Opposizione a decreto ingiuntivo emesso in violazione del divieto di frazionamento del credito.Inquadramentoil frazionamento del credito è un'ipotesi di abuso del processo, in cui il diritto di agire in giudizio ex art. 24 Cost. per la tutela dei propri diritti viene esercitato per una finalità diversa da quella della tutela della situazione giuridica dedotta. Su queste basi il soggetto ingiunto, con due separati decreti, del pagamento del corrispettivo dovuto per la consegna separata di merci concordato con un unico ordinativo in esecuzione di un unitario contratto, propone opposizione, chiedendo la declaratoria di improponibilità della domanda e, per l'effetto, la revoca del decreto ingiuntivo. FormulaILL.MO GIUDICE DI PACE DI.... [1] ATTO DI CITAZIONE IN OPPOSIZIONE [2] A DECRETO INGIUNTIVO Il Sig.... nato a ....il.... residente in ....alla via....n. .... C.F .... elettivamente domiciliato in ....alla via .... n. .... presso lo studio dell'Avv. .... che lo rappresenta e difende in virtù di procura in calce del presente atto [3], espone quanto segue: PREMESSO CHE [4] 1. in data .... .... e .... stipulavano il contratto di fornitura di merce n. ....; 2. nei giorni .... e ...., .... effettuava le prime due consegne, senza ricevere corrispettivo; 3. a seguito del mancato pagamento, .... adiva il presente G.d.P., ottenendo decreto ingiuntivo n. .... per il pagamento della somma di euro.... oltre interessi legali e spese di giudizio, in relazione alla prima consegna; 4. in data .... .... adiva nuovamente il medesimo G.d.P. ed otteneva decreto ingiuntivo n..... per il pagamento della somma di euro.... oltre interessi legali e spese di giudizio, con riferimento alla seconda consegna; 5. ancorché le consegne venivano effettuate in tempi differenti, non si trattava di distinti rapporti, ma dello stesso contratto di fornitura. 6. .... [5] DIRITTO 1. SULLA ILLEGITTIMITA' DEL FRAZIONAMENTO DEL CREDITO UNITARIO La condotta processuale di.... articolata in più procedimenti monitori, appare manifestamente pretestuosa ed illegittima. Secondo Cass. S.U. n. 23726/2007, la richiesta di un credito unitario con plurime domande giudiziali costituisce una condotta abusiva, in quanto violativa, al contempo, sia del principio di correttezza e buona fede ex artt. 1375 e 1175 c.c., sia del principio del giusto processo. La presentazione di plurime domande giudiziali a fronte di un credito unitario, invero, provoca una “scissione del contenuto dell'obbligazione”, che si traduce in una “modificazione peggiorativa della posizione del debitore”. Questi, infatti, oltre al pagamento della somma dovuta, sarà condannato al pagamento, in forza del decreto ingiuntivo, anche delle spese e delle competenze di lite, con conseguente ingiustificato aggravio della propria situazione debitoria. Il debitore, inoltre, per effetto della parcellizzazione giudiziale dell'adempimento del credito, subisce un prolungamento del vincolo coattivo, cui si trova costretto a soggiacere per liberarsi dalla prestazione nella sua interezza. La richiesta di un adempimento frazionato, pertanto, appare ictu oculi contraria alla regola generale della buona fede che permea l'intero rapporto tra le parti, non solo durante l'esecuzione del contratto, ma anche nel corso dell'eventuale fase dell'azione giudiziale volta ad ottenere l'adempimento. La parcellizzazione del credito, peraltro, lede il principio del giusto processo, nella parte in cui, attraverso l'esercizio dell'azione in forme eccedenti o devianti rispetto all'interesse sostanziale perseguito, realizza un “abuso degli strumenti processuali che l'ordinamento offre alla parte”. Nel caso di specie, l'azione proposta da .... è un'azione evidentemente contraria ai principi di correttezza e buona fede, comportando un aggravio della situazione debitoria dell'odierno opponente, oltre che contraria al principio del giusto processo, in quanto l'obiettivo concretamente perseguito dall'opposto attraverso la parcellizzazione non è che quello di adire un giudice inferiore, nella speranza di una soluzione della lite più rapida da un punto di vista temporale e più favorevole dal punto di vista delle spese. Né tanto meno può sostenersi nel caso di specie