Atto di citazione per danni da falsa testimonianza in procedimento penale per querela

Maria Carolina De Falco

Inquadramento

I reati di calunnia e falsa testimonianza, se costituiscono condotte determinanti a danneggiare il corretto funzionamento della giustizia, sono, in presenza di determinati requisiti, idonei anche a recare danno (patrimoniale e non patrimoniale) alla persona che ne subisce le conseguenze (il denunciato/querelato; il soggetto cui nell'ambito di una testimonianza vengano attribuite condotte non effettivamente tenute).

Ebbene, in sede civile - ed autonomamente dallo svolgimento di un procedimento penale che accerti l'integrazione del reato - il soggetto danneggiato può ottenere ristoro degli effetti della condotta altrui, purché riesca a dimostrare la intenzione calunniosa ed il dolo della falsa testimonianza.

Nel presente atto una sorella agisce contro il fratello al fine di ottenere la sua condanna al risarcimento dei danni morali, per aver sporto querela contro di lei attribuendole una condotta mai tenuta, e per aver reso nel procedimento penale la relativa falsa testimonianza, essendo rimasta assolta dal reato falsamente attribuitole.

Formula

TRIBUNALE DI .... [1]

ATTO DI CITAZIONE

Sig.ra .... [2], nata a .... il ...., residente in .... alla via .... n. ...., C.F. ...., elettivamente domiciliata in .... alla via .... n. .... [3] presso lo studio dell'Avv. ...., C.F. .... [4] che la rappresenta e difende in virtù di procura in calce del presente atto, il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni al n. di fax .... [5] o all'indirizzo di posta elettronica ....@ ...., [6] espone quanto segue.

FATTO [7] E DIRITTO:

1. In data .... l'istante è stato invitato presso l'Ufficio di Polizia di ...., presso il quale gli è stato consegnato avviso di conclusione delle indagini preliminari svolte a suo carico per il reato di .... e è stato invitato ad eleggere domicilio e a nominare un difensore di fiducia;

2. in data ...., l'istante ha preso visione del fascicolo del P.M., depositato presso la Procura della Repubblica di ...., venendo a conoscenza che la denuncia per il reato di .... è stata presentata da suo fratello ....;

3. in data ...., nel corso dell'istruttoria dibattimentale, è stato ascoltato il Sig. ...., come testimone il quale, interrogato dal P.M. ha affermato che ....;

4. concluso il dibattimento, in data ...., il Tribunale di ...., ha pronunciato sentenza di assoluzione, ritenendo che l'istante non ha commesso il fatto ex art ....contestatogli;

5. attesa l'assoluta infondatezza delle accuse mosse a carico dell'istante, la condotta realizzata dal sig. ...., il quale ha denunciato .... per il reato di ...., pur conoscendone l'innocenza, integra gli estremi del reato di calunnia ex art. 368 c.p.;

6. allo stesso modo, la condotta realizzata dal sig. ...., il quale ha affermato che ...., pur conoscendo la non veridicità delle proprie affermazioni, integra gli estremi del reato di falsa testimonianza ex art. 372 c.p.;

7. dette condotte risultano ingiustamente lesive dell'immagine, della dignità e del decoro dell'istante e obbligano, conseguentemente, il Sig. .... e il Sig. ...., al risarcimento del danno morale patito a causa delle stesse dal Sig. ....;

8. Con lettere raccomandate del .... e del ...., l'istante invitava, rispettivamente, il Sig. .... e il Sig. ...., al procedimento di negoziazione assistita, ma ambo le richieste restavano inevase.

DIRITTO

1. Sul danno morale da falsa testimonianza

La domanda di risarcimento del danno morale patito da .... a causa della falsa testimonianza effettuata nei suoi confronti da ....non può che ritenersi fondata.

Secondo la giurisprudenza di legittimità ormai prevalente, “è principio informatore della materia risarcitoria che il danno morale derivante da un fatto integrante reato è per ciò solo meritevole di tutela da parte dell'ordinamento [8].

