Atto di citazione per risarcimento danni da ingiuriaInquadramentoCon l'atto di citazione per il risarcimento dei danni, il soggetto leso nel nome, nell'onore e nella reputazione dalle ingiurie proferite in suo danno alla presenza di terzi, chiede il ristoro dei pregiudizi, specie non patrimoniali, in conseguenza del fatto – reato astrattamente ascrivibile al convenuto, a prescindere dalla rilevanza penale dello stesso. FormulaTRIBUNALE DI .... 1 ATTO DI CITAZIONE PER il Sig. ...., nato a ...., il ...., C.F. ...., residente in ...., rappresentato e difeso, come da procura in calce (oppure, a margine) del presente atto, dall'Avv. ...., C.F. ...., presso il cui studio elettivamente domicilia in .... Si dichiara di volere ricevere tutte le comunicazioni relative al presente procedimento al fax ...., ovvero all'indirizzo PEC.... PREMESSO CHE - nel corso del dibattito pubblico tenutosi in ...., presso la libreria ...., in occasione della presentazione del libro ...., scritto dall'istante, dopo la relazione iniziale dell'autore, era prevista la formulazione di alcune domande da parte del pubblico presente; - il Sig. .... , spettatore dell'evento, nel prendere la parola inveiva contro il Sig. .... , accusandolo di impreparazione e di arretratezza culturale e, nello specifico, pronunciando espressioni dal forte tono ingiurioso come “ignorante”, “raccomandato” ed, infine, apostrofandolo gravemente “... ....”; - in conseguenza dell'aggressione verbale, il Sig. .... veniva prontamente portato fuori dalla security presente all'interno della Libreria; - le espressioni usate costituiscono lesione dell'onore, della reputazione nonché, in generale, del buon nome dell'attore. Invero le affermazioni ingiuriose proclamate, oltre ad essere destituite di fondamento, hanno fortemente arrecato un danno all'immagine del Sig. ...., nonché causato un danno alla campagna pubblicitaria di presentazione del libro. L'istante, noto scrittore, ha visto il proprio buon nome infangato in luogo pubblico, in sua presenza ed in quella dei numerosi spettatori. Il fatto ha avuto risalto anche sui mass media (documento 1), tanto che nelle successive tappe di presentazione si è verificata una importante diminuzione di pubblico per il timore che episodi del genere potessero ripetersi; - non è la prima volta che il Sig. .... ha apostrofato pubblicamente l'attore. In già diverse occasioni ha perpetrato lo stesso comportamento, prontamente denunciato all'Autorità giudiziaria competente, come da allegate denuncia querele (documento 2); - per tali ragioni, l'istante ha diritto ad un risarcimento danni proporzionato alla portata e natura delle false informazione fornite, connesse alla condizione sociale della vittima, alla collocazione professionale, alle modalità, alle circostanze di tempo e di luogo in cui le offese si sono manifesta, nonché al contestuale discredito e lesione del suo decoro e della sua dignità. Il fatto deve ritenersi ancora più grave, in considerazione del reiterarsi del medesimo comportamento da parte del convenuto e tenuto conto delle condizioni sociali dello stesso (specificare la professione). Senza dimenticare che il Sig. .... non si è mai reso disponibile a porgere le sue scuse all'istante, in tal modo tentando di eliminare e/o attenuare le conseguenze dell'illecito; - con racc. a/r del ...., l'istante formulava richiesta di risarcimento dei danni, senza tuttavia avere alcun riscontro (documento 3).
Tutto ciò premesso, il Sig. ...., come sopra rappresentato, difeso e domiciliato, CITA il Sig. ...., nato a ...., il ...., C.F. ...., residente in ...., via ...., a comparire innanzi: - all'Ill.mo Tribunale di ...., Giudice istruttore designando ai sensi dell'art. 168 bis c.p.c., all'udienza del ...., ore di rito, con invito ex art. 163 c.p.c. a costituirsi, nelle forme e nei modi di cui all'art. 166 c.p.c., 70 giorni prima dell'udienza su indicata, ovvero di quella fissata a norma dell'art. 168 bis, ultimo comma, c.p.c., e con l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini comporterà le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., che