Atto di citazione per responsabilità del venditore e del produttore per difetti del prodotto

Emanuela Musi
aggiornta da Fernanda Annunziata

Inquadramento

Con l'atto di citazione, l'acquirente di un autoveicolo fa valere nei confronti del venditore i rimedi di cui all'art. 130 codice del consumo.

Formula

TRIBUNALE DI .... 1

ATTO DI CITAZIONE 23

PER

il Sig. ...., nato a ...., il ...., C.F. .... 4, residente in ...., rappresentato e difeso, come da procura in calce (oppure, a margine) del presente atto, dall'Avv. ...., C.F. ...., presso il cui studio elettivamente domicilia in .... Si dichiara di volere ricevere tutte le comunicazioni relative al presente procedimento al fax n. ...., ovvero all'indirizzo PEC .... 5

PREMESSO CHE

— in data ...., il Sig. .... si recava presso la concessionaria .... di ...., in quanto intenzionato all'acquisto di una vettura del tipo SUV. L'interesse dell'attore nei confronti di detta Casa automobilistica era mosso anche dalle caratteristiche delle automobili prodotte dalla stessa, note soprattutto per le avanzate soluzioni tecniche in termini di sicurezza attiva e passiva. La Casa automobilistica citata era infatti l'unica in Italia che poteva “vantare” di produrre solo autovetture munite di trazione integrale;

— preso atto dell'effettivo interesse per l'acquisto di un SUV da parte del potenziale acquirente, il venditore proponeva quindi al Sig. .... la possibilità di sottoscrivere un contratto di acquisto avente ad oggetto la stessa vettura del tipo prescelto a “Km 0”;

— detta ultima automobile veniva offerta al Sig. .... a un prezzo conveniente perché comprensivo di alcuni importanti accessori a pagamento e, soprattutto, perché sarebbe stata consegnata poco tempo dopo la sottoscrizione del contratto;

— il sig. Tizio avendo avuto conferma dal venditore che la vettura a “Km 0” avesse le stesse caratteristiche di quella “nuova”, decideva di acquistarla (doc. 1);

— poco dopo aver ritirato il veicolo, il sig. Tizio si rendeva conto, utilizzando la vettura su di un percorso stradale particolarmente impegnativo, che la stessa presentava un comportamento dinamico diverso da quello descritto dal venditore, nonché da quello risultante nell'allegato materiale illustrativo che gli era stato consegnato (documento 2);

— tali circostanze venivano immediatamente comunicate al venditore (doc. 3), il quale “giustificava” l'inconveniente precisando, per la prima volta, che la specifica vettura venduta al Sig. .... era in realtà sprovvista del sistema di controllo della trazione “CruiseControl” (doc. 4);

— a fronte delle contestazioni formulate dall'attore, il concessionario persisteva nel negare qualsiasi responsabilità in ordine all'accaduto, trattandosi in particolare di vettura “usata” e dunque “vista e piaciuta”, pur riconoscendo, nella comunicazione datata ...., che la vettura de qua era sprovvista del sistema di sicurezza in quanto “appartiene ad una serie speciale (doc. 5);

— con racc. a/r del ...., il Sig. .... faceva rilevare il suo diritto ai rimedi concessi al consumatore in forza dell'art. 130 d.lgs.. n. 206/2005,, secondo cui in caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto (doc. 6). La stessa, tuttavia, rimaneva senza esito;

Alla luce tutto quanto testé evidenziato risulta evidente l'inadempimento contrattuale e la responsabilità della convenuta, alla luce delle seguenti motivazioni in

DIRITTO

1) Si osserva che il Sig. ...., attore nell'odierno procedimento, rientra a pieno titolo nella nozione di “consumatore” in quanto egli ha acquistato il veicolo per scopi estranei alla propria attività imprenditoriale, così rientrando nell'ambito di applicazione della predetta normativa.

2) Ciò premesso, si rammenta che il bene di consumo oggetto di vendita è conforme al contratto ai sensi del d.lgs. n. 206/2005, solo se è idoneo all'uso cui serve quel tipo di beni, conforme alla descrizione e caratterizzato da qualità e prestazioni che è lecito aspettarsi da un bene di tale natura.

3) Venendo all'analisi della fattispecie che ci occupa, si consideri innanzi tutto che non ha alcuna rilevanza che il bene compravenduto sia nuovo oppure usato. Inoltre, la vettura acquistata dal Sig. .... è una cosiddetta “Km 0”, ossia una vettura immatricolata, ma che non è ancora stata usata su strada. Ciò premesso, si consideri ora l'incontestabile e documentata difformità tra quanto presentato al compratore e il bene in effetti venduto allo stesso, come risulta dai depliant illustrativi consegnati dal venditore al Sig. ...., nei quali risulta chiaramente indicato che il sistema di sicurezza Cruise Control è di serie sulla vettura in parola. Inoltre, la stessa Casa costruttrice pubblicizza la propria vettura come dotata del sistema Cruise Control, soffermandosi sulla peculiarità e rilevanza del medesimo. Appare dunque di tutta evidenza e incontestabile che il bene presentato dalla concessionaria .... al Sig. .... è difforme da quello venduto allo stesso consumatore.