la legittimità del frazionamento, atteso che il credito vantato nei confronti dell'opponente discende da un rapporto unitario. Del resto, ad analoghe conclusioni non può che giungersi attraverso una lettura a contrario dei principi espressi dalla Corte di cassazione, che, con sentenza Cass. S.U. n. 4090/2017, si è nuovamente pronunciata sul frazionamento del credito. Ritiene la Corte che le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, anche se relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, in quanto diversamente, e in posizione opposta e speculare rispetto al credito unitario, l'onere di agire contestualmente rischierebbe di pregiudicare le ragioni creditorie e di risolversi in un allungamento dei tempi del processo. Diversamente, “quando le sezioni unite hanno discusso dell'(in)frazionabilità del credito si sono riferite sempre ad un singolo credito, non ad una pluralità di crediti facenti capo ad unico rapporto complesso” (Cass. S.U., n. 4090/2017). Pertanto, si ha abusivo frazionamento del credito solo per il credito unitario, riferito ad una prestazione espressamente considerata come unitaria in sede contrattuale e riconducibile al medesimo rapporto obbligatorio. Nel caso di specie, il credito vantato dall'opposto nei confronti dell'odierno esponente, in forza del contratto di fornitura, è un credito unitario, perché la fornitura della merce è effettuata con un unico ordinativo. A nulla vale, invece, che la merce sia stata consegnata in giorni differenti e che siano state emesse distinte fatture, in quanto la prestazione di fornitura è considerata come unitaria in sede contrattuale e la proposizione di distinti decreti ingiuntivi costituisce la disarticolazione abusiva di un rapporto sostanzialmente unitario. Il decreto de quo, pertanto, ottenuto in violazione dei principi di buona fede e correttezza, nonché del principio del giusto processo, è illegittimo e, come tale, va revocato, ben potendo l'opposto chiedere, a fronte del mancato pagamento, un solo decreto ingiuntivo per la totalità del credito preteso. Per gli esposti motivi...., come in epigrafe rappresentato e difeso, CITA Il Sig .... (C.F. ....), residente in .... via....n.... a comparire innanzi al Giudice di pace di .... all'udienza del .... ora di rito, con invito a costituirsi nelle forme e termini di legge ex art. 319 c.p.c. [6] e con l'avvertimento che in difetto di costituzione, si procederà in sua contumacia, per sentir accogliere le seguenti CONCLUSIONI Piaccia al G.d.P. adito, contrariis reiectis: 1) accertare e dichiarare la nullità ed illegittimità dell'opposto decreto ingiuntivo n...../....; 2) per l'effetto, revocare il citato decreto ingiuntivo; 3) condannare l'opposta al rimborso delle spese ed accessori. IN VIA ISTRUTTORIA Si offrono in comunicazione, mediante deposito in cancelleria: - copia D.I. n...../....; - copia D.I. n...../....; Ci si riserva di articolare i mezzi istruttori nei modi e nei termini di legge, anche in considerazione dell'avversa condotta processuale [7]. Ai sensi dell'art. 14, comma 2, d.P.R. n. 115/2002, si dichiara che il valore del presente procedimento è di Euro ..... [8] Luogo e data.... Firma Avv. .... PROCURA AD LITEM Nella qualità, conferisco il potere di rappresentanza e difesa, in ogni fase, stato e grado del giudizio ed atti inerenti, conseguenti e successivi, ivi compresa l'eventuale fase esecutiva ed il giudizio di opposizione, all'Avv..... ivi compreso il potere di proporre domande riconvenzionali, chiedere provvedimenti cautelari, chiamare terzi in causa, farsi sostituire, transigere, conciliare, abbandonare il giudizio e rilasciare quietanze. L'autorizzo, ai sensi dell'art. 13 d.l. n. 196/2003, ad utilizzare i dati personali per la difesa dei miei diritti e per il perseguimento delle finalità di cui al mandato, nonché a comunicare ai Colleghi i dati con l'obbligo di rispettare il segreto professionale e di diffonderli esclusivamente nei limiti strettamente pertinenti all'incarico conferitoLe. Ratifico sin d'ora il Suo operato e quello di eventuali Suoi sostituti. Eleggo domicilio presso il Suo studio in .... (indicare la città),via.... n...... Dichiaro di essere stato informato ai sensi dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto, come da specifico atto separato. Luogo e data.... Sig. .... La firma è autentica ed è stata apposta in mia presenza Firma Avv. .... [1] Ai sensi dell'art. 645 c.p.c. l'opposizione si propone davanti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo. Qualora il giudice di pace, investito di due opposizioni a decreti ingiuntivi ottenuti dallo stesso creditore contro lo stesso debitore, riunite le due cause di opposizione, declini la competenza a favore del tribunale, reputando che vi sia stato, all'atto della proposizione dei ricorsi monitori, illegittimo frazionamento di un credito unitario e considerando che il valore cumulato dei due crediti eccede la sua competenza per valore, il tribunale, adito in riassunzione, non può elevare conflitto ai sensi dell'art. 45 c.p.c., assumendo violata la competenza funzionale sulle opposizioni del giudice di pace, in quanto la declinatoria è da considerare avvenuta sulla base di una regola - applicata erroneamente o no - di competenza per valore, come tale non suscettibile di integrare un'ipotesi di conflitto (Cass. VI, n. 19167/2012). [2] Sempre ai sensi dell'art. 645 c.p.c. l'opposizione a decreto ingiuntivo si propone con atto di citazione, notificato al ricorrente nei luoghi di cui all'art. 638 c.p.c. [3] La procura può essere apposta in calce o a margine del ricorso (art. 83 c.p.c.). Può anche trattarsi di una procura generale alle liti, i cui estremi vanno in tal caso menzionati. In questo caso è preferibile produrre copia della procura. [4] Il corpo dell'atto di citazione innanzi al G.d.P., normalmente introdotto dalla locuzione “premesso”, deve contenere ex art. 318 c.p.c. l'esposizione dei fatti costitutivi della domanda. Ne deriva che, in base al combinato disposto degli artt. 318 e 164 c.p.c., è nullo l'atto in cui risulti omessa o assolutamente incerta l'esposizione dei fatti costitutivi della domanda. [5] Si specifica che per i procedimenti di ingiunzione, compresa l'opposizione, il d.l. n. 132/2014 esclude espressamente l'obbligatorietà della negoziazione assistita, né tanto meno il procedimento di ingiunzione rientra tra le materie per le quali è obbligatoria la mediazione ex d.lgs. n. 28/2010). [6] Si considera elemento essenziale della citazione ex art. 318 c.p.c. anche l'indicazione della data dell'udienza di comparizione, la cui omissione comporta la nullità dell'atto. Diversamente, non sono elementi essenziali dell'atto di citazione, salva la facoltà dell'attore di inserirli ugualmente, l'invito a costituirsi nei modi di cui all'art. 319 c.p.c., e l'avvertimento di cui all'art. 163, comma 3, n. 7 [7] L'indicazione dei mezzi di prova non è requisito essenziale dell'atto di citazione ex art. 318 c.p.c., anche se la giurisprudenza esige l'indicazione delle scritture private che si offrono in comunicazione. [8] La dichiarazione di valore è prevista dall'art. 14, co. 2, d.P.R. n. 115/2002 secondo cui “Il valore dei processi, determinato ai sensi del codice di procedura civile, senza tener conto degli interessi, deve risultare da apposita dichiarazione resa dalla parte nelle conclusioni dell'atto introduttivo, anche nell'ipotesi di prenotazione a debito”. Orbene, l'art. 13, co. 6, del medesimo decreto prevede la conseguenza dell'omissione della predetta dichiarazione di valore, affermando che “Se manca la dichiarazione di cui all'articolo 14, il processo si presume del valore indicato al comma 1, lettera g)...”; pertanto, si presume che il valore del procedimento sia quello dello scaglione più elevato (i.e. superiore a 520.000,00 Euro) con obbligo di versamento di un contributo unificato più elevato. CommentoIl concetto di unitarietà del rapporto obbligatorio La Corte di Cassazione, con sentenza Cass. S.U., n. 18810/2016, è tornata sul tema della parcellizzazione del credito, intervenendo, in particolare, per delineare il concetto di unitarietà del rapporto obbligatorio cui si riconnette il credito infrazionabile. Afferma la Corte che “l'unitarietà del rapporto obbligatorio cui si può ricollegare l'abusività del frazionamento implica che unica sia la prestazione in relazione ad un'obbligazione che sia stata considerata unitariamente in sede contrattuale e le cui sorti siano quindi isolabili logicamente e materialmente.” Tale fattispecie quindi, prosegue la Corte, non si può ravvisare in relazione a prestazioni differenti, concernenti beni differenti, che discendono da incarichi differenti, sia pure riconducibili indirettamente ad un rapporto obbligatorio intercorrente tra le medesime parti, come nel caso del rapporto che si instaura tra cliente abituale e fornitore frequente, o il rapporto di collaborazione che si instaura tra il perito e la compagnia assicurativa, in quanto i crediti nascono da rapporti differenti solo latamente collegati. È, dunque, contrario al principio di correttezza e buona fede, e si risolve in un abuso del processo, il frazionamento giudiziale, contestuale o sequenziale, di un credito complessivamente portato da separate fatture, qualora tale credito derivi non già da molteplici rapporti obbligatori sussistenti tra le parti, bensì da un unico contratto (Cass. VI, n. 4702/2015). Parimenti, in virtù del divieto di frazionamento del credito, nascente da un unico rapporto obbligatorio, in plurime richieste giudiziali, è fondata l'opposizione proposta avverso il decreto ingiuntivo avente ad oggetto unicamente il credito per gli interessi exd.lgs. n. 231/2002, relativo alla sorte capitale inerente altri giudizi (Trib. Salerno II, 23 gennaio 2013, n. 214). In quest'ottica, la riserva di agire separatamente per gli interessi convenzionali, pur se contenuta nella domanda di ingiunzione, non rileva laddove il creditore disponga, fin dal momento della sua proposizione, di tutti gli elementi di fatto e di diritto per far valere contestualmente i crediti dovutigli sia per il capitale, che per tutti gli interessi (Cass. I, n. 6597/2010). Peraltro, il divieto di frazionamento giudiziale di un credito unitario, imponendo al creditore di agire uno actu per la soddisfazione dell'intera pretesa creditoria, in relazione a tutte le sue componenti (ivi compresi quindi i suoi accessori, interessi ed eventuale maggior danno, nel caso dei crediti di valuta, in ordine all'intero arco di tempo in cui possono essere dovuti), fa sì che tutto ciò rientri necessariamente nel c.d. deducibile. Conseguentemente, ogniqualvolta si formi la res judicata in ordine ad una qualsiasi parte di tale pretesa creditoria globale, al creditore è precluso agire nuovamente per la soddisfazione di altra porzione di quella pretesa, per il giudicato ostativo, prima ancora che per il divieto di frazionamento giudiziale (Trib. Bari I, n. 2639/2012). Sussiste indebito frazionamento di pretese, dovute in forza di un unico rapporto obbligatorio, anche nel caso di unico rapporto di lavoro, fonte di crediti di natura contrattuale e legale, con collegamento ancora più stretto se i giudizi siano promossi quando le obbligazioni sono note e consolidate per essersi il suddetto rapporto già concluso, con conseguente necessità di evitare l'aggravamento della posizione del debitore nel rispetto degli obblighi di correttezza e buona fede contrattuali ed in coerenza con il principio anche sovranazionale del giusto processo, volto alla razionalizzazione del sistema giudiziario, che non tollera frammentazioni del contenzioso con pericolo di giudicati contrastanti (in applicazione di tale principio, Cass. civ., sez. lav., 1 marzo 2016, n. 4016, ha cassato la sentenza di appello che aveva ritenuto legittime due distinte azioni giudiziarie del lavoratore nei confronti del medesimo datore di lavoro, instaurate a seguito della cessazione dello stesso rapporto subordinato, relative una al pagamento del premio di risultato e l'altra alla rideterminazione del t.f.r. per l'incidenza di voci retributive percepite in via continuativa). Va segnalato, tuttavia, che di recente le Sezioni Unite, componendo il relativo contrasto, hanno sancito la proponibilità, in separati processi, delle domande afferenti diversi e distinti diritti di credito, anche se relativi ad uno stesso rapporto di durata tra le parti, altresì precisando che se quei diritti, oltre a derivare da un rapporto siffatto, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o comunque ‘fondati' sull'identico fatto costitutivo (sicchè il loro separato accertamento provocherebbe una duplicazione di attività istruttoria e la conseguente dispersione della conoscenza di una medesima vicenda sostanziale), le relative domande possono formularsi in separati giudizi solo se il creditore agente risulti avere un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata, e che, ove la necessità di un tale interesse e la relativa mancanza non siano state dedotte dal convenuto, il giudice che intenda rilevarle dovrà indicare la relativa questione ex art. 183 c.p.c. e, se del caso, riservare la decisione assegnando alle parti termine per memorie ex art. 101, comma 2, c.p.c. (Cass. n. 4090/2017). In definitiva, la Suprema Corte ritiene che le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, anche se relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possano essere proposte in separati processi, in quanto diversamente, e in posizione opposta e speculare rispetto al credito unitario, l'onere di agire contestualmente rischierebbe di pregiudicare le ragioni creditorie e di risolversi in un allungamento dei tempi del processo. Diversamente, chiarisce il superiore consesso, “quando le sezioni unite hanno discusso dell'(in)frazionabilità del credito, si sono riferite sempre ad un singolo credito, non ad una pluralità di crediti facenti capo ad unico rapporto complesso”. In quest'ottica, si avrebbe abusivo frazionamento del credito solo per il credito unitario, riferito ad una prestazione espressamente considerata come unitaria in sede contrattuale e riconducibile al medesimo rapporto obbligatorio. Ciò anche sulla falsariga di quanto una parte della giurisprudenza ha evidenziato, secondo cui nella valutazione della unitarietà del credito deve farsi riferimento sia alla fonte derivativa del detto credito (contrattuale o extracontrattuale) e sia alla natura della obbligazione, che, se avente ad oggetto prestazione a carattere continuato o periodico, impone una diversa applicazione del detto principio (Trib. Nocera Inferiore II, n. 399/2012). La menzionata pronuncia della Cassazione sembra, però, che debba essere letta in coordinamento con altra di poco precedente, alla stregua della quale, in tema di obbligazioni contrattuali, l'ipotesi di abusiva parcellizzazione del credito può in astratto sussistere solo in relazione ad un credito nascente da una situazione giuridica unitaria (cioè da un'unica obbligazione), ma che, senza alcuna apprezzabile ragione, viene frazionato con l'instaurazione di plurime azioni giudiziarie per il recupero del credito stesso. Diversamente, l'abusivo frazionamento non sussiste ove tra creditore e debitore sussista una pluralità di rapporti distinti, seppure della stessa natura, derivanti da differenti incarichi e con prestazioni di volta in volta differenti che danno diritto, ciascuna di esse e singolarmente, a distinti compensi professionali (Cass. n. 18810/2016, cit.). D'altra parte, nell'ottica di ridimensionare la portata rigorosa del principio, già si era affermato che l'attore il quale, a tutela di un unico credito dovuto in forza di un unico rapporto obbligatorio, agisca con ricorso monitorio per la somma provata documentalmente e con il procedimento sommario di cognizione per la parte residua, non incorre in un abuso dello strumento processuale per il frazionamento del credito, in quanto tale comportamento non si pone in contrasto né con il principio di correttezza e buona fede, né con il principio del giusto processo, dovendosi riconoscere il diritto del creditore a una tutela accelerata mediante decreto ingiuntivo per i crediti provati con documentazione sottoscritta dal debitore (Cass. II, n. 10177/2015). In tema di risarcimento dei danni da responsabilità civile, l'unitarietà del diritto al risarcimento ed il suo riflesso processuale sull'ordinaria infrazionabilità del giudizio di liquidazione comportano che, quando un soggetto agisca in giudizio per chiedere il risarcimento dei danni a lui cagionati da un dato comportamento del convenuto, la domanda si riferisce a tutte le possibili voci di danno originate da quella condotta. Ne consegue che, laddove nell'atto introduttivo siano indicate specifiche voci di pregiudizio, a tale indicazione deve riconoscersi valore