Atto di citazione per responsabilità da violazione privacy

Maria Carolina De Falco
aggiornata da Alessia Longo

Inquadramento

Il diritto alla privacy rientra nei diritti personali intesi come quella serie di situazioni riguardanti la persona caratterizzate dall'indisponibilità e dall'irrinunciabilità, come tali, cioè, da garantire al massimo livello.

Invero, per diritti inviolabili dell'uomo, si intendono quelle situazioni giuridiche soggettive tutelate da uno dei principi supremi dell'ordinamento l'art. 2 Cost., nei confronti della pubblica autorità ma anche di altri privati; sono diritti della personalità, essenziali (dal momento che tutelano le ragioni fondamentali della vita e dello sviluppo fisico e morale della persona), originari o innati ( acquistandosi in seguito alla nascita od a mutamento di status e indipendentemente da un qualsiasi atto di trasferimento), non patrimoniali,( non essendo apprezzabili economicamente), personalissimi, (avendo ad oggetto un modo di essere della persona), sono collegati ad essa in maniera inscindibile, assoluti (come tali opponibili "erga omnes", nei confronti cioè di qualsiasi appartenente alla collettività a prescindere dall'esistenza di un rapporto giuridico), subendo limiti unicamente allorché vengano a confliggere con altri diritti assoluti della personalità, appartenenti a soggetti diversi, nel qual caso occorre far ricorso al principio del contemperamento.

Privacy è espressione mutuata dall'ordinamento anglosassone indicante il diritto alla riservatezza delle informazioni personali e che attengono, cioè, alla propria vita privata.

La normativa di riferimento è data dalla legge datata 1996, numero 675, trasfusa qualche anno dopo nel Codice della Privacy, d.lgs. n. 196/2003.

L'esigenza di creare un testo unico che includesse disposizioni di natura penale, civile ed amministrativa è nata sia per la trasversalità delle possibili aggressioni a tale diritto fondamentale della persona ( si pensi ad esempio, all'enorme mole di informazioni che ogni giorno gestori telefonici, compagnie assicurative, agenzie e erogatori di servizi richiedono, utilizzando e manipolano ai fini della corretta gestione di pratiche burocratiche, amministrative e commerciali), sia per l'opportunità di creare un riferimento unico, e quanto più possibile esaustivo, per la sua tutela.

Si pensi, infatti, all'interessante osservazione tenuta dalla Corte di Cassazione nella motivazione della sentenza n. 9785/2015, I, per cui «diritto alla riservatezza (o all'intimità della sfera privata) dell'individuo, appare, ben più di altri aspetti di tutela della personalità, strettamente collegato alle profonde trasformazioni operate dalla società industriale: accresciuto contatto e ad un tempo maggiore estraneità tra gli individui, più ampio dinamismo e circolazione dei soggetti, che possono inserirsi in ambienti e situazioni tra loro del tutto indipendenti, talora rivestendo ruoli differenziati e mostrando così profili diversi della propria personalità. Ma è soprattutto l'incessante progresso tecnologico, il perfezionamento (e la pericolosità) dei mezzi di comunicazione di massa e degli strumenti di raccolta di dati e notizie che, attraverso inedite, per il passato del tutto impensabili, e talora gravissime aggressioni agli aspetti più intimi della personalità chiedono necessariamente l'individuazione di più efficaci ed adeguate difese ».

Non mancherà di osservarsi, infatti, che la violazione della privacy è un reato che, sebbene molto di dominio e impatto mediatico, prevede spunti anche di diritto sostanziale e con potenziali risvolti amministrativi e civili che ne fanno uno dei caposaldi dei reati a protezione degli inviolabili diritti della personalità (art. 167 Cod. privacy).

Sotto il profili civilistico – che più interessa questa trattazione - invece,: “Chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto alrisarcimentoai sensi dell'articolo 2050 del codice civile”.

Le norme di riferimento sono l'art. 11, l'art. 15 e l'art. 152 del Codice della Privacy.

Con la presente azione di risarcimento dei danni non patrimoniali, l'attore cita in via solidale in giudizio sia il datore di lavoro ( committente) che la società di telecomunicazioni ( esecutrice), per avere la prima con la collaborazione della seconda, sottoposto per diverso tempo illecitamente le sue utenze telefoniche a controllo ed intercettazione ( come appreso nel corso di un procedimento penale a suo carico).

In particolare, l'attore invoca gli artt. 11 e 15 del d.lgs. n. 196/2003 ( oltre che l'art. 2050 c.c.), quale fonte di responsabilità della società di telecomunicazione, oltre che – in via solidale ex art. 2055 c.c. - l'art. 2059 c.c. quale fonte di responsabilità del datore di lavoro per i danni causati alla sua salute anche dal rilievo mediatico assunto dalla notizia.

Formula

TRIBUNALE DI .... [1]

ATTO DI CITAZIONE

Sig. ...., nato a .... il ...(C.F. [2] ....), residente in ...., alla via .... n. ...., ed elettivamente domiciliato [3] in ...., alla via .... n. ...., presso lo studio dell'avvocato .... (codice fiscale .... [4] - fax .... [5] - PEC .... [6]), che lo rappresenta e difende, in forza di procura speciale in calce (oppure a margine) del presente atto;

CONTRO

La Soc. ...., in persona del suo legale rappresentante pro tempore in carica [7] dott. .... con sede in .... (....), alla via/p.za .... n. ...., C.F. ....P. I.: ....;

Convenuta

E

La Soc. .... in persona del suo legale rappresentante pro tempore in carica [8] dott. .... con sede in .... (....), alla via/p.za .... n. ...., C.F.: ....P.I.: ....;

Convenuta

Espone [9] quanto segue:

IN FATTO

1. l'attore ha appreso dai mezzi di informazione nel mese di .... del .... che le proprie utenze telefoniche, fisse e mobili, venivano illecitamente intercettate, e comunque controllate, e che tali illecite attività sarebbero state compiute tramite il sig. .... (dirigente Telecom) su commissione della società sportiva .... presso cui l'attore era all'epoca tesserato;

2. successiva conferma di quanto appreso proveniva da numerosi articoli estratti da quotidiani, successivamente integrati nel corso dell'istruttoria con materiale probatorio risultante dal procedimento penale in corso avanti alla Procura della Repubblica di .... e riguardante - tra l'altro - anche i fatti contestati dall'attore, nonché una fattura emessa dalla società investigativa ...., ed intestata alla società professionistica di calcio al servizio della quale all'epoca prestava attività lavorativa;

3. la prova della responsabilità delle convenute, consistente nell'abusivo controllo del traffico telefonico in entrata ed in uscita dalle utenze intestate all'attore, potrà ricavarsi, oltre che dalla documentazione che verrà prodotta unitamente al presente atto, dalle dichiarazioni che verranno rese dai testi che verranno escussi nel corso istruttorio;

4. in ogni caso, sin da ora va evidenziato il valore non solo indiziario dei numerosi documenti prodotti e facenti parte del procedimento penale, nonché dei vari articoli di giornali;

5. l'attore, a causa ed in conseguenza dell'attività illecita denunciata, integrante altresì gli estremi di un reato, ha subito un danno alla propria sfera personale, sotto forma di lesione alla privacy;

6. in data .... è stato esperito con esito negativo il procedimento di negoziazione assistita di cui all'art. 3 del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito in l. 10 novembre 2014, n. 162, come risulta dalla diffida inviata in data .... con raccomandata a/r n. .... in cui l'attore ha espressamente invitato la controparte a stipulare una convenzione di negoziazione con le seguenti modalità .... [10];

7. tale invito non è stato seguito da adesione (oppure) è stato seguito da rifiuto entro trenta giorni dalla sua ricezione (oppure) è decorso il periodo di tempo di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), del d.l. n. 132/2014 citato, come risulta da ....