4) Si rileva che il Sig. .... non avrebbe mai potuto rendersi autonomamente conto della mancanza del sistema di sicurezza di cui si tratta. In proposito, va ribadito che il consumatore ha esplicitamente richiesto all'incaricato venditore se la vettura propostagli fosse identica a quella “nuova”, ricevendo una inequivocabile risposta affermativa. Si ricorda che, dopo aver ricevuto notizia delle lamentele del Sig. ...., il venditore ha addirittura sostenuto di esser venuto a sapere che le vetture nuove fossero dotate del sistema di sicurezza in questione solo successivamente alla vendita della vettura. Per di più, il sistema di sicurezza Cruise Control è un meccanismo alloggiato nella centralina elettronica che opera in condizioni di emergenza, regolando autonomamente la forza motrice e quella frenante di ogni singola ruota. Era dunque pressoché impossibile verificarne la presenza su una vettura in fase statica. Si osservi anche che, con una prova dinamica dell'auto di pochi minuti, è impossibile rendersi conto della presenza del controllo della trazione perché sarebbe necessario raggiungere accelerazioni laterali tali da mettere in crisi l'assetto dell'auto effettuando manovre di emergenza, ovviamente impossibili da eseguire nel rispetto del Codice della Strada per le vie di ....

5) Attesa la sussistenza, nel caso in parola, di tutti i presupposti di legge per l'applicazione della normativa preposta alla tutela del consumatore in caso di difetto di conformità del bene venduto, si rileva che l'art. 130 del d.lgs. n. 206/2005 dispone che in caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto. È stato escluso che il venditore possa addurre l'impossibilità di carattere soggettivo in ordine alla richiesta di riparazione o sostituzione. A fronte del rifiuto da parte del concessionario a procedere alla sostituzione del bene, non resta dunque all'attore che richiedere la riduzione del prezzo, e in subordine, la risoluzione del contratto. Ai fini della predetta riduzione del prezzo, si dovrà innanzi tutto tenere conto dell'importanza del sistema di sicurezza, con conseguente rilevante perdita di valore dell'automobile di cui si tratta, anche sul mercato dell'usato. Appare dunque giustificato quantificare la riduzione di prezzo spettante al Sig. .... nella somma di almeno Euro .... (pari 25% del prezzo di vendita), con riserva di indicare un diverso importo alla luce degli accertamenti tecnici che verranno eventualmente eseguiti in corso di causa. Parimenti ai fini del risarcimento del danno si deve tener conto dell'importanza per l'attore dell'acquisto di quel specifico modello di auto, dotato di particolari caratteristiche, fondamentali per la scelta. Bisogna poi tener conto anche della estrema necessità per il Sig. .... di avere a disposizione l'auto, l'unica in famiglia, per esigenze di carattere lavorativo, familiare ed in generale per fare fronte ai bisogni della vita quotidiana.

Tutto ciò premesso e considerato, il Sig. ...., come sopra rappresentato e difeso,

CITA

la Concessionaria ...., C.F./P.I. ...., in persona del legale rapp.te p.t., con sede legale in ...., via ...., a comparire innanzi al:

— all'Ill.mo Tribunale di ...., Giudice istruttore designando ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., all'udienza del ...., ore di rito, con invito ex art. 163 c.p.c. a costituirsi, nelle forme e nei modi di cui all'art. 166 c.p.c., entro 70 giorni prima dell'udienza su indicata, e con l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini comporterà le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., che la difesa tecnica è obbligatoria in tutti i giudizi dinanzi al Tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall’art. 86 o da leggi speciali e che la parte, sussistendone i presupposti di legge può presentare istanza per l’ammissione al patrocinio gratuito a spese dello stato e che, non costituendosi, si procederà, ugualmente, in sua contumacia , per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni:

— in via principale, previo accertamento della difformità della vettura SUV, venduta al Sig. .... rispetto a quella presentata e pubblicizzata allo stesso da parte del venditore, condannare la società Alfa s.r.l. al pagamento dell'importo di euro ...., ovvero del diverso importo che sarà accertato in corso di causa, a titolo di riduzione del prezzo ex art. 130 d.lgs. n. 206/2005;

— condannare la Società .... al risarcimento del danno cagionato al Sig. .... in ragione di almeno euro .... ovvero del maggiore o minore importo, quantificato anche in via equitativa, che sarà ritenuto di Giustizia, oltre interessi e rivalutazione;

— in via subordinata, dichiarare la risoluzione del contratto di vendita tra le parti per inadempimento della convenuta e, conseguentemente, condannare la Società .... alla restituzione del prezzo di Euro ...., oltre interessi e rivalutazione dalla data del pagamento a quella della restituzione, oltre al risarcimento del danno cagionato al Sig. .... in ragione di almeno Euro ...., ovvero del maggiore o minore importo, quantificato anche in via equitativa, che sarà ritenuto di Giustizia, oltre interessi e rivalutazione.