Ovviamente, affinché sia risarcibile il danno morale derivante del reato, ancorché non sia necessaria la sussistenza di un pronunciamento formale di condanna nei confronti dell'agente, l'attore, in sede civile, deve dar prova della sussistenza degli elementi costitutivi del reato, cioè elemento oggettivo, elemento soggettivo e nesso causale tra la condotta e l'evento previsti dall'art. 2043 c.c.

Nel caso di specie, il fatto commesso da ...., integra gli estremi del reato ex art. 372 c.p., in quanto il Sig. ...., interrogato nel processo penale a carico dell'istante in data ...., ha affermato che ...., pur conoscendo la falsità delle proprie affermazioni.

Ed infatti, il Sig. .... nel giorno ...., alle ore ...., si trovava presso ...., e non sul luogo del reato, circostanza, questa, debitamente evidenziata dalla difesa dell'istante in sede penale e riscontrata dal Tribunale di ...., che ha prosciolto il Sig. ....dalle accuse mosse a suo carico.

Né osta al risarcimento del danno la circostanza che il danno in concreto patito dall'istante non coincida con la lesione del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice [9].

Nel caso di specie, pertanto, la mendace dichiarazione di ...., oltre ad ostacolare il tempestivo e ottimale svolgimento dell'attività giudiziaria, ha leso l'onore, la dignità e il decoro di .... che, a seguito della condotta, pativa gravi turbamenti e sofferenze, manifestatesi in crisi di piano, attacchi di ansia e tremori.

2. Sul danno morale da calunnia

Allo stesso modo, anche la condotta calunniosa di ...., risultando lesiva dell'immagine, della dignità e del decoro dell'istante, obbliga il Sig. ....al risarcimento del danno morale dall'istante patito in ragione della stessa.

Le considerazioni effettuate in tema di falsa testimonianza valgono, infatti, anche per la condotta calunniosa di ...., in quanto non osta all'accoglimento della domanda risarcitoria la circostanza che il bene giuridico leso da .... con la condotta, cioè il corretto funzionamento della giustizia, non coincida con il danno prodotto dalla commissione del reato.

Nel caso di specie, la condotta di ...., integra gli estremi del reato ex art. 368 c.p., in quanto ...., per mezzo di denuncia, ha incolpato l'istante del reato di ...., pur conoscendone l'innocenza.

Sussiste, infatti, nel denunciante, la consapevolezza dell'innocenza di ...., in quanto il denunciante è legato al danneggiato da vincoli di parentela.

La prova dell'elemento soggettivo della condotta, quindi della consapevolezza dell'innocenza del calunniato, è particolarmente rilevante quando la calunnia sia realizzata per mezzo di denuncia [10].

Sussistendo, nel caso di specie, la consapevolezza dell'innocenza di ...., la denuncia di reato presentata da ...., in quanto integrante gli estremi di reato, obbliga il medesimo al risarcimento del danno morale patito dall'istante.

A seguito dell'apertura del processo penale a suo carico, infatti, ...., ha subito considerevole frustrazione ed afflizione per l'intera vicenda, manifestatosi in attacchi di panico, crisi di pianto e tremori.

Detto danno, consistendo in un pregiudizio di tipo non economico ma personale e quindi difficilmente quantificabile nel suo esatto ammontare da parte attrice, va liquidato dal giudice in via equitativa, tenendo conto delle circostanze del caso concreto quali la gravità del fatto, le condizioni soggettive delle vittima, l'entità della relativa sofferenza e del turbamento del suo stato d'animo [11].