la difesa tecnica è obbligatoria in tutti i giudizi dinanzi al Tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'art. 86 o da leggi speciali e che la parte, sussistendone i presupposti di legge può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio gratuito a spese dello stato e che, non costituendosi, si procederà, ugualmente, in sua contumacia e per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni: - accertare e dichiarare il convenuto responsabile di ingiuria nei confronti di Sig. .... e per l'effetto: condannare il convenuto, anche con riferimento alle singole azioni causatrici di danno, al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, subiti e subendi, da liquidarsi, anche in via equitativa, nella misura di Euro .... o in quella diversa, minore o maggiore, comunque ritenuta di giustizia, oltre rivalutazione monetaria ed interessi nella misura di legge sulla somma rivalutata. - condannare il convenuto alla corresponsione di una somma a titolo sanzione pecuniaria civile da determinarsi tenuto conto della gravita' della violazione, della reiterazione dell'illecito, dell'arricchimento del soggetto responsabile, dell'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze dell'illecito, della personalità' e delle condizioni economiche dell'agente 2. Con vittoria di spese ed onorari ed attribuzione in favore del procuratore antistatario. IN VIA ISTRUTTORIA (indicazione dei mezzi istruttori di cui si intende valere): (ESEMPIO) Si chiede, inoltre, di essere ammesso alla prove per testimoni sulle circostanze indicate in premessa/in punto di fatto, dal numero .... al numero ...., preceduti dalla locuzione “Vero è che”, ovvero sulle seguenti circostanze (formulare i capi di prova preceduti dalla locuzione “Vero che...”) .... A tal fine si indicano come testimoni i Sig.ri: 1) il Sig. ...., residente in ....; 2) il Sig. ...., residente in .... Si allegano i documenti 1), 2), 3), 4) e 5) indicati nella narrativa del presente atto, riservandosi di produrne altri con le memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., la concessione dei cui termini sin da ora viene richiesta. Ai sensi del d.P.R. n. 115/2002 e successive modificazioni, si dichiara che il valore del presente procedimento è pari ad Euro .... e, pertanto, all'atto di iscrizione a ruolo della causa, viene versato un contributo unificato pari ad Euro .... Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA [1] [1] Ild.lgs. n. 7/2016 stabilisce che il procedimento per ottenere ilrisarcimento del danno da ingiuriadebba essere avviato nelle forme ordinarie stabilite dal codice di procedura civile: sicché deve ritenersi che valga la regola generale secondo cui il giudizio va introdotto con citazione, al tribunale o al giudice di pace. Nelle ipotesi in cui il danno lamentato dalla vittima sia inferiore a 10.000 Euro, la causa andrà instaurata innanzi al giudice di Pace, nel rispetto delle forme di cui agli artt. 316-318 c.p.c., novellati dal D.lgs. n. 149/2022. Per quelle di importo superiore la competenza è del Tribunale. [2] [2] Ild.lgs. n. 7/2016 stabilisce che la sanzione va da un minimo di 200 euro a un massimo di 12.000 euro e viene versata non alla vittima ma all'Erario in persona della Cassa delle ammende. CommentoNozione e principi generali L'ingiuria era il reato previsto dall'art. 594 c.p. L'onore attiene alla sfera psichica del soggetto e consiste nel sentimento che egli ha del proprio valore e che viene leso da quegli addebiti o quelle offese che alterano in senso peggiorativo l'auto-percezione. La dimensione civilistica dell'onore è, quindi, differente da quella dominante nel campo penale, ciò specie in quanto la tipicità delle disposizione penali fissa in misura più rigida la consistenza del bene tutelato. La concezione civilistica, invece, è svincolata da parametri “medi” di onorabilità e rispettabilità e si caratterizza per una maggiore ampiezza, finendo col ricomprendere molteplici aspetti della personalità. Tali aspetti sono riassunti nella centralità della persona umana nel nostro sistema costituzionale e