Con vittoria di spese ed onorari ed attribuzione in favore del procuratore antistatario.

IN VIA ISTRUTTORIA

(INDICAZIONE DEI MEZZI ISTRUTTORI DI CUI SI INTENDE VALERE): (ESEMPIO)

Si chiede, inoltre, di essere ammesso alla prove per testimoni sulle circostanze indicate in premessa/in punto di fatto, dal numero .... al numero ...., preceduti dalla locuzione “Vero è che”, ovvero sulle seguenti circostanze (formulare i capi di prova preceduti dalla locuzione “Vero che .... ”) .... A tal fine si indicano come testimoni i Sig.ri: 1) il Sig. ...., residente in ....; 2) il Sig. ...., residente in ....

In caso di contestazione, si chiede ammettersi CTU (Consulenza tecnica di ufficio) al fine di accertare la denunciata difformità del bene, per determinare in maniera giusta la eventuale riduzione del prezzo, oltre che per la quantificazione dei danni.

Si allegano i documenti 1), 2), 3), 4) e 5) indicati nella narrativa del presente atto, riservandosi di produrne altri con le memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., la concessione dei cui termini sin da ora viene richiesta.

Ai sensi del d.P.R. n. 115/2002 e successive modificazioni, si dichiara che il valore del presente procedimento è pari ad Euro .... e, pertanto, all'atto di iscrizione a ruolo della causa, viene versato un contributo unificato pari ad Euro ....

Luogo e data ....

Firma Avv. ....

PROCURA

[1] [1] Nelle controversie tra consumatore e professionista, ai sensi dell'art. 33, comma 2, lett. u), del d.lgs. n. 206/2005, (e già dell'art. 1469-bis, comma 3, c.c.), la competenza territoriale esclusiva spetta al giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza od il domicilio elettivo e si presume vessatoria la clausola che stabilisca come sede del foro competente una località diversa (in tal senso v. Cass. S.U., n. 14669/2003).

Alla luce di ciò, quindi, il cd. “foro del consumatore” è dunque innanzitutto un foro esclusivo e speciale, derogabile dalle parti solo con trattativa individuale (si faccia riferimento anche a Cass. II, n. 27911/2008).

L'esclusività e la specialità di tale foro, alla luce della finalità di tutela del consumatore-contraente debole che ispira il d.lgs. n. 206/2005, è così forte che è da presumersi vessatoria anche la clausola che stabilisca un foro coincidente con uno dei fori legali di cui agli art. 18 e 20 c.p.c., se è diverso da quello del consumatore. Infatti, l'art. 34, comma 3, per il quale non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge, non può essere interpretato nel senso di vanificare in modo surrettizio la tutela del consumatore (Cass. III, n. 4208/2007; Cass. II, n. 16336/2004).

[2] [2] Giova precisare che per espressa disposizione dell'art. 3 l. n. 162/2014 la negoziazione non è condizione di procedibilità della domanda giudiziale (e, quindi, è sempre e solo volontaria) per le controversie concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori.

[3] [3] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., dalla l. 15 luglio 2011, n. 111).

[4] [4] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv. con modif. dalla l. n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. dalla l. n. 24/2010. A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla l. n. 114/2014.

[5] [5] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla l. n. 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax .... ovvero qualora la parte

ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

Commento

Inquadramento: in particolare, la nozione di bene di consumo

In base all'art. 128 cod. cons., il bene di consumo è “qualsiasi bene mobile anche da assemblare”; nella disposizione in esame vengono, poi, indicati analiticamente i beni che non possono rientrare nella categoria (quali, ad es. l'energia elettrica, l'acqua, il gas e così via). Pertanto, si possono ritenere soggetti alle norme protezionistiche della disciplina in esame, tanto i beni consumabili quanto le utilità non consumabili, i beni fungibili, o anche quelli infungibili; e neppure la immaterialità del bene è elemento ostativo alla tutela consumeristica, atteso che i beni immateriali non rientrano fra quelli esclusi dall'art. 128, nn. 1, 2 e 3, cod. cons.; non vengono, invece, ricompresi nel novero dei beni di consumo i beni immobili.

