia da quello di valuta determinano un mutamento genetico della causa concreta del negozio autonomo di garanzia rispetto a quella tipica della fideiussione, da individuarsi in una funzione di tipo cauzionale, consistente nell'assicurare la soddisfazione dell'interesse economico del beneficiario compromesso dall'inadempimento del debitore principale, interesse meritevole di tutela ex art. 1322, comma 2, c.c. I limiti di operatività del contratto autonomo di garanzia sono costituiti soltanto, quindi, dalla illiceità della causa del rapporto di valuta e dall'abuso del diritto da parte del beneficiario: la c.d. exceptio doli generalis seu presentis, oltre che dalle vicende attinenti direttamente il rapporto garante-beneficiario (Trib. Prato 6 maggio 2013).

In ambito locatizio, è nullo il patto, contenuto nelle locazioni ad uso abitativo, avente ad oggetto un canone maggiore dell'importo indicato nel contratto scritto e registrato, siccome integrante gli estremi di un abuso del diritto (Cass. III, n. 37/2014).

Infine, l'art. 3 della direttiva 98/5/Ce deve essere interpretato nel senso di non ostare a che il cittadino di uno Stato membro si rechi in un altro Stato membro al fine di acquisirvi la qualifica professionale di avvocato e, a seguito del superamento di esami universitari, faccia ritorno nello Stato di cui è cittadino per esercitarvi la professione forense con il titolo professionale ottenuto nello Stato membro in cui tale qualifica è stata acquisita; un siffatto comportamento non costituisce abuso di diritto dell'Unione europea (CGUE, grande sezione, 17 luglio 2014, n. 58).

Nel settore societario

In tema di reiterazione di istanze per concordato preventivo, si può integrare la fattispecie dell'abuso del diritto, intesa quale “utilizzazione alterata dello schema formale giuridico destinata al perseguimento di finalità diverse rispetto a quelle indicate dal legislatore”, e cercando di valutare se il debitore e i creditori tentino di lucrare dagli strumenti dell'ordinamento giuridico effetti che eccedano dallo schema legale utilizzato. Quindi, anche se in linea teorica non si possa precludere all'imprenditore in stato di crisi di reiterare la domanda concordataria al fine di sottoporre ai creditori una nuova soluzione della situazione che superi i profili di inammissibilità che viziavano una sua precedente proposta o il mancato gradimento dei creditori espresso tramite un voto negativo, è evidente, però, che un utilizzo abusivo dello strumento concordatario consentirebbe al debitore (soprattutto se le domande si susseguissero senza soluzione di continuità) di godere reiteratamente degli effetti prenotativi della presentazione del ricorso ex art. 168 l.fall. e, nel contempo, di bloccare ad libitum le iniziative per la dichiarazione di fallimento presentate dal p.m. o dai creditori. Il contemperamento di queste due esigenze deve essere perciò trovato verificando se la nuova proposta concordataria abbia come unico effettivo intento quello di procrastinare indebitamente l'esame della domanda di fallimento tramite l'abuso dello strumento concordatario ovvero corrisponde a un effettivo interesse ad agire dell'imprenditore al fine di sottoporre di nuovo al consesso dei creditori una domanda con carattere di originalità (Trib. Forlì, 15 marzo 2013, n. 18). A maggior ragione, il ricorso da parte del debitore allo strumento del concordato con riserva, dopo aver già presentato una domanda di concordato, può configurare in astratto un utilizzo abusivo delle facoltà normativamente riconosciute; tuttavia, deve escludersi che si realizzi tale ipotesi quando non risulti che la condotta della debitrice abbia arrecato alcun pregiudizio al creditore procedente, il quale abbia anzi reclamato la sentenza dichiarativa di fallimento. In assenza di tale pregiudizio, la rinuncia alla domanda di concordato già presentata ma non ancora decisa (facoltà riconosciuta dall'ordinamento), unitamente alla presentazione, in forza della nuova normativa, di una domanda di concordato con riserva non può dunque, di per sé, ricondursi alla fattispecie dell'abuso del diritto (App. Milano 21 febbraio 2013).

L'operazione giuridico-economica consistente nella cessione dell'intera azienda a società di nuova costituzione (ma con compagine quasi identica), contestuale liquidazione della cedente e prosecuzione dell'attività da parte della cessionaria, in quanto finalizzata a rendere la nuova società impermeabile rispetto alle situazioni debitorie pregresse, integra gli estremi dell''abuso del diritto.

