Comparsa di risposta contenente formulazione di eccezioni in senso stretto sulla adozione di un modello di organizzazione e gestione come scriminante

Giovanna Nozzetti
aggiornata da Francesco Agnino

Inquadramento

Costituendosi in giudizio, la società convenuta resiste all'avversa azione risarcitoria invocando la prova liberatoria consistente nell'adozionenell'attuazione di un modello di organizzazione e gestione idoneo a prevenire i rischi di infortuni a danno dei propri dipendenti

Formula

TRIBUNALE DI ...

COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA 1

PER

la ... S.pA. , C.F. ... 2 , in persona del legale rapp.te p.t. Sig. ..., con sede legale in ... alla Via ... n. ..., rappresentata e difesa dall'Avv. ...... (C.F. ...), con domicilio eletto in ... alla via ... n. ... presso lo studio dell'Avv. ..., giusta procura in calce al presente atto e reso su foglio separato, dichiarando di voler ricevere tutte le comunicazioni e gli avvisi di cui agli artt. 133 comma 3, 134 comma 3, 170 comma 4 e 176 comma 2 c.p.c., anche al seguente numero di fax ..., ovvero al seguente indirizzo di PEC: ...@... 3 .

-convenuta-

CONTRO

La Sig.ra ..., C.F. ..., nata a ... e residente in ..., alla via ... n. , rappresentata e difesa dall'Avv. ...... ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in ......;

-attrice-

NONCHE' CONTRO

Il Sig...., C.F......., nato a...e residente in ..., alla via ... n. , rappresentato e difesa dall'Avv. ...... ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in ......;

-altro convenuto-

FATTO

 

Con atto di citazione notificato in data ..., la Sig.ra ..., conveniva in giudizio la ... S.p.A, nonché il Sig., Amministratore della S.p.A, per sentirli condannare, in solido tra loro, al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, da ella patiti in conseguenza della morte del marito, Sig...., impiegato presso la odierna comparente con la qualifica di ...;

A tal fine esponeva l'attrice che, in data..., a causa della violazione, da parte del Sig...., Amministratore della ...S.p.A., di plurime disposizioni della normativa antinfortunistica (d.Lgs n. 81/08), i rifiuti di vario genere depositati nel locale , del piano ... dello stabile, prendevano improvvisamente fuoco e il Sig...., che ivi svolgeva le proprie mansioni di..., non riuscendo a sottrarsi alle fiamme, restava tragicamente vittima del rogo;

Deduceva inoltre l'attrice che, accertati gli estremi del reato di omicidio colposo ex art. 589 c.p., il Tribunale di..., con sent. n.... condannava il Sig...., Amministratore della ...S.p.A, ad anni di reclusione e che, in forza del reato presupposto da questi realizzato nell'interesse e nel vantaggio della Società odierna comparente, in data... la Procura di ... aveva avviato un'indagine per la responsabilità amministrativa da reato exd.lgs. 231/2001 a carico della... S.p.A;

Su tali premesse, la Sig.ra... chiedeva la condanna della ... S.p.A., nonché del Sig...., al risarcimento dei danni subiti e subendi, quantificati nella somma di ......, di cui euro ... per la sofferenza e il turbamento derivanti dalla privazione del proprio rapporto affettivo con la vittima, ed euro...... derivanti dall'impossibilità per l'attrice di fruire dell'apporto patrimoniale della vittima alla vita familiare;

Con il presente atto si costituisce la ...S.p.A, chiedendo il rigetto della domanda per i seguenti motivi di

DIRITTO

1. SULL'ADOZIONE DI EFFICACI MODELLI DI ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DA PARTE DELLA SOCIETA'

La vicenda in esame si inquadra nella fattispecie della responsabilità amministrativa dell'ente dipendente da reato, prevista dal d.lgs. n. 231/2001.

La suddetta normativa, dopo aver disciplinato i requisiti in presenza dei quali si configura la responsabilità amministrativa dell'ente, individua, agli artt. 6 e 7 del presente Decreto, gli strumenti dei quali l'azienda deve dotarsi per dimostrare di non essere responsabile dei reati che le sono attribuiti.