Dubbi si pongono in relazione ai beni usati: sul punto, vedasi Cass., n. 5251/2004 secondo la quale ”il riferimento del bene come non nuovo comporta che la promessa del venditore è determinata dallo stato del bene stesso conseguente al suo uso, e che le relative qualità si intendono ridotte in ragione dell'usura, che non va considerata (onde escludere la garanzia) come quella che, astrattamente, presenterebbe il bene utilizzato secondo la comune diligenza, bensì come quella concreta che scaturisce dalle reali vicende cui il bene stesso sia stato sottoposto nel periodo precedente la vendita”; la garanzia opererebbe anche nell'ipotesi di beni usati, quando il loro utilizzo sia stato “anormale” e occultato dal venditore (v. sempre Cass., n. 5251/2004 secondo cui “in tema di garanzia per vizi della cosa venduta (nella specie, un'imbarcazione usata); in ogni casol'occultamento degli stessi, per assumere rilevanza, deve consistere non nel semplice silenzio serbato dal venditore, ma in una particolare attività illecita, funzionale, con adeguati accorgimenti, a nascondere il vizio della cosa. L'accertamento dell'apparenza e riconoscibilità dei vizi costituisce, poi, un apprezzamento di fatto, come tale sottratto al sindacato di legittimità per tutto ciò che non attiene al procedimento logico - giuridico seguito dal giudice di merito”) ed il difetto non derivi, invece, dal normale logorio che un uso ordinario può comportare; è, pertanto, necessario, affinché possa invocarsi la garanzia ex art. 129 cod. cons., in rapporto ai beni usati, che sussista un vero e proprio vizio, in conseguenza del quale il bene usato viene reso inidoneo all'uso cui è destinato, o viene gravemente danneggiato, mentre non provoca alcun effetto, relativamente all'operatività della garanzia, il logorio derivante dall'uso del bene secondo il normale utilizzo.

Ambito di applicazione

Il Legislatore ha inteso attribuire una separata collocazione alle norme consumeristiche: stante il carattere speciale della normativa, la disciplina sui beni di consumo trova applicazione in ogni rapporto giuridico, indipendentemente dalla sua qualificazione, che sia connotato da un diverso status soggettivo del contraente.

Vale evidenziare, per contro, che, solo perché l'alienazione abbia ad oggetto beni di consumo, ciò non comporta un'automatica qualificazione del contratto di trasferimento come “sottotipo” di quello di vendita, né, di conseguenza, è possibile applicare a questo, in via residuale, la disciplina della vendita in generale. Sicché, l'art. 135, comma 2, cod. cons., non sarà sempre applicabile a qualsiasi specie contrattuale che presenti lacune normative da dover integrare, ma solo in quelle ipotesi di negozi giuridici che presentino elementi di compatibilità con il negozio vendita. Ad es., nell'ipotesi di un contratto d'appalto per la fornitura di beni di consumo, saranno applicabili, in quanto più favorevoli per il consumatore, le norme tipiche di questo contratto, così come disciplinato all'interno del codice civile, e non, invece, le norme della vendita di beni mobili; in tal senso, il richiamo di cui all'art. 135, comma 2, cod. cons. non opererà, trattandosi di negozio giuridico di appalto che non presenta elementi di compatibilità con quello di vendita. In sostanza, l'interprete è chiamato ad operare una valutazione di compatibilità tra il negozio in essere e la sua disciplina di riferimento, nel caso in cui ricorra la necessità di integrare il contratto con ulteriori disposizioni, che si pongono al di fuori dello schema tipico del contratto di vendita.

I rimedi in caso di inadempimento del venditore

L'art. 130 cod. cons., a completamento della disciplina sull'obbligo del venditore a consegnare il bene conforme a quanto pattuito tra le parti, stabilisce, nei commi successivi al primo, una serie di rimedi a favore del consumatore per le ipotesi in cui la predetta obbligazione rimanga inadempiuta. Sono previsti, in particolare, quattro rimedi, in relazione ai quali la scelta del rimedio prioritario non è lasciata alla libera discrezionalità del consumatore: quest'ultimo, infatti, ha diritto al ripristino della conformità attraverso la riparazione o la sostituzione del bene solo nell'ipotesi in cui uno dei due rimedi invocato sia, in primo luogo, possibile, e non risulti eccessivamente oneroso rispetto all'altro. Tale principio ricalca il dettato dell'art. 2058 c.c. (vedi la formula su risarcimento del danno in forma specifica). Inoltre, anche nell'ipotesi in cui il difetto di conformità dovesse derivare da un inadempimento di un altro soggetto della catena distributiva (si pensi, per esempio, ad un difetto di realizzazione cagionato dal produttore), per il consumatore è sufficiente rivolgersi al venditore, unico soggetto responsabile verso l'acquirente (v. Cass., n. 20911/2015 secondo cui “l'acquirente, il cui bene abbia un difetto di conformità, deve rivolgersi al rivenditore che è l'unico soggetto responsabile (in forza del contratto) nei suoi confronti, a prescindere dal fatto che il difetto dipenda da un altro soggetto della catena distributiva, come ad esempio il produttore”). In ogni caso, la riparazione o la sostituzione devono avvenire senza spese per il consumatore, oltre ad essere effettuate in un arco di tempo ragionevole e senza inconvenienti per l'acquirente (al riguardo v. Cons. St. VI, n. 5250/2015).

Infine, il consumatore può richiedere una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto, ma solo ed esclusivamente nelle seguenti ipotesi: 1) la riparazione o la sostituzione (quindi, i primi rimedi in ordine gerarchico) siano impossibili o eccessivamente onerosi; 2) il venditore non abbia rispettato i termini previsti per eseguire la riparazione o la sostituzione; 3) la sostituzione o la riparazione poste in essere abbiano prodotto pregiudizi in capo al consumatore.

Quanto, infine, al rimedio risarcitorio, pur in assenza di esplicita previsione nell'ambito della disciplina del codice del consumo, la dottrina unanime lo ritiene operante in forza del rinvio alle norme civilistiche di cui all'art. 135 cod. cons., derivandone la diretta applicazione dei principi che governano la responsabilità contrattuale (art. 1218 c.c.) e la risoluzione del contratto per inadempimento (artt. 1453 ss. c.c.) che, espressamente, prevedono il risarcimento del danno a fronte dell'altrui inadempimento. Dubbi, invece, sono sorti quanto al coordinamento del rimedio risarcitorio con gli strumenti di protezione previsti dall'art. 130 cod. cons.; ed infatti, per parte della dottrina, la domanda risarcitoria può essere avanzata esclusivamente quale alternativa alla riduzione del prezzo o alla risoluzione del contratto; altra posizione dottrinale, è, invece nel senso dell'esperibilità dell'azione di risarcimento a prescindere dall'ordine gerarchico di cui all'art. 130 cod. cons., e ciò in ossequio al principio civilistico per cui, in caso di inadempimento di una parte del contratto, se la norma non ne prevede espressamente l'esclusione, il risarcimento del danno è sempre proponibile. In ogni caso, si ritiene che, al fine di ristorare qualsiasi altro danno derivante dall'inadempimento del venditore (è il caso dei danni cagionati alla persona), l'azione di risarcimento sia, senz'altro, immediatamente esperibile.

Sul piano processuale, vale evidenziare che, vertendosi in ipotesi di diritti irrinunciabili, eventuali controversie tra consumatore e professionista non potranno formare oggetto di giudizio arbitrale, ostandovi il disposto dell'art. 806 c.p.c. che sottrae agli arbitri le controversie relative a diritti indisponibili.

In particolare: la garanzia convenzionale; cenni

Il codice del consumo riconosce, oltre alla garanzia gravante ex lege relativa alla conformità del bene al contratto ex art. 129, una garanzia convenzionale (art. 133), in forza della quale il consumatore può vantare diritti diversi ed ulteriori rispetto a quelli legalmente previsti nei confronti del venditore finale, e può essere prestata tanto da quest'ultimo quanto dal produttore. Si tratta, in particolare, di pattuizioni che tendono ad incrementare la tutela dell'acquirente, attribuendo a questo soggetto una serie di rimedi supplementari rispetto a quanto già il legislatore gli riconosce, integrando e giammai sostituendo la tutela legale.

Per garanzia convenzionale ai sensi del codice del consumo deve intendersi qualsiasi impegno di un venditore o di un produttore, assunto nei confronti di un consumatore senza costi supplementari, “di rimborsare il prezzo pagato, sostituire, riparare, o intervenire altrimenti sul bene di consumo, qualora esso non corrisponda alle condizioni enunciate nella dichiarazione di garanzia o nella relativa pubblicità”. Come si ricava dall'art. 133 cod. cons., la garanzia deve indicare “in modo chiaro e comprensibile” l'oggetto e gli elementi essenziali necessari per farla valere. In riferimento all'oggetto della garanzia, deve essere specificato se la stessa si riferisca a tutto il bene di consumo ovvero solamente ad alcune sue parti (ad. es. quelle meccaniche, oppure elettriche, ecc.); così come pure è fondamentale conoscere se per le singole componenti del bene di consumo siano responsabili una pluralità di soggetti garanti. Tra le informazioni obbligatorie che devono essere contenute nella dichiarazione di garanzia o nella relativa pubblicità vi deve essere la indicazione della durata, atteso che il consumatore deve essere in grado di valutare, anche sotto questo profilo, i vantaggi che il prodotto acquistato gli offre in relazione alla responsabilità legale per difetto di conformità che è di due anni dalla consegna del bene.