Sicché, allo stato, altra soluzione non è offerta all'attore, se non quella di far accertare, in sede giudiziale, la fondatezza dei propri assunti. Il tutto alla stregua delle seguenti ragioni di

DIRITTO

1. Non è revocabile in dubbio la responsabilità della Società.... quale società di telecomunicazioni, ai sensi dell'art. 2049 c.c. per essere stata l'illecita attività compiuta tramite propri dipendenti.

Infatti "La responsabilità indiretta ex art. 2049 c.c. del datore di lavoro per il fatto dannoso commesso dal dipendente non richiede che tra le mansioni affidate all'autore dell'illecito e l'evento sussista un nesso di causalità, essendo sufficiente che ricorra un rapporto di occasionalità necessaria tale per cui le funzioni esercitate abbiano determinato o anche soltanto agevolato la realizzazione del fatto lesivo. è irrilevante, pertanto, che il dipendente abbia superato i limiti delle mansioni affidategli, od abbia agito con dolo e per finalità strettamente personali" [11]

È sufficiente, quindi, la dimostrazione del compimento dell'illecito da parte del dipendente per determinare una declaratoria di responsabilità della convenuta ex art. 2049 c.c.

2. Avuto riguardo alla posizione della società professionistica di calcio, anche a voler ritenere che il controllo sul traffico telefonico non abbia costituito oggetto di specifico incarico, la società sportiva sarebbe, comunque, responsabile per l'attività illecita commessa in esecuzione dell'incarico dalla stessa commissionato.

Occorre, in primo luogo, premettere che per costante giurisprudenza della Suprema Corte il nesso di causalità materiale - richiesto dall'art. 2043 c.c. in tema di responsabilità extracontrattuale - tra un'azione ed un evento sussiste in applicazione del principio della conditio sine qua non, temperato da quello della regolarità causale, sottesi agli artt. 40 e 41 c.p. [12].

Ciò premesso, il nesso di causalità viene ritenuto interrotto solo a seguito del verificarsi di un fatto imprevisto ed imprevedibile idoneo di per sé a cagionare l'evento [13].

Nel caso di specie, la commissione del fatto illecito consistente nell'indebita intrusione nella sfera privata altrui mediante il controllo del traffico telefonico - quand'anche non fosse stato espressamente commissionato - non può ritenersi evento imprevisto ed imprevedibile.

Deve, pertanto, dichiararsi anche la responsabilità della F.C. Internazionale ai sensi dell'art. 2043 c.c.

Alla luce di quanto esposto, deve dichiararsi, quindi, la responsabilità solidale di entrambe le convenute nella produzione dei danni subiti dall'attore.

L'unicità del fatto dannoso richiesta dall'art. 2055 c.c. ai fini della configurabilità della responsabilità solidale degli autori dell'illecito va intesa in senso non assoluto, ma relativo, sicché ricorre tale responsabilità, volta a rafforzare la garanzia del danneggiato e non ad alleviare la responsabilità degli autori dell'illecito, pur se il fatto dannoso sia derivato da più azioni o omissioni, dolose o colpose, costituenti fatti illeciti distinti, e anche diversi, sempre che le singole azioni o omissioni, legate da un vincolo di interdipendenza, abbiano concorso in maniera efficiente alla produzione del danno, a nulla rilevando, a differenza di quanto accade nel campo penalistico, l'assenza di un collegamento psicologico tra le stesse [14].

3. Con riferimento all'aspetto del risarcimento del danno, è senz'altro configurabile un danno non patrimoniale da lesione del diritto alla privacy

In particolare, sussiste la responsabilità di Società .... ai sensi dell'art. 2050 c.c. in quanto richiamato dall'art. 15 del d.lgs. n. 196/2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali).

Ebbene, ai fini della valutazione del danno risarcibile, giova evidenziare che l'art. 15 citato dispone altresì che "il danno non patrimoniale è risarcibile anche in caso di violazione dell'articolo 11" della stessa legge.

L'art. 11 dispone: "I dati personali oggetto di trattamento sono:

a) trattati in modo lecito e secondo correttezza;

b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzali in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi;

c) esatti e, se necessario, aggiornati;

d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati;

e) conservati in una forma che consenta l'identificazione dell'interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati".

Alla luce di quanto esposto, risulta acclarata la violazione della norma citata in relazione alle disposizioni di cui alle lettere a), b) e d).

Tale violazione comporta il diritto del danneggiato anche al risarcimento del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c..

Infatti, come confermato anche dalla giurisprudenza della Suprema Corte, "il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi "previsti dalla legge", e cioè, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c.: .... (omissis)... quando ricorra una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori di una ipotesi di reato (ad es., nel caso di illecito trattamento dei dati personali") [15].

Le prove testimoniali confermeranno che l'apprendimento della notizia di aver subito una rilevante violazione della propria vita privata ha comportato per l'attore una indubbia sofferenza. Tale circostanza appare del resto verosimile, in quanto può ritenersi massima di comune esperienza che un'indebita intromissione nella propria sfera privata da parte di soggetti estranei, tanto più quando viene effettuata in modo subdolo e con modalità illecite, ingenera nella vittima uno stato di sofferenza.

Anche l'espletanda C.T.U., che sin da ora si sollecita, confermerà uno stato di disagio, malessere, ansia e sofferenza psico-fisica che - sebbene inidoneo a comprovare la lesione (temporanea e permanente) del diritto alla salute - integra il danno non patrimoniale in esame.

Ai fini della liquidazione del danno, deve altresì tenersi conto della durata dell'attività illecita delle convenute, protrattasi per circa .... anni e dell'enorme (acclarato) effetto mediatico che ha certamente aggravato lo stato di inquietudine e di ansia dell'attore.