meramente esemplificativo dei vari profili di pregiudizio dei quali si intenda ottenere il ristoro, a meno che non si possa ragionevolmente ricavarne la volontà attorea di escludere dal "petitum" le voci non menzionate (cfr., di recente, Cass. VI, ord. n. 15523/2019). Il piano sanzionatorio Quanto al piano sanzionatorio, una parte della giurisprudenza di merito ritiene che, qualora si ritengano violati gli artt. 111 della Costituzione e 88 del codice di procedura civile, si sia in presenza di un'ipotesi di frazionamento la cui conseguenza non sarebbe rappresentata da un provvedimento di rigetto o di improponibilità della domanda, ma da una condanna alle spese di lite (App. Lecce II, 12 novembre 2015, n. 902). In particolare, si sostiene che, in tema di parcellizzazione del credito, l'abuso del processo non sia sanzionabile con l'inammissibilità dei ricorsi - non essendo illegittimo lo strumento adottato, ma le modalità della sua utilizzazione -, ma impone, per quanto possibile, l'eliminazione degli effetti distorsivi che ne derivano, e quindi la valutazione dell'onere delle spese come se il procedimento fosse stato unico fin dall'origine. Tale abuso (sussistente in caso di compresenza sia dell'unicità del credito azionato sia della mancanza di un effettivo interesse del creditore al suo frazionamento in una molteplicità di azioni) può essere sanzionato ai sensi dell'art. 92 c.p.c. mediante l'esclusione della ripetizione delle spese superflue (ovvero delle spese di tutti i giudizi successivi al primo, essendo superflui, in realtà, i giudizi medesimi), nonché slegando dal principio della soccombenza la condanna alle spese cagionate dalla violazione dei doveri di lealtà e probità di cui all'art. 88 c.p.c. (Trib. Reggio Calabria II, 5 luglio 2012). Per Trib. Bari I, 17 aprile 2012, n. 1332, invece, tutte le domande giudiziali aventi ad oggetto il frazionamento di un unico credito sono da dichiararsi (anche d'ufficio, da parte del giudice, per Trib. Busto Arsizio I, 23 settembre 2010) improponibili, eccezion fatta per il diverso problema dell'eventuale formazione di un giudicato in uno dei processi in cui la pretesa venga frazionata e degli effetti conseguenti a tale giudicato negli altri processi (v., sul punto, antea). Nel senso che tutte le domande giudiziali aventi ad oggetto una frazione di un unico credito sono da dichiararsi improponibili, cfr. altresì Cass. III, n. 15476/2008. Da ultimo, la richiesta delle spese relative ad un precetto precedente rende illegittimo non già l'intero precetto in rinnovazione, ma solo la parte di tale precetto relativa a tali spese; infatti, la rinnovazione del precetto non costituisce affatto, a differenza del frazionamento di un credito unitario, abuso del diritto di agire esecutivamente, proprio perché al creditore spetta il diritto di proseguire il processo esecutivo fintantoché il debitore esecutato non abbia pagato per intero l'importo dovuto, in forza del titolo esecutivo posto a base dell'esecuzione; e pertanto detta rinnovazione del precetto configura senza dubbio un'attività legittima, purché non comporti un ingiustificato incremento delle spese precettate, con la richiesta di quelle dei precedenti; se la somma portata nel precetto risulta eccessiva, ciò non travolge l'atto per intero, ma ne determina la nullità parziale o inefficacia parziale per la somma eccedente, e l'intimazione rimane valida per la somma effettivamente dovuta (Trib. Reggio Emilia, 26 maggio 2014). Di recente, Cass. III n. 3738/2018 ha affermato, in tema di abuso del processo, che, in caso di frazionamento del credito da parte dell'avvocato attraverso la proposizione di plurimi ricorsi riconducibili ad un unico rapporto, è ben possibile rimediare agli effetti discorsivi della parcellizzazione giudiziale non solo con la condanna alle spese, ma anche con la sanzione della inammissibilità della domanda. Applicando tale principio, la S.C. ha, in una fattispecie relativa ad una pluralità di incarichi derivante da un unico contratto come consulente delle assicurazioni, considerato inammissibile la domanda, ricordando, poi, al legale che tale tipo di condotta è censurata anche dal Consiglio Nazionale forense sul piano deontologico. |