Per quanto rileva ai fini della presente difesa, pertanto, ancorché il reato di omicidio colposo, rientrante nel catalogo dei reati presupposti individuato dagli artt. 24 e ss. del Decreto, sia commesso da un soggetto che riveste una posizione apicale nella società e sia commesso nell'interesse e nel vantaggio di quest'ultima, come parte attrice sostiene, deve evidenziarsi che, fin dal......, e cioè prima della commissione del reato, la ......S.p.A, aveva adottato ed efficacemente attuato il modello di organizzazione e gestione, cui gli artt. 6 e 7 del d.lgs. 231/2001 riconoscono efficacia scriminante.

Prima ancora di analizzare i requisiti in presenza dei quali il modello di organizzazione e gestione esonera l'ente da responsabilità, giova evidenziare che detta efficacia esimente non è limitata alla sola responsabilità amministrativa dell'ente, ma elide, in ossequio al più generale principio di non contraddizione dell'ordinamento, ogni conseguenza che quest'ultimo riconnette all'accertamento della suddetta responsabilità.

Il riferimento è, per quanto qui ci concerne, al piano della responsabilità civile dell'ente.

Per vero, come la giurisprudenza di legittimità ha avuto più volte modo di precisare (infra alios, Cass. pen. IV, n. 31210/2016) affinché il modello di organizzazione e gestione ex art. 6 e 7 d.lgs. assuma efficacia esimente, non basta che un qualsiasi modello di organizzazione sia adottato, ma è necessario che lo stesso sia idoneo a scongiurare, in via preventiva, reati del tipo di quello commesso, e sia inoltre concretamente attuato.

L'adeguatezza e l'efficace attuazione del modello organizzativo sono oggetto di valutazione discrezionale del Giudice, ma la legge introduce, opportunamente, parametri specifici ed elementi di oggettivizzazione di tale giudizio.

Quanto in particolare ai requisiti che il modello organizzativo deve contenere, l'art. 6, co. 2 prevede che esso deve: 1) individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi i reati; 2) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni dell'ente in relazione ai reati da prevenire; 3) individuare le modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati; 4) prevedere obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sull'osservanza dei modelli; 5) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.

Si tratta di una serie di requisiti che individuano prescrizioni generali, nel senso che la legge fornisce solo delle indicazioni di massima, che ciascun ente deve concretizzare con riguardo alla propria attività e alle proprie esigenze organizzative.

Proprio la astrattezza di tali previsioni e il conseguente rischio di eccessiva discrezionalità del giudice nel valutare l'adeguatezza del modello, e dunque la sua efficacia esimente, ha indotto il Legislatore a perimetrare detto spazio di valutazione, individuando elementi di oggettivizzazione del giudizio in una duplice direzione: individuando direttamente alcune linee guida generali di contenuto dei modelli (si pensi, ad esempio, alle linee guida predisposte da Confindustria o a quelle predisposte dall'A.B.I. per le società bancarie); prevedendo la possibilità che i singoli modelli siano redatti sulla base di codici di comportamento individuati da associazioni di categoria.

Per vero, un ulteriore limite alla discrezionalità del giudice nel valutare l'idoneità dei modelli di organizzazione ad assumere efficacia scriminante, è, con riguardo alla fattispecie oggetto della controversia in esame, fornito dall'art. 30 d.lgs. n. 81/2008.

Relativamente ai delitti di omicidio colposo e lesioni colpose commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e delle norme sulla tutela dell'igiene e della salute sui luoghi di lavoro, il Legislatore ha specificato il contenuto concreto dei modelli di organizzazione e di gestione di cui l'ente si deve dotare per andare esente da responsabilità.

Tali requisiti possono essere riassunti nei seguenti punti: 1) rispetto di tutti gli adempimenti previsti dalla normativa antinfortunistica (relativi standard tecnico strutturali, valutazione dei rischi e adozione delle misure di prevenzione e protezione, gestione delle emergenze, riunioni periodiche, consultazione, sorveglianza sanitaria, formazione, informazione, vigilanza sui lavora tori); 2) registrazione dello svolgimento delle suddette attività; 3) adeguata articolazione di funzioni per garantire la presenza di competenze tecniche e la distribuzione dei poteri di verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio; 4) sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel MOG; 5) sistema di controllo sull'attuazione del MOG e sul mantenimento nel tempo dell'idoneità delle misure adottate.

Coerentemente a quanto previsto dall'art. 6, comma 3, d.lgs. 231/2001 con riguardo ai modelli di organizzazione in generale, il Legislatore, nel d.lgs. 81/2008 ha inoltre assegnato una presunzione di conformità ai requisiti di cui sopra e per le sole parti corrispondenti a due standard: a) Linee guida UNI-INAIL del 28 settembre 2001 per la realizzazione di un SGSL (Sistema di Gestione della Salute e sicurezza sul Lavoro); b) British Standard OHSAS 18001:2007.

Il Modello 231, pertanto, secondo il prevalente orientamento di dottrina e giurisprudenza diffusosi sul punto, non si pone quale strumento aziendale a sé stante ma risulta interattivo con il sistema di gestione qualità ed ambientale (ISO 9001, ISO 14001/ EMAS e/o di responsabilità sociale (SA 8000 o SCR), il sistema di controllo e gestione sicurezza (d.lgs. 81/2008 - OHSAS 18001), il sistema Privacy (d.lgs. 196/2003) ecc. ).

Orbene, nel caso di specie, precisato che, in presenza di modelli organizzativi contenutisticamente aderenti alle prescrizioni dell'art. 30 d.lgs. 81/2008 e prima ancora all'art. 6 d.lgs. 231/2001, nonché rispettosi delle linee guida di settore, il modello di organizzazione si presume idoneo a scongiurare reati di omicidio e lesioni colpose, deve concludersi per l'adeguatezza del modello di organizzazione e gestione adottato dalla odierna comparente.

Deve positivamente concludersi, inoltre, anche per l'efficace attuazione del modello organizzativo che, unitamente all'adeguatezza dello stesso, costituisce un requisito essenziale ai fini dell'attitudine scriminante.

Come previsto in generale dall'art. 7, comma 4, d.lgs. 231/2001, e in particolare dall'art.30 d.lgs. 81/2008 il modello organizzativo deve essere efficacemente attuato, il che avviene tramite il costante adeguamento del modello alla realtà organizzativa dell'ente, nonché tramite l'apparato sanzionatorio che è volto a dissuadere, in ogni momento di vita dell'ente, dalla violazione delle misure indicate nel modello.

La società ... S.p.A., in data..., aggiornava il modello di organizzazione volto a scongiurare i reati di omicidio colposo e lesioni colpose, evidentemente adeguandolo al nuovo contesto societario, con ciò dimostrando il corretto funzionamento dell'Organismo di Vigilanza volto a garantire la costante effettività del modello.

Alla luce di tutto quanto sopra, pertanto, a fronte del reato di omicidio colposo commesso dal Sig, ..., Amministratore della...S.p.A., sussistono ambo le condizioni di operatività del modello di organizzazione e gestione come scriminante, di tal che la ... S.p.A. deve ritenersi esente da qualsivoglia responsabilità dipendente dal reato, ivi compresa la responsabilità risarcitoria.

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Per tali ragioni, si chiede che l'Ecc.mo Tribunale adìto Voglia, respinta ogni contraria istanza, eccezione e difesa, accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

- rigettare la domanda, in quanto infondata in fatto e in diritto. Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa, oltre Iva e Cpa come per legge.

In via istruttoria, in caso di ammissione di prova testimoniale dedotta da parte attrice, senza alcuna inversione dell'onere della prova, chiede prova contraria sui capitoli formulati da controparte.

Inoltre, al momento dell'iscrizione della causa a ruolo, si offriranno in comunicazione i seguenti documenti:

1.procura ad litem;

2.atto di citazione notificato il...;

3.Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo del... e del...;

Con riserva di ulteriormente articolare ed istruire la controversia, anche all'esito del contegno processuale di controparte.

Si dichiara, infine, ai soli fini del contributo unificato, che il valore del presente giudizio è indeterminato, pertanto, il contributo unificato dovuto è pari ad Euro .

Luogo e data......

Firma Avv.......

PROCURA AD LITEM

Il Sig. ... n.q di legale rapp.te p.t. della... S.p.A. (P.I.: ......), con sede legale in ... alla Via ... , informato ai sensi dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto, con la presente conferisco incarico all'Avv. ... (C.F.: ...) a rappresentarmi e difendermi nel giudizio da promuovere dinanzi al Tribunale di ......, ivi comprese le fasi esecutive e di impugnazione che da questo conseguono, con ogni più ampia facoltà di legge; a tal uopo conferisco, altresì, al nominato procuratore ogni facoltà di legge, comprese quelle di conciliare, incassare, quietanzare, rinunziare e transigere, con promessa di rato e fermo del suo operato; lo autorizzo, infine, al trattamento dei miei dati personali, conformemente alle norme del d.lgs. 196/03 e limitatamente alle finalità connesse all'esecuzione del presente mandato. Eleggo domicilio presso il suo studio in ... alla via ..., n. .