sovra-nazionale: la genesi ed il contenuto dell'art. 2 Cost. sono inequivoci sul punto, assurgendo l'onore e la reputazione a “diritti inviolabili” dell'uomo. In tal senso militano poi i numerosi atti e convenzioni internazionali ratificati dall'Italia che prevedono espressamente il diritto all'onore ed alla reputazione (Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, Convenzione Europea sui Diritti dell'Uomo, Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, e da ultimo l'art. 1 della Carta Fondamentale dei Diritti dell'Unione Europea). Risarcibilità del danno e sua liquidazione La giurisprudenza civilistica riconosce la risarcibilità del danno (anche non patrimoniale) derivante dal detto fatto illecito e ciò a prescindere dall'accertamento in sede penale di un fatto costituente reato (v. tra le altre Cass. III, n. 22190/2009 secondo la quale “l'onore e la reputazione, la quale si identifica con il senso della dignità personale in conformità all'opinione del gruppo sociale, secondo il particolare contesto storico, costituiscono diritti della persona costituzionalmente garantiti e, pertanto, alla luce di un'interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 2043 e 2059 c.c., la loro lesione è suscettibile di risarcimento del danno non patrimoniale, a prescindere dalla circostanza che il fatto lesivo costituisca o meno reato”; nello stesso senso, Cass. III, n. 15742/2018; v. anche Cass. III, n. 25157/2008). Giova evidenziare, da ultimo, che non vale ad escludere la risarcibilità del danno la ricorrenza di una causa di non punibilità (v. tra le altre Cass. III, n. 8911/1995 secondo cui “l'esimente della provocazione di cui all'art. 599, ultimo comma, del codice penale esclude la punibilità dei reati di ingiuria e diffamazione, ma non la natura di illecito civile del fatto e l'esistenza di una obbligazione risarcitoria dell'autore dello stesso, se ne sia derivato un danno al soggetto leso”). Trattasi di una tipica ipotesi di danno risarcibile ex art. 2059 c.c., in quanto derivante da fatto costituente reato; la legittimazione attiva spetta alla persona che ha subito l'ingiuria. In particolare, si discute della risarcibilità del danno da ingiuria in favore della persona giuridica: un'isolata pronuncia (cfr. Cass. pen., n. 3756/1988) sembra ammettere la possibilità che la persona giuridica assuma la qualità di soggetto passivo del reato di ingiuria ex art. 594 c.p.; la prevalente dottrina civilistica ritiene, al contrario, che l'«onore in senso soggettivo», inteso come il sentimento che ciascun soggetto ha del proprio valore sociale, non sia configurabile rispetto alla persona giuridica, non potendo distinguersi dall'onore individuale dei singoli partecipanti. La relativa liquidazione è rimessa alla valutazione equitativa del giudice, sfuggendo necessariamente ad una precisa individuazione analitica, restando giocoforza affidata al criterio equitativo, come tale non sindacabile in sede di legittimità, ove il giudice del merito abbia dato conto dei criteri adottati e la valutazione medesima risulti congruente al caso e non sia, per difetto o per eccesso, palesemente sproporzionata (ex multis v. Cass., n. 11039/2006; Cass. III, n. 6519/2004). È stato, infatti, precisato che unica possibile forma di liquidazione - per ogni danno che sia privo, come il danno morale, delle caratteristiche della patrimonialità - è quella equitativa, sicché la ragione del ricorso a tale criterio è insita nella natura stessa del relativo pregiudizio e nella funzione del risarcimento realizzato con una somma di denaro, che non è reintegratrice di una diminuzione patrimoniale, ma compensativa di un pregiudizio non economico, con la conseguenza che non si può fare carico al giudice di non aver indicato le ragioni per le quali il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare - costituente, in linea generale, la condizione per il ricorso alla valutazione equitativa (art. 1226 c.c.) - giacché per il danno intanto una precisa quantificazione pecuniaria è possibile, in quanto esistano dei parametri normativi fissi di