Tutto ciò premesso l'attore, come in epigrafe rappresentato, difeso e domiciliato

CITA

il Sig. ...., (C.F. ....), residente in .... via .... n. ...., a comparire innanzi al Tribunale di ...., nell'udienza del ...., ora di rito, dinanzi al Giudice Istruttore che sarà designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., con l'invito a costituirsi nel termine di almeno venti giorni prima della suddetta udienza ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c., con l'avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui agli artt. 167 e 38 c.p.c. e che, in difetto di costituzione, si procederà in sua contumacia, per sentir accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia il Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, accertare la fondatezza della domanda e, per l'effetto, condannare il convenuto a corrispondere all'attrice, a titolo di risarcimento danni non patrimoniali la somma di euro ...., quantificata in via indicativa, o comunque la minore o maggiore somma ritenuta equa dall'adito Tribunale, oltre rivalutazione e interessi.

Con vittoria di spese, competenze e onorari del giudizio. Con sentenza provvisoriamente esecutiva ex lege.

IN VIA ISTRUTTORIA CHIEDE:

disporsi CTU sulle telecamere, al fine di accertare l'angolo prospettico delle stesse;

ammettersi prova testimoniale sui seguenti capitoli di prova e per i testi a fianco di ciascuno indicati:

1) «Vero che la Sig.ra ....evitava di accendere le luci in ....» - Sig. ....

2) «Vero che la Sig.ra ....si allontanava sempre dalle finestre ....» - Sig. ....

3) «Vero che la Sig.ra ....lasciava sempre le persiane abbassate» - Sig. ....

Si allegano:

1) perizia di parte sull'angolo prospettico delle telecamere

2) lettera raccomandata a.r.

3) ....

4) ....

Ai sensi dell'art. 14, comma 2, d.P.R. n. 115/2002 si dichiara che il valore del presente procedimento è di Euro ....

Luogo e data ....

Firma Avv. ....

PROCURA AD LITEM

Nella qualità, conferisco il potere di rappresentanza e difesa, in ogni fase, stato e grado del giudizio ed atti inerenti, conseguenti e successivi, ivi compresa l'eventuale fase esecutiva ed il giudizio di opposizione, all'Avv. ...., ivi compreso il potere di proporre domande riconvenzionali, chiedere provvedimenti cautelari, chiamare terzi in causa, farsi sostituire, transigere, conciliare, abbandonare il giudizio e rilasciare quietanze.

L'autorizzo, ai sensi dell'art. 13 d.l. n. 196/2003, ad utilizzare i dati personali per la difesa dei miei diritti e per il perseguimento delle finalità di cui al mandato, nonché a comunicare ai Colleghi i dati con l'obbligo di rispettare il segreto professionale e di diffonderli esclusivamente nei limiti strettamente pertinenti all'incarico conferitoLe.

Ratifico sin d'ora il Suo operato e quello di eventuali Suoi sostituti.

Eleggo domicilio presso il Suo studio in ....(indicare la città), via ....n ....

Dichiaro di essere stato informato ai sensi dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto, come da specifico atto separato.

Luogo e data ....

Firma ....

La firma è autografa

Firma Avv. ....

[1] Il foro stabilito dall'art. 20 c.p.c., per le cause relative a diritti di obbligazione concorre con i fori generali di cui agli artt. 18 e 19 c.p.c. e l'attore può liberamente scegliere di adire uno dei due fori generali, oppure il foro facoltativo dell'art. 20 c.p.c. La norma - infatti - stabilisce che per le cause relative a diritti di obbligazione (tra le quali rientrano anche le obbligazioni scaturenti da responsabilità extracontrattuale) è anche competente il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi la obbligazione. In particolare, in tema di obbligazioni nascenti da fatto illecito, l'azione di risarcimento sorge nel luogo in cui l'agente ha posto in essere l'azione produttiva del danno (forum commissi delicti) e in relazione a tale luogo deve essere determinata la competenza territoriale ex art. 20 c.p.c. (Cass. II, n. 13223/2014).

[2] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., dalla l. 15 luglio 2011, n. 111).

[3] L'elezione di domicilio nel Comune in cui ha sede il Tribunale adito è obbligatoria: essa individua il luogo legale ove effettuare le comunicazioni e notificazioni inerenti al processo: artt. 165 e 170 c.p.c.