Per tutto quanto precede, .... come sopra rappresentato e difeso

CITA

Soc. .... datore di lavoro [16], con sede in .... in persona del titolare/legale rappresentante p.t., e Soc. ....con sede in....in persona del legale rappresentante p.t. a comparire dinanzi al Tribunale di .... Sezione e Giudice istruttore che saranno designati, all'udienza del giorno .... invitandolo a costituirsi venti giorni prima della suddetta udienza ai sensi e nelle forme prescritti dall'art. 166 c.p.c., con espresso avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine comporta le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c. e che la mancata costituzione comporta la dichiarazione di contumacia, per ivi sentire accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia il Tribunale, rigettata ogni contraria domanda, eccezione, richiesta e deduzione, sia di merito che istruttoria,

NEL MERITO

- accertare e dichiarare la condotta illecita ex art. 2043 c.c. del Sig. .... - nella sua qualità di responsabile della funzione Security della società convenuta – e, per l'effetto,

- accertare e dichiarare la responsabilità ex art. 2049 c.c. ed art. 15 del D.lgs. n. 196/2003 della Soc. .... condannandola, in solito con la Soc. .... ...., al risarcimento in proprio favore di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali patiti e patiendi e quantificati in Euro .... ovvero degli importi diversi minori o maggiori ritenuti di giustizia, oltre rivalutazione monetaria ed interessi nella misura di legge sulle somme rivalutate;

- in ogni caso, con vittoria di spese, competenze ed onorari del presente giudizio, con rimborso delle spese generali al 12,5%, maggiorati dei contributi fiscali e previdenziali, come per legge.

IN VIA ISTRUTTORIA

- Si richiede l'interrogatorio formale delle convenute sui seguenti capitoli: Vero che il legale rappresentante della società .... ha commissionato al responsabile della Telecom s.p.a., sig. ...., l'incarico di intercettare e, comunque, controllare le utenze telefoniche, fisse e mobili, del sig. .... nel periodo ..../...?

- Si richiede l'ammissione della prova per testi sui seguenti capitoli: Vero che (...). Si indicano come testimoni i signori: (...)

Nella denegata ipotesi di ammissione della prova eventualmente ex adverso articolata, si richiede sin da ora di essere ammessi a prova contraria con termine per l'indicazione dei testi.

Inoltre si chiede che il Giudice adito voglia disporre la nomina di CTU, al fine di (...).

Con riserva di ulteriori argomentazioni, precisazioni e modificazioni, nonché di deduzioni istruttorie, anche alla luce delle eventuali istanze difensive della controparte, nei termini previsti dall'art. 183, comma 6, c.p.c., dei quali si chiede sin d'ora la concessione.

Si allegano in copia i seguenti documenti:

1) articoli estratti dai quotidiani ...., ...., ....;

2) fotocopie atti dal procedimento penale in corso avanti alla Procura della Repubblica di ....;

3) fattura emessa dalla società investigativa ...., ed intestata alla società professionistica di calcio ....

Il sottoscritto procuratore dichiara che il valore della presente cause è ....

Luogo e data....

Firma Avv. .... [17]

PROCURA ALLE LITI

Io sottoscritto .... residente in .... informato ai sensi del d.lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione e dei benefici fiscali ivi previsti, come da atto allegato, delego l'Avv. .... a rappresentarmi e difendermi in tutto il giudizio, conferendogli ogni potere e facoltà di legge. Eleggo domicilio, ai fini del presente processo, presso il mio difensore, con studio in.... alla via ........ Dichiaro di aver ricevuto tutte le informazioni previste dal d.lgs. n. 196/2003 e presto il consenso al trattamento dei dati personali per l'espletamento del mandato conferito.

Luogo e data ....

....

La firma è autografa

Firma Avv. ....

[1] In tema di tutela giudiziale dalle violazioni della normativa in materia di protezione dei dati personali, il foro del luogo di residenza del titolare del trattamento stabilito dall'art. 152, comma 2, d.lgs. n. 196 del 2003 ha carattere esclusivo ed attrae la domanda di risarcimento dei danni lamentati in conseguenza dell'asserito uso illegittimo dei dati personali (cfr. Cass. VI, n. 22526/2014).

[2] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., dalla l. 15 luglio 2011, n. 111).

[3] L'elezione di domicilio nel Comune in cui ha sede il Tribunale adito è obbligatoria: essa individua il luogo legale ove effettuare le comunicazioni e notificazioni inerenti al processo: artt. 165 e 170 c.p.c.

[4] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione sopra citata.

[5] L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione citata sub nota 2. Ai sensi dell'art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla disposizione testè ricordata, «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

[6] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45 bis d.l. n. 90/2014 conv., con modif., dalla l. n. 114/2014.

[7] Quando attore o convenuto sia “una persona giuridica, un'associazione non riconosciuta o un comitato, la citazione deve contenere la denominazione o la ditta, con l'indicazione dell'organo o ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio”: art. 163, comma 3, n. 2.

[8] Quando attore o convenuto sia “una persona giuridica, un'associazione non riconosciuta o un comitato, la citazione deve contenere la denominazione o la ditta, con l'indicazione dell'organo o ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio”: art. 163, comma 3, n. 2.

[9] L'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragione della domanda dell'attore rappresenta un elemento essenziale della citazione. L'indicazione della causa petendi, e cioè del titolo della domanda, è richiesto dall'art. 163 comma 3, n. 4 c.p.c. Tuttavia solo la mancanza dell'indicazione dei fatti posti a fondamento della domanda produce la nullità della citazione a norma dell'art. 164, comma 4, c.p.c.

[10] È obbligatorio il ricorso alla procedura di negoziazione assistita (che costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale) nelle ipotesi in cui la somma pretesa non superi l'importo di 50.000 euro (art. 3 d.l. n. 132/2014, conv. con modif. in l. n. 162/2014) e dovrà essere prodotta la relativa documentazione. Va, in proposito, ricordato che la negoziazione è prescritta, quando si intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti 50.000 Euro, ad eccezione delle controversie assoggettate alla disciplina della c.d. mediazione obbligatoria (in altri termini, la procedura di negoziazione assistita non opera quando è prevista la mediazione obbligatoria). Ebbene, quest'ultima non è prescritta in subiecta materia, se si fa eccezione per il risarcimento del danno derivante da responsabilità medica. In ogni caso, la negoziazione non è condizione di procedibilità della domanda giudiziale (e, quindi, è sempre e solo volontaria) per le controversie concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori (art. 3 legge n. 162/2014).

[11] Cfr. Cass. n. 17836/2007; Cass. n. 1516/2007.

[12] Ex pluribus, Cass. n. 8096/2006.

[13] In tal senso, tra numerose, Cass. n. 8096/2006 sopra citata e Cass. n. 18094/2005

[14] Vedi da ultimo Cass. n. 6041/2010.

[15] Cfr. Cass. S.U., n. 26972/2008; in tal senso anche Cass. n. 12433/2008.

[16] Solo se il datore di lavoro è responsabile (civilmente e penalmente), può essere convenuto in giudizio dal lavoratore per il danno cd. differenziale (e, se del caso, in regresso dall'Inail).