In particolare: i termini di decadenza e di prescrizione

L'art. 132 cod. cons. prevede un termine di decadenza biennale per quanto riguarda la responsabilità del professionista per difetti di conformità del bene trasferito, prevedendosi come dies a quo il momento di effettiva disponibilità della res da parte del consumatore (se, ad esempio, in un contratto di appalto dovessero esser effettuate due consegne, una provvisoria ed una definitiva, il termine decorrerà esclusivamente dal momento della consegna definitiva, a nulla rilevando quella provvisoria precedentemente effettuata). Una volta rilevato il vizio, in capo al consumatore graverà il solo onere della denuncia del difetto nei confronti del venditore nel termine di due mesi dalla data della scoperta del vizio; tuttavia, il legislatore ha esonerato espressamente il consumatore dall'obbligo di denuncia nelle ipotesi in cui il venditore abbia riconosciuto il difetto o lo abbia occultato, in linea con la disciplina codicistica in tema di vendita (art. 1495, comma 2, c.c.) circa le modalità della denuncia, il legislatore non ha imposto una forma ad substantiam, conseguendone che la stessa potrà essere effettuata anche mediante comunicazione telefonica: v. sul punto Cass., n. 5142/2003 secondo cui “in tema di garanzia per vizi della cosa venduta, la denunzia dei vizi della stessa da parte del compratore (o di un suo rappresentante), ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1495 c.c., può essere fatta, in difetto di una espressa previsione di forma, con qualunque mezzo che in concreto si riveli idoneo a portare a conoscenza del venditore i vizi riscontrati e, quindi, anche con una telefonata”), e senza necessità di un'analitica descrizione del fatto (v. in tal senso Cons. St., n. 5250/2015 cit.); ne consegue che anche una denuncia generica può essere idonea allo scopo, purché con essa il venditore sia reso edotto che il compratore ha rilevato, sebbene in maniera non ancora chiara e completa, che la res presenta difformità rispetto a quanto contrattualmente pattuito. L'onere probatorio della tempestività della denuncia è a carico del consumatore (così tra le molte Cass., n. 844/1997; Cass., n. 2394/1994; Cass., n. 2952/1993), mentre l'eccezione di tardività della stessa compete solo al soggetto evocato in giudizio e non è suscettibile di rilievo di ufficio da parte del giudice. Inoltre, nel caso di responsabilità per danno cagionato da prodotto difettoso, il consumatore danneggiato è esonerato dal dover dimostrare la colpa del venditore, dovendosi limitare a provare il rapporto causale tra il difetto del prodotto ed il danno.

Resta fermo che l'azione volta a far valere i difetti non dolosamente occultati dal venditore si prescrive, in ogni caso, in ventisei mesi dalla consegna del bene: a differenza di quanto accade nel codice civile è stata introdotta una differenziazione tra il termine di durata della garanzia (fissato in due anni dalla consegna), e quello di prescrizione dell'azione, che è più ampio (cfr. ult. comma art. 132 cod. cons.). In questo modo, il legislatore ha inteso prolungare il periodo di prescrizione nell'ipotesi in cui il difetto di conformità si sia manifestato nei giorni che precedono la scadenza della garanzia, dando la possibilità al consumatore che abbia scoperto il difetto l'ultimo giorno utile di avere a disposizione per intero il termine di decadenza per effettuare la denuncia alla propria controparte.

Responsabilità del produttore: casistica

In punto di responsabilità del produttore, la giurisprudenza ha avuto modo di affermare che gli obblighi sullo stesso gravanti non possono ragionevolmente estendersi all'impiego di materiali, o all'adozione di cautele specifiche, tali da reggere anche ad un uso del prodotto univocamente prospettato all'utente come non conforme a minimali modalità di utilizzo, queste ultime a loro volta corrispondenti a regole di comune prudenza, non particolarmente gravose, né implicanti apprezzabili limitazioni nell'impiego del bene: in applicazione di tale principio, la S.C., con sentenza n. 16808/2015, ha escluso la responsabilità del fabbricante per i danni subiti dall'attore a seguito dello scoppio dello pneumatico di una ruota di un carrellino pieghevole, che lo stesso danneggiato aveva gonfiato adoperando il compressore ad una pressione superiore di circa quattro volte a quella massima, chiaramente indicata sulla ruota da gonfiare.