commutazione, in difetto dei quali il danno non patrimoniale non può mai essere provato nel suo preciso ammontare. I parametri comunemente utilizzati sono quelli della gravità dell'addebito, della sua evidenza, della qualità del soggetto offensore e di quello leso, nonché – infine – l'incidenza sulla vita di relazione (Cass. III, n. 25171/2007 cit.). Canoni interpretativi di portata generale per valutare l'offensività di un'espressione sono il contesto spazio-temporale in cui l'espressione ingiuriosa viene pronunciata ( Cass. pen., sez. V, sent., n. 32907/2011 ), avendo riguardo alla sensibilità sociale dei presenti ed a l rapporto tra il significato oggettivo dell'espressio ne ingiuriosa ed il significato specificamente attribuito dalle parti (offensore ed offeso). La depenalizzazione dell'ingiuria e la sanzione pecuniaria Col d.lgs. n. 7/2016, in attuazione della delega in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio di cui all'art. 2, comma 3, l. n. 67/2014, si è inteso abrogare una serie di reati e porre al loro posto illeciti puniti con sanzioni pecuniarie civili, da irrogarsi ad opera del giudice civile. Tale normativa è entrata in vigore il 6 febbraio 2016: tuttavia, la disposizione transitoria contenuta nell'art. 12 del medesimo testo, la rende applicabile pure ai fatti commessi anteriormente; giova, altresì, precisare che, alla luce dell'art. 9, dovrà attendersi l'emanazione di un decreto ministeriale che definisca «termini e modalità per il pagamento della sanzione pecuniaria civile, nonché le forme per la riscossione dell'importo dovuto». Sotto il profilo processuale, posto che il potere di irrogazione della sanzione spetta al medesimo giudice competente a conoscere della domanda risarcitoria e che, ai sensi dell'art. 9, si applicano le disposizioni del c.p.c. in quanto compatibili, la relativa domanda si innesterà in un ordinario processo di cognizione nel quale venga formulata una domanda di risarcimento del danno da responsabilità extracontrattuale, sebbene i fatti in discussione siano destinati a trovare il loro referente normativo di sussunzione, non nella fattispecie indeterminata della norma dettata nel codice civile, bensì nelle fattispecie specificamente descritte nell'articolato in commento. In detto processo, lo Stato eserciterà anche la sua pretesa punitiva consistente nell'irrogazione di una sanzione pecuniaria, esercizio che è demandato allo stesso giudice, il quale, come sembra, non può, ma piuttosto deve irrogare la detta sanzione per il caso in cui sia accolta la domanda risarcitoria (stando alla formulazione dei i primi due commi dell'art. 8 del d.lgs., ove si legge che le sanzioni pecuniarie civili sono applicate dal giudice competente a conoscere dell'azione di risarcimento del danno e, per altro verso, che egli decide sull'applicazione della sanzione civile pecuniaria al termine del giudizio, qualora accolga la domanda di risarcimento del danno proposta dalla persona offesa). Trattasi di sanzione pecuniaria, che di per sé non si trasmette agli eredi (art. 9, comma 6) e il cui provento è devoluto a favore della Cassa delle ammende (art. 10); pronuncia, quella sanzionatoria, rispetto alla quale la condanna al risarcimento del danno si appalesa come elemento pregiudiziale necessario. I fatti costitutivi delle due pretese (quella risarcitoria e quella sanzionatoria) saranno inevitabilmente differenti: ai fini della sussistenza della pretesa punitiva dello Stato, occorrerà il dolo del colpevole, rivelandosi per contro sufficiente, ai fini del risarcimento del danno, anche la sola colpa. Analogamente, per quanto concerne i fatti impeditivi, modificativi ed estintivi suscettibili di essere fatti valere sub specie di eccezione, non vi è coincidenza tra risarcimento e sanzione: basti pensare al fatto che nel caso di ingiuria, lo stato d'ira del colpevole determinato da fatto ingiusto altrui, sempre che la condotta illecita sia stata posta in essere nell'immediatezza, non consente la punizione, mentre essa non rileva nella decisione relativa alla pretesa risarcitoria (art. 4, comma 3), o, ancora