[17] La sottoscrizione dell'avvocato è richiesta a pena di nullità dall'art. 125 c.p.c. Egli deve essere munito di procura che può essere rilasciata in calce o a margine dell'atto di citazione. In questo caso e l'autenticità della sottoscrizione deve essere autenticata dal difensore. Se la procura è, invece, rilasciata in un atto separato, la citazione deve farne menzione (art. 163, comma 4, n. 6) e deve essere autenticata da notaio.

Commento

 

Le c.d. informazioni personali tutelabili

Per informazioni personali si intende “qualunque informazione relativa ad una persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, compreso un numero di identificazione personale (Art. 15, comma 1, d.lgs. n. 196/2003).

Vengono racchiusi in tale categoria, i dati personali che riguardano famiglia, lavoro, attività economiche, commerciali o assicurative, i beni o le proprietà.

I dati personali si possono differenziare in 4 tipologie diverse:

1) dati sensibili: essi fanno riferimento alla razza, la religione, le opinioni politiche, l'appartenenza ad un partito, ad un sindacato o ad un'associazione, oltre a tutto ciò che serve a conoscere lo stato di salute e la vita sessuale;

2) dati semi-sensibili: questi riguardano le liste di sospettati di frode, la situazione finanziaria, eventuali iscrizioni nella centrale rischi e tutto ciò che può danneggiare il titolare dei dati;

3) dati comuni: sono le cosiddette generalità (nome, cognome, codice fiscale, partita Iva), l'indirizzo di posta elettronica, il numero di telefono, di carta di identità o di patente;

4) dati giudiziari: si riferiscono ad eventuali carichi pendenti con la giustizia, contenziosi in corso o sanzioni penali o amministrative saldate.

In ordine alla categoria dei dati sensibili – quella che ha dato luogo al maggiore contenzioso sia in sede civile che in sede penale – valga rammentare che “La protezione al dato sensibile non solo è più forte di quella riconosciuta al dato meramente personale, ma è anche qualitativamente diversa, venendo in rilievo non solo un interesse fondamentale del soggetto la cui situazione culturale, politica o sanitaria può essere racchiusa in un dato, ma anche un principio generale di ordine pubblico delle relazioni tra i soggetti. Ogni dato che consenta l'identificazione in capo ad un soggetto di una situazione di debolezza, di disagio, ovvero di una situazione che l'esperienza storica ha dimostrato possa dar luogo a situazioni discriminatorie ovvero lesive dei diritti del titolare del dato stesso, viene prudenzialmente protetto in maniera più forte che non qualunque dato che attenga alla generica riservatezza della persona, con un regime che implica per definizione l'intervento del Garante, quanto meno accanto alla volontà del titolare” (Cass. I, n. 19365/2011 nella quale si trattava del potenziale nocumento arrecato da un'amministrazione pubblica consistente nel rivelare al controinteressato di una procedura concorsuale dati relativi alla salute di un minore, congiunto degli attori, perciò favoriti nella prima).

Di certo ambito privilegiato della tutela dei dati sensibili è quello della salute della persona, tanto che ad esempio “In materia di trattamento dei dati personali, i dati sensibili idonei a rivelare lo stato di salute ai sensi dell'art 4 del 30 giugno 2003, n. 196, la cui tutela è posta a protezione dei diritti fondamentali alla salute e alla riservatezza, possono essere diffusi e conservati solo mediante l'uso di cifrature o numeri di codici non identificabili. Tale accorgimento costituisce la misura minima idonea ad impedire il danno e, qualora non sia attuato, obbliga chi compie l'attività di trattamento di tali dati, da considerarsi pericolosa ai sensi dell'art. 2050 cod. civ., al relativo risarcimentoCass. I, n. 10947/2014; cfr. anche Cass. I, n. 21014/2013; Cass. III n. 10280/2015; Cass. III, n. 15240/2014; Cass. I n. 10510/2016; Cass. I n. 10638 /2016; Cass. I n. 10280/2015).

Proprio invocando il principio di contemperamento sopra menzionato, soprattutto in caso di utilizzo dei dati personali ( anche sensibili) in sede giudiziaria e, dunque, per l'esercizio del proprio diritto di difesa, si ritiene ad esempio che “Le informazioni di natura sensibile possono essere trattate dal datore di lavoro senza il consenso quando il trattamento necessario per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria sia "indispensabile" ex art. 26 comma 4 lett. c) del codice privacy (nella specie, relativa al controllo sul pc di un dipendente, a cui era stato contestato l'accesso illegittimo ad internet durante l'orario lavorativo, anche mediante la consultazione di siti pornografici, la Corte ha ritenuto che dal computer erano stati estratti dati tali da configurare "dati sensibili" perché relativi a convinzioni religiose e politiche nonché alle tendenze sessuali e, pertanto, sebbene i dati personali fossero stati raccolti nell'ambito di controlli informatici volti a verificare l'esistenza di un comportamento illecito, ne ha sancito l'illegittimità della raccolta)” Cass. I n. 17790/2015; Cass. sez. lav. n. 22313/2016 cfr. infra ).

 

Il trattamento dei dati personali

La L. n. 675/1996 enunciava quale principio fondamentale che « il trattamento dei dati personali deve svolgersi, nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali nonché della dignità della persona con particolare riferimento alla riservatezza e alla identità personale, quali profili di tutela della personalità ».

In particolare l'art. 22 della suddetta legge distingueva i dati personali e i dati sensibili (personalissimi e delicati) che erano tassativamente indicati (idonei a rilevare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche, politiche, lo stato di salute, la vita sessuale, ecc.), per questi era previsto il consenso scritto dell'interessato e l'autorizzazione del Garante, salvo obbligo di legge.

In caso di trattamento illegittimo l'art. 18 della stessa legge riconosceva il risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 2050 c.c.

Il trattamento dei dati, sulla base della l. n. 675/1996, era quindi equiparato all'attività pericolosa dell'art. 2050 c.c.

Pertanto il titolare del trattamento doveva adottare tutto le misure necessarie per evitare il danno, seguendo, appunto, lo schema della norma codicistica.

Sempre secondo la suddetta legge, all'art. 29, si riconosceva la risarcibilità del danno non patrimoniale.

Con la modifica intervenuta a seguito del d.lgs. n. 135/1999 si è ampliato lo spettro di tutela « per cui i dati personali “sensibili”, i quali godono di particolare tutela, devono essere trattati con tecniche di cifratura o con codici identificativi che permettano l'identificazione dell'interessato solo in caso di necessità; ciò con particolare riferimento ai dati attinenti alla vita sessuale e alla salute, anche se non contenuti in banche dati o non trattati con mezzi elettronici o comunque automatizzati; tali dati devono essere conservati separatamente da ogni altro dato”.

Tale disposizione è stata poi confermata dal successivo d.lgs. n. 196/2003.

 

Gli estremi per la violazione della privacy

Si parla di lesione della privacy ogni qualvolta in cui un'azione venga posta in essere in violazione di quanto previsto nel Codice per la privacy al fine di trarre per se o altri profitto o recare danni ad altri soggetti, ovvero si configuri un trattamento illecito e non consentito dei dati personali, o si notifica il falso al Garante della privacy, o ancora quando non vengono poste in essere le misure di sicurezza necessarie a tutela della stessa.

La condotta illecita fonte del danno non necessariamente deve considerarsi di natura commissiva, ben potendo assumere la forma di omissione colposa o dolosa ( cfr. Cass. I, n. 18443/2013 secondo la quale commette illecito anche una società/azienda che non mette in atto gli strumenti necessari, ad esempio, per proteggere i dati personali dei suoi dipendenti).

Come pure non è necessaria l'indicazione esplicita del nominativo o del dato trattato illecitamente, visto che l'individualità della persona offesa o di cui sono stati resi pubblici dati sensibili non ne postula l'esplicita indicazione del nominativo, essendo sufficiente che essa possa venire individuata anche per esclusione in via deduttiva, tra una categoria di persone, a nulla rilevando che in concreto tale individuazione avvenga nell'ambito di un ristretto numero di persone (Cass. III, n. 1608/2014).

Casi frequenti di violazione della privacy possono manifestarsi correlatamente all'utilizzo di canali di informazione e divulgazione attuali, ed ad esempio si esplicano nelle ipotesi in cui l'emittente televisiva o il quotidiano effettuino servizi o pubblichino articoli eccedendo i limiti relativi alla tutela prevista nel trattamento di una notizia, come nel caso del minore coinvolto nel caso di cronaca, di cui il giornalista non può rivelare l'identità. ( Cfr. ad esempio, Cass.  III,   n. 3426/2018  che ha statuito che “In tema di lesione dell'interesse al rispetto dei propri dati personali, deve essere riconosciuto il danno consistente nella sofferenza morale patita da un soggetto in seguito alla diffusione senza consenso, nel corso di una trasmissione televisiva, del proprio nominativo, peraltro evocato anche in associazione alla localizzazione del proprio studio professionale, in un contesto totalmente estraneo a quello strettamente professionale. (Nel caso di specie, la S.C. ha confermato la sentenza della corte d'appello, che aveva fondato il riscontro del danno causato dall'esposizione mediatica non autorizzata del nominativo del soggetto coinvolto, sulla base dell'estensione a quest'ultimo del fatto positivo rappresentato dalla ricorrenza di una condizione di sofferenza legata alla lesione dell'interesse della generalità dei consociati al rispetto della propria riservatezza, considerato alla stregua di una nozione di comune esperienza, rilevante ai sensi del comma 2 dell' art. 115 c.p.c.).

Per queste ipotesi interviene il Garante della privacy, che ha disposto che la divulgazione di dati in grado di consentire una identificazione, sia globale che locale, cioè limitata ad un piccolo centro o paese nel quale il minore realmente dimora, è da ritenersi comunque illecita. In questo caso ne rispondono sia il giornalista sia il direttore responsabile della testata (Trib. Bari, 24 marzo 2015).

Lo stesso vale nei casi di vittime di violenza sessuale, o per i soggetti facenti parte delle Forze dell'Ordine, dell'Autorità giudiziaria che siano familiari di persone coinvolte in un fatto di cronaca.

Non sarà, invece, violazione della privacy l'ipotesi di divulgazione di immagini girate o scattate in un luogo pubblico o, comunque, con il consenso del soggetto interessato ( salvo ad esempio che per l'ipotesi di un processo la cui celebrazione sia previsto senza la partecipazione del pubblico: in tal caso, infatti, “La trasmissione di immagini di un processo da cui è possibile svelare l'identità dei soggetti, nella fattispecie le vittime, senza aver adottato gli accorgimenti atti alla protezione degli stessi, legittima la richiesta di risarcimento del danno da parte degli interessati “ cfr. Cass. III,  n.9340/2019).

Il discorso che si fa per la divulgazione a mezzo televisivo vale, anche in modo più incisivo, per le violazioni virtuali.

Si può incorrere in una violazione della privacy su internet in tantissimi modi diversi, correndo tra l'altro il rischio di commettere anche reati diversi da quello previsto dal Codice della Privacy: l'illecita diffusione dei dati personali; la violazione, la sottrazione, la soppressione o la diffusione di posta elettronica altrui (cioè guardarla, inoltrarla a se stessi, cancellare qualche messaggio o rivelarne il contenuto ad altri); l'installazione di apparecchiature abusive per intercettazioni informatiche; l'accesso non autorizzato ad un sito; lo spionaggio informatico; la frode informatica.

Si rammenti che, ad esempio, “L'installazione di un impianto di videosorveglianza a scopo di vigilanza e deterrenza all'interno di un esercizio commerciale privato, al fine di seguire l'accesso degli avventori, costituisce “trattamento di dati personali” ai sensi e per gli effetti del d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, e deve, perciò, formare oggetto di una informativa chiara, completa, inequivoca, non ambigua pur se in termini sintetici, nonché visibilissima, rivolta ai soggetti che facciano ingresso nel localeCass. II, n. 17440/2015; Cass. III, n. 12997/2009; Cons. St. 5 giugno 2015, n. 2773; Trib. Trani 28 maggio 2013; Trib. Varese 16 giugno 2011).

Sempre legata all'utilizzo di mezzi elettronici di captazioni di informazioni ed immagini della persona è l'ipotesi di violazione della privacy suscettibile di essere commessa a mezzo dei dispositivi elettronici per la rilevazione della violazioni al codice della strada, introdotto a carico dei Comuni dalla delibera del Garante per la protezione dei dati personali dell' aprile 2010: in questo caso, però, la violazione dell'obbligo di di preventiva informazione del trattamento dei dati personali a differenza della violazione degli obblighi di informazione previsti dal codice della strada circa la presenza delle dette apparecchiature che costituiscono norme di garanzia per l'automobilista, non incide sulla legittimità dell'accertamento e l'irrogazione della sanzione (Trib. Parma, 23 gennaio 2019, n.127).

Sempre l'utilizzo ( abusivo) dei sistemi informatici può costituire una modalità di violazione del diritto alla riservatezza, come il mantenimento prolungato di una notizia relativa all'identità di un soggetto e non più giustificata dal dovere di cronaca ( cfr. Cass. I, n. 13161/2016 per cui “La persistente pubblicazione e diffusione, su un giornale "on line", di una risalente notizia di cronaca (riguardante, nella specie, una vicenda giudiziaria per un fatto accaduto circa due anni e mezzo prima della instaurazione del relativo procedimento ex art. 152 d.lgs. n. 196 del 2003) esorbita, per la sua oggettiva e prevalente componente divulgativa, dal mero ambito del lecito trattamento di archiviazione o memorizzazione "on line" di dati giornalistici per scopi storici o redazionali, configurandosi come violazione del diritto alla riservatezza quando, in considerazione del tempo trascorso, sia da considerarsi venuto meno l'interesse pubblico alla notizia stessa).