In materia tributaria

L'abuso del diritto si configura altresì per l'aggiramento “patologico” di norme tributarie. Tale istituto opera solo se l'operazione posta in essere si spieghi in via esclusiva con l'intento di ottenere il risparmio fiscale. Occorre escludere l'elusione fiscale a carico della società che prima riduce il capitale sociale con distribuzione ai soci e poi emette un prestito obbligazionario sottoscritto dai soci a favore della compagine; spetta soltanto all'impresa, infatti, decidere se finanziarsi con risorse proprie o di terzi (Cass. sez. trib., n. 14761/2015). È precluso al contribuente conseguire vantaggi fiscali mediante l'uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione di legge, di strumenti giuridici idonei ad ottenere vantaggi in difetto di ragioni diverse dalla mera aspettativa di quei benefici (Cass. sez. trib., n. 8849/2014). Incombe sull'Amministrazione finanziaria la prova sia del disegno elusivo che delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale, mentre grava sul contribuente l'onere di allegare l'esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti che giustifichino operazioni in quel modo strutturate (cfr. Cass. sez. trib., n. 3938/2014, la quale ha cassato la sentenza impugnata che aveva escluso la sussistenza di una condotta abusiva con riguardo ad un'operazione di riorganizzazione societaria, realizzata mediante il concorso di tre società, che aveva comportato, come risultato finale, un vantaggio fiscale per una di esse, costituito da un'eccedenza di imposta portata in compensazione di quanto dovuto a titolo di IRPEG ed ILOR).

Costituisce una condotta abusiva l'operazione economica che abbia quale suo elemento predominante ed assorbente lo scopo elusivo del fisco, sicché il divieto di siffatte operazioni non opera ove esse possano spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di risparmi di imposta (Cass. VI, n. 5877/2014). In presenza, invece, di uno scopo esclusivo di eludere l'applicazione di norme fiscali, è inopponibile il negozio all'Amministrazione finanziaria per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall'operazione elusiva, anche diverso da quelli tipici eventualmente presi in considerazione da specifiche norme antielusive entrate in vigore in epoca successiva al compimento dell'operazione (Cass. sez. trib., n. 3938/2014).

Ne consegue che il carattere abusivo va escluso quando sia individuabile una compresenza, non marginale, di ragioni extrafiscali, che non necessariamente si identificano in una redditività immediata, potendo consistere in esigenze di natura organizzativa ed in un miglioramento strutturale e funzionale dell'azienda. (Cass. sez. trib., n. 4604/2014, in applicazione dell'enunciato principio, ha ritenuto inadeguatamente motivata l'esclusione delle valide ragioni economiche dell'acquisto, da parte della contribuente, delle azioni di una società estera, benché rientrante in più ampio progetto di riorganizzazione strutturale e funzionale di un gruppo societario di cui la prima era “capogruppo”).

Anche in ambito comunitario, di abuso si può eventualmente parlare solo in presenza di disposizioni comunitarie provviste di efficacia orizzontale diretta o trasposte nel diritto nazionale. Per la Corte, al fine di configurare un abuso, le operazioni controverse, nonostante la corretta applicazione formale della normativa nazionale e comunitaria, devono mirare a «procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all'obiettivo perseguito da queste stesse disposizioni» (elemento oggettivo) (Halifax, punto 74; Sices, punti 31-32). In secondo luogo, da un insieme di elementi oggettivi deve potersi dedurre che lo scopo dell'operazione sia essenzialmente l'ottenimento di un vantaggio fiscale indebito (elemento soggettivo) (Halifax, punto 75; Sices, punto 33). La competenza ad accertare la sussistenza di tali elementi è del giudice nazionale, che la esercita, tuttavia, sotto la guida stringente della Corte di giustizia, necessaria ad evitare che il primato e l'effettività del diritto comunitario siano compromessi (Halifax, punto 76; Sices, punto 34). Le conseguenze dell'abuso consistono nel privare l'operatore dei diritti di cui ha cercato di abusare e degli effetti ad essi ricollegati.

Da questa giurisprudenza la Corte di Cassazione ha tratto spunto per affermare l'esistenza di un principio generale di divieto di abuso del diritto comunitario, che si traduce nel divieto di ricorrere a pratiche abusive per finalità di risparmio di imposta (Cass. n. 25374/2008; Cass. n. 27711/2013). La conclusione della Suprema Corte crea incertezza giuridica, rischiando di qualificare in termini di abuso qualsiasi comportamento volto ad ottenere un vantaggio fiscale. Ciò si porrebbe, peraltro, in contrasto con l'orientamento comunitario per cui l'esercizio di libertà economiche fondamentali finalizzato ad ottenere vantaggi (fiscali, sociali, societari) non configura di per sè stesso un abuso.

Sussiste senz'altro abuso di diritto nel caso di operazioni aventi come unico scopo quello di consentire la deduzione dei relativi costi, che in realtà non sono sostenuti e che costituiscono ricavi (Cass. VI, n. 15968/2013).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario