Ricorso ex art. 409 c.p.c. concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale (in ambito lavorativo).

Giovanna Nozzetti
aggiornata da Francesco Agnino

Inquadramento

Un lavoratore, infortunatosi nello svolgimento delle proprie mansioni a causa della condotta colposa di altro prestatore di lavoro, invoca la responsabilità datoriale sia a titolo contrattuale che a titolo extracontrattuale, ai sensi degli artt. 2049 e 2043 c.c., a tutela del proprio diritto all'integrità psico - fisica, chiedendone il risarcimento.

Formula

TRIBUNALE 1 DI ... 2

SEZIONE LAVORO 3

RICORSO 4EXART. 4095 C.P.C.

 

Per il Sig. 6 ..., nato a ... il ... e residente a ... in via ..., C.F. ..., (oppure) [la società ..., in persona del suo legale rappresentante pro tempore Dott. ..., con sede in ..., alla via ..., C.F. ... P.I. ... 7 ] rappresentato e difeso per procura in calce 8 al presente atto dall'avv. ..., C.F. ... 9 , ed elettivamente domiciliato 10 presso il suo studio in ... alla via ... L'avv. dichiara di coler ricevere tutte le comunicazioni di cancelleria al numero di fax ... ovvero all'indirizzo PEC ... 11

-ricorrente-

CONTRO

la società ..., in persona del suo legale rappresentante pro tempore Dott. ..., con sede in ..., alla via ..., C.F. ... P. I. ...

-resistente-

PREMESSO 12

Il ricorrente sig. ..., dipendente dell'odierna resistente, svolge servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani.

In data ..., verso le ore ..., mentre espletava tale servizio a bordo di un automezzo della società, veniva scaraventato a terra dal retro dell'automezzo che operava una svolta rapida ed improvvisa in prossimità della traversa di via ... .

In seguito alla violenta caduta veniva immediatamente soccorso e trasportato all'ospedale ... di ... ove gli veniva diagnosticato in prime cure: trauma cranico cervicale e ferita lacero-contusa del cuoio capelluto , trauma escoriativo del ginocchio dx e contusioni multiple per il corpo. In data 14.09.2004 veniva dimesso con la diagnosi di trauma cranico - cervicale con frattura della facciata superiore di C-2, frattura del 1° dito mano sinistra, trauma del ginocchio dx..

In relazione all'incidente occorsogli, il ricorrente subiva negli anni successivi un progressivo stato di deterioramento psico-fisico, evidenziando frequenti episodi di panico e turbe della personalità, episodi ripetuti di sindrome vertiginosae di insonnia, cefalea continua, forte limitazione dei movimenti del collo; dal trauma del ginocchio dx, inoltre, scaturiva una forte goniartrosi.

Tutte queste patologie sono strettamente connesse con il sinistro occorso il ... ed ancora in atto, tali da comportare l'astensione dal lavoro del sig. ... dal giorno dell'incidente a tutt'ora.

Alla luce di ciò, il ricorrente, in data ..., formulava una lettera di richiesta di risarcimento danni alla resistente, nella quale invitava quest'ultima ad indennizzare tutti i danni subiti.

MOTIVI 13

1)Si rileva, in via preliminare, che quando un lavoratore subordinato patisca un infortunio sul lavoro, come nella presente fattispecie, sussiste la responsabilità contrattuale del datore di lavoro ai sensi dell'art. 2087 c.c., che fa carico allo stesso di adottare le misure necessarie per tutelare l'integrità del dipendente ; la richiamata norma introduce un dovere che trova fonte immediata e diretta nel rapporto di lavoro e la cui inosservanza , ove sia stata causa del danno , può essere fatta valere con azione risarcitoria (Cass. n. 23162/07).

2)I datori di lavoro (indicati dall'art. 2049 c.c. come "padroni e committenti"), però, rispondono dei danni arrecati dai loro dipendenti ("domestici e commessi") anche a titolo di responsabilità per fatto altrui, connessa al rischio oggettivamente assunto con l'inserimento dei lavoratori nell'organizzazione, più o meno complessa, da essi creata per lo svolgimento di determinate attività di loro pertinenza. Nella fattispecie in esame, si deduce l'imprudenza e la colpa del conducente dell'automezzo della società il quale, operando un'improvvisa e rapida svolta, determinava la caduta a terra del ricorrente che non aveva alcuna possibilità di evitarla.

3)Si rammenta, inoltre, che il datore di lavoro risponde anche della violazione del generico obbligo di neminem laedere (art. 2043 cod. civ.).

4)Si precisa, infine, che, il danno biologico , inteso come danno al bene-salute costituzionalmente protetto e ravvisabile nella menomazione dell'integrità psico-fisica va risarcito ai sensi dell'art. 2059 c.c. indipendentemente dalla copertura Inail.

5)Detto danno resta a carico del datore di lavoro per effetto della responsabilità ex art. 2087 c.c., non essendo state adottate apposite misure atte ad impedire il verificarsi di prevedibili infortuni del tipo di quello occorso al ricorrente. In particolare ...... (specificare quali cautele avrebbero potuto essere adottate dall'impresa o gli obblighi informativi nei confronti dei dipendenti che si ritengono disattesi)

Per tutto quanto innanzi detto, il sig. ... come sopra rappresentato, difeso e domiciliato

RICORRE

All' Ill.mo Tribunale di ... 14 , affinché, rigettata ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, previa fissazione dell'udienza 15 per la comparizione delle parti per il libero interrogatorio 16 , procedere nel modo ritenuto opportuno agli atti di istruzione ritenuti indispensabili, Voglia 17 :

accertare che la resistente è responsabile a titolo contrattuale ai sensi dell'art. 2087 c.c. per infortunio sul lavoro subito dal ricorrente, per violazione dell'obbligo di sicurezza, integrativo del contenuto del contratto individuale di lavoro;

accertare, in via concorrente o subordinata, la responsabilità extracontrattuale del datore di lavoro ai sensi dell'art. 2049 c.c. per i danni arrecati dalla condotta colposa dei suoi dipendenti;

accertare, in via ulteriormente subordinata, l'ipotesi di responsabilità extracontrattuale del datore di lavoro ai sensi dell'art. 2043 c.c. per infortunio sul lavoro, per aver violato il generico obbligo di neminem laedere previsto da tale articolo;

condannare la società ... al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti dal ricorrente a causa del comportamento del resistente, che sin da ora si quantificano in Euro ..., salvo una diversa valutazione da liquidarsi dal Giudice previa disponenda cTu e anche con criterio equitativo 18 ;

condannare la resistente al pagamento delle spese di lite 19 , con distrazione a favore del sottoscritto procuratore, che si dichiara antistatario 20 .

In via istruttoria 21 : (esempio)

si chiede di essere ammesso alla prova per testimoni sulle circostanze indicate (in premessa/in punto di fatto) ovvero sulle seguenti circostanze: 22 ... A tal fine si indicano come testimoni i sig.ri: 1) il Sig...., residente in ...; 2) il Sig..., residente in ... 23

si deposita copia dei seguenti documenti, con riserva di ulteriori produzioni ed articolazioni di richieste istruttorie: 1) ...; 2) ....; 3) ...

si chiede disporsi CTU medico - legale sulla persona del ricorrente al fine di accertare ...

si dichiara che il valore del presente ricorso è di € ... 24 per il quale è previsto il pagamento del contributo unificato pari a Euro ... 25

Luogo e data...__

Firma Avv.......

Ai sensi e per gli effetti del d.P.R. n. 115/2002, si dichiara che il valore del presente procedimento è pari ad Euro ...

PROCURA AD LITEM26

(se non a margine o su documento informatico separato)

[1] A norma dell'art. 413 c.p.c. 'Le controversie previste dall'articolo 409 sono in primo grado di competenza del tribunale in funzione di giudice del lavoro. La Riforma Cartabia ha inciso anche sul mondo giuslavoristico aprendo la negoziazione assistita alle controversie che coinvolgono i rapporti di lavoro elencati nell'art. 409 c.p.c., vale a dire ad ogni controversia di competenza del giudice del lavoro. Non è una condizione di procedibilità per adire all'autorità giudiziaria, ma un ulteriore strumento deflattivo del contenzioso offerto per tentare di definire bonariamente una lite, la cui regia, per la prima volta, è stata assegnata agli avvocati. La particolarità della negoziazione in materia lavoristica è la facoltà della parte di essere assistita, oltre che da un avvocato, anche da un consulente del lavoro, professionalità essenziale per questa tipologia di controversie, soprattutto quando terreno di scontro sono differenze retributive o aspetti contributivi, previdenziali e/o fiscali. Nel disciplinare la negoziazione assistita in materia lavoristica il legislatore ha voluto espressamente fare salva la possibilità delle parti di conciliare le controversie anche presso le sedi sindacali e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative, ai sensi dell'art. 412 – ter c.p.c.: la negoziazione assistita dunque non sostituisce la conciliazione sindacale ma si aggiunge ad essa, offrendo alle parti un'ulteriore modalità per concludere accordi transattivi non impugnabili ai sensi dell'art. 2113 c.c.

[2] Per quanto riguarda il foro, il secondo comma dell'art. 413 c.p.c., derogando all'art. 18 c..c., dispone che 'competente per territorio è il giudice nella cui circoscrizione è sorto il rapporto ovvero si trova l'azienda o una sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto. Tale competenza permane dopo il trasferimento dell'azienda o la cessazione di essa o della sua dipendenza, purché la domanda sia proposta entro sei mesi dal trasferimento o dalla cessazione. Competente per territorio per le controversie previste dal numero 3) dell'articolo 409 è il giudice nella cui circoscrizione si trova il domicilio dell'agente, del rappresentante di commercio ovvero del titolare degli altri rapporti di collaborazione di cui al predetto numero 3) dell'articolo 409. Competente per territorio per le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è il giudice nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio al quale il dipendente è addetto o era addetto al momento della cessazione del rapporto. Nelle controversie nelle quali è parte una Amministrazione dello Stato non si applicano le disposizioni dell'articolo 6 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611. Qualora non trovino applicazione le disposizioni dei commi precedenti, si applicano quelle dell'articolo 18'.

[3] V. nota 1.

[4] Ai sensi dell'art. 414 c.p.c. la domanda si propone con ricorso.

[5] La norma recita: 'si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative a: 1) rapporti di lavoro subordinato privato, anche se non inerenti all'esercizio di una impresa; 2) rapporti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione agraria, di affitto a coltivatore diretto, nonché rapporti derivanti da altri contratti agrari, salva la competenza delle sezioni specializzate agrarie; 3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato; 4) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgono esclusivamente o prevalentemente attività economica; 5) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici ed altri rapporti di lavoro pubblico, sempreché non siano devoluti dalla legge ad altro giudice'.

[6] L'art. 414 c.p.c. dispone che il ricorso deve contenere, tra le altre indicazioni, il nome, il cognome, nonché la residenza o il domicilio eletto del ricorrente nel comune in cui ha sede il giudice adito, il nome, il cognome e la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto; se ricorrente o convenuto è una persona giuridica, un'associazione non riconosciuta o un comitato, il ricorso deve indicare la denominazione o ditta nonché la sede del ricorrente o del convenuto.

[7] Se si tratta di persona giuridica occorre indicare il nome del legale rappresentante pro tempore, la sede legale e il codice fiscale e/o il numero di partita Iva.

[8] La procura può essere generale o speciale (art. 83 c.p.c.). Nel caso di procura generale alle liti, redatta per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, dovranno esserne indicati gli estremi. La procura speciale, invece, può essere apposta in calce o a margine del ricorso. Nell'ipotesi di scelta di deposito telematico del ricorso (art. 16-bis comma 1-bis D.L. 179/2012) occorrerà indicare la seguente dicitura: 'giusta procura allegata mediante strumenti informatici e apposta in calce al presente ricorso ai sensi dell'art. 83 comma 3 c.p.c.'. Solitamente la procura è rilasciata a margine o in calce all'atto di citazione. Se è conferita con atto notarile, il medesimo va allegato all'atto. L'art. 125, comma 2 prevede la possibilità che la procura al difensore dell'attore sia rilasciata in data posteriore alla notificazione, purchè prima della costituzione in giudizio.

[9] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c.

[10] L'elezione di domicilio nel Comune in cui ha sede il Tribunale adito è obbligatoria: essa individua il luogo legale ove effettuare le comunicazioni e notificazioni inerenti al processo: artt. 165 e 170 c.p.c.

[11] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore, è sufficiente l'indicazione del numero di fax, poiché l'indirizzo PEC è un dato ormai acquisito nei rapporti con la cancelleria: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. 115/2002 modificati dalla l. 114/2014.

[12] Ai sensi dell'artt. 125 c.p.c. il ricorso deve contenere, inter alia, le ragioni della domanda, cioè l'esposizione analitica dei fatti posti a fondamento della stessa.

[13] Ai sensi dell'art. 125 c.p.c. il ricorso deve contenere l'indicazione del tipo di provvedimento richiesto (petitum) nonché l'esposizione dei fatti costitutivi del diritto fatto valere con il ricorso (causa petendi). La domanda deve contenere, altresì, l'indicazione delle condizioni dell'azione cautelare (fumus boni iuris e periculum in mora), degli elementi che consentano di individuare la futura (eventuale) domanda di merito (strumentalità).

[14] V. n. 1.

[15] Il giudice, entro cinque giorni dal deposito del ricorso, fissa, con decreto, l'udienza di discussione, alla quale le parti sono tenute a comparire personalmente (art. 415 c.p.c.).

[16] Nell'udienza fissata per la discussione della causa il giudice interroga liberamente le parti presenti (1) e tenta la conciliazione della lite. La mancata comparizione personale delle parti, senza giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile dal giudice ai fini della decisione (art. 420 c.p.c.).

[17] Se la conciliazione non riesce e il giudice ritiene la causa matura per la decisione, o se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali la cui decisione può definire il giudizio, il giudice invita le parti alla discussione e pronuncia sentenza anche non definitiva dando lettura del dispositivo. Nella stessa udienza ammette i mezzi di prova già proposti dalle parti e quelli che le parti non abbiano potuto proporre prima, se ritiene che siano rilevanti, disponendo, con ordinanza resa nell'udienza, per la loro immediata assunzione. Qualora ciò non sia possibile, fissa altra udienza, non oltre dieci giorni dalla prima concedendo alle parti ove ricorrano giusti motivi, un termine perentorio non superiore a cinque giorni prima dell'udienza di rinvio per il deposito in cancelleria di note difensive (art. 420, co. 4 c.p.c.).

[18] L'art. 432 c.pc. dispone che 'quando sia certo il diritto ma non sia possibile determinare la somma dovuta, il giudice la liquida con valutazione equitativa'.

[19] La disciplina delle spese di giudizio segue quella ordinaria prevista dall'art. 91 c.p.c., secondo cui vanno poste a carico della parte soccombente e a favore della parte vittoriosa.

[20] Ex art. 93 c.p.c.

[21] Indicazione dei mezzi istruttori di cui ci si intende avvalere.

[22] Formulare i capi di prova preceduti dalla locuzione 'Vero che ...'.

[23] Le parti possono, se ricorrono gravi motivi, modificare le domande, eccezioni e conclusioni già formulate, previa autorizzazione del giudice (art. 420 c.pc.).

[24] Determinabile in base agli artt. 10 ss. c.p.c.

[25] Determinabile in base al d.P.R. 115/2002 e successive modificazioni. La dichiarazione di valore è prevista dall'art. 14, co. 2, d.P.R. 115/2002 secondo cui «il valore dei processi, determinato ai sensi del codice di procedura civile, senza tener conto degli interessi, deve risultare da apposita dichiarazione resa dalla parte nelle conclusioni dell'atto introduttivo, anche nell'ipotesi di prenotazione a debito». Orbene, l'art. 13, co. 6 del medesimo decreto prevede la conseguenza dell'omissione della predetta dichiarazione di valore affermando che «se manca la dichiarazione di cui all'articolo 14, il processo si presume del valore indicato al comma 1, lettera g)»; pertanto, si presume che il valore del procedimento sia quello dello scaglione più elevato (i.e. superiore a 520.000,00 Euro) con obbligo di versamento di un contributo unificato più elevato. L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione sopra citata. Ai sensi del citato art. 13, comma 3-bis: «ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale ... il contributo unificato è aumentato della metà».

[26] La procura può essere generale o speciale (art. 83 c.p.c.). Nel caso di procura generale alle liti, redatta per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, dovranno esserne indicati gli estremi. La procura speciale, invece, può essere apposta in calce o a margine del ricorso. Nell'ipotesi di scelta di deposito telematico del ricorso (art. 16-bis comma 1-bis D.L. 179/2012) occorrerà indicare la seguente dicitura: «giusta procura allegata mediante strumenti informatici e apposta in calce al presente ricorso ai sensi dell'art. 83 comma 3 c.p.c.».

Commento

Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale in ambito lavorativo.

In ambito lavorativo, quando dalla violazione di obblighi posti a carico del datore di lavoro sia derivata anche la lesione di diritti (salute, dignità personale, libertà, autodeterminazione) che spettano alla persona del lavoratore indipendentemente dal rapporto di lavoro, la responsabilità del datore di lavoro può essere affermata sia a titolo contrattuale che extracontrattuale.

In particolare, nel caso di infortuni sul lavoro e malattie professionali, la fonte giuridica dell'obbligazione di sicurezza è costituita dalla norma contenuta nell'art. 2087 c.c. integrata dai precetti di rango costituzionale - il cui contenuto è poi completato e specificato dalle fonti comunitarie e dalla legislazione specialistica, in specie dal d.lgs. n. 81/2008. La responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. è di carattere contrattuale, atteso che il contenuto del contratto individuale di lavoro risulta integrato per legge, ai sensi dell'art. 1374 c.c., dalla disposizione che impone l'obbligo di sicurezza e lo inserisce nel sinallagma contrattuale. » (Cass. sez. lav., n. 21590/2008).

Nel caso in cui l'infortunio subito dal lavoratore sia stato causalmente determinato dal fatto di altro dipendente, di esso il datore di lavoro risponde anche ai sensi dell'art 2049 c.c. a titolo extracontrattuale, per fatto altrui, in ragione del rischio oggettivamente assunto con l'inserimento dei lavoratori nell'organizzazione, più o meno complessa, creata per lo svolgimento di determinate attività di loro pertinenza.

Il datore di lavoro può essere altresì tenuto a rispondere dei pregiudizi risentiti dal lavoratore ai sensi dell'art. 2043 c.c., per violazione del generale precetto del neminem ledere.

La giurisprudenza maggioritaria, che non ha mai incontrato difficoltà nel ritenere ammissibile il concorso, o meglio la coesistenza di diritti (e di azioni) spettanti al danneggiato, in relazione ad un medesimo fatto, nei confronti di una pluralità di soggetti che abbiano concorso a causarlo (ciò che genera la responsabilità solidale dei danneggianti, ai sensi dell'art. 2055 c.c.), riconosce altresì, che quando al medesimo soggetto si possano astrattamente ascrivere entrambi i titoli di responsabilità, pur venendo in primo luogo in considerazione la responsabilità contrattuale, può configurarsi, in via concorrente o sussidiaria, una responsabilità fondata sulla violazione del dovere generico del neminem laedere.

Non può infatti trascurarsi che le norme sulla responsabilità extracontrattuale sono dettate a tutela dei diritti primari del singolo e che tale protezione certamente non può mancare nemmeno quando i soggetti entrano tra loro in contatto a titolo negoziale, per cui, al fine di scongiurare ingiustificate disparità di trattamento fra situazioni che meriterebbero una tutela di eguale intensità, va assicurata la garanzia più elevata possibile della posizione giuridica del soggetto leso, in ossequio alla nuova ottica riparatoria della responsabilità extracontrattuale.

In tal senso, sono da interpretare varie pronunce della suprema Corte, in base alle quali il danneggiato è legittimato a esercitare, in via alternativa o concorrente, entrambe le azioni connesse ai due tipi di responsabilità, purché, ovviamente, ricorrano tutti gli elementi rispettivamente richiesti per ognuna e lo stesso fatto costituisca, al tempo stesso, violazione vuoi di un obbligo contrattuale, vuoi del principio di neminem laedere. Sono indispensabili, in definitiva, tre condizioni: l'unicità del fatto lesivo, la coincidenza soggettiva danneggiante debitore e danneggiato creditore, la derivazione oggettiva del danno aquiliano come conseguenza diretta o indiretta dell'inadempimento dell'obbligazione. Il vantaggio della riconosciuta facoltà di cumulo delle azioni sta nella possibilità, per il danneggiato, di giovarsi di almeno una forma di tutela, nei casi in cui, in conseguenza dell'operatività della prescrizione, l'altra sarebbe stata preclusa.

Una volta riconosciuto che l'esercizio cumulativo delle due azioni rientra nel potere dispositivo della parte, ove quest'ultima abbia optato per una di esse non è consentito al giudice, in violazione dell'art. 112 c.p.c., sostituirsi all'attore nella scelta ch'egli avrebbe potuto operare ed accogliere la domanda in base ad un titolo diverso (Cass. III, n. 11766/2002), né procedere ad una commistione delle due discipline scegliendo di volta in volta il profilo maggiormente favorevole al lavoratore, né infine sommare le voci di danno risarcibili.

E' tuttavia precluso al lavoratore mutare, in sede di gravame, il titolo - contrattuale o extracontrattuale - azionato in prime cure e invocare l'una o l'altra causa petendi a seconda dell'eccezione che al momento sia utile contrastare (Cass. sez. lav., n. 5781/2016).

Nel caso in cui, invece, le azioni non siano state esercitate cumulativamente, si rende necessaria la corretta qualificazione della domanda cui consegue l'individuazione della disciplina della prescrizione e del regime probatorio appropriati al tipo di responsabilità effettivamente invocata. A tal fine, ove il lavoratore abbia chiesto il risarcimento del danno derivante dalla lesione del diritto all'integrità personale, non rileva, ai fini della configurazione di un'azione di natura contrattuale, il mero richiamo dell'art. 2087 cod. civ. o delle altre disposizioni legislative strumentali alla protezione delle condizioni di lavoro, occorrendo, invece, la specifica deduzione di un comportamento inadempiente del datore di lavoro, dal quale, secondo la prospettazione attorea, sia derivato il danno lamentato (Cass. n. 17547/2010; Cass. S.U. n. 18623/2008, Cass. S.U. n 9385/2001).

La giurisprudenza ha in effetti mostrato di valorizzare, a tale scopo, non già la natura dei danni subiti dal lavoratore (posto che pregiudizi non patrimoniali ben possono scaturire anche da violazioni contrattuali), quanto il tipo di condotta che li ha generati e, più specificatamente, la riconducibilità o meno dei comportamenti lesivi all'esercizio dei tipici poteri datoriali (Vds. Cass. S.U. n. 8438/2004).

Importanti indicazioni al riguardo provengono dall'indirizzo giurisprudenziale che, per risolvere la questione della giurisdizione rispetto alla domanda risarcitoria proposta dal pubblico dipendente nei confronti di una pubblica amministrazione sottratta alla c.d. contrattualizzazione o in relazione ad un periodo antecedente al 30 giugno 1998, reputando dirimente l'accertamento della natura giuridica dell'azione di responsabilità in concreto proposta (Cass. S.U. n. 12103/2013; Cass. S.U., n. 4850/2013; Cass. S.U., n. 2507/2006; Cons. St. VI, n. 182/2003; vds. anche Cass. S.U. n. 23228/2016. Contra, T.A.R. Lazio, Roma, n. 14604/2006; Cass. S.U., n. 6254/2004), ritiene decisiva l'allegazione, da parte del ricorrente, dei tratti propri dell'elemento materiale dell'illecito, nel senso che ove esso si sostanzi in una condotta dell'amministrazione la cui idoneità lesiva possa esplicarsi indifferentemente nei confronti della generalità dei cittadini come nei confronti dei propri dipendenti, sì che il fatto denunciato violi il generale divieto di neminem ledere, costituendo in tal caso il rapporto di lavoro mera occasione dell'evento dannoso, il titolo della responsabilità - in mancanza di una chiara opzione del ricorrente - è quello extracontrattuale, mentre, ove la condotta dell'amministrazione si presenti con caratteri tali da escluderne qualsiasi incidenza nella sfera giuridica di soggetti ad essa non legati da rapporto di impiego, la natura contrattuale della responsabilità non può essere revocata in dubbio, poichè l'ingiustizia del danno non è altrimenti configurabile che come conseguenza delle violazioni di taluna delle situazioni giuridiche in cui il rapporto medesimo si articola e si svolge (Cass. S.U., n. 18623/2008).

Nel caso di cumulo delle due azioni dovrebbe invece propendersi per la devoluzione dell'intera controversia al giudice amministrativo, e ciò al fine di evitare artificiose frammentazioni della giurisdizione (Così T.A.R. Veneto, Venezia, n. 1459/2007).

Quanto alla competenza ratione materiae e alla scelta del rito, occorre ricordare che, per controversie relative ai rapporti di lavoro subordinato debbono intendersi non solo quelle relative alle obbligazioni caratteristiche del rapporto di lavoro, ma tutte le controversie in cui la pretesa fatta valere si colleghi direttamente al detto rapporto, nel senso che questo si presenti come antecedente necessario - non meramente occasionale - della situazione di fatto in ordine alla quale viene invocata la tutela giurisdizionale.

Devono intendersi, pertanto, devolute al Tribunale in funzione di Giudice del lavoro le controversie proposte dal lavoratore o jure successionis dai suoi eredi quando l'infortunio si sia verificato nell'assolvimento delle mansioni affidate al dipendente dal datore di lavoro, trattandosi di controversia avente ad oggetto diritti sorti in dipendenza diretta e non meramente occasionale dal rapporto di lavoro' (Cass. sez. lav., n. 22818/2009; Cass. sez. lav., n. 17092/2012).

Si ritiene (Cass. III, n. 3650/2006; Cass. III, n., 20355/2005), viceversa, che non rientri nelle 'controversie individuali di lavoro' ai sensi dell'art. 409 c.p.c. la domanda avente ad oggetto il risarcimento dei danni proposta dai congiunti del lavoratore deceduto non jure hereditario, per far valere la responsabilità del datore di lavoro nei confronti del loro dante causa, bensì jure proprio, quali soggetti che dalla morte del congiunto hanno subito danno e, quindi, quali portatori di un autonomo diritto al risarcimento che ha la sua fonte nella responsabilità extracontrattuale di cui all'art. 2043 c.c.

In senso contrario si è fatto notare che, in simili situazioni, il rapporto di lavoro può costituire la causa petendi dell'azione risarcitoria e che per affermare la non riconducibilità della controversia all'ambito di cui all'art. 409 c.p.c. non è sufficiente osservare che non vi è coincidenza tra le parti in lite e quelle del rapporto di lavoro posto che tale coincidenza è stata ritenuta irrilevante dalla richiamata giurisprudenza che ha delineato in senso ampio l'ambito applicativo del rito speciale.

In ogni caso, l'accertamento in ordine al nesso di causalità tra condotta ed evento nonché alla colpa del datore di lavoro, contenuto nella sentenza definitiva che lo abbia condannato al risarcimento del danno sulla domanda proposta dai congiunti "iure hereditatis", costituisce giudicato esterno nel diverso giudizio promosso dai medesimi ex art. 2043 c.c. per il ristoro del pregiudizio subito "iure proprio", restando irrilevante che l'azione ex art. 2087 c.c. abbia natura contrattuale e sia soggetta alla presunzione di colpa della parte datrice alla quale spetta dimostrare l'assenza di rimproverabilità soggettiva, giacché la definitiva statuizione sull'esistenza dell'elemento soggettivo ha una valenza ontologica che prescinde dalle effettive modalità del suo accertamento. (Cass. n. 10578/2018).

Quanto alla casistica, il mobbing è certamente terreno fertile per l'applicazione del concorso di azioni, contrattuale ed extracontrattuale, tanto nelle ipotesi c.d. di mobbing verticale, per la complessità delle fattispecie miste, comprensive sia di atti tipici (ossia costituenti esercizio di poteri datoriali) che di comportamenti materiali atipici, quanto nelle ipotesi di mobbing c.d. orizzontale nelle quali, oltre al rilievo dell'omessa adozione da parte del datore di lavoro delle misure organizzative atte a scongiurare abusi nelle relazioni gerarchiche o del ritardo nell'approntamento delle cautele necessarie a scongiurare condotte lesive, ostili o vessatorie nei riguardi del singolo, è configurabile anche la culpa in vigilando del datore di lavoro rilevante ai sensi dell'art. 2043 c.c.

La giurisprudenza di legittimità tende viceversa a ravvisare la sola responsabilità da inadempimento in presenza della violazione di specifici obblighi contrattuali derivanti dal rapporto di impiego quando i comportamenti lesivi costituiscono l'esercizio di tipici poteri datoriali (mutamento di mansioni, assegnazione del posto di lavoro in locale angusto, assegnazione di alloggio prima concesso nell'ambito della struttura, rifiuto di concessione di periodi di riposo) che trovano la loro disciplina nella regolamentazione del rapporto di lavoro e ricevono da questa la loro sanzione di illiceità (Cass. S.U., n. 8438/2004). Si parla in tal caso di mobbing abusivo, in quanto concretizzatosi nell'esercizio abusivo (ossia disfunzionale rispetto al fine tipico) di tipici poteri datoriali, come tale riconducibile allo schema dell'abuso del diritto.

Un'altra fattispecie cui è congeniale lo schema del concorso (o cumulo) di responsabilità concerne i danni prodotti dalle cose (attrezzature, utensili, macchinari, etc...) che il lavoratore aveva il compito di utilizzare per l'esecuzione della prestazione lavorativa. In giurisprudenza si registrano, al riguardo, due differenti approcci. Secondo il primo (Cass. sez. lav., n. 15919/2004), una volta appurato che il danno deriva causalmente dalla cosa e si è prodotto nello svolgimento dell'attività lavorativa, si ha la concorrente applicabilità dei due titoli di responsabilità previsti dagli artt. 2087 e 2051 c.c. Secondo l'altro (Cass. sez. lav., n. 9909/2003), ove il danno derivi da un macchinario che il lavoratore aveva il compito di manovrare, gli ambiti applicativi delle due norme sono distinti nel senso che è applicabile, in via residuale, l'art. 2051 cod. civ., allorché, non trattandosi di attrezzature o strumenti guasti o malfunzionanti affidati al lavoratore in violazione dell'art. 2087 c.c., il danno sia stato prodotto da un comportamento delle cose anzidette assolutamente anomalo e in nessun modo influenzato dall'uso fattone per l'esecuzione della prestazione lavorativa, atteso che, in tale ipotesi, il lavoratore, pur in immediato contatto con la cosa produttiva del danno, si trova, rispetto alla medesima - quanto alla genesi e alle conseguenze del fatto dannoso - in una relazione di sostanziale estraneità, non dissimile da quella di un soggetto non impegnato nell'attività lavorativa trovatosi casualmente nelle vicinanze della cosa, con la differenza che il lavoratore, cui dal datore di lavoro sia assegnato l'uso del macchinario, deve utilizzarlo costantemente come strumento di lavoro e per obbligo contrattuale e che il datore di lavoro non può evitare la propria responsabilità se non provando, indipendentemente dalla violazione di specifici obblighi normativi, la causale connessione del danno con un comportamento anomalo del lavoratore, che di questo sia stato la causa esclusiva.

Una volta l'assolto, da parte del lavoratore, l'onere di provare il danno e il nesso causale tra danno e cosa, il datore di lavoro si libera dalla responsabilità contrattuale discendente dall'art. 2087 c.c. provando che il macchinario era in buono stato, regolarmente manutenuto e funzionante e che erano state adottate tutte le cautele suggerite dall'ordinaria diligenza e dalle cognizioni tecniche di settore per neutralizzare i rischi connessi all'uso della cosa, ivi compresa l'adeguata formazione dell'utilizzatore. Fornita tale dimostrazione ed esentato, dunque, il datore da responsabilità da inadempimento, ove il danno derivi da un comportamento anomalo della cosa, non connesso all'uso fattone dal lavoratore, opera la presunzione posta dall'art. 2051 c.c. e il datore di lavoro può andare esente dalla relativa responsabilità soltanto provando il caso fortuito.

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