[4] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c..

[5] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla disposizione testè ricordata, «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

[6] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. 90/2014 conv., con modif., dalla legge n. 114/2014. L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014, conv. con modif., dalla legge n. 114/2014.

[7] L'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragione della domanda dell'attore rappresenta un elemento essenziale della citazione. L'indicazione della causa petendi, e cioè del titolo della domanda, è richiesto dall'art. 163 comma 3, n. 4 c.p.c. Tuttavia solo la mancanza dell'indicazione dei fatti posti a fondamento della domanda produce la nullità della citazione a norma dell'art. 164, comma 4, c.p.c.

[8] Cfr. Cass. n. 5109/2007.

[9] Ed invero, secondo giurisprudenza di legittimità “Purché eziologicamente collegato alla commissione del reato di falsa testimonianza, è risarcibile qualunque danno anche quello morale e non soltanto quello conseguente alla lesione del bene tipicamente protetto dalla norma penale; conseguentemente, sebbene nel reato di falsa testimonianza il bene giuridico protetto dalla norma sia il normale svolgimento dell'attività giudiziaria e la persona offesa sia lo Stato - collettività, la persona che abbia risentito in via diretta ed immediata un danno per effetto della commissione del reato può pretenderne il risarcimento” (Cass. n. 17622/2003).

[10] Ed invero, per giurisprudenza costante di legittimità “la denuncia di un reato perseguibile di ufficio non è fonte di responsabilità per danni a carico del denunciante, se non quando essa possa considerarsi calunniosa. Al di fuori di tale ipotesi, l'attività del Pubblico Ministero si sovrappone all'iniziativa del denunciante, interrompendo così il nesso causale tra tale iniziativa ed il danno eventualmente subito dal denunciato” (Cass. n. 5597/2015).

[11] Cfr. Cass. n. 20895/2015.

Commento

Premessa

Come già verificato nel trattare la tematica del risarcimento del danno da reato in genere, il giudice civile investito della domanda di risarcimento del danno da reato deve procedere a un autonomo accertamento dei fatti e della responsabilità con pienezza di cognizione, non essendo vincolato alle soluzioni e alle qualificazioni del giudice penale, anche se può legittimamente utilizzare come fonte del proprio convincimento le prove raccolte in un giudizio penale definito con sentenza passata in cosa giudicata e fondare la decisione su elementi e circostanze già acquisiti con le garanzie di legge in quella sede, procedendo a tal fine a diretto esame del contenuto del materiale probatorio, ovvero ricavando tali elementi e circostanze dalla sentenza, o se necessario, dagli atti del relativo processo, in modo da accertare esattamente i fatti materiali sottoponendoli al proprio vaglio critico (Cass. III, n. 13656/2014).

Con riguardo specifico al risarcimento del danno da falsa testimonianza e calunnia, il Giudice civile - anche a prescindere dalla celebrazione di un procedimento penale che accerti la commissione dei predetti reati in danno all'attore deve verificare la sussistenza - anche se incidenter tantum - dei reati menzionati e la sussistenza e l'esistenza dei danni lamentati.

La calunnia

L'art. 368 c.p. recita “Chiunque, con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all'Autorità giudiziaria o ad un'altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne o alla Corte penale internazionale, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, è punito con la reclusione da due a sei anni. La pena è aumentata se s'incolpa taluno di un reato per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni, o un'altra pena più grave. La reclusione è da quattro a dodici anni, se dal fatto deriva una condanna alla reclusione superiore a cinque anni; è da sei a venti anni, se dal fatto deriva una condanna all'ergastolo”.

La calunnia, disciplinato dall'art. 368 c.p., è, per comune affermazione, di un reato di pericolo con la conseguenza che per la sua integrazione è necessaria e sufficiente la possibilità concreta che l'autorità giudiziaria dia inizio al procedimento per accertare il reato incolpato con danno per il normale funzionamento della giustizia.

Pertanto, in via preliminare, lo stesso deve essere escluso quando il reato oggetto dell'accusa sia perseguibile a querela di parte e questa non risulti presentata (Cass. pen., VI, n. 18116/2011; mentre invece « la calunnia deve invece ritenersi sussistente quando il fatto oggetto dell'incolpazione non costituisca più reato o diventi perseguibile a querela per sopravvenuta innovazione legislativa, ovvero risulti coperto da una causa estintiva, come la prescrizione o l'amnistia »: cfr. Cass. VI, n. 8142/1991).

Visto, allora, che solo quella condotta simulatoria effettivamente caratterizzata dall'idoneità a determinare l'inizio di un procedimento penale (a partire dagli atti di polizia giudiziaria diretti all'acquisizione delle prove e all'identificazione del colpevole) vale ad integrare gli estremi del reato di cui all'art. 367 c.p., « il giudice chiamato a delibare sull'esistenza di tale fattispecie ha il dovere di verificare, in base alla complessiva denuncia, se la “notitia criminis” sia idonea in concreto, e non in base ad un'astratta possibilità, a provocare l'inizio di un procedimento penale» (cfr. Cass. pen. VI, n. 20045/2009).

È escluso il reato di calunnia laddove la denuncia sia eseguita nei confronti di un soggetto diverso dall'Autorità Giudiziaria o a soggetto che abbia l'obbligo di riferire ad essa (ad esempio è stato escluso il reato di calunnia in ordine alla falsa incolpazione dei reati di omissione di soccorso e lesioni colpose contenute nella richiesta di risarcimento dei danni diretta ad un ente assicurativo visto che esso non ha alcun obbligo (ma solo la facoltà, ai sensi dell'art. 333 c.p.p.) di riferire all'autorità giudiziaria degli eventuali reati che emergono dalle richieste di risarcimento del danno a loro avanzate: Ufficio Indagini preliminari Nola, 18 novembre 2007).

Si è altresì chiarito che «È configurabile il reato di calunnia quando, pur attribuendosi a taluno una condotta di per sé qualificabile come reato da lui effettivamente posta in essere, si taccia consapevolmente l'esistenza di elementi tali da escludere, nella specie, l'antigiuridicità del fatto» (Cass. pen. VI, n. 1255/2013).

Quanto agli effetti della condotta calunniosa sul piano civilistico, va innanzitutto rammentato che «Perché sorga una responsabilità civile per danni a carico di chi denunci un reato perseguibile d'ufficio o proponga querela per un reato perseguibile solo su iniziativa di parte, in caso di proscioglimento o di assoluzione, è necessario che la denuncia possa considerarsi calunniosa ovvero che essa contenga sia l'elemento oggettivo che l'elemento soggettivo del reato di calunnia: ovvero, che contenga tutti gli elementi per rendere astrattamente attribuibile la commissione di un fatto reato a carico del denunciato, unitamente alla consapevolezza della loro non veridicità (in tutto o in parte) in capo al denunciante » (Cass. III, n. 11898/2016).

Dunque, la denuncia o querela contenente la descrizione un fatto reato la cui responsabilità viene addebitata ad una terza persona può rilevare come fonte di responsabilità civile in capo al denunciante allorché essa sia stata fonte di un danno ingiusto (potendosi ritenere tale la sottoposizione a procedimento penale a carico di un soggetto la cui innocenza sia stata giudizialmente accertata) a condizione che essa sia calunniosa, ovvero che l'attribuzione di fatti non verificatisi o verificatisi diversamente sia deliberata e che essa sia astrattamente idonea a contenere la descrizione del reato denunciato in tutti i suoi elementi costitutivi, tale che essa possa essere presa in considerazione dal P.M. ai fini dell'esercizio dell'azione penale.

E' stato chiarito di recente dalla giurisprudenza di merito che “ La denuncia di un reato perseguibile d'ufficio, cui è assimilabile l'ipotesi di reato perseguibile a querela, non è fonte di responsabilità per i danni a carico del denunciante, ai sensi dell'art. 2043 c.c., anche in caso di proscioglimento o di assoluzione dell'imputato, se non quando essa possa considerarsi calunniosa; al di fuori di tale ipotesi l'attività pubblicistica dell'organo titolare dell'azione penale si sovrappone all'iniziativa del denunciante, togliendole ogni effetto causale e così interrompendo il nesso causale tra tale iniziativa e il danno eventualmente subito dal denunciato” (Tribunale Trani I, 2 novembre 2017,  n. 2340).

Ciò comporta in tema di onere della prova che spetta all'attore, che in sede civile chieda il risarcimento dei danni assumendo che la denuncia era calunniosa, dimostrare che la controparte aveva consapevolezza dell'innocenza del denunciato (Trib. Nola, II, 18 novembre 2010).

Dunque non assume rilevanza penale, fatto salvo il caso in cui risulti calunniosa, e specificamente non integra la fattispecie di diffamazione la denuncia di un reato e quindi, pur quando il denunciato sia assolto con la formula più ampia, non è configurabile in capo al denunciante una responsabilità per danni (cfr. Cass. pen.VI, n. 29237/2010).

In definitiva la semplice presentazione di una denuncia penale, successivamente archiviata, non obbliga di per sé al risarcimento del danno, poiché a fine della qualificazione di detto comportamento quale calunnia è difatti necessario il dolo dell'agente e non la semplice colpa determinata da leggerezza o avventatezza della denuncia (cfr. Cass. III, n. 9322/2015; Trib. Tivoli, 29 giugno 2010, n. 1032; Trib. Salerno, II, 12 novembre 2015, n. 4740; Cass. III, n. 6554/2014; Cass. III, n. 27756/2013; Cass. III, n. 15646/2013; Cass. III, n. 1542/2010; Cass. III, n. 13531/2009; Cass. III, n. 560/2005; Cass. n. 10033/2004; Cass. III, n. 15646/2003; Cass. III, n. 3536/2000; Cass. III, n. 262/1991; Cass. III, n. 2869/1979; Cass. III, n. 2201/1965; Cass. III, n. 126/1963; Cass. III, n. 2725/1962).

Ne consegue che in caso di reato perseguibile d'Ufficio, «La denuncia di un reato non è fonte di responsabilità per danni a carico del denunciante, ai sensi dell'art. 2043 c.c., anche in caso di proscioglimento o di assoluzione, se non quando essa possa considerarsi calunniosa, poiché, al di fuori di tale ipotesi, l'attività pubblicistica dell'organo titolare dell'azione penale si sovrappone all'iniziativa del denunciante, interrompendo così ogni nesso causale tra tale iniziativa ed il danno eventualmente subito dal denunciato» (Cass. III, n. 11898/2016; Cass. III, n. 1542/2010; Cass. III, n. 17200/2015; Cass. I, n. 6554/2015).

Cosicché, se al fine di ottenere in sede civile il risarcimento del danno è necessario, da un lato, allegare che la denuncia era calunniosa e, dall'altro, dare concreta dimostrazione del fatto che la parte denunciante fosse consapevole dell'innocenza del denunciato, si ha l'irrilevanza di profili solamente colposi in capo al denunciante per i reati procedibili d'ufficio (Trib. Pesaro I, 6 maggio 2016, n. 326).

Ancora, in tema di onere della prova, in caso di commissione del reato di calunnia, l'attore dovrà dimostrare - anche se per presunzioni: cfr. ex multis, Cass. S.U., n. 26972/2008 - le effettive conseguenze dannose subite in termini di lesione della personalità (onore, decoro, afflizione e prostrazione per aver subito ingiustamente un procedimento penale), trattandosi di danni-conseguenza, che non possono ritenersi “in re ipsa”, ma vanno allegati e provati da colui che deduce di averli subiti.

La liquidazione del danno non patrimoniale sarà doverosamente di natura equitativa (cfr. Cass. III, n. 9618 /2013), visto che « Dal reato di calunnia scaturisce un danno di natura morale, in quanto l'illecito in questione provoca nella vittima sofferenze dovute ai fatti lesivi dell'onore e della reputazione. Tale danno va quantificato per il suo contenuto etico equitativamente col compito del giudice di determinare una razionale correlazione tra entità oggettiva del danno ed equivalente pecuniario. La quantificazione deve essere proporzionata alle sofferenze subite dal danneggiato, che per il discredito e il pregiudizio da risarcire, deve tenere conto delle condizioni sociali della vittima in rapporto alla sua collocazione professionale, nonché al suo inserimento nell'ambito sociale » (Trib. Barcellona P.G., 3 luglio 2003).

Non osta, in ogni caso, al risarcimento dei danni la circostanza per cui persona offesa dal reato (lo Stato nell'ambito della funzione di amministrazione della giustizia) e persona danneggiata da reato (calunniato) non coincidano, visto che essa rileva solo ai fini dei poteri concessi specificamente alla prima (quale l'opposizione all'archiviazione ex art. 408 c.p.p.), e dovendosi comunque ritenere che, in via secondaria, è tutelato l'interesse del soggetto incolpato a non subire un procedimento e una eventuale ingiusta condanna.

D'altronde, l'evento dannoso del delitto di calunnia si verifica ugualmente quando dalle indagini emerge che la persona falsamente incolpata di aver commesso un reato deve essere perseguita ugualmente per un fatto diverso costituente reato ed effettivamente commesso. La falsa denuncia ha provocato, comunque, l'inizio di un procedimento penale a carico di persona innocente (App. Roma, III, 27 maggio 2015, n. 2941).

Infine, quanto all'effetto della ritrattazione, essa incide non sulla punibilità del reato (e sull'integrazione del danno), ma solo sulle conseguenze del reato (cfr. Cass. pen. VI, n. 29536/2013).

In ordine alla prescrizione, poi, è stato puntualizzato dalla giurisprudenza di legittimità quanto alla decorrenza  che “Il termine prescrizionale di dieci anni previsto per il reato di calunnia - applicabile, a norma dell'art. 2947, comma 3, c.c., anche all'azione civile di risarcimento del danno - decorre, sia per il reato sia per l'azione civile, dalla stessa data, e cioè dalla data in cui il giudice venga a conoscenza, direttamente o indirettamente, della falsa denuncia, e non già dalla data di inizio dell'azione penale, poichè il reato di calunnia si consuma appena all'autorità giudiziaria - oppure ad altra autorità obbligata a riferire ad essa- venga presentata (o comunque giunga) la falsa denuncia: da quello stesso momento la persona denunciata può far valere il diritto al risarcimento per il pregiudizio sofferto” (Cass. VI, 15 settembre 2017,  n. 21534 ).

La falsa testimonianza

Il bene giuridico protetto dal reato di falsa testimonianza, art. 372 c.p., è il normale svolgimento dell'attività giudiziaria, che potrebbe essere fuorviata da deposizioni false o reticenti. Soggetto passivo del reato o persona offesa dal reato è, dunque, la collettività, che ha interesse all'ordinato e corretto svolgimento dell'attività giurisdizionale, come inequivocamente disvelato dalla collocazione della norma violata nel titolo III - Delitti contro l'amministrazione della giustizia - del Libro II del codice penale, e non già la persona cui dalla violazione della norma siano derivati danni rilevanti e risarcibili sul piano civile, ma che non è coperta dalla tutela offerta dalla norma predetta in sede penale (Cass. pen. VI, n. 1260/1996; Cass. pen. VI, n. 11612/2007).

In considerazione di ciò “il privato che si assume leso dalla condotta criminosa di falsa testimonianza ha la posizione di danneggiato e non già di parte offesa nel correlativo procedimento” (Ufficio Indagini preliminari Sondrio, 28 aprile 2005 resa in una fattispecie di inammissibilità dell'opposizione alla richiesta di archiviazione per difetto della qualità di persona offesa; cfr. anche Cass. pen. VI, 16 giugno 2009; Cass. pen. VI, n. 2432/1999; Cass. pen. VI, n. 20328/2008; Cass. pen. VI, 12 marzo 1986).