al fatto che, se le offese sono reciproche, il giudice può non applicare la sanzione pecuniaria civile ad uno o ad entrambi gli offensori (art. 4, comma 2). È bene evidenziare, altresì, che, con riguardo alla pretesa sanzionatoria, non vige il principio della domanda, dovendo procedere il giudice d'ufficio. Dubbi si pongono nella dottrina che, per prima ha commentato la novella legislativa, quanto all'attuazione del principio del contraddittorio, al rapporto tra poteri di parte e poteri del giudice, nonché all'operare in concreto del regime delle preclusioni. Quanto al contraddittorio, all'art. 8 comma 3 si legge che la «sanzione pecuniaria civile non può essere applicata quando l'atto introduttivo del giudizio è stato notificato nelle forme di cui all'articolo 143 del codice di procedura civile, salvo che la controparte si sia costituita in giudizio o risulti con certezza che abbia avuto comunque conoscenza del processo»: viene, dunque, esclusa l'irrogabilità della sanzione con riguardo agli irreperibili, ma non anche nei confronti dei contumaci. Quanto, poi, all'equilibrio tra i poteri di parte ed i poteri del giudice, è evidente come rispetto ai fatti ed alle questioni rilevanti per la pretesa punitiva dello Stato, il principio inquisitorio prevalga sul principio dispositivo, andando per certi versi anche oltre il divieto di scienza privata, tipico del processo civile. Con riguardo, tuttavia, allo stato d'ira del convenuto, che scrimina solo alla duplice condizione che esso, per un verso, sia stato provocato da un fatto ingiusto altrui e che, per altro verso, il comportamento per così dire reattivo sia stato immediato, tutti gli elementi fattuali rilevanti devono essere allegati dal convenuto o comunque risultare dagli atti, con la conseguenza che egli subirà la sanzione pecuniaria civile se, risultando provati i relativi fatti costitutivi della pretesa punitiva dello Stato, non risultano provate alcune o tutte le circostanze rilevanti in relazione alla questione "scriminante". Residua, poi, un dubbio in ordine alla regola di giudizio da utilizzare, che vale per ogni elemento rilevante, tra i quali pure, nella misura in cui concretamente conta, il nesso causale tra il comportamento dell'agente e l'evento dannoso. A tal proposito, si suole dire che, se il giudice penale deve attenersi al canone dell' "al di là di ogni ragionevole dubbio", e ciò in applicazione del principio per cui in dubio pro reo, il giudice civile deve, invece, attenersi al principio c.d. del "più probabile che non". Cosicché, è possibile che la stessa vicenda conduca un soggetto alla condanna al risarcimento del danno in sede civile, nella quale emerge con più rilevanza la figura del danneggiato, e non anche alla condanna penale. Ciò perché, se nel primo contesto è sufficiente il canone della probabilità, nel secondo, invece, si deve fare applicazione di un più rigido canone di certezza, sintetizzabile nella già ricordata formula del "al di là di ogni ragionevole dubbio". La decisione in ordine alla pretesa punitiva dello Stato è condizionata dalla decisione sulla pretesa risarcitoria fatta valere dall'attore. Se la domanda dell'attore è rigettata, non è irrogabile la sanzione pecuniaria civile. Dunque, l'insussistenza della pretesa risarcitoria del privato rende non ipotizzabile la sussistenza della pretesa punitiva dello Stato. Infine, sempre per quel che riguarda la decisione, l'art. 7 della normativa in commento specifica che quando più persone concorrono nell'illecito, ciascuna di esse soggiace alla sanzione pecuniaria civile per esso stabilita. Questa norma, ricalcata sulla falsariga dell'art. 5 della l. n. 689/1981, poco ha a che fare con l'art. 110 c.p. e ancor meno con il modello della responsabilità solidale di cui all'art. 2055 c.c. (posto che il senso della stessa non sta nel richiedere al giudice una sola determinazione sanzionatoria, da pretendere secondo lo schema della solidarietà e poi, dal lato passivo, da ripartire internamente per quote, bensì essa sta nell'irrogazione più volte della sanzione, una per ogni "colpevole"). |