Sempre in tema di trattamento dei dati personali e di diritto all'oblio, è lecita la permanenza di un articolo di stampa, a suo tempo legittimamente pubblicato, nell'archivio informatico di un quotidiano, relativo a fatti risalenti nel tempo oggetto di un'inchiesta giudiziaria, poi sfociata nell'assoluzione dell'imputato, purché, a richiesta dell'interessato, l'articolo sia deindicizzato e non sia reperibile attraverso i comuni motori di ricerca, ma solo attraverso l'archivio storico del quotidiano e purché, a richiesta documentata dell'interessato, all'articolo sia apposta una sintetica nota informativa, a margine o in calce, che dia conto dell'esito finale del procedimento giudiziario in forza di provvedimenti passati in giudicato. Questa è la strada, secondo la Corte, per contemperare in modo bilanciato il diritto ex articolo 21 della Costituzione della collettività ad essere informata e a conservare memoria del fatto storico con quello del titolare dei dati personali archiviati a non subire un'indebita lesione della propria immagine sociale, Cass. I,  n.2893/2023.

A conferma, Cass. I, n.6806/2023: è lecita la conservazione di un articolo di stampa, a suo tempo legittimamente pubblicato, nell'archivio informatico di un quotidiano relativo a una vicenda giudiziaria purché, a richiesta dell'interessato l'articolo sia reso reperibile solo tramite accesso all'archivio storico e che sia apposta una nota di aggiornamento, in tal modo bilanciando il diritto della collettività a essere informata (art. 21 Cost.) con quello del titolare all'oblio e a non subire un'illecita compromissione della propria immagine.

Sul punto e sulle correlazioni con la tutela del diritto alla riservatezza, si è trattato nella Formula “Ricorso per provvedimento d'urgenza per violazione del diritto all'oblio”.

 

Onere della prova

In tema di trattamento dei dati personali, l'onere della prova per la mancata custodia degli stessi incombe al danneggiante, come disposto dall'art. 2050 c.c., richiamato dall'art. 15 d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, salvo che le notizie siano note già prima della loro diffusione da parte di questo, poiché, in tal caso, il danneggiato non è esentato dall'onere di dimostrare o, quanto meno, di indicare elementi presuntivi idonei a motivare la convinzione che la divulgazione sia riconducibile a chi possiede tali dati e non a chi abbia in precedenza pubblicato le medesime informazioni.

Né può configurarsi un diritto al risarcimento quando il custode abbia divulgato i dati a salvaguardia della correttezza del proprio comportamento, perché i principi in tema di riservatezza vanno coordinati, oltre che con quelli che attengono all'interesse pubblico e al diritto della collettività all'informazione, con le esigenze di salvaguardia di interessi, pubblici e privati, all'onorabilità delle proprie frequentazioni nonché alla correttezza ed al rigore dei propri comportamenti (Cass. III, n. 10646/2012).

 

Il diritto al risarcimento e la serietà della lesione

L'art. 15, comma 2, d.lgs. n. 196/2003 è la fonte normativa del diritto al risarcimento del danno – che trova un suo antecedente anche nell'ambito comunitario: cfr. la Direttiva 95/46/CE per cui “chiunque subisca un danno cagionato da un trattamento illecito o da qualsiasi altro atto incompatibile con le disposizioni nazionali di attuazione della presente direttiva abbia il diritto di ottenere il risarcimento del pregiudizio subito dal responsabile del trattamento” – e prevede la risarcibilità del danno non patrimoniale in tutti i casi in cui i dati personali non vengano trattati in modo lecito o secondo le regole della correttezza, non siano stati raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, non siano pertinenti, completi, oppure eccedano le finalità della raccolta.

Anche se “in caso di trattamento illecito di dati personali, il risarcimento del danno non patrimoniale non si sottrae ad un accertamento da parte del giudice – da compiersi con riferimento alla concretezza della vicenda – destinato ad investire i profili della gravità della lesione inferta e della serietà del danno da essa derivante” (Cass. I, n. 16133/2014).

In tal senso viene delineata la soglia di risarcibilità del danno non patrimoniale ai sensi dell'art. 15 del Codice della Privacy, nelle varie pronunce che prendono le mosse dalla qualificazione del danno non patrimoniale in termini di danno conseguenza.

Il danno risarcibile pertanto, non si identifica con la lesione dell'interesse tutelato dall'ordinamento, ma con le conseguenze di tale lesione (cfr. quale sentenza capostipite Corte cost. n. 184/1986).

Infatti, nella sopra citata decisione ( cfr. n. 16133/14) è stato affrontato il tema dei limiti della risarcibilità del danno in caso di violazione della privacy, con la conclusione per cui, il danno non patrimoniale è oggetto di accertamento del giudice di merito da compiersi con riferimento alla concretezza della vicenda sottoposta alla sua cognizione e da valutarsi sotto i profili della “gravità della lesione” e della “serietà del danno” da essa derivante (disciplinato dal Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n.196).

La Suprema Corte, invero, si era pronunciata in seguito all'impugnazione di una sentenza del Tribunale di Roma che accoglieva la domanda di tre specializzandi, i quali denunciavano l'illecito trattamento dei dati personali da parte di un ateneo della città di Roma.

Nella specie, nella domanda attorea si lamentava il fatto che fosse possibile, digitando il nome e il cognome di alcuni studenti, reperire un documento excel pubblicato sul sito Internet dell'Università, e accedere liberamente ad alcune informazioni riservate (generalità, codice fiscale, attività di studio, posizione lavorativa e retributiva).

I giudici di merito disponevano la cancellazione dal web dei dati personali ed identificativi dei ricorrenti in giudizio, contenuti nel documento excel, inibendone la diffusione e condannando l'Università a risarcire i danni non patrimoniali patiti dagli stessi attori, ai sensi dell'articolo 15 citato.

Riscontravano, inoltre, a fondamento del pregiudizio liquidato un disagio conseguente alla propria (indiscriminata) esposizione personale anche di carattere economico .

I giudici di Cassazione, invece, hanno ritenuto che, “per orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, in tema di risarcibilità del danno non patrimoniale exarticolo 2059 del Codice Civile, il giudice è chiamato a valutare se la lesione dell'interesse o diritto della persona di rilevanza costituzionale di cui si chiede tutela presenti i caratteri della “gravità (e cioè che superi la soglia minima di tollerabilità, imposta dai doveri di solidarietà sociale ex articolo 2 Cost.) e che il danno non sia futile (vale a dire non consista in meri disagi o fastidi o sia addirittura meramente immaginario)(Cass. S.U., n. 8703/2009).

La gravità della lesione e serietà del danno sono i parametri che devono essere rispettati per disporre il risarcimento del danno non patrimoniale, non potendosi considerare tali elementi connaturati nel fatto dannoso.