Trattandosi di reato di pericolo, è sufficiente, per la sua configurabilità, che il fatto prospettato con la deposizione sia pertinente alla causa in relazione all'oggetto della prova e alla situazione processuale esistente al momento consumativo del reato (Cass. pen. VI, 12 marzo 1986), non essendo rilevante l'apparente non decisività delle dichiarazioni mendaci rispetto alla pronuncia del giudice, essendo sufficiente alla configurazione del reato la sussistenza di una oggettiva ed elevata idoneità ad alterare l'accertamento delle modalità e delle responsabilità del fatto oggetto di reato (Cass. pen. VI, n. 11612/2007).

Anzi, secondo la Cass. pen. VI, 17 maggio 2001, “occorre prescindere sia dal grado di credibilità della deposizione sia dal fatto che il giudice abbia negato attendibilità alla falsa testimonianza. Ciò in quanto ... il pericolo dell'immutazione del vero resta fuori dagli elementi costitutivi del reato”.

In definitiva, è necessario che la falsità sia idonea a trarre in inganno il giudice mancando, altrimenti, un autentico rischio di fuorviamento della decisione.

Quanto alle conseguenze puramente civilistiche, “In tema di obbligazioni nascenti dal reato, poiché l'ordinamento prevede specifici rimedi sia in sede penale (art. 630 comma 1 lett. d) c.p.p.) che civile (art. 395 comma 1 n. 2 c.p.c.) “nel caso in cui la falsa testimonianza abbia determinato un effettivo sviamento dell'attività giudiziaria, il danno derivante dal reato di cui all'art. 372 c.p. non può ricomprendere la totalità degli effetti dannosi subiti dal privato per l'effetto del mendacio (In applicazione di tale principio la Corte, con riferimento alla falsa testimonianza resa in un procedimento civile per il risarcimento dei danni subiti a seguito di un incidente, ha ritenuto corretta la sentenza del giudice di merito che aveva riconosciuto alla parte civile i danni provati dal patema d'animo, dall'aver inutilmente interessato il giudice civile con le conseguenti spese di soccombenza, dagli aumentati tempi necessari per ottenere ragione, con esclusione del danno fisico e biologico subito a seguito dell'incidente stesso)” (Cass. pen. VI, n. 10081 /2005), anche in questo caso - come per il reato di calunnia - dovendosi dare prova delle lesioni patrimoniali e non effettivamente subite.

Laddove si tratta di lesione della sfera soggettiva del danneggiato il danno deve necessariamente parametrarsi in base alla condizione sociale e alla qualità del soggetto (cfr. Trib. Siena, 18 aprile 2013, n. 206).

È, poi, autonomamente risarcibile il danno morale dal reato di falsa testimonianza anche quando non sia riconosciuto un vero e proprio danno biologico o altro evento produttivo di danno patrimoniale (cfr. Trib. Milano, 24 settembre 2002; per il caso della testimonianza nel giudizio di separazione di una falsa relazione adulterina cfr. Trib. Milano, 22 novembre 2002).

In tema di prescrizione, infine, e con riguardo alle conseguenze risarcitorie derivate dal fatto illecito integrante gli estremi del delitto di falsa testimonianza, « la reiterazione del mendacio in occasioni diverse non comporta soltanto ulteriori effetti lesivi ma si concreta nella rinnovazione della condotta dolosa, cioè nella riproduzione del fatto illecito (istantaneo) che integra una nuova lesione, con la conseguenza che la prescrizione dell'azione risarcitoria per il danno inerente ad ogni ulteriore episodio di mendacio decorre dalla data del verificarsi di ciascuno di essi » (cfr. Cass. III, n. 43/1988).

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