Sulla natura della responsabilità e sui soggetti legittimati all'esperimento dei rimedi, v. Cass., n. 13458/2013 secondo cui la disciplina di cui agli artt. 114 - 127 del codice del consumo prevede un tipo di responsabilità che prescinde dalla colpa del produttore, conseguendo alla mera “utilizzazione” del prodotto difettoso da parte della vittima: sicché, legittimati a far valere la pretesa risarcitoria in forza di tale disciplina risultano tutti i soggetti che si sono trovati esposti, anche in maniera occasionale, al rischio derivante dal prodotto difettoso, riferendosi la tutela accordata all'“utilizzatore” in senso lato, e non esclusivamente al consumatore o all'utilizzatore non professionale.

Di recente la Corte ha avuto modo di precisare che la responsabilità da prodotto difettoso ha natura presunta, e non oggettiva, poiché prescinde dall'accertamento della colpevolezza del produttore, ma non anche dalla dimostrazione dell'esistenza di un difetto del prodotto. Incombe, pertanto, sul soggetto danneggiato - ai sensi dell'art. 120 del d.lgs. n. 206 del 2005 (cd. codice del consumo), come già previsto dall'8 del d.P.R. n. 224 del 1988 - la prova del collegamento causale non già tra prodotto e danno, bensì tra difetto e danno e, una volta fornita tale prova, incombe sul produttore - a norma dell'art. 118 dello stesso codice - la corrispondente prova liberatoria, consistente nella dimostrazione che il difetto non esisteva nel momento in cui il prodotto veniva posto in circolazione, o che all'epoca non era riconoscibile in base allo stato delle conoscenze tecnico-scientifiche (v. Cass. III, n. 11317/2022; Cass.  III n. 29828/2018 ove la Corte ha cassato la decisione di merito che, valorizzando la prova testimoniale in contrasto con le risultanze della disposta consulenza, aveva erroneamente desunto la pericolosità di un fuoco di artificio dal mero verificarsi del danno conseguente all'esplosione anticipata del medesimo, tralasciando le risultanze della consulenza tecnica d'ufficio ove era stato escluso che il prodotto presentasse difetti di fabbricazione e posto in rilievo che l'evento si fosse verificato per il malgoverno del mortaio da parte del danneggiato).

Rilevante in punto di individuazione del soggetto responsabile (e di rapporti tra produttore, distributore e soggetto eventualmente deputato alla manutenzione) si segnala Cass. civ. sez. III ord. 21.1.2020 n. 1172 ove  la Corte ha escluso la responsabilità della società produttrice con la motivazione che la circostanza che la manutenzione venisse effettuata da società diversa, tramite il proprio personale, preclude l’applicabilità dell’art. 2049 c.c., stante l'autonomia dell'appaltatore e la mancanza di prova di culpa in eligendo. L'unica ingerenza della società proprietaria era infatti la verifica dell'attività svolta dall'appaltatrice, al fine di corrispondere gli importi da questa fatturati (nella fattispecie,  una bimba di due anni, a causa di un erroneo scambio con una bottiglia di acqua minerale, aveva bevuto in un bar un liquido corrosivo altamente concentrato, da cui erano derivate lesioni gravissime. I suoi genitori avevano citato la società proprietaria della macchina distributrice di bevande; quest'ultima, a sua volta, aveva chiamato in causa il dipendente della società distributrice della bevanda, la società distributrice stessa, il gestore del bar unitamente alla moglie (che aveva servito il liquido alla minore) e ancora il dipendente del bar che aveva preso la bottiglia e l'aveva consegnata alla moglie del titolare; il Tribunale di Catania aveva riconosciuto la responsabilità, in via tra loro solidale, della società proprietaria del distributore unitamente al titolare del bar e al dipendente della società distributrice della bevanda).

Quanto ai rapporti tra distributore e produttore, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di rimarcare anche di recente i criteri in forza dei quali va individuato il soggetto da evocare in giudizio al fine di far valere la responsabilità risarcitoria: in Cass. civ., sez. III, 21841/2019  viene ribadito come, stante il disposto dell’art. 3 comma 3 D.P.R.224/88, non basta fare causa alla filiale italiana del produttore ubicato in altro stato UE, muovendo implicitamente dalla circostanza che la società distributrice in Italia sia equiparabile a quella produttrice, per avere essa il medesimo suo marchio.