In sintesi, la S.C. afferma che non v'è nessun automatismo tra le disposizioni del Codice della privacy e la predicabilità di una lesione del diritto alla riservatezza foriero di un danno non patrimoniale, stante la presenza nell'ordinamento di principio di irrisarcibilità di danni che non superino una determinata soglia dì serietà e gravità, ossia dei danni c.d. bagattellari, e « di quelli rientranti in una normale ed auspicabile dimensione di tollerabilità dovuta alla civile convivenza, come imposta dal contemperamento tra i principi costituzionali di solidarietà e tolleranza e quelli posti a presidio della dignità libertà e salute dell'individuo », e comunque della irrisarcibilità di quelli che non risultino puntualmente allegati e provati (cfr. Cass. I, n. 15429/2014).

Nello stesso senso, anche una decisione più recente per cui ( Cass. III, n. 20615/2016) per cui “Sussiste nel sistema della responsabilità un principio di irrisarcibilità dei c.d. danni bagatellari e quelli rientranti in una normale ed auspicabile dimensione di tollerabilità dovuta alla civile convivenza, come imposta dal contemperamento tra i principi costituzionali di solidarietà e tolleranza. (Nel caso in esame un Comune, mediante la pubblicazione di due delibere, diffondeva alcuni dati di soggetti in relazione ad un « banale » incidente stradale e ad un incidente in un locale dell'Ente).

 

I rapporti di vicinato quale fonte di violazione della privacy. Le pronunce in materia condominiale.

La vicinanza nella vita quotidiana dovuta alla prossimità fisica delle abitazioni e la necessità di condivisione degli spazi come nell'ambito di un condominio, hanno costituito materia di riflessione per la giurisprudenza risarcitoria in questo settore.

Ad esempio, è stato assunto che “In tema di diffusione dei dati personali dei condomini da parte dell'amministratore, non si realizza necessariamente una violazione della legge a tutela della privacy, dovendosi comunque effettuare una comparazione, affidata al giudice di merito, tra gli interessi coinvolti La divulgazione di dati personali, infatti non realizza, "sic et simpliciter", una violazione della privacy (nella specie, i condomini-ricorrenti avevano inviato una comunicazione personale all'amministratore avvisandolo della loro intenzione di procedere all'installazione di un ascensore. Poiché il progetto coinvolgeva beni comuni, l'amministratore aveva diffuso tale comunicazione personale tra gli altri partecipanti al condominio. La Corte ha ritenuto che tale comunicazione non fosse lesiva della privacy proprio perché i lavori, in definitiva, avrebbero coinvolto beni comuni e, quindi, tutti gli altri condomini)”(Cass. II, n. 18421/2011).

In materia di videocontrollo, poi, è stato chiarito che “La figura dell'unico proprietario di un fabbricato comprendente più unità abitative, ancorché parzialmente concesse in locazione o comodato, non è assimilabile al condominio. Ne consegue che nel caso di installazione di dispositivi di videocontrollo, ai sensi dell'art. 5, comma 3, d.lg. 196/2003, il proprietario unico di un fabbricato è da ritenersi persona fisica che agisce per fini esclusivamente personali e come tale non assoggettabile alla disciplina del codice in materia di protezione dei dati personali, sempre che i dati acquisiti non siano destinati a una comunicazione sistematica o alla diffusione. Va, quindi, esclusa, la ricorrenza in capo al sopra detto soggetto della qualità di titolare del trattamento dei dati così come la necessità di un bilanciamento di interessi prevista dal sopra richiamato codice in quanto la valutazione dei contrapposti interessi coinvolti (esigenze di sicurezza da una parte e tutela del diritto alla riservatezza dall'altra), ai sensi dell'art. 5, comma 3, d.lgs. n. 196/2003, viene effettuata in via preventiva e generale dal legislatore (Cass. I, n. 14346/2012).

Mentre in materia strettamente condominiale, “la collocazione spaziale di telecamere in zona di proprietà esclusiva del convenuto e non comune, con direzione diretta però a riprendere parti comuni dell'immobile, non è decisiva ai fini della risoluzione della controversia favorevolmente a quest'ultimo, in quanto ciò pur non determinando la occupazione abusiva del suolo comune, comporta una illegittima compressione del diritto alla riservatezza degli altri proprietari ed una innovazione vietata ai sensi dell'articolo 1120, comma secondo del codice civile (Trib. Nola, 5 gennaio 2016, n. 16).

 

Le cause di esclusione della violazione

Il danno non patrimoniale da violazione della privacy è risarcibile anche in caso di violazione dell'articolo 11 del Codice che prevede nel trattamento dei dati, anche ove autorizzato, l' osservanza dei principi di liceità e correttezza del trattamento, di finalità, di qualità ed esattezza dei dati trattati, di pertinenza dei dati rispetto al trattamento e della giusta durata del periodo di conservazione dei dati, tanto che ad esempio, “La divulgazione di dati personali effettuata direttamente o per interposta persona, mediante la gestione di siti "Internet" accessibili al pubblico, e tra loro collegati, lede il diritto alla riservatezza garantito dall'art. 2 Cost. ed è idonea a produrre danni risarcibili ai sensi dell'art. 2043 c.c., quando manchino il consenso degli interessati, l'interesse pubblico alla diffusione dei dati e la pertinenza della divulgazione rispetto al tema trattato”(Cass. III, n. 14694/2016).

In particolar modo, possono escludere l'illiceità del trattamento la notorietà del soggetto ripreso, l'ufficio pubblico dallo stesso ricoperto, la necessità di perseguire finalità di giustizia o di polizia, oppure scopi scientifici, didattici o culturali, o il collegamento della riproduzione a fatti, avvenimenti, cerimonie d'interesse pubblico o svoltisi in pubblico, purché sia rispettato il diritto all'onore, al decoro ed alla reputazioni di un soggetto (Cass. III, n. 17211 /2015).

Altro ambito in cui la tutela della riservatezza può recedere è quello processuale, ove la sua ( teorica) violazione sia funzionale all'espletamento del diritto di difesa.

Invero,in tema di protezione dei dati personali, non costituisce violazione della relativa disciplina il loro utilizzo mediante lo svolgimento di attività processuale giacché detta disciplina non trova applicazione in via generale, ai sensi degli art. 7,24,46 e 47 d. lgs. n. 196 del 2003 (c.d. “codice della privacy”), quando i dati stessi vengano raccolti e gestiti nell'ambito di un processo; in esso, infatti, la titolarità del trattamento spetta all'autorità giudiziaria e in tal sede vanno composte le diverse esigenze, rispettivamente, di tutela della riservatezza e di corretta esecuzione del processo, per cui, se non coincidenti, è il codice di rito a regolare le modalità di svolgimento in giudizio del diritto di difesa e dunque, con le sue forme, a prevalere in quanto contenente disposizioni speciali e, benché anteriori, non suscettibili di alcuna integrazione su quelle del predetto codice della privacy (Cass. S.U., n. 3034/2011, con un principio affermato in una fattispecie in cui la parte aveva operato nel rispetto delle norme di cui agli artt. 76,134 e 137 c.p.c. e 95 disp. att. c.p.c., notificando l'ordine di esibizione dato dal giudice istruttore ed alcuni verbali d'udienza in collegamento con lo stesso ordine, anche in assenza del consenso del titolare dei dati riportati nei predetti atti).