Luogo e data......

Sig.......n.q. rapp.te legale p.t.

È autentica

Firma Avv.......

[1] In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., dalla l. 15 luglio 2011, n. 111). Il convenuto deve costituirsi a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, almeno settanta giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione, depositando in cancelleria il proprio fascicolo contenente la comparsa di cui all'articolo 167 con la copia della citazione notificata, la procura e i documenti che offre in comunicazione.  Per la disciplina transitoria v.  art. 35 d.lgs. n. 149/2022,  come sostituito dall' art. 1, comma 380, lettera a), l. 29 dicembre 2022, n. 197 ,  che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.".

[2] L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. 98/2011, conv. con modif. dalla legge 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. 193/2009 conv. con modif. dalla legge 24/2010.

[3] A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3 bis, d.P.R. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. 90/2014 conv., con modif., dalla legge 114/2014. L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3 bis, d.P.R. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. 90/2014, conv. con modif., dalla legge 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale ... il contributo unificato è aumentato della metà».

Commento

La responsabilità amministrativa da reato. Cenni generali

La disciplina sulla responsabilità da reato degli enti, contenuta nel d.lgs. n. 231/2001, rappresenta una delle principali e più profonde innovazioni del nostro sistema penale che, tradizionalmente, in ossequio al principio secondo cui 'societas delinquere non potest', principio indirettamente sancito dall'art. 27 Cost., considerava la persona fisica quale unica possibile destinataria della sanzione punitiva.

Diversamente, il d.lgs. n. 231/2001 ha introdotto nell'ordinamento una responsabilità diretta degli enti che, in presenza di determinate condizioni, si affianca alla responsabilità della persona fisica che ha commesso il fatto penalmente rilevante.

Affinché si configuri la suddetta responsabilità, il Legislatore ha previsto tre condizioni: la qualifica formale dell'autore materiale del reato, che deve essere una figura apicale della società o, comunque, un soggetto sottoposto alla sua vigilanza (art. 5 D.Lgs 231/2001); la commissione di uno dei c.d. reati presupposto individuati dal decreto (artt. 24 e s.s. d.lgs. 231/2001); la commissione del reato nell'interesse e/o nel vantaggio dell'ente (art. 5 d.lgs. 231/2001).

Accanto a tali requisiti, i quali rilevano ai fini dell'imputabilità oggettiva del fatto all'ente, affinché sussista la responsabilità amministrativa da reato della persona giuridica, è necessario che, coerentemente con un sistema penale che rifugge da forme di imputazione oggettiva del fatto illecito (infra alios, Corte cost., n. 364/1988), il reato sia riconducibile all'ente anche da un punto di vista soggettivo.

E' necessario, pertanto, che sussista una 'colpa' rimproverabile in capo all'ente, desumibile, secondo l'ormai prevalente orientamento giurisprudenziale, dalle scelte di politica aziendale non avvedute o dalla mancata adozione di modelli di organizzazione idonei a scongiurare la commissione dei reati.

Il comportamento colpevole della persona giuridica consiste, perciò, nel fatto che la società, pur potendo dotarsi di un idoneo sistema di prevenzione dei reati, ha omesso l'adozione dei modelli di organizzazione, implicitamente accettando il rischio del verificarsi degli stessi (ex multis, Cass. pen. VI, n. 36083/2009; Cass. pen. VI, n. 27735/2010).

Così delineati gli elementi costitutivi della responsabilità ex d.lgs. 231/2001, il Legislatore, agli artt. 6 e 7 del Decreto, individua gli strumenti di cui l'azienda può (non deve) dotarsi per dimostrare di non essere responsabile dei reati che le sono attribuiti: il modello di organizzazione (MOG) e l'organismo di vigilanza (OdV) (La formulazione degli art. 6 e 7 d.lgs. 231/2001, nella parte in cui non prevede l'adozione obbligatoria del modello di organizzazione, sembra privilegiare quelle interpretazioni, tanto dottrinali quanto giurisprudenziali che optano per la facoltatività della scelta aziendale rispetto all'adeguamento alla normativa. Si vedano sul punto, in dottrina De Vero, La responsabilità dell'ente dipendente da reato: criteri d'imputazione e qualificazione giuridica, in (a cura di) GARUTI, Responsabilità degli enti per illeciti amministrativi dipendenti da reato, Padova, 2002. In questo senso, anche Cass. pen., VI, n. 32626/2006; diversamente, un più innovativo orientamento giurisprudenziale Cass. pen. VI, n. 36083/2009).

Se il reato presupposto è commesso da soggetti in posizione apicale (ad es. consiglio di amministrazione, datore di lavoro, dirigente), o, comunque, da soggetti sottoposti alla direzione e alla vigilanza dei medesimi, l'ente, per andare esente da responsabilità, deve provare di aver adottato idonei modelli di organizzazione, nonché di aver affidato ad un organismo di controllo il compito di vigilare sul funzionamento e sull'osservanza degli stessi, tali da garantirne un'efficace attuazione nel tempo.

Solo qualora l'ente abbia ottemperato a tali indicazioni, potrà andare esente da ogni responsabilità, in quanto l'unica conclusione possibile è che il reato sia stato commesso attraverso la fraudolenta elusione del modello predisposto, per tale intendendosi non già la semplice violazione delle prescrizioni contenute nel modello, ma la condotta subdola e ingannevole di aggiramento delle stesse (Cass. pen., n. 4677/2014).

L'efficacia del Modello di Organizzazione e Gestione

I modelli organizzativi e gestionali previsti dal d.lgs. n. 231/2001 consistono, sostanzialmente, in un sistema di principi di comportamento, procedure operative, presidi di controllo e sanzioni disciplinari funzionalmente volti a minimizzare i rischi di commissione di fatti illeciti insiti nello svolgimento dell'attività aziendale stessa.

L'adozione di tali modelli, ove idonei e costantemente adeguati all'organizzazione societaria, assume un'efficacia esimente della responsabilità della persona giuridica nel senso che, ove l'ente provi di aver adottato tali modelli, sfugge a qualsivoglia forma di responsabilità dipendente dal reato presupposto.

L'impresa che si organizza in vista della prevenzione di reati e adotta tali modelli nel rispetto dei requisiti minimi richiesti dalla legge si dimostra orientata al perseguimento dei propri fini mediante un'attività lecita, con ciò 'meritando' un'esenzione totale di responsabilità (sul punto, v. Paliero- Piergallini, La colpa di organizzazione, in Resp. amm. soc. ed enti, n. 3, 2006, p. 167; Pulitanò, La responsabilità amministrativa per i reati delle persone giuridiche, in Enc. giur. VI, Milano, 2002, 960 ss).

Per vero, accanto all'attitudine scriminante del modello organizzativo, che consegue esclusivamente all'ipotesi in cui lo stesso sia adottato prima della commissione del reato, il Legislatore riconosce ai suddetti modelli anche un'efficacia successiva, nel senso che, ancorché adottati post factum, essi assolvono ad una funzione riparatoria e comportano, ricorrendone le condizioni previste dagli artt. 12 e 17 del d.lgs. n. 231/2001, una riduzione delle sanzioni pecuniarie ovvero l'inapplicabilità delle sanzioni interdittive.

Unitamente ai vantaggi esimenti o di riduzione che conseguono espressamente all'adozione dei modelli, la giurisprudenza ha altresì individuato una 'valenza implicita' ed indiretta dei modelli organizzativi che, assumendo un'efficacia preventiva rispetto alla realizzazione dei reati, fanno venir meno il presupposto del c.d. periculum cui è subordinata l'applicazione di misure cautelari interdittive, con conseguente inapplicabilità delle stesse.

Efficacia esimente del modello di organizzazione e gestione: l'adeguatezza e l'efficacia del modello

La principale funzione che il d.lgs. 231/2001 riconnette all'adozione dei modelli di organizzazione e gestione è, come già visto, l'efficacia esimente dalla responsabilità amministrativa dell'ente, efficacia che, coerentemente con i principi generali dell'ordinamento, si esplica anche sul piano della responsabilità civile della persona giuridica.

Tuttavia, affinchè tale effetto si verifichi, non è sufficiente l'adozione di un qualsiasi modello di organizzazione, ma un modello conforme alle prescrizioni dettate dagli artt. 6 e 7 d.lgs. 231/2001.

Deve trattarsi, in altri termini, di un modello organizzativo idoneo a prevenire reati del tipo di quelli commesso e costantemente adeguato allo scopo cui è preposto, cioè efficacemente attuato.

Sebbene il Legislatore faccia riferimento all'efficace attuazione del modello organizzativo all'art. 7, comma 4 del Decreto, relativo ai soli reati commessi dai sottoposti, non vi è dubbio che esso contenga un'enunciazione generale, estendibile anche al caso dei reati commessi dai soggetti apicali, disciplinato dall'art. 6, d.lgs. 231/2001

L'insufficiente attuazione del modello organizzativo, pertanto, al pari dell'inidoneità del medesimo ad assolvere alla funzione preventiva e deterrente, è sintomo di una disorganizzazione interna che inibisce l'efficacia scriminante del modello.

Tali requisiti, benché entrambi necessari ai fini della valutazione di operatività della scriminante, sono sottoposti ad un diverso accertamento giudiziale.

Mentre, infatti, la valutazione dell'adeguatezza del modello organizzativo, e quindi della sua corrispondenza contenutistica alle prescrizioni dell'art. 6 d.lgs. 231/2001, presuppone la mera lettura della documentazione prodotta dall'ente; l'accertamento dell'efficace attuazione del modello richiede una più attenta analisi del comportamento dei membri aziendali.

Coerentemente, da un punto di vista probatorio, mentre ai fini della dimostrazione dell'adeguatezza del modello adottato, l'ente potrà limitarsi all'esibizione di documenti ben predisposti; ai fini della dimostrazione dell'efficace attuazione, l'ente dovrà dimostrare il corretto funzionamento dell'Organismo di Vigilanza.

Ciò posto in termini generali, il contenuto che il modello di organizzazione deve possedere affinché sia reputato 'idoneo', è individuato dall'art. 6 del d.lgs. 231/2001 il quale prevede che il modello contenga una mappatura dei rischi, cioè individui le attività nel cui ambito possono essere commessi reati e, al tempo stesso, individui le contromisure volte a scongiurare il loro verificarsi, quali specifici protocolli di formazione e attuazioni delle decisioni dell'ente e specifiche modalità di gestione delle risorse finanziarie.

E' richiesto, inoltre, che esso preveda obblighi di informazione nei confronti dell'Organismo di vigilanza, al fine di assicurare che le suddette misure siano operative, e un sistema disciplinare che, sempre allo stesso fine, ne sanzioni la violazione.

I requisiti necessari ai fini della valutazione di effettività del modello, come già visto, sono fissati dall'art. 7, comma 4, d.lgs. 231/2001, secondo cui l'esimente prevista dall'art. 6 non potrà operare qualora l'ente non abbia attuato, da un lato la verifica periodica e l'eventuale modifica del modello organizzativo, dall'altro l'adozione di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate dal modello stesso.

E' evidente, quindi, che mentre l'idoneità è un requisito formale del modello, l'effettività è un requisito sostanziale, che riguarda il funzionamento dei modelli più che la loro esistenza.

Pur individuando, tali norme, il contenuto e i requisiti del modello di organizzazione, si tratta di clausole generali che fungono da semplice parametro cui attingere indicazioni di massima da concretizzare in rapporto alle singole esigenze degli enti, con riferimento alle loro attività e alla loro organizzazione.

Ne deriva che le valutazioni giudiziali in materia sono connotate da una forte componente soggettiva, fonte di incertezze e disomogeneità applicative.

Proprio per tali motivi, il Legislatore ha individuato, all'art. 6, comma 3 d.lgs. 231/2001, degli elementi di oggettivizzazione del giudizio, prevedendo la possibilità che i singoli modelli siano redatti sulla base di codici di comportamento redatti da associazioni di categoria.

Non si tratta, tuttavia, secondo l'orientamento prevalentemente invalso in dottrina, di una presunzione iuris et de iure dell' efficacia esimente del modello, in quanto la valutazione di effettività ed efficacia dello stesso resta demandata alla valutazione del giudice penale (Sul punto, cfr. Piergallini, Paradigmatica dell'auto- controllo penale (dalla funzione alla struttura del 'modello organizzativo' ex d.lgs. 231/2001), in AA.VV., Studi in onore di Ma- rio Romano, III, Torino, 2011, 2103).

I modelli di organizzazione dell'art. 30 d.lgs. 81/2008

A differenza degli artt. 6 e 7, d.lgs. n. 231/2001, l'art. 30, d.lgs. n. 81/2008, relativamente ai delitti di omicidio colposo e lesioni colpose commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e delle norme sulla tutela dell'igiene e della salute sui luoghi di lavoro, ha specificato il contenuto dei modelli di organizzazione e gestione cui l'ente si deve dotare per andare esente da responsabilità.

Ed in particolare, proprio nel tentativo di circoscrivere l'entità del Modello di organizzazione e gestione esimente della responsabilità derivante dal reato ex art.25-septies del d.lgs. n. 231/2001, il legislatore ha previsto che i modelli di organizzazione devono vere un contenuto ampio e deve essere adottato ed efficacemente attuato (secondo quanto previsto dall'art. 30 del d.lgs. n. 81/2008), assicurando un sistema aziendale per l'adempimento di obblighi relativi:

- al rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici;

- alle attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti;

- alle attività di natura organizzativa, quali primo soccorso, emergenze, riunioni periodiche di sicurezza, gestione degli appalti, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

- alle attività di sorveglianza sanitaria;

- alle attività di informazione e formazione dei lavoratori;

- alle attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori;

- all'acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge;


- alle periodiche verifiche dell'applicazione e dell'efficacia delle procedure adottate.

Inoltre, il modello organizzativo deve prevedere:

- idonei sistemi di registrazione dell'avvenuta effettuazione delle attività sopra descritte;

- un'articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello; - un idoneo sistema di controllo sull'attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate.

Per vero, ancorché il contenuto dei modelli di organizzazione ex art. 30 d.lgs. 231/2001 sia più stringente di quello previsto dagli artt. 6 e 7 d.lgs. 231/2001, anche rispetto agli stessi il Legislatore individua alcuni parametri di oggettivizzazione del giudizio di idoneità, parametri cioè che limitano lo spazio discrezionale di valutazione del giudice, assegnando una presunzione di conformità ai requisiti di cui sopra e per le sole parti corrispondenti a due standard: a) Linee guida UNI-INAIL del 28 settembre 2001 per la realizzazione di un SGSL (Sistema di Gestione della Salute e sicurezza sul Lavoro); b) British Standard OHSAS 18001:2007.

Pertanto, secondo il prevalente orientamento di dottrina e giurisprudenza diffusosi sul punto, il modello previsto dal d.lgs. 231 costituisce uno strumento da coordinarsi con il sistema di gestione qualità ed ambientale (ISO 9001, ISO 14001/ EMAS e/o di responsabilità sociale (SA 8000 o SCR), il sistema di controllo e gestione sicurezza (d.lgs. 81/2008 - OHSAS 18001), il sistema Privacy (d.lgs. 196/2003) ecc. ) e non invece uno strumento aziendale a sé stante.

Ciò posto, giova infine evidenziare che, per molti aspetti, i modelli ex art. 30 D.Lgs 231/2001 si sovrappongono al documento di valutazione dei rischi previsti dall'art. 28 D.Lgs n. 81/2008.

Ci si è chiesti, pertanto, in cosa consista la differenza tra tali due categorie.

Ambo i documenti, invero, hanno una funzione preventiva, essendo volti all'individuazione dei rischi che possono verificarsi nell'esercizio dell'attività e alla conseguente predisposizione di misure di prevenzione e protezione.

E tuttavia, il documento di valutazione dei rischi, a differenza del modello organizzativo, di cui pure ripete in parte il contenuto, non è idoneo ad assolvere efficacia esimente.

Del modello organizzativo difettano, infatti, le previsioni inerenti le modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati di cui all'art. 25-septies d.lgs. n. 231/2001.

Ed inoltre, a differenza del modello organizzativo che si rivolge solo alla compagine aziendale, al fine di sollecitarla ad adottare standard operativi e decisionali predeterminati, il documento di valutazione dei rischi si rivolge anche ai lavoratori, al diverso fine di informarli dei pericoli incombenti in determinate situazioni all'interno del processo produttivo.

Sulla base di tali differenze, l'orientamento prevalente esclude che i documenti di valutazione dei rischi siano equiparabili al modello organizzativo e, pertanto, esclude che essi assumano valenza nella direzione di assicurare l'efficacia esimente di cui al d.lgs. n. 231/2001 (Sul punto, v. Circolare della Guardia di Finanza n. 83607/2012. In dottrina: Piccinini, La Circolare della Guardia di Finanza n. 83607/2012: manuale operativo a contrasto dell'illegalità d'impresa e della delittuosità corporativa, in Resp. amm. soc. ed enti, n. 3, 2012, 153).

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