Come già affermato nella sentenza n. 29327 del 7 dicembre 2017, la Suprema Corte ribadisce che il d.P.R. n. 224/1988 definisce quale produttore “anche chi si presenti come tale apponendo il proprio nome, marchio o altro segno distintivo sul prodotto o sulla sua confezione” ma accoglie il ricorso proposto dalla società distributrice affermando come la corte di merito abbia confuso il “diretto produttore” con l’”altro soggetto per il quale il primo fabbricava”, ovvero colui che si frapponeva nella catena dell’offerta del prodotto stesso al consumatore. Affinché la distributrice italiana potesse essere considerata società produttrice non era sufficiente che le due società appartenessero allo stesso gruppo e prevedessero nelle rispettive ragioni sociali il medesimo marchio, dovendosi piuttosto dimostrare una contitolarità del marchio, oppure che il venditore avesse in qualche modo partecipato alla costruzione del prodotto ed all’apposizione del marchio su di esso: «L’utilizzazione da parte dell’odierna ricorrente della parola Opel nella propria denominazione si appalesa affatto diversa dalla marcatura con l’apposizione del proprio nome, marchio o altro segno distintivo del prodotto, richiesta dalla norma di cui al Dpr 224/1988, art. 3, comma 3, per univocamente identificarlo e caratterizzarlo sul mercato. Né d’altro canto in base all’impugnata sentenza risulta dato evincersi se ricorra nella specie un’ipotesi di contitolarità o di comunione del marchio, ovvero di marchio di gruppo (…). O se non debba piuttosto ravvisarsi quale mero indice di collegamento dell’impresa dell’odierna ricorrente a quella altrui».

In punto di risarcimento del danno, si è precisato che colui il quale invoca la responsabilità del produttore non può limitarsi a provare il nesso di causa tra uso del prodotto e danno, dovendo provare in modo specifico il nesso tra difetto del prodotto e danno (nella specie la S.C. con ord. n. 12665/2013 ha rigettato la domanda risarcitoria del motociclista nei confronti del fabbricante nell'impossibilità di accertare l'esistenza del difetto atteso che il mezzo era andato distrutto).

Con particolare riferimento a fattispecie risarcitorie nelle quali si chieda il ristoro di pregiudizi non patrimoniali provocati dall'uso del prodotto difettoso, si veda Cass., n. 25116/2010 secondo la quale la circostanza che un prodotto cosmetico (nella specie, gel super abbronzante senza filtro solare) abbia arrecato danni alla salute dell'utilizzatore non è di per sé sufficiente per ritenere sussistente la responsabilità del produttore, posto che la presunzione di responsabilità è destinata ad operare solo laddove il danno risulti arrecato dal prodotto in condizioni di impiego normale, per tale intendendosi quello corrispondente alle caratteristiche del prodotto ed alle istruzioni fornite dal produttore.

Con la  recente sentenza n. 12225/2021, depositata il 10 maggio, la Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, confermata da Cass. III, n. 29387/2023è intervenuta in particolare sul tema della responsabilità del produttore per i danni cagionati da un prodotto farmaceutico difettoso, preliminarmente ritornando sulla nozione di prodotto difettoso, così come rinveniente dall’art. 177 del vigente Codice del consumo, sulla scorta del quale si considera difettoso non ogni prodotto genericamente insicuro, ma, piuttosto, quello che non raggiunga lo standard di sicurezza che il consumatore può legittimamente attendersi, in relazione ad una pluralità di elementi, quali le modalità con cui è stato messo in circolazione, la sua presentazione, le sue caratteristiche estrinseche, le istruzioni o avvertenze fornite dal produttore ai consumatori e l’uso cui lo stesso è destinato (nel medesimo senso Cass. III n. 29828/2018). Il concetto di sicurezza del prodotto, pertanto, appare strettamente connesso alle ipotesi di assenza o carenza di istruzioni ed è differente da quello di vizio del prodotto, di cui all’art. 1490 c.c., che può invece coincidere anche con un’imperfezione, che non ne determini la pericolosità per il consumatore. Secondo la Corte, inoltre, il solo verificarsi di un danno non è necessariamente indice di pericolosità del prodotto, da cui possa derivare la responsabilità del produttore, essendo, a tal fine, necessario l’accertamento del mancato raggiungimento dei livelli minimi di sicurezza imposti dalla legge o richiesti dall’utenza. In ordine all’onere della prova, ricorda la Corte, come spetti al danneggiato di provare l’esistenza del difetto ed il nesso causale fra quest’ultimo ed il danno subito, mentre sul produttore grava l’onere della prova liberatoria, consistente nella dimostrazione che il difetto non esisteva quando ha messo in circolazione il prodotto. Nel caso specifico in cui il prodotto difettoso sia un farmaco, per escludere la propria responsabilità al produttore non basterà provare di aver fornito, attraverso il foglio illustrativo, delle generiche avvertenze inerenti la carenza di sicurezza del prodotto, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata informazione, atta a consentire al consumatore di acquisire non solo la generica consapevolezza del possibile verificarsi di danni, ma piuttosto la concreta possibilità di valutare correttamente il rapporto fra i rischi e i benefici del farmaco, così da potersi esporre al rischio in modo consapevole e volontario e da poter adottare tutte le possibili precauzioni.

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