Dunque, la disciplina generale in tema di trattamento dei dati personali subisce deroghe ed eccezioni quando si tratta di far valere in giudizio il diritto di difesa, le cui modalità di attuazione risultano disciplinate dal codice di rito, in quanto alle disposizioni che regolano il processo deve essere attribuita natura speciale rispetto a quelle contenute nel codice della privacy e nei confronti di esse, quindi, nel caso di divergenza, devono prevalere.

Ne consegue che se l'atto processuale che contiene il dato personale altrui risulta posto in essere nell'osservanza del codice di rito, non è configurabile alcuna lesione del diritto alla privacy ( nello stesso senso a commento dell'art. 24 lett. f) del Codice Cass. I, n. 21612/2013, ove si precisa anche che ciò che rileva, ai fini della esimente del diritto di difesa, non è la concreta idoneità della documentazione prodotta in giudizio a provare la tesi difensiva (valutazione che compete al giudice della causa stessa), bensì la sua oggettiva inerenza a tale specifica difesa).

Altra esimente è costituita dal diritto di accesso agli atti della P.A., nel senso che “In materia di trattamento e di riservatezza dei dati super sensibili (in materia sanitaria e sessuale), quando la conoscenza di un documento detenuto dall'amministrazione, benché recante dati sensibili di un terzo, costituisca, sulla base delle circostanze concrete, elemento decisivo in ordine alla possibile proposizione di un'azione giudiziaria, il diritto di accesso deve avere la prevalenza sulla tutela della riservatezza del terzo coinvolto (nella fattispecie la ricorrente aveva chiesto la copia della cartella clinica del suo ex coniuge, al fine di valutare se intraprendere azione giudiziaria per far dichiarare la nullità del nuovo matrimonio dallo stesso contratto "in limine mortis")” (T.A.R. Sardegna II, 18 febbraio 2013, n. 144; è lecita ad esempio la diffusione dei dati sulla salute nel caso in cui sia indispensabile per la trasparenza del pubblico concorso : cfr. App. Roma sez. lav., 25 febbraio 2019, n.620).

Non costituisce esimente della violazione il diritto di cronaca allorquando non è esercitato nel rispetto delle regole del Codice della Privacy. La  Cassazione civile  I, 09/07/2018,  n. 18006 ha infatti di recente assunto che “È censurabile la pratica delle interviste televisive con "riprese occulte", ovvero tenendo la telecamera accesa all'insaputa del soggetto che, dunque, non sa né di essere registrato né tantomeno che verrà mandato in onda. Il trattamento dei dati personali per finalità giornalistiche, invero, "può essere effettuato anche senza il consenso dell'interessato (articolo 137, comma 2, del d.lgs. 196/2003), ma pur sempre con modalità che garantiscano il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, della dignità dell'interessato e del diritto all'identità personale, nonché il rispetto del "Codice di deontologia" che ha valore di fonte normativa". Questo è quanto affermato dalla Cassazione che ha così respinto il ricorso della Rai contro la decisione dei giudici di merito che nel 2014 l'aveva condannata, in solido con un giornalista free lance della trasmissione Report, a risarcire 25mila euro a un notaio filmato nel corso di un'inchiesta sui professionisti coinvolti nelle attività di riciclaggio e scommesse illegali” ( ugualmente a dirsi per la diffusione di dati sensibili sempre a mezzo di servizi giornalistici: cfr. Cass. I, n. 16358 /2018).

Non può, poi, essere ricondotta alla disciplina in tema di accesso ai dati personali contenuta nel codice della privacy, la richiesta di accesso agli atti, che può essere effettuata dai danneggiati alle società di assicurazione obbligatoria r.c.a., a conclusione dei procedimenti di valutazione, contestazione e liquidazione dei danni che li riguardano (Cass. III, n.6725/2019).

Aspetti processuali

La speciale tutela offerta al diritto alla riservatezza comporta alcune deroghe anche in materia processuale.

Intanto, va premesso che l'art. 152 Cod. Privacy recita:“Tutte le controversie che riguardano, comunque, l'applicazione delle disposizioni del presente codice, comprese quelle inerenti ai provvedimenti del Garante in materia di protezione dei dati personali o alla loro mancata adozione, nonché le controversie previste dall'articolo 10, comma 5, della legge 1 aprile 1981, n. 121, e successive modificazioni, sono attribuite all'autorità giudiziaria ordinaria. – 1 bis. Le controversie di cui al comma 1 sono disciplinate dall'articolo 10 del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150”.

Dunque, intanto, è prevista la Giurisdizione del G.O. anche in caso di impugnazione di provvedimenti del Garante per la Privacy, ed ancora è previsto il rito speciale dell'art. 10 del cd. decreto di semplificazione dei riti.

Anche se “Nel giudizio risarcitorio conseguente all'illecita lesione del diritto alla riservatezza il Garante per la protezione dei dati personali, quale estraneo alla pretesa, non riveste il ruolo di litisconsorte necessario, diversamente dal caso del giudizio che consegue all'impugnazione di un proprio provvedimento (Cass. III, n. 20890/2015).

È prevista, poi, una competenza inderogabile ed esclusiva in favore del foro del luogo di residenza del titolare del trattamento ( cfr. Cass. VI, n. 22526/2014 per cui “In tema di tutela giudiziale dalle violazioni della normativa in materia di protezione dei dati personali, il foro del luogo di residenza del titolare del trattamento stabilito dall'art. 152, comma 2, d.lgs. n. 196/2003 ha carattere esclusivo ed attrae la domanda di risarcimento dei danni lamentati in conseguenza dell'asserito uso illegittimo dei dati personali), prevalente anche sul foro della pubblica amministrazione stabilito dall'art. 25 c.p.c., limitatamente alle controversie instaurate contro il Garante in relazione ai provvedimenti da questo emessi o alla loro mancata adozione ( cfr. Cass. III, n. 23280/2007).

Non vi è pregiudizialità tra ricorso al Garante dei dati personali rispetto all'azione risarcitoria dinanzi al G.O. ( cfr. Trib. Roma, 6 ottobre 2011).

È ammessa, poi, ormai pacificamente la tutela cautelare in sede civile (cfr. Trib. Salerno, 7 aprile 2015, è ammissibile il ricorso alla tutela cautelare d'urgenza ex art. 700 c.p.c. avverso un'illegittima segnalazione “a sofferenza” alla Centrale dei rischi della Banca d'Italia, stante il pregiudizio irreparabile che ne deriva. A seguito delle modifiche apportate dall'art. 10 d.lgs. n. 150/2011 all'art. 152 cod. privacy, non sussiste più alcun dubbio in merito all'applicabilità delle norme generali di cui agli artt. 669 bis ss. e 700 c.p.c., coerenti con il rito del lavoro cui soggiace la